Filoteo Alberini, regista, e produttore insieme con Dante Santoni, de La presa di
Roma, può essere considerato l’autentico pioniere del cinema italiano. A lui, nel volume
71J. Reinhardt, Max Reinhardt e Schiller, contributo della studiosa al Convegno Internazionale Schiller-
Fest, Perugia, 25-26 novembre 2009, organizzato dall’Università degli Studi di Perugia. Ora in Auguri Schiller Lo stesso tentativo era stato fatto anche da Piscator, che muovendo da posizioni diametralmente
opposte aveva tentato anche lui un Teatro di Massa a partire da I Masnadieri, ma visti e analizzati da sinistra.
intitolato Filoteo Alberini, l’inventore del cinema72, la studiosa Giovanna Lombardi
attribuisce, sulla scorta di documenti rinvenuti di recente, addirittura il merito, ben prima dei fratelli Lumière, di aver perfezionato nel 1894, a partire dal Kinetoscopio di Edison, una macchina per produrre immagini in movimento e per proiettarle all’esterno, il Kinetografo. Proprio ai Lumière, già ricchi e famosi per la produzione e vendita delle loro lastre fotografiche, Filoteo avrebbe mostrato i disegni in suo viaggio a Parigi fatto apposta per incontrarli. Dal viaggio non ricavò nulla ma l’anno dopo, nel 1895, i due fratelli brevettarono la loro macchina, mentre Alberini poté farlo solo nel 1896, in quanto l’Ufficio Brevetti a cui si era rivolto in Italia per registrare la sua invenzione, per una serie di intoppi burocratici, aveva ritardato di un anno l’evasione della pratica73.
Nonostante l’esperienza negativa, Alberini continuò il suo impegno nella nuova arte, così da diventare il primo produttore e il primo regista nella storia del cinema italiano, oltre che esercente in proprio di una sala cinematografica, il Cinema Moderno di Roma. Nel 1905, infatti, girò La Presa di Roma, con grande impiego di mezzi e di risorse, in parte fornitigli dallo stesso Ministero della Guerra, che gli mise a disposizione «soldati, cavalleggeri, uniformi ed armi»74. Oltre ai rapporti personali che
aveva nell’ambiente militare, Alberini poteva vantare dalla sua le ottime relazioni con il Grande Oriente d’Italia, essendo egli stesso massone e affiliato alla Loggia La
Concordia di Firenze già dal 189775, di cui nel 1908 diverrà Maestro di III grado. Della
massoneria condivideva appieno l’idea della laicità dello Stato e la centralità assegnata alla storia del Risorgimento italiano. Non a caso, come è stato sottolineato da Sergio Toffetti, la prima ufficiale del film si tenne il 20 settembre, in occasione del XXXV anniversario dell’evento, proprio nei pressi di Porta Pia, nel corso di una solenne cerimonia a cui parteciparono migliaia di persone, vissuta come una «vera e propria festa popolare di pedagogia laica, secondo il dettato di Ernesto Nathan, eletto due anni dopo sindaco di Roma, in cui Alberini riconosce un preciso punto di riferimento»76.
72Cfr. G. Lombardi, Filoteo Alberini, l’inventore del cinema, Arduino Sacco Editore, Roma, 2008. 73 Ibidem
74 Bollettino n. 1 della Alberini & Santoni, riportato in M. Cardillo (a cura di), Da Quarto a Cinecittà, In.
Gra. C., S. Elia Fiumerapido, 1984, pagg.11-17 e in G. Lasi, L’immagine della nazione, cit., pag. 12.
Con Dante Santoni, amico di vecchia data, Alberini si era associato già a partire dal 1904, pensando alla costruzione, su alcuni terreni che Santoni possedeva alla periferia di Roma, nei pressi della via Appia Nuova, in via Tre Madonne, di uno «Stabilimento cinematografico»77. I lavori di costruzione cominciarono subito, e prevedevano la
realizzazione di un grande teatro a vetri, e di due palazzine poste alle sue estremità destinate a laboratori e servizi, che negli anni a venire sarebbero stati allargati fino a giungere a quella che poi verrà denominata via Vejo, la sede storica degli stabilimenti Cines78. Proprio in quell’originario teatro di posa, comunque, Alberini girò, nell’estate
del 1905, La presa di Roma, i cui manifesti pubblicitari recitavano: Alberini & Santoni, primo stabilimento italiano di Manifattura cinematografica; sede sociale: via Torino, 96; Teatro di posa: via Appia Nuova (Fuori Porta S. Giovanni), Roma79.
Tra la fine di quello stesso anno e gli inizi del 1906, tuttavia, il sodalizio tra i due amici venne profondamente modificato, probabilmente per avviare una gestione più industriale dell’attività cinematografica, grazie all’ingresso dell’ingegnere Adolfo Pouchain, esponente della «nuova finanza romana impegnata in imprese “moderne”: il padre Carlo era socio dell’Anglo Romana per l’illuminazione a gas (ma già convertita all’elettricità) nonché dell’Acqua Marcia, della Società per il carburo di calcio e di altre. […] Dei fratelli di Adolfo, Augusto era entrato nel coniglio delle Ferrovie Secondarie Romane, mentre Giulio, avvocato, era presente in una serie di consigli di amministrazione, dalla Società Volsinia di Elettricità, alla Romana Elettricità, alle Imprese Elettriche di Roma, fino alla citata Anglo Romana. L’ingresso di un personaggio come l’ingegnere nella nascente industria cinematografica è un altro evidente segno della modernizzazione di una finanza non più familiare»80, anche se
fortemente condizionata dagli stretti legami con quella vaticana. Il 31 marzo 1906 venne
76 S. Toffetti, Nascita di una nazione? Il Risorgimento nel cinema italiano, in M Musumeci, S. Toffetti (a
cura di), Da La presa di Roma a Il piccolo garibaldino. Risorgimento, massoneria e Istituzioni:
l’immagine della nazione nel cinema muto (1905-1909), Gangemi Editore, Roma 2007, pag. 44.
