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CHIUSURA DEI LAVORI FRANCESCOVISICCHIO

Dirigente Servizio Agricoltura APAT

Dagli interventi e dalle relazioni presentate durante la giornata e dal successivo dibattito emergono due elementi fondamentali: da una parte, le notevoli e importanti potenzialità che hanno le biomasse agro/forestali per la produzione di energia pulita; dall’altra, i possi-bili contraccolpi ambientali che potrebbero derivare dalla loro coltivazione intensiva e su ampie superfici. Se, infatti, l’uso di quantità significative di energia derivante dalle bio-masse di origine agricola e forestale può rappresentare una reale e concreta possibilità di riduzione delle emissioni dei gas serra, pone, d’altro canto, problemi relativi all’utilizzazio-ne e alla salvaguardia delle risorse “suolo ed acqua”, sulla conservazioall’utilizzazio-ne della biodiversi-tà e sul giusto equilibrio tra le diverse destinazioni d’uso delle terre coltivate.

Per ottenere reali vantaggi dalla fonti energetiche provenienti dall’agricoltura è auspicabi-le studiare globalmente i diversi aspetti che auspicabi-le caratterizzano, al fine di individuare eauspicabi-le- ele-menti certi ed utili a stabilire indirizzi, modi di procedere e regole per l’attuazione di un protocollo applicativo avente quale obiettivo prioritario la gestione sostenibile degli agre-cosistemi a fini energetici.

Quanto prefigurato, potrà essere però possibile solo continuando ad alimentare il confron-to e la riflessione avviati in questa occasione, per giungere, attraverso un’ azione sinergica che coinvolga tutti i soggetti istituzionalmente preposti, le associazioni ambientaliste e di categoria, all’elaborazione di un comune piano strategico nazionale di sostenibilità per le col-ture energetiche.

F

ABIO

C

APORALI

Dipartimento di Produzione Vegetale - Università degli Studi della Tuscia

Le relazioni e gli interventi che si sono succeduti hanno messo in evidenza luci ed ombre re-lative all’impiego in agricoltura delle colture a scopo energetico. Nonostante esista una di-rettiva europea (2003/30/EC) per la promozione dell’uso dei biocombustibili nei trasporti, sembra necessario procedere preliminarmente ad accertare, attraverso una ricerca coordina-ta e miracoordina-ta, le attitudini produttive delle colture energetiche sull’intero territorio nazionale, verificando il tipo di introduzione nelle sequenze colturali delle colture da energia ed il loro impatto ambientale ed economico in relazione agli itinerari tecnici previsti. Un piano nazio-nale di ricerca finalizzato per le colture da energia e per la verifica del loro impatto a livello di aziende agrarie e di territorio dovrebbe costituire un investimento in conoscenza che sen-za dubbio può offrire garanzie per scelte oculate da realizsen-zare a lungo termine.

In linea generale, occorre tuttavia tenere presente i limiti naturali che caratterizzano le colture da energia nell’ambito del più ampio piano di sviluppo per l’approvvigionamento energetico delle società umane nel futuro.

In primo luogo, la conversione dell’energia solare in biomassa attraverso la fotosintesi delle piante, rappresenta la via di sostentamento di tutti gli altri organismi eterotrofi (micror-ganismi ed animali, uomo compreso). E’ questa energia che alimenta l’intero processo del-la vita e sostenta in definitiva l’intera biodiversità ecosistemica. L’energia da biomassa è per-tanto energia “nobile”, destinata a fluire entro le catene alimentari trofiche ed a fornire

elementi per la costituzione dei corpi degli organismi viventi. In un quadro di competizione per altri usi, come quello di alimentare macchine, la preferenza deve essere necessaria-mente accordata all’impiego per il sostentamento fisiologico degli organismi. Pertanto, i composti derivati dalle biomasse da destinare alla alimentazione delle macchine oppure a produrre riscaldamento, dovrebbero essere quelli di più scarso valore alimentare per il loro alto contenuto in sostanze poco digeribili come lignina e cellulosa. La selvicoltura più che l’agricoltura sembra appropriata a fornire biomasse ad uso energetico.

In secondo luogo, nel processo della fotosintesi solo una frazione molto bassa (inferiore all’1%) di enegia solare è convertita in biomassa dalle piante, anche come colture agrarie. Questi valori di scarsa efficienza fotosintetica sono in contrasto con altri tipi di conversio-ne, come quella fotovoltaica, che converte più del 10% dell’energia intercettata.

In definitiva, molti sono ancora i dubbi relativi al tipo di modello di sviluppo energetico che sarà opportuno adottare per il futuro: tuttavia, in generale, i modelli di sviluppo ad attività concentrate - come quelli adottati attualmente dalle società umane nei Paesi così detti sviluppati - per la urbanizzazione, l’industrializzazione, i trasporti e l’agricoltura convenzio-nale -, largamente contrastano con i criteri di risparmio energetico e di utilizzazione delle fon-ti locali di energia, mentre sono ispirafon-ti da una errata concezione di fonfon-ti energefon-tiche illimi-tate e di capacità illimitata dell’ambiente di smaltire le scorie metaboliche di una società in crescita illimitata. Una inversione culturale ispirata da principi ecologici appare necessaria per riportare lo sviluppo su basi di sostenibilità.

