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Le citès frances

Prima di procedere con l’analisi del romanzo scelto, sarà bene accennare brevemente al contesto a cui esso principalmente (anche se non esclusivamente) si riferisce: quello dei sobborghi (citès o beneuel) francesi, abitati in larga parte da emigrati. Infatti, uno degli scopi

392 Basti pensare al fatto che la stessa Samira rifiuta di raccontare di tutte le torture che ha subito durante lo

stupro.

393 In questo lavoro si è deciso di rimanere in ambito letterario e per questo motivo (ma anche per una questione

di spazio) non si è preso in considerazione il cinema, sebbene questo, contrariamente alla letteratura, si sia occupato molto del problema degli stupri di guerra. Ciò nonostante, considerando la vasta filmografia, vale pena ricordare qualche titolo. Ad esempio: il film documentario The Greatest Silence: Rape in the Congo diretto nel 2007 da Lisa F. Jackson; il cortometraggio Unwatchable diretto da Marc Hawker e basato sulla storia vera di una donna congolese di nome Masika; il lungometraggio Accadde in Aprile, diretto nel 2005 da Raul Peck, che analizza la situazione del Rwanda. Ricordiamo anche il film La Squale che però tratta il problema degli stupri di gruppo nelle citès, proprio come il libro di Samira.

99 del libro è denunciare la particolare situazione che si è venuta a creare in questi ambienti a partire dalla fine degli anni Ottanta, inizio anni Novanta.

Fadela Amara394, attivista di Sos Racisme, a tal riguardo scrive che la situazione delle citès non è stata sempre drammatica come in quel periodo perché, grazie alla marce di protesta contro il razzismo e per la parità dei sessi nei decenni precedenti le ragazze (comprese quelle emigrate) erano riuscite ad emanciparsi.

Secondo Amara «il degrado è arrivato in modo impercettibile, senza che nessuno ci facesse caso. […] In due-tre anni la situazione si è completamente deteriorata. Ciò corrisponde all’entrata in scena dei “fratelli maggiori”»395, i quali, «dopo essersi arrogati

l’autorità in seno alla famiglia, […] l’hanno esercitata anche nelle citès. La loro missione era chiara: proteggere la sorella […] preservarla vergine fino al matrimonio»396. Inizialmente questa situazione era tollerata e così la maggior parte degli adulti ha «chiuso gli occhi dicendo che era per il [loro] bene»397. Di conseguenza la libertà delle ragazze «è stata a poco a poco erosa. Poi questa pressione si è accentuata per diventare una vera oppressione»398.

Questo cambiamento improvviso di direzione si inserisce all’interno di una complicata situazione sociale. A partire dagli anni Novanta, infatti, in Francia inizia una crisi dell’occupazione e i primi lavoratori a perdere il proprio posto sono proprio gli emigrati residenti nelle citès399. I ragazzi, in particolare quelli senza lavoro, con il passare del tempo radicalizzano sempre più i loro comportamenti. Scrive Amara che questi giovani, tenuti molto in considerazione all’interno della famiglia, «vivono di fatto una vera schizofrenia: re in seno al nucleo familiare, e inesistenti, negati, al di fuori».

Molti di essi, inoltre, trascorrendo sempre più tempo per strada, alla fine scelgono la delinquenza e adottano comportamenti machisti per imporre la propria autorità all’interno del quartiere. Così, alcuni di essi «hanno cominciato a diventare autoritari, poi a fare prova di violenza verbale verso le ragazze, ad insultarle, con il pretesto di controllarle. […] Poi sono passati ad uno stadio superiore […] si sono sentiti autorizzati a»400 infastidirle. Questo

394 AMARA F., Né puttane né sottomesse. In memoria di Sohane Benziane, NonSoloParole Editore, Pollena

Trocchia (Na), 2007, pp. 27-29 395 Ivi, pp. 29-30 396 Ivi, p. 31 397 Ibidem 398 Ibidem 399 Ivi, pp. 32-33 400 Ibidem

100 secondo Amara, sarebbe anche un modo per sfogare la rabbia e la frustrazione dell’abbandono che vivono in seno alla società francese401.

In un simile contesto l’esibizione della femminilità, così come la rivendicazione della propria indipendenza, sono motivi sufficienti a far esprimere giudizi negativi sulle ragazze, che diventano in questo modo le vittime ideali di chiunque decida di commettere un abuso sessuale. Non stupisce quindi che le giovani come Samira, che si truccano e camminano sole per strada, vengano considerate delle “poco di buono” contro le quali tutto è lecito402.

Il fenomeno sociale delle bande e degli stupri di gruppo che si crea nel contesto dei sobborghi francesi, ben dimostra cosa accade quando la violenza viene tollerata, banalizzata o, peggio, istituzionalizzata. Come commenta Samira, infatti, la ragazze vengono considerate merce di scambio, ma questo «è ormai costume consolidato. […] Gli stupri di gruppo sono diventati azioni banali e gli aggressori sono sempre più giovani»403.

Nella prefazione a Via dall’Inferno, Josee Stoquart, curatrice del libro, afferma che «questi adolescenti non hanno più alcun punto di riferimento […] Per loro la “giostra” è un gioco e le ragazze degli oggetti»404.

Samira, poi, spiega che il fenomeno delle bande non si limita a distruggere la vita delle ragazze vittime, ma colpisce direttamente anche le vite dei ragazzi, i quali «vivevano una condizione impietosa, che spesso si concludeva con la prigione o con la morte. Quanto alle ragazze […] erano preda delle bande e subivano la loro violenza nella vergogna e nel silenzio»405.

La pratica più comune tra i ragazzi «era di “fare la festa alle ragazze” o di “farle girare”. […] era facile: un pugno, due schiaffi, un po’ di pressione e il gioco era fatto. Si prestavano una ragazza come ci si presta un CD o un maglione. La facevano “girare” come una canna. Facevano partecipare gli animali e venivano utilizzati oggetti di ogni genere per rendere la faccenda più interessante»406.

Eppure, commentano Bellil e Amara, nelle citès nessuno si sorprende. Neppure le ragazze vittime della violenza della bande reagiscono a ciò che viene fatto loro, sia che si tratti di violenze fisiche e sessuali, sia che si tratti di violenze verbali407.

401 Ibidem

402 BELLIL S., op. cit., p. 8

403 Ivi, p. 40. Queste parole, contenute nel suo libro, risalgono al 2002. 404 Ivi, p. 8

405 Ivi, p. 40 406 Ibidem 407 Ivi, p. 41

101 2. L’autrice

Samira Bellil è stata una femminista francese, divenuta famosa dopo la pubblicazione della sua autobiografia Via dall’inferno (titolo originale Dans l’enfer des tournantes, che significa più correttamente “Nell’inferno degli stupri di gruppo”), nel 2002.

Samira nasce nel novembre del 1972 ad Algeri, ma la sua famiglia si sposta presto in Francia, nella zona di Parigi. La ragazza a causa di alcuni problemi famigliari, viene data quasi subito in affido ad una coppia belga e ritorna a vivere con i genitori biologici solo cinque anni. Questo evento per lei è traumatico408.

Ancora più traumatica è la diversità delle condizioni di vita in cui si viene a trovare: la figura opprimente del padre e la madre troppo sottomessa per reagire, si collocano agli antipodi delle figure genitoriali della famiglia belga in cui ha vissuto gli anni della prima infanzia409.

Pe fuggire dalla situazione che vive tra le mura domestiche, Samira inizia a trascorrere molto tempo vagabondando per la strada, assieme ad altre ragazze. All’età di quattordici anni viene violentata e picchiata selvaggiamente per un’intera notte da un gruppo di ragazzi che credeva essere amici410. Successivamente, a sedici anni, subisce un altro stupro da parte di alcuni sconosciuti411.

Samira entra così in un circolo vizioso di depressione, violenza verso gli altri e abuso di alcool e droga leggera. Riesce a riscattarsi e a riprendere le redini della sua vita solo a seguito di diversi anni in terapia con una psicologa.

È su suggerimento della dottoressa che segue il suo caso che Bellil decide di pubblicare in un libro la sua esperienza, nella speranza anche di essere di sostegno e d’aiuto tutte le ragazze che vivono situazioni analoghe.

Nel 2002 Samira partecipa alla marcia organizzata dal movimento Ni putes ni soumises (Né puttane né sottomesse), che lei stessa ha contribuito a fondare, per affrontare pubblicamente la questione della violenza contro le donne e degli stupri di gruppo nelle periferie delle città francesi.

408 Ivi, p. 8

409 Ibidem 410 Ibidem 411 Ibidem

102 Due anni dopo, il 22 febbraio 2004, la ragazza è ospite di Paolo Bonolis alla trasmissione Domenica in412.

Muore nel settembre dello stesso anno a causa di un cancro allo stomaco413.

3. Il romanzo

Come si è detto, il romanzo di Samira Bellil nasce e si sviluppa nel drammatico contesto di violenza efferata, silenzio ed omertà, in cui vivono moltissime ragazze, francesi ed extracomunitarie, residenti nelle periferie di alcune città della Francia. Violenze che non rappresentano solo una parte della vita di Samira, ma che riguardano il trascorso di moltissime altre giovani.

Il 4 ottobre del 2002, ad esempio, Sohane Benziane, a soli diciotto anni viene bruciata viva dal suo fidanzato in uno scantinato di Vitry-sur-Seine, un quartiere della periferia parigina414. Il suo unico crimine è stato quello di essere una bella ragazza che non voleva sottomettersi alle leggi che regolano la vita delle ragazze delle citès.

Dalla volontà di denunciare questa situazione di degrado sociale e di attirare l’attenzione dei media sulle condizioni delle ragazze dei sobborghi francesi, più di trentamila persone hanno partecipato ad una marcia, di cui Samira è stata la madrina, che ha toccato diverse città francesi, organizzata dal movimento Ni putes ni soumises.

Dalla stessa volontà di denunciare nasce anche il libro di Bellil, che in un’intervista riportata sul sito del Corriere della sera spiega: «ho scritto questo libro per interrompere e impedire che la spirale di violenza vissuta sia rivolta agli altri. Avevo voglia di imparare a vivere nella dolcezza e non nel sangue. […] È importante che gli uomini violenti possano vedere che ci sono altri che sanno vivere con noi normalmente, ammettendo la nostra uguaglianza di diritti. Organizziamo dibattiti sull’integrazione […] e infine aiutiamo quelle donne che denunciano gli orrori subiti»415.

La storia di Samira, comunque, non riguarda solo le ragazze delle citès francesi: essa supera i confini geografici e spaziali, coinvolgendo tutte le donne che subiscono abusi e che cercano di ribellarsi e denunciare, così come quelle che subiscono in silenzio, per paura e

412 http://archiviostorico.corriere.it/2004/marzo/10/Fuori_dalla_violenza_delle_citta_co_10_040310039.shtm

(ultima consultazione 17/01/2013)

413 http://www.theguardian.com/news/2004/sep/13/guardianobituaries.france cit.

414 AMARA F., op. cit., pp. 7-8

415 http://archiviostorico.corriere.it/2004/marzo/10/Fuori_dalla_violenza_delle_citta_co_10_040310039.shtml

103 vergogna. Essa è la storia di tutte quelle ragazze che sono state vittime di stupro, che vengono giudicate colpevoli dell’accaduto e liquidate con un: “se l’è voluta”.

3.1. Trama

Dopo essersi brevemente lasciata andare al ricordo della felice infanzia trascorsa in Belgio, Samira Bellil racconta la storia della sua vita, soffermandosi in particolare sulla ferocia del primo abuso sessuale subito e sulle drammatiche conseguenze psicologiche, sociali e relazionali che la violenza porta con sè.

Lo stupro, destinato a ripetersi altre volte (una dopo un mese, l’altra quando la ragazza ha sedici anni), lascia nell’anima di Samira una ferita che diventerà sempre più profonda a causa di giudizi e pregiudizi di tutte quelle persone che giustificano i carnefici e colpevolizzano le vittime. Si tratta di una ferita che si rimarginerà con fatica e solo a distanza di molti anni.

Il dramma della ragazza non riguarda quindi solo l’atto dello stupro, ma, come emerge dalla storia, si estende ad un intero periodo di vita, che va dalla prima adolescenza all’età adulta.

3.2. Personaggi

 K.: è lo stupratore, il boss di quartiere che “fa la festa” alle ragazze come Samira. Nel romanzo viene descritto quasi come un mostro: è il più grosso di tutti, tira pugni micidiali che lo mettono in una posizione di comando. Se anche l’autrice avesse esagerato, volutamente o meno, alcuni suoi tratti, di certo è riuscita a rendere chiaramente l’idea della totale mancanza di empatia di cui sono affetti i ragazzi dei sobborghi e che li rende incapaci di comprendere il dolore che infliggono alle loro vittime.

 Matthiew: compagno di classe di Samira al liceo; è a conoscenza del fatto che la ragazza è stata violentata, ma a differenza della maggior parte delle persone in un primo momento non la colpevolizza. Da un giorno all’altro, a seguito dell’intervento del padre, il ragazzo cambia completamente atteggiamento nei confronti dell’autrice.

104  Yanes: ha diciotto anni quando incontra Samira, che è di qualche anno più

grande di lui e già fidanzata con Liam. Grazie a questo ragazzo, con il quale ha una breve storia, l’autrice riesce a riscoprire l’importanza di sentirsi amati e di amare.

 Fanny: descritta come un’ancora di salvezza, è la psicologa che aiuterà Samira.  La mamma di Samira: interessante è il modo in cui la ragazza rappresenta la

madre. Dalla storia appare come una donna debole e sottomessa al marito, incapace di esprimere il suo amore per le figlie, anche a causa dell’educazione ricevuta. Questo contrasta con le parole dell’autrice, che la descrive come una persona dal cuore grande, buona, amorevole e generosa.

4. Analisi

4.1. Il contesto familiare

Samira non vive in un bel ambiente familiare: il padre poco dopo l’arrivo in Francia viene incarcerato e la madre, ritenendo di non avere le capacità e i mezzi per occuparsi da sola della piccola Samira, decide di darla in affido.

La ragazza viene mandata in Belgio, dove rimane per ben cinque anni. Durante il periodo trascorso nella famiglia di affidamento, Samira ha modo di conoscere l’amore e l’affetto dei genitori adottivi e si abitua ai loro modi affabili, per questo, quando torna a vivere in Francia con i suoi genitori biologici e subisce l’oppressione della mentalità ristretta della madre e del padre, nonché i maltrattamenti fisici di quest’ultimo, vivrà l’esperienza del ritorno in modo decisamente traumatico.

«La mia famiglia adottiva», racconta la ragazza, «era fatta di genitori attenti, affettuosi e pieni d’amore. Papà Jean […] Era calmo e riflessivo, mai un urlo mai un gesto di nervosismo. Se facevo qualche sciocchezza mi aiutava a capire dove avevo sbagliato, incoraggiava la mia intelligenza e ascoltava con interesse ciò che avevo da dire. […] Mamma Josette era una vera madre […] sapeva consolarmi quando ero triste, mi dedicava tutto il tempo di cui avevo bisogno»416. Quindi, si tratta di un mondo molto di verso da quello fatto di «calci in faccia che ho ricevuto in seguito»417. L’unico modo che la ragazza ha per difendersi dalle violenze del padre, ma non da quelle dello zio, è stare con la sorella minore «perché, per quanto possa

416 BELLIL S., op. cit., p. 44

105 sembrare strano, quando la mia sorellina più piccola è vicino a me, mio padre non osa toccarmi. L’ha fatto una sola volta ma lei ha avuto una crisi nervosa e da allora non si è più azzardato» 418.

Questa diversità di modi, Samira la interpreta come una diversità culturale e come un residuo del contesto familiare in cui entrambi i suoi genitori biologici sono nati e cresciuti, un ambiente fatto di violenza continua:

I miei genitori sono degli immigrati ma, anche se ampiamente occidentalizzati, hanno conservato tracce della loro educazione. Si sono comportati proprio come è stato fatto con loro: bisognava far capire a furia di schiaffi , pugni e calci nel sedere perché le cose entrassero bene in testa! 419

Questo però, è un discorso che riguarda in particolare il padre, perché la madre, ricorda la ragazza, anche se è «cresciuta nella violenza, senza una briciola d’amore […] ha un cuore caldo come il sole». Purtroppo, però, rimane per molto tempo incapace di opporsi al marito e al fratello, impedendo loro di maltrattare la figlia. Solo molti anni più tardi, questa donna alzerà la testa e agirà in modo tale da tutelare le altre due sorelle, cacciando il marito di casa:

Mia madre ha deciso di cambiare vita. Dopo quarant’anni di vita di merda, stanca delle sofferenze e delle frustrazioni personali, sfinata dalla tirannia di mio padre e dai lavori insulsi, si è finalmente risvegliata420.

