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L’analisi citofluorimetrica è una tecnica che permette di misurare caratteristiche chimiche e fisiche delle cellule o, per estensione, di altre particelle biologiche.

Tale metodica consente l'analisi automatica di sospensioni cellulari monodisperse e si basa sulla misurazione di alcune caratteristiche della cellula, in rapporto alle sue dimensioni, alla sua architettura interna ed alla presenza in essa di uno o più marcatori fluorescenti, identificati mediante utilizzo di anticorpi coniugati con fluorocromi.

Consente la misurazione di una serie di parametri come la dimensione cellulare, la granularità, il contenuto di pigmenti, di DNA, di RNA, l’organizzazione del citoscheletro, il potenziale di membrana, i recettori di superficie ed intracellulari, le attività enzimatiche o la fosforilazione di proteine.

Molte molecole a significato antigenico o recettoriale sulla membrana, nel citoplasma o nel nucleo possono essere identificate con ligandi fluorescenti o anticorpi marcati con fluorocromi. Altre sostanze, come il DNA, l'RNA e organelli cellulari, possono essere direttamente colorati con fluorocromi che si

legano stechiometricamente ad essi. Il vantaggio consiste nella possibilità di analizzare più parametri contemporaneamente, in relazione al numero di fluorocromi utilizzati per ogni analisi.

Il campione da analizzare, costituito da una sospensione cellulare, viene convogliato da un sistema fluidico di trasporto fino al punto in cui avviene la misurazione, cioè nella camera di flusso. Qui incontra un fascio luminoso focalizzato di alcune decine di micron; quando il raggio di luce intercetta il flusso cellulare (stream), il suo incontro con ogni singola cellula genera dei segnali (Fig. 3.1).

Fig. 3.1: Rappresentazione del punto in cui il laser intercetta le cellule.

Questi sono legati alle caratteristiche fisiche della particella (diametro, rapporto nucleo/citoplasma, granularità interna, rugosità di membrana), e alla presenza di molecole fluorescenti localizzate in diversi siti. Una volta emessi, i segnali sono raccolti da un sistema di lenti, specchi dicroici e filtri ottici, e inviati ai rispettivi sensori (fotodiodi e fotomoltiplicari) che ne misurano l’intensità. Questi segnali elettrici (analogici) provenienti da ogni sensore, opportunamente amplificati, digitalizzati e associati tra loro, sono inviati a un computer che provvede alla presentazione dei medesimi e alla loro definizione statistica.

A livello della camera di flusso si realizzano alcune condizioni idrodinamiche necessarie per la misurazione, come la focalizzazione idrodinamica, che consiste nel fare in modo che le cellule attraversino il punto di intersezione con il laser mantenendo un flusso a singola fila, che viene prodotto introducendo il campione (core flow) contenente le cellule, in tubo più grande in cui sta scorrendo un fluido privo di cellule, lo “sheath fluid”, (generalmente PBS o altro tampone) che mantiene il campione lungo l’asse ideale di flusso; se il regime fluidico è di tipo laminare, si creano due flussi coassiali.

Fig. 3.2: Focalizzazione idrodinamica: i due flussi sono coassiali

Agendo sul sistema pneumatico di trasporto che controlla la differenza di pressione tra core flow e sheath fluid si regola la velocità di efflusso delle cellule (flow rate), normalmente valutata in numero di “eventi” al secondo, cioè numero di “particelle”che hanno incontrato lo spot luminoso nell’unità di tempo. E’ logico pertanto evitare la formazione di aggregati di grosse dimensioni.

Al centro della camera di flusso le cellule incontrano uno o più laser provenienti da una sorgente di eccitazione (di solito ioni Argon). Il punto in cui le cellule sono colpite dalla luce viene definito observation point e in questo punto le direzioni del flusso,del laser e del sistema di raccolta della fluorescenza sono perpendicolari. L’assemblaggio meccanico deve essere mantenuto rigido,

poiché se vibra o slitta, le cellule non saranno colpite sempre dal punto centrale del raggio, e le lenti di raccolta della luce non mireranno esattamente alle cellule. Per far questo occorre mantenere il flusso laminare, e far corrispondere le velocità relative del core e dello sheat fluid, poiché altrimenti le cellule si porteranno sui lati del tubo o usciranno dalla zona di illuminazione uniforme. Occorre anche mantenere la velocità delle cellule all’interno del sistema costante poiché se le loro velocità sono diverse, saranno esposte alla regione illuminata per tempi diversi; di conseguenza saranno esposte a diverse quantità di luce, ed emetteranno o diffonderanno segnali luminosi diversi tra loro.

Una cellula colpita emette innanzitutto segnali relativi alle sue caratteristiche fisiche e morfologiche, in base a fenomeni di riflessione, rifrazione e diffrazione. A 180° dalla sorgente luminosa si misura il segnale legato alla diffusione che è funzione soprattutto del diametro cellulare (Forward Scatter, FSC).

Se ci si pone ortogonalmente al fascio si misura un segnale legato sia alla riflessione e alla diffrazione, che sono funzioni della granularità interna, del rapporto nucleo-citoplasma, della rugosità di superficie (Side Scatter, SSC), che alla emissione di fluorescenza dei fluorocromi legati all’unità cellulare (Fig. 3.3).

Fig. 3.3: La luce emessa dalla cellula in seguito all’interazione con il laser viene

rilevata dai sensori per il Forward Scatter, Side Scatter e fluorescenza.

Laser

F re q Fluorescence

FALS Sensor

Detectors

Detectorsdi fluorescenzadi fluorescenza

Laser

F re q Fluorescence F re q Fluorescence

FALS Sensor

Detectors

Questa luce, è sottoposta ad un’analisi spettrale che comporta la separazione delle varie componenti a diverse lunghezza d’onda con l’ausilio di specchi dicroici e filtri ottici, quindi raccolta da fotomoltiplicatori, in quanto si tratta di emissioni molto meno intense rispetto al segnale di forward scatter. Dalla combinazione dei due tipi di segnali si ottiene un particolare diagramma bidimensionale detto “citogramma”, nel quale è possibile rilevare diverse popolazioni cellulari.

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