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I consulenti finanziari in carne e ossa non vanno più di moda

Certamente esistono sensazioni peggiori di quella di sentirsi costretti a pagare troppo un consulente finanziario privato. Tuttavia, anche i milionari che vengono invitati regolarmente a pranzo dal proprio banchiere di fiducia si stanno stancando della parcella annuale – dall’ 1 al 3 per cento – che gli devono per i suoi servizi di consulenza. Una percentuale simile è quella che

probabilmente molti risparmiatori non milionari pagano, senza saperlo, ad un professionista dell’asset management per la gestione della loro pensione.

Un’alternativa più economica è ora fornita dagli automated wealth managers (consulenti finanziari automatizzati), i cui sistemi

algoritmici sono in grado di offrire consulenza finanziaria di qualità ad un prezzo di gran lunga inferiore a quello dei consulenti in carne e ossa (Tabella 1). Le piattaforme che propongono questi innovativi servizi, denominate anche robo-advisor, stanno crescendo molto rapidamente – tra le più importanti, Wealthfront, Betterment, Personal Capital, FutureAdvisor.

Nelle piattaforme viene chiesto all’utente di rispondere ad alcune domande sulla propria identità e sugli obiettivi di investimento. Dopodiché l’algoritmo, attraverso le tradizionali tecniche di composizione di un portafoglio ben equilibrato – puntando, per esempio, su obbligazioni sicure per l’utente prossimo al pensionamento e su azioni più volatili per l’investitore più giovane – suggerisce le classi di attività finanziarie sulle quali investire. Nella maggior parte dei casi si tratta di una dozzina di fondi

indicizzati che replicano l’andamento di indici azionari o obbligazionari maggiori come l’S&P500; raramente vengono consigliati investimenti in fondi comuni, tanto meno in azioni di singole aziende.

116 shares. Testing the various algorithms,

your risk-averse, youngish correspondent was steered towards an apparently

sensible blend of low-fee funds to help his meagre retirement pot grow. This sort of insight used to be guarded jealously by financial advisers, but now you can get it from the robo-advisers without so much as providing an e-mail address. The hope is that all but the most penny-pinching savers will then go on to purchase the mix of funds through the service, at an annual cost starting at around 0.25% of the assets invested. (Investors also pay the fees of the funds they buy, which adds another 0.15 0.30%.) Automated services offering more human involvement typically charge closer to 1% a year. Most have much lower minimum investment limits than their traditional rivals.

A major selling point for robo-advisers is that they promise they will not make any money from their customers other than through the annual fee. That is refreshing in an industry rife with potential conflicts of interest. Banks, for instance, often recommend that their clients invest in funds run by their asset-management subsidiaries. Most of the newcomers offer automatic rebalancing of portfolios, so an investor’s exposure to stocks or bonds stays much the same even as prices fluctuate. Many tout their “tax-loss harvesting” capabilities.

Small fortunes

The transparent fee structure appeals to sceptical younger investors, says Adam Nash, Wealthfront’s boss. Around 60% of its clients are under 35, many of them with starter fortunes from Silicon Valley, where the company is based. The average account size is a touch under $100,000, an amount that would be uneconomic for

Questo tipo di servizio, che è stato a lungo appannaggio dei consulenti finanziari, può essere ora ottenuto attraverso i robo-advisor, senza nemmeno dover fornire il proprio indirizzo e-mail. La speranza (per i robo-advisor) è che i risparmiatori continuino ad acquistare fondi per un costo annuale pari, inizialmente, a circa lo 0,25 per cento degli asset investiti – a questo va aggiunto uno 0,15-0,30 per cento derivante dalle commissioni sui fondi acquistati. Il costo degli advisor automatizzati che si avvalgono di un maggior contributo umano si aggira solitamente attorno all’1 per cento all’anno. Quasi tutti, comunque, hanno una soglia minima di investimento molto più bassa di quella dei loro rivali tradizionali.