La madre di Samira, alla fine riesce anche ad ottenere il divorzio dal marito. La ragazza commenta così: «l’atmosfera a casa non è più la stessa. Quell’aria pesante, soffocante, che vi regnava ha lasciato posto al sole che mia madre nascondeva nel cuore. Il mio problema è diventato così un problema familiare e ne parliamo apertamente»421. Non solo: infatti, alcuni anni dopo la violenza, quando Samira sarà perseguitata da una ragazza che si trovava in comunità con lei, la madre prenderà le sue difese:

Sono sconvolta. Non l’ho mai sentita parlare di me in quel modo, usare le parole “stupro”, “sofferenza”. È la prima volta che mi difende. Sono talmente sbigottita di sentire quello che pensa di me, e talmente colpita per quello che sta facendo, che ho voglia di piangere. Tutt’a un tratto non ho neanche più voglia di picchiare quelle stronze. «Sono più di due mesi che Monique

418 Ivi, p. 32

419 Ivi, p. 43 420 Ivi, p. 168 421 Ivi, p. 191

106

telefona a casa nostra per dire a Sam che il suo aggressore è uscito di prigione, che bisogna che faccia attenzione. E vi risparmio il resto… Gioca con i suoi nervi e con la sua sofferenza! Francamente non auguro a vostra figlia ciò che è successo alla mia!». Cazzo, mi ha fregato, mia madre! Sono completamente sconvolta!422

Tornando al contesto familiare in cui la ragazza è cresciuta, va detto che ella, per fuggire da quel clima di indifferenza e soprusi, inizia molto giovane a trascorrere lunghi periodi fuori di casa, per la strada e a nulla valgono le proibizioni e le punizioni (anche corporali) impostale dai genitori. Né servirà farle frequentare una rigida scuola cattolica, dalla quale, per altro, la ragazza viene presto espulsa a causa del suo continuo contravvenire alle regole.

In realtà Samira scappa di casa e trascorre molto tempo a per la strada anche perché vuole essere libera, come lei stessa afferma, ma questo contrasta con la mentalità dei genitori e, in generale, del suo ambiente culturale:

Mi sentivo dilaniata tra gli obblighi arbitrari del mio ambiente e i miei sogni di libertà. Volevo essere libera, non volevo vivere sottomessa, né rinchiusa in casa, come quelle che vedevo intorno a me. Volevo la stessa libertà di un maschio: respirare, gustare la vita, cosa c’è di più naturale?423

È proprio a causa dell’opprimente ambiente familiare in cui si trova a vivere, violento e privo di manifestazioni d’affetto, che Samira si rifugerà nell’illusione dell’amore di un ragazzo, che sarà la sua rovina. È per cercare l’affetto che a casa non riceve che, come lei stessa afferma, si rifugia tra le braccia per Jaïd e scambia il suo vizio per amore424, ma per Jaïd Samira è poco più che un oggetto di divertimento e non esiterà a lasciarla ai suoi amici, appena si sarà stancato di lei.

4.2. Le violenze sessuali

A proposito di violenza sessuale e di stupri si è già detto quanto basta nel primo capitolo di questo lavoro, a cui si rimanda per eventuali approfondimenti. Tuttavia, è necessario, ai fini del discorso e dell’analisi del romanzo che seguirà, ripetere brevemente la casistica dello

422 Ivi, pp. 144-145 423 Ivi, p. 20

424 Ivi, p. 19, scrive: «Ai miei occhi contava solo Jaid. Cercavo disperatamente tra le sue braccia l’amore che non

107 stupro. Si è detto in precedenza, infatti, che sono individuabili tre diverse categorie di stupro: quello commesso da un singolo individuo, quello commesso da un gruppo di individui, e quello definito “di massa”, commesso, cioè, da un gruppo di individui con finalità strategiche e militari.

Il romanzo di Samira si occupa principalmente della realtà degli stupri di gruppo.

Nella già citata intervista al Corriere della Sera, Samira spiega che tournantes è il termine francese per indicare «gli stupri di gruppo, la violenza collettiva dove vengono anche usati animali»425. Essi «sono parte integrante della brutale ritualità giovanile, sui quali il silenzio è d’obbligo, pena l’ostracismo della comunità o ritorsioni crudeli»426.

L’espressione tournantes si riferisce in modo particolare alle violenze sessuali effettuate da ragazzi, a volte minorenni, residenti nei quartieri periferici delle città francesi, a danno di ragazze appena adolescenti o loro coetanee. Si pensi che solo nel 1998, come si legge nella prefazione del libro di Samira, «la polizia ha arrestato 994 minori accusati di stupro di ragazze

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