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I. INTRODUZIONE

1.5 Cicatrici

Definizione: Neoformazione, di tessuto fibroso, ricco di annessi e povero di vasi, dovuta alla riparazione di una soluzione di continuo cutanea più o meno profonda.

La cicatrice può orientare i processi di guarigione verso un ambiente non fisiologico, determinando la presenza di una cicatrice ipertrofica o di un cheloide, con una diversa patogenesi [18].

La cicatrice può essere secondaria a:

• Pustola (acne, idrosadenite)

• Vescicola (varicella)

• Bolla (ustione)

• Ulcerazione (ulcerazione)

• Nodulo e nodo (epitelioma baso cellulare piano cicatrizziale).

• Trauma

La cicatrice può essere sullo stesso piano della cute sana circostante, oppure depressa e atrofica, rilevate e ipertrofica.

Può formarsi a seguito anche di eventi traumatici (cicatrice post-chirurgica, ustione).

La cicatrice, essendo priva di vasi, tende nel tempo ad acquisire un colorito bianco-madreperlato.

Alcune delle caratteristiche della cicatrice (colorito, briglie cicatriziali a ponte) possono fornire indicazioni sulla natura del processo morboso che lha determinata (gomma luetica e tubercolo).

Il cheloide è una cicatrice rilevata e ramificate con aspetto di chele di granchio.

Caratteristiche:

• invade i tessuti circostanti

• caldo

• rosso

• pruriginoso e con esfoliazione

• si presenta con maggior rischio nelle donne in gravidanza

• gruppo sanguigno di tipo A

• si forma in sede preferenziali (schiena, sterno, anche cosce, spalle e area scapolar, regione sovrapubica, lobo dell’orecchio).

• Questo non regredisce spontaneamente. [18]

La cicatrice ipertrofica, è un processo riparativo che si solleva, incrementando la sua altezza, ma che rimane sempre confinato nell’area della ferita originale. [18]

Questa tipologia di cicatrice potrebbe regredire spontaneamente. [18]

Caratteristiche:

• rossa,

• irritabile,

• cianotica e pruriginosa nella zona più gonfia

• sbianca alla pressione

• cresce velocemente

• non cè un sito tipico per lo sviluppo

• spesso è contratta

• frequente spontanea regressione, se non è grande

• confinata al sito della ferita,

• emerge dopo quattro settimane

• presenta di noduli in profondità o a metà della cicatrice

• più frequentemente collegata al gruppo sanguigno A

Cicatrice atrofica, può presentarsi dopo un intervento chirurgico o trauma, acne, ustioni. E una depressione della cute.

Striae distensae: si riscontra principalmente negli adolescenti con abusi di farmaci steroidei, nelle donne in gravidanza e nei soggetti obesi.

Le striae rosse possono essere espressioni temporanee, mentre quelle bianche sono evoluzioni che non scompaiono.

Cheloide

Cicatrice che si sollevarsi, prolifera al di là dei confini originali della lesione, con una lunga evoluzione (anni); si forma in prevalenza nelle pelli scure (5/15% in più rispetto alle pelli caucasiche) ed in zone preferenziali quali, schiena, sterno, anche, cosce, spalle, area scapolare, regione sovra pubico, lobo dell'orecchio. Può essere oloroso, si presenta senza noduli, caldo, rosso, sodo, pruriginoso, e con esfoliazioni.

Maggiormente riscontrabile tra i 10-30 anni e nelle donne in gravidanza. Questa neoformazione cutanea non regredisce spontaneamente.

[18]

Valutazione Manuale delle cicatrici

Esistono varie modalità per valutare le cicatrici, molte delle quali hanno ricevuto un certo riconoscimento scientifico.

Il corretto inquadramento di una cicatrice patologica risulta fondamentale dal punto di vista sia medico-diagnostico sia riabilitativo e funzionale. In molti casi occorre sottolineare che non esistono linee guida chiare e precise nella gestione delle cicatrici, come per esempio riportato per quello da taglio cesareo.

Non esiste una scala di valutazione univoca, ma diverse, ognuna basata su criteri specifici.

La scala attualmente più utilizzata è la Vancouuver Scar Scale (VSS), sviluppata da Sullivan.

Questa scala fornisce un giudizio e un punteggio su diversi aspetti clinici della cicatrice, quali pigmentazione, vascolarizzazione, elevazione ed elasticità. I punteggi più bassi di tale scala indicano una condizione clinica migliore, e le variazioni nel corso del tempo dei diversi punteggi possono essere utilizzate per confrontare le diverse modalità di trattamento. I domini della scala di Vancouver ed i relativi punteggi sono riportati nella Tabella [19].

A questa se ne sono aggiunte altre per prendere in considerazione non solo i segni di una cicatrice patologica, ma anche la sintomatologia soggettiva del paziente, in particolar modo la Patient and Observer Scar Assesment Scale.

Una versione più moderna di quest’ultima scala, la PSOAS modificata, si è infine imposta come la prima, nel suo genere, a considerare sia deficit funzionali si dolore e prurito all’interno di comorbidità associata. In questa scala vengono inclusi cinque nuovi fattori di valutazione, per esempio chiedendo al paziente se le sue attività quotidiane vengono negativamente condizionate dal dolore e dal prurito o dalla limitazione articolare associata. Se il paziente risponde “si” ad una di queste domande allora chi somministra la scala farà riferimento a un algoritmo per ulteriore valutazione.

[19]

Uno strumento utile a rilevare l’aderenza delle cicatrici è l’Adheremeter. Si tratta di uno strumento non elettromedicale per la misura del grado di aderenza nelle cicatrici post-chirurgiche. E una specie di centimetro radiale trasparente che consente di misurare in millimetri lo spostamento dell’aderenza cicatriziale quando sottoposta a stiramento.

La misura viene presa su quattro direzioni ortogonali, valutando la ridotta mobilità della cicatrice comparata con la cute sana controlaterale. In questo modo è possibile ottenere indici di gravità dell’aderenza che hanno dimostrato essere dotati di buone caratteristiche psicometriche in termini sia di affidabilità e di sensibilità al cambiamento dopo il trattamento.

FISIOPATOLOGIA DELLA CICATRIZZAZIONE

La cicatrizzazione rappresenta il risultato finale del processo di riparazione tissutale.

Nel momento stesso in cui un agente lesivo qualsiasi interrompe la continuità del rivestimento cutaneo, si scatena una serie di meccanismi, tra loro coordinati, che portano alla riparazione

A tal proposito alla luce delle attuali conoscenze, possiamo ritenere particolarmente felice l’intuizione di Paracelso, che asseriva “…è la natura stessa della carne che possiede in se stessa un innato balsamo che guarisce le ferite…”.

La guarigione delle ferite è un processo estremamente complesso in cui differenti tipi cellulari vengono ad interagire con il microambiente.

La guarigione delle ferite avviene secondo tre metodiche:

- riepitelizzazione, caratterizzata da un aumento delle mitosi dei cheratinociti, con una restitutio ad integrum e senza conseguenze estetiche.

- cicatrizzazione, composta da tre fasi della durata di 1-2 aa: la prima fase è infiammatoria con lo scopo di detergere i tessuti; la seconda proliferativa con la formazione del tessuto di granulazione; la terza è detta maturativa con la formazione della cicatrice definitiva. Questa fase è definita dall’equilibrio tra produzione e lisi enzimatica, lo sbilanciamento a favore di una delle due parti porterà ad una cronicizzazione o alla formazione di cicatrici ipertrofiche e cheiloidee.

- contrazione data dalla trasformazione dei fibroblasti in miofibroblasti indotta dalla ±-actina. Questo ha aspetti positivi quali l’avvicinamento dei lembi, la diminuzione dei rischi infettivi e delle perdite metaboliche, ma anche negativi, in particolare un importante danno estetico.

Quando si produce una soluzione di continuo del mantello tegumentario, si viene inevitabilmente a produrre un’emorragia di intensità variabile.

Conseguenze di tale emorragia sono l’attivazione delle piastrine e l’innesco della cascata coagulativa.

Le piastrine oltre ad andare incontro all’aggregazione che rappresenta il momento fondamentale del processo di emostasi, liberano varie sostanze, tra cui alcuni fattori di crescita (in particolare il Platelet derivatd growth factor PDGF) che interagendo con altri fattori di crescita presenti nel microambiente modulano le fasi successive del processo di guarigione tissutale.

L’attivazione del sistema della coagulazione, dal canto suo, porta alla formazione di un coagulo di fibrina che determina la contrazione della ferita e, nel contempo, viene ad esercitare una sorta di protezione dell’area lesa nei confronti di agenti traumatici ed infettivi.

Anche i granulociti neutrofili compaiono nell’area offesa già dopo poche ore e mantengono un elevato gradiente cellulare per uno due giorni; la loro concentrazione decresce poi rapidamente se non si instaura un processo infettivo.

I macrofagi, che derivano dai monociti circolanti, si concentrano nell’aria della ferita raggiungendo il gradiente massimo dopo 24 ore e persistendo in elevata concentrazione per lungo tempo; tali cellule sono deputate non solo alla detersione della ferita ma anche alla liberazione di fattori di crescita per i fibroblastie alla modulazione dei processi di rigenerazione tissutale. L’ultimo step è dato dalla rigenerazione epiteliale e la formazione del tessuto di granulazione, il quale poi evolve nel tessuto cicatriziale.

La rigenerazione epiteliale inizia dopo 4-6 ore dai margini della ferita ed eventualmente dai residui degli annessi epiteliali presenti e l’area offesa, nelle cui cellule si osserva caratteristicamente un accumulo di granuli di glicogeno. Nelle stesse cellule, dopo 12 ore, si verifica un incremento delle mitosi e a partire dal terzo quarto giorno, una migrazione che porta ad una rapida copertura di tutta l’area lesa. Proliferazione e migrazione dei cheratinociti non sono eventi indipendenti dalle modificazioni che si verificano nel sottostante tessuto di granulazione, ma risentono fortemente della variazione nella costituzione della sostanza extracellulare e dell’ambiente ormonale locale, a cui essi stessi partecipano attivamente con la produzione di fattori di crescita (EGF, ±TGF, CDGF et al.).

La formazione del tessuto di granulazione si realizza dopo 24 36 ore ed è caratterizzata dalla

I primi sono deputati alla produzione della sostanza fondamentale, del collagene e dell’elastina;

le seconde intervengono nel processo neoangiogenetico che porta alla costituzione dei nuovi vasi sanguigni,

Il tessuto di granulazione ha il compito precipuo di obliterare lo spazio intertissutale creato dalla soluzione di continuo. Ciò si realizza attraverso la capacità contrattile dei fibroblasti e soprattutto dei miofibroblasti, i quali vengono a determinare una contrazione del fondo della ferita.

Il tessuto di granulazione, attraverso un decremento della concentrazione di cellule e vasi, evolve in tessuto cicatriziale.

Quest’ultimo, essendo formato essenzialmente da collagene, elastina e proteoglicani, presenta una composizione simile a quella del tessuto connettivale dermico.

In realtà se si prende in considerazione il tipo di fibre collagene e la loro architettura, si può rilevare come tra i due tessuti esista una sostanziale differenza.

Nel tessuto cicatriziale, infatti, si ha una predominanza del collagene di tipo III rispetto a quello di tipo I; nelle cicatrici inoltre, le fibre collagene sono più sottili ed appaiono organizzate in fasci sottili fittamente stipati ed irregolarmente orientati, in opposizione al normale tessuto connettivale dermico dove le stesse fibre sono strutturare in fasci voluminosi disposti in maniera regolare.

Questa differenza architetturale si riflette sulle proprietà fisiche del tessuto cicatriziale, che risulta meno elastico e resistente allo stiramento del normale derma.

Svariati sono i fattori che possono in qualche maniera influire sul processo cicatriziale determinando l’evoluzione del processo stesso in senso patologico con conseguente sviluppo di cicatrici ipertrofiche e cheloidi, che vengono spesso a rappresentare un motivo di menomazione psicologica del paziente.

Sono state proposte varie classificazioni, tra cui quella di Magliacani o quella di Tina Amsler , basandosi sulle caratteristiche cliniche, data la difficoltà di discernere tra quelle istologiche.

Per il primo si dividono in normotrofiche, ipertrofiche, retraente, atrofiche; per la seconda abbiamo c. ipertrofiche, cheloidee, atrofiche, eritematose e pigmentate. Una citazione a parte meritano le cicatrici indotte dal trattamento con innesti e quelle retraenti tipiche delle zone articolari.

Meccanismo responsabile della cicatrizzazione patologica può essere individuato in uno squilibrio che si viene a creare tra la sintesi e la degradazione del collagene. Secondo alcuni studi questo squilibrio può essere imputato alla proliferazione incontrollate di un clone fibroblastico che presenta strette analogie con i fibroblasti fetali. I fibroblasti appartenenti a questo clone anomalo, analogamente a cellule trasformate in senso neoplastico, sarebbero meno sensibili dei miofibroblasti normali agli stimoli inibitori della proliferazione venendo così a realizzare una produzione eccedente di collagene e di conseguenza una cicatrizzazione patologica.

I fibroblasti aberranti non sarebbero normalmente presenti a livello delle ferite, ma vi apparirebbero in seguito all’azione dei fattori diversi di cui i più importanti sembrano essere una predisposizione su base genetica e o una stimolazione continua di natura traumatica o infettiva a livello dell’area lesa. Questa ipotesi patogenetica appare in accordo con le osservazione di Hopps et al. che hanno individuato nel tessuto cheloideo una concentrazione di Dna e collagene maggiori rispettivamente di tre e quattro volte rispetto al normale tessuto cicatriziale.

In ogni caso per tutte le cicatrici patologiche va fatta una considerazione riguardo alla loro sede in quanto si è visto che esse sono più frequenti laddove interrompono le linee di forza (Langer).

Per cicatrice ipertrofica si intende una cicatrice che rimane all’interno dei limiti originari della ferita, mentre il cheloide si estende oltre i margini della stessa. Clinicamente sono contraddistinte per la presenza di prurito e dolore. Istologicamente la differenza tra le due è minima, ma il cheloide differisce per un enorme quantità di sostanza mucinosa, minor presenza

aumento della sintesi di collagene (di tipo III), minor inibizione delle proteinasi e in ultimo si è dimostrato avere una alta componente genetica razziale ed individuale. Sedi più frequenti sono il torace, collo, arto superiore e regione retro auricolare.

Oltre ad essere indotta da fattori ambientali, la cicatrice ipotrofica può presentarsi in un paziente debilitato da malattie metaboliche, come il diabete, affetto da carenze proteiche, vitaminiche o in terapia steoridea o antineoplastica,

In aggiunta a queste cicatrici patologiche, un paziente ustionato in cui si saranno eseguiti innesti, si avranno residui sia sullarea donatrice sia cicatrici “smashate” a rete, laddove siano stati posti innesti a spessore parziale. Si avranno anche molto probabilmente cicatrici a Z o a V-Y nelle zone dove è stato necessario allungare, coprire o ridurre la tensione. [21]

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