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Citotossicità dei derivati difenilmetanici IS25 e TG46 in cardiomioblasti murini(H9C2)

intracellulare mediante colorazione con Oil Red O (ORO)

5 Analisi statistica

6.6 Citotossicità dei derivati difenilmetanici IS25 e TG46 in cardiomioblasti murