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Circuiti in serie ed in parallelo

Nel documento Elementi di Fisica (pagine 104-109)

13. La corrente elettrica

13.4 Circuiti in serie ed in parallelo

R= ! V i

L’unità di misura della resistenza elettrica è stata denominata ohm (#): 1 ohm è la resistenza di un conduttore in cui fluisce la corrente di 1 ampè-

re, quando si applica ai suoi capi una differenza di potenziale di 1 volt,.

In un conduttore metallico il valore della resistenza è una costante (legge di Ohm). Esso è direttamente proporzionale alla lunghezza l del con- duttore e inversamente proporzionale alla sua sezione A:

[13.5]

R=! l A .

La costante di proporzionalità /, caratteristica della natura del conduttore, prende il nome di resistività e si misura in &'m

In alcuni casi (in particolare riferendosi a conduttori non metallici) per caratterizzare le proprietà elettriche di un materiale, anziché le gran- dezze resistenza e resistività, si preferisce utilizzare i loro reciproci, detti

conduttanza (S) e conduttività (-), definiti come:

[13.6] S= 1 R= I !V e ! = 1 " .

L’unità di misura per la conduttanza è il siemens (Si) e per la conduttività il Si/m.

Per far passare la corrente in un conduttore, il campo elettrico com- pie un lavoro sui portatori di carica. L’energia così fornita è dissipata negli urti dei portatori di carica contro gli altri atomi o ioni del conduttore, pro- ducendo il riscaldamento del conduttore. Poiché il lavoro effettuato dal campo elettrico per muovere la carica dq attraverso una differenza di poten- ziale !V è:

[13.7] dL = "V dq = "V#i dt ,

e ricordando che la potenza era stata definita come il lavoro effettuato nell’unità di tempo (§ 6.9), si ottiene:

Elementi di fisica

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[13.8] P = "V#i

in cui P è la potenza necessaria a far fluire la corrente. Tale potenza, come ha dimostrato a suo tempo Joule, è dissipata sotto forma di calore. Questo effetto termico della corrente prende il nome di effetto Joule e la legge [13.8] è appunto nota anche come legge di Joule.

Usando la definizione di resistenza [13.4], si può riscrivere la [13.8] anche nella forma:

[13.9] P = i2 R ovvero

P = ! V 2

R .

13.3 Circuiti elettrici

Per mantenere una corrente elettrica costante attraverso un condut- tore, occorre fornire l’energia necessaria a mantenere stabile la differenza di potenziale ai suoi capi. A ciò provvede quello che viene detto un generatore di tensione (può essere una pila, una batteria, una macchina elettrica …). In Fig. 13-1 sono mostrati i simboli che vengono utilizzati per indicare negli schemi elettrici un generatore di tensione e un resistore (cioè un conduttore cEaratterizzato dalla sua resistenza elettrica).

Fig. 13-1 Fig. 13-2

Consideriamo il semplice circuito elettrico schematizzato in Fig. 13-2. Esso comprende un generatore di tensione ai cui capi è connesso un resistore. Perché il circuito costituito dal generatore e dal conduttore possa mantenersi in regime stazionario1, il generatore deve far risalire alle cariche

il salto di potenziale esistente ai capi del resistore, restituendo quindi ad esse l’energia dissipata per effetto Joule. Si definisce forza elettromotrice o tensione il lavoro per unità di carica speso dal generatore per mantenere ai

capi di un conduttore una differenza di potenziale costante:

[13.10] E = L q .

1 Ricordiamo che un sistema si dice in regime stazionario quando le grandezze che lo de- scrivono si mantengono costanti nel tempo. Qui quindi si intende che la corrente si man- tiene costante nel tempo.

Nicolò Beverini

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In base a tale definizione, la forza elettromotrice ha le stesse dimen- sioni fisiche del potenziale elettrostatico e quindi la sua unità di misura è ancora il volt. In effetti la denominazione di forza elettromotrice è impro- pria; essa, nonostante il suo nome, non è affatto una forza.

In un generatore ideale il valore della forza elettromotrice uguaglia il valore della caduta di potenziale ai capi del resistore; è cioè 䉘 = Va – Vb = iR,

essendo i la corrente che attraversa il resistore. In effetti si può verificare sperimentalmente che non è esattamente così. Se prendiamo una pila e col- leghiamo ad essa dei resistori con valori di resistenza diversi, si osserva come, al diminuire della resistenza, diminuisca anche il valore della diffe- renza di potenziale VA – VB ai capi del resistore e quindi del prodotto iR.

Questo si spiega tenendo presente che la corrente elettrica deve circolare anche all’interno nel generatore, dissipando anche lì energia, in misura proporzionale al valore della corrente. Ai capi del generatore, quando in es- so circola una corrente i, la differenza potenziale non è perciò 䉘, ma 䉘 – iri.

La quantità ri prende il nome di resistenza interna del generatore. Nel circui-

to di Fig. 13-3, in cui è evidenziata la resistenza interna del generatore di tensione, si ha dunque:

[13.11] 䉘 – i ri = Va – Vb = i R .

Fig. 13-3

13.4 Circuiti in serie ed in parallelo

Quando si connettono più conduttori ad un generatore di tensione, esistono delle semplici regole che permettono di risolvere il circuito, di cal- colare cioè la corrente complessiva fornita dal generatore, le correnti che passano in ogni ramo del circuito e le tensioni che si misurano ai capi dei singoli resistori.

Il primo caso che esaminiamo è quello delle resistenze in serie. Due o più resistori si dicono in serie tra loro se sono attraversati uno dopo l’altro dalla stessa corrente. Questo è il caso dei tre resistori in Fig. 13-4, aventi resistenza R1, R2 e R3. Applicando la legge di Ohm ai tre singoli

resistori, otteniamo le relazioni:

[13.12] Vb – Va = I R1; Vc – Vb = I R2; Vd – Vc = I R3 ,

Elementi di fisica

105 [13.13] Vd – Va = I R1 + I R2 + I R3 = I Req ,

dove Req = R1 + R2 + R3 è la resistenza del circuito equivalente di Fig.13-5,

in cui i tre resistori in serie sono stati sostituiti da un unico resistore, man- tenendo lo stesso valore della corrente circolante

Fig. 13-4 Fig.13-5

Se ne deduce la seguente regola:

Quando più conduttori sono posti in serie tra di loro, essi sono equivalenti ad un unico resistore la cui resistenza è la somma delle singole resistenze.

Vediamo ora invece il caso che più resistori siano posti in parallelo tra loro. Questo è il caso in Fig. 13-6 dei due resistori di resistenza R1 eR2.

La corrente totale IT si ripartisce in a tra i due resistori per poi ricombinarsi

in b; dette I1 e I2 le correnti nei due rami è ovviamente I1 + I2 = IT.

Fig. 13-6 Fig. 13-7

Ai capi dei due resistori c’è la stessa differenza di potenziale Vb – Va.

Applicando quindi ad essi la legge di Ohm, si ha:

[13.14] Vb – Va = I1 R1 ; Vb – Va = I2 R2 ; cioè: I1= Vb!Va R1 ; I2= Vb!Va R2 e quindi: IT = V

(

b!Va

)

1 R1+ 1 R2 " # $ % & ' .

Nicolò Beverini

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Il circuito di Fig. 13-6 è dunque equivalente a quello di Fig. 13-7, in cui i due conduttori in parallelo sono sostituiti da un unico resistore di re- sistenza Req, tale che

[13.15] 1 Req = 1 R1+ 1 R2 .

Se ne deduce la seguente regola:

Quando più conduttori sono posti in parallelo tra di loro, essi sono equiva- lenti ad un unico resistore la cui resistenza è l’inverso della somma degli in- versi delle singole resistenze.

Ricordando la definizione di conduttanza, possiamo dare quest’altra regola equivalente:

Quando più conduttori sono posti in parallelo tra di loro, essi sono equiva- lenti ad un unico conduttore la cui conduttanza è la somma delle singole conduttanze.

In generale si potranno presentare situazioni più complesse, in cui si dovranno applicare più volte al circuito le leggi sopra indicate.

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14. Il campo magnetico

Nel documento Elementi di Fisica (pagine 104-109)

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