Un punto che va a favore dei robo-advisor è sicuramente la loro promessa di fare ricavi dai clienti solo attraverso la tassa annuale. Ciò può suonare gradevole in un’industria satura di potenziali conflitti di interesse, dove le banche, per esempio, spesso suggeriscono ai clienti di investire in fondi gestiti da società di asset management affiliate. Gran parte delle piattaforme, inoltre, offre il ribilanciamento automatico dei portafogli, cosicché nonostante la fluttuazione dei prezzi l’esposizione degli investitori ad azioni o obbligazioni rimane più o meno costante. Molte si vantano anche delle propria capacità di tax-loss harvesting (operazione finanziaria che consiste nella vendita dei titoli in perdita come forma di compensazione dell’imposta sulle plusvalenze).

Piccole fortune

La trasparenza della struttura tariffaria piace agli investitori più giovani, come dimostra l’età del 60 per cento dei clienti di

Wealthfront: under 35, molti di loro cercano di far fruttare il capitale accumulato nella Silicon Valley. L’ammontare medio dei loro conti è appena inferiore ai centomila dollari, valore che non sarebbe conveniente per i broker di istituti come Merrill Lynch o Morgan Stanley.

Il Ceo Adam Nash, veterano di Apple e LinkedIn, paragona l’ascesa dei robo-advisor a quella di Vanguard, pioniera, a metà anni settanta, dei fondi indicizzati low-cost come

117 a Merrill Lynch or Morgan Stanley

broker to handle.

Mr Nash, a veteran of Apple and LinkedIn rather than Wall Street, compares the current growth in robo- traders to the rise of Vanguard, which in the mid-1970s pioneered low-cost index funds as competition to pricey mutual funds. Charles Schwab sprung up at the same time to undercut large banks’ high-margin brokerages. What those

newcomers were to the baby-boomer generation when it first started thinking about saving for retirement, Wealthfront is to the tech-savvy millennials at the same stage in their lives, he says. Regulation has, if anything, helped the robo-advisers get off the ground. They emphasise that client assets are held by third-party depositary banks, still

perceived as safe by the public. If one of them were to go out of business,

investors would not lose any money. All are overseen by the same watchdogs as the incumbent banks they are taking on. The robo-advisers are doubling their assets under management every few months, but their combined assets still run to less than $20 billion, against $17 trillion for traditional managers. Several banks manage over $1 trillion each. The robo-newcomers are nowhere near big enough for sustained profitability, says Sean Park of Anthemis, an investment firm that has backed Betterment. “To be successful [a firm] needs to manage tens of billions; to be really successful they need to manage hundreds of billions.” In the meantime, they are living off the largesse of venture capitalists, who poured nearly$300m into various robo-advisers last year.

If they are to be successful in the longer term, they will have to persuade today’s

alternativa ai costosi fondi comuni. Nello stesso periodo Charles Schwab sfidava le grandi banche offrendo servizi di

brokeraggio a prezzi più contenuti. Secondo Nash, questi nuovi entranti rappresentarono per la generazione dei baby-boomer quello che oggi Wealthfront rappresenta per i millennial: un’opportunità importante offerta in un momento della loro vita in cui iniziano a pensare alla gestione dei propri risparmi. Ad aiutare la consulenza automatizzata a decollare è stata, di fatto, la

regolamentazione finanziaria. Sono le stesse startup del settore a sottolineare come i patrimoni dei loro clienti siano custoditi in banche depositarie, percepite ancora come sicure dall’opinione pubblica: se un robo-advisor dovesse fallire, gli investitori non perderebbero nulla. In sostanza gli stessi controllori sorvegliano sia le banche sia i robo-consulenti che cercano di

sopravanzarle.

Nonostante il patrimonio gestito dai consulenti automatizzati raddoppi con regolarità ad intervalli di pochi mesi, esso ammonta a meno di 20 miliardi di dollari contro i 17 mila miliardi di dollari gestiti dai manager tradizionali; molte banche arrivano ad amministrare mille miliardi di dollari ciascuna. Sean Park di Anthemis, società di venture capital e di consulenza che ha finanziato, tra le altre, Betterment, ammette che le startup di robo-advisory sono lontane dal raggiungimento di una redditività

sostenuta: “Per avere successo un’azienda ha bisogno di gestire decine di miliardi; per avere molto successo, centinaia di miliardi”. Nel frattempo, la generosità del venture capital, che lo scorso anno ha versato in tutto circa trecento milioni di dollari in svariati consulenti robot, è fondamentale per la loro sopravvivenza.

Se vorranno avere successo nel lungo periodo, dovranno essere capaci di fidelizzare i clienti oggi ventenni, persuadendoli a rivolgersi ai servizi

automatizzati anche quando avranno 40 anni e, presumibilmente, un patrimonio maggiore. Un servizio sul quale puntano i consulenti tradizionali per accattivarsi i clienti più

118 20-somethings to remain loyal to

automated services when they become wealthier 40-somethings. Traditional investment advisers think they can win over older customers by offering them services such as inheritance planning. But just in case, the incumbents are working with the robo-insurgents.

Schroders, a large European asset manager, has backed Nutmeg, Britain’s largest newcomer. Vanguard, the group that puts together the low-fee funds that most robo-advisers recommend, is launching its own low-cost advisory service. JPMorgan Chase and Goldman Sachs have backed Motif, a startup that builds baskets of stocks based on

investment themes. Charles Schwab, now a wealth-management giant with $2.5 trillion under management, in March rolled out its own automated wealth service, targeting people with as little as $5,000 in savings. It charges no fees upfront but guides clients towards some of its own investment products – a breach of the unwritten robo-advisory code. Schwab’s arrival was discreetly celebrated as a validation of the automated advisory model. A truce of sorts seems to be in the offing.

Betterment now offers a “white-label” version of its platform, so that human wealth advisers can pass off the computers’ diligence as their own.

Fidelity, a giant financial-services firm, is among those trialling the service.

Human-based advisory services point out they have lots of clever computer wizards working for them. Robo-advisers, for their part, boast about the pioneering investment thinkers they employ, programming the computers to recommend the right products.

anziani è, infatti, la pianificazione

dell’eredità. Tuttavia, per non perdere troppo terreno, gli incumbent hanno instaurato un rapporto di collaborazione con i nuovi entranti.

Schroders ha investito in Nutmeg, il maggiore nuovo entrante britannico nell’industria della gestione dei risparmi. Vanguard, azienda che costituisce i fondi a basse commissioni raccomandati dalla maggior parte dei robo-advisor, sta lanciando il proprio servizio di consulenza low-cost. JPMorgan Chase e Goldman Sachs hanno finanziato Motif, startup costruttrice di panieri di titoli azionari basati sui temi di investimento. Charles Schwab, ora un gigante della gestione patrimoniale che controlla 2,5 mila miliardi di dollari, ha iniziato a fornire un proprio servizio di consulenza robotizzata ad un target di clienti di basso profilo, con risparmi che si aggirano attorno ai 5 mila dollari; il servizio non impone commissioni ma indirizza gli investitori verso i propri prodotti.

L’entrata di Schwab nel business dei robo-advisor è stata accolta come una certificazione della validità del modello di consulenza automatizzata, di fatto un segnale di una tregua che sembra profilarsi all’orizzonte tra incumbent e nuovi entranti. Emblematico il caso di Betterment, che offre ora anche una versione white label della propria piattaforma, cosicché i consulenti in carne e ossa possono far passare per propri i calcoli effettuati dai computer; un gigante dei servizi finanziari come Fidelity è tra i suoi sperimentatori. Da un lato, le advisory tradizionali formate da consulenti in carne e ossa dichiarano di avere molte procedure guidate intelligenti al proprio servizio; dall’altro, i robo-advisor si vantano dei pionieri dell’investimento che sono in grado di programmare i computer affinché suggeriscano di volta in volta i prodotti più adeguati ai clienti.

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