A

NGELO

F

RASCARELLI

Consigliere per le Politiche Agricole Comunitarie del MiPAAF

La produzione di energia da biomassa di provenienza agricola è oggi il tema più trattato nel dibattito della moderna agricoltura. Le agroenergie hanno suscitato un interesse ab-norme nel mondo agricolo, con fortissime aspettative.

Perché un interesse così forte per le agroenergie?

Le ragioni sono note e sono state ribadite in questo convegno:

1) l’Unione europea e il Governo nazionale hanno fatto una scelta politica per la soste-nibilità del nostro modello di sviluppo;

2) quindi, il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto;

3) un’altra scelta, altrettanto netta, è quella verso la multifunzionalità dell’agricoltura; 4) poi c’è il tentativo di ridurre la dipendenza energetica che è elevatissima;

5) le agroenergie sono viste dagli agricoltori come possibilità di diversificazione pro-duttiva, particolarmente importanti dopo la riforma della Pac e il disaccoppiamento. Il riferimento al mondo agricolo è in questo campo è imprescindibile. Il settore primario si prospetta infatti come il maggior fornitore di biomasse.

Per tutti questi motivi, le agroenergie sono al centro della politica agricola nazionale e re-gionale, come dimostra l’impegno che ha profuso il Governo nell’ambito della Finanziaria 2007 e l’impegno delle Regioni nei Programmi di Sviluppo Rurale 2007-2013.

La scelta politica a favore delle agroenergie è quindi chiara e netta. Le preoccupazioni e i sug-gerimenti del Prof. Campiglia sulla sostenibilità ecologica delle bioenergie consentiranno di aggiustare gli strumenti, ma non frenano l’orientamento politico a favore delle agroenergie. Il pacchetto di incentivi pubblici è ampio e diversificato, a volte anche un po’ confuso, e si sta lavorando per migliorarlo, soprattutto nella direzione di favorire la produzione di ener-gia da fonti rinnovabili agricole.

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Una premessa metodologica è d’obbligo: nell’affrontare il tema delle agroenergie, per evi-tare disillusioni, occorre coniugare adeguatamente gli obiettivi ambientali e con l’econo-mia di queste fonti rinnovabili; che non sono competitive tutte allo stesso modo. Le bio-masse hanno una fortissima eterogeneità, come è emerso in questo convegno, richiedono tecnologie altrettanto differenti per il loro utilizzo, che implicano investimenti altrettanto diversi.

L’obiettivo politico è quello di massimizzare la sostenibilità ambientale e la sostenibilità economica.

Una condizione indispensabile per la diffusione delle colture dedicate e per l’acquisizione di valore aggiunto da parte delle imprese agricole è la realizzazione di filiere strutturate e chiuse, in quanto solo con esse si possono diminuire i costi di produzione e di transazione, quindi rendere la coltivazione delle colture dedicate alla produzione di biomassa economi-camente convenienti per l’agricoltore, con il trasferimento di valore aggiunto alla fase di produzione primaria. La creazione di filiere favorisce lo sviluppo delle industrie di mezzi tecnici e di macchine, l’abbattimento dei costi di trasporto, la presenza capillare sul territo-rio di strutture di trasformazione e stoccaggio del prodotto, e di centri di vendita.

Per la realizzazione di filiere strutturate risulta di fondamentale importanza il ruolo delle Regioni e degli Enti locali che, oltre a promuovere progetti legati all’uso delle biomasse, dovrebbero partecipare attivamente allo sviluppo del settore, per esempio attraverso l’incen-tivo alla installazione di impianti di riscaldamento di edifici pubblici alimentati a biomassa. Inoltre, con la creazione di “filiere locali”, le risorse economiche ed umane rimangono sul ter-ritorio, creando condizioni di sviluppo soprattutto per le zone rurali.

Un’altra via è l’attivazione, all’interno delle aziende agricole, di “filiere di autoconsumo”; va-le a dire che l’agricoltore, invece di vendere la biomassa, può utilizzarla per la produzione di energia termica per l’azienda, per la propria abitazione, per gli allevamenti, ecc.

Da questo punto di vista, la politica agraria nazionale e regionale è incentrata prioritariamen-te alla creazione di filiere organizzaprioritariamen-te che valorizzano i produttori di biomasse agroforesta-li e i territori ruraagroforesta-li itaagroforesta-liani.

Per garantire sostenibilità ambientale e sostenibilità economica, il ruolo della ricerca è fondamentale, soprattutto della ricerca interdisciplinare, come hanno dimostrato i contribu-ti a questo convegno.