77 Cfr. R. Redi, La Cines. Storia di una casa di produzione italiana, Paolo Emilio Persiani Editore,
Bologna, 2009, pag.15.
78 Ibidem
79 Manifesto riportato in M. Musumeci, S. Toffetti (a cura di), Da La presa di Roma a Il piccolo
garibaldino, cit., pag. 118.
così fondata la Cines. Pouchain diventò amministratore unico della società, e si impegnò a trovare altri capitali per far crescere la società. Nell’arco dell’anno successivo vennero emesse nuove azioni, e venne coinvolto nell’operazione finanziaria il Banco di Roma che, nei primi mesi del 1907, deliberò il proprio l’ingresso nella
Cines81. Alla presidenza dell’Istituto vi era Ernesto Pacelli, noto per i suoi stretti legami
con la finanza vaticana ma, nello stesso tempo, con l’establishment liberale. Era infatti genero, avendone sposato la figlia Chiara, di Diego Tajani, patriota risorgimentale, magistrato di indubbia fama, per due volte ministro durante il governo della Sinistra storica, Presidente della Camera, deputato per molte legislature, nonché difensore di Crispi nella causa per bigamia.
In questo modo quello che era uno dei più importanti istituti di credito italiano, nato nel 1880 per volontà dello stesso papa Leone XIII, entrò nel mondo del cinema, ritenendo di non correre alcun rischio finanziario e di poter lucrare sulla promettente attività cinematografica82.
La prima decisione presa da Adolfo Pouchain fu quella di allontanare dalla gestione societaria proprio Filoteo Alberini, al quale per un anno ancora viene lasciato il ruolo di direttore tecnico della società, mentre per la direzione artistica venne chiamato dalla Francia Gaston Velle, che fino a quel momento aveva lavorato con la compagnia cinematografica Pathé, una delle più importanti a livello europeo83.
Le dimissioni di Alberini giunsero nel 1908, ma di fatto era stata già da tempo estromesso da qualsiasi processo decisionale. La gestione di Pouchain, tuttavia, si dimostrò imprudente, nonostante i buoni risultati di bilancio conseguiti nel 1907, cosicché a causa di debiti e ipoteche contratte dall’ingegnere, la presenza azionaria del Banco di Roma nella Cines aumentò notevolmente al punto che, agli inizi del 1908, lo stesso Ernesto Pacelli assunse la carica di Presidente della casa cinematografica e, a fronte del bilancio fortemente passivo del 1909, prese direttamente in mano la situazione amministrativa. In realtà gli investimenti della Cines, sotto la gestione
81 Banco di Roma, Archivio storico, Consiglio di amministrazione, 18 febbraio 1907; e L. De Rosa,
Storia del Banco di Roma, Vol. I, pag. 198, in R. Redi, La Cines, cit., pag. 21.
82 Ivi, pag. 21. 83 Ibidem
Pouchain, erano stati differenziati e allargati per favorire altri progetti industriali, quali la creazione di una fabbrica per la produzione di pellicola, in modo da rendersi autonomi dalle importazioni, e un’altra per la produzione di seta artificiale. Essendosi ridotti notevolmente i margini di profitto delle varie attività produttive, il Banco di Roma incaricò il barone Alberto Fassini84 di liquidare la società, ma questi,
contrariamente al mandato ricevuto, predispose in una relazione molto seria e approfondita, Studio sulla situazione Cines, un piano di rilancio dell’attività cinematografica, rilevando che la Cines poteva essere ancora un buon affare, solo che la si riorganizzasse in modo efficace e produttivo, a partire dalla scelta dei soggetti da cui trarre materia per i film da girare. A questo proposito Fassini denunciava: «Scelta del soggetto. Questo è il coefficiente che ha più importanza. Ritengo difettosa l’organizzazione attuale su questo punto, né credo si sia ancora sulla strada migliore per raggiungere quegli stessi risultati che le altre case importanti hanno già raggiunto»85.
Tra queste la Società Anonima Ambrosio di Torino, che fino al 1916 almeno, sarà la sua principale concorrente. Grazie alla gestione Fassini, quella che viene chiamata la prima
Cines86 riuscì nel giro di poco tempo a riprendere un ruolo centrale nella cinematografia
nazionale ed estera, al punto da divenire nel decennio successivo la più importante casa cinematografica italiana. Nel primo dopoguerra, tuttavia, per nuove difficoltà economiche sopraggiunte finirà per confluire nell’Unione Cinematografica Italiana, U.C.I., un consorzio di case cinematografiche italiane e di banche, nato per fronteggiare i processi di ristrutturazione del settore. Nella speranza, infondata, di riconquistare quella leadership mondiale che nel periodo prebellico, nel corso cioè degli anni d’oro del cinema muto delle origini, l’industria cinematografica italiana nel suo complesso era riuscita a conquistare.
84 Alberto Fassini, ex ufficiale di marina, era divenuto, a partire dal 1900, uno degli amministratori della
Società di Assicurazioni Diverse di Napoli. Nel 1909, a seguito di pressioni della Banca d’Italia e del Banco di Napoli, il Banco di Roma assorbe la Società napoletana. In seguito a questa operazione Fassini venne incaricato, nel 1910, di ispezionare la Cines in vista di una sua liquidazione a seguito delle perdite subite nel 1909. In R.Redi, La Cines, cit., pagg. 29-30.
85 Ivi, pag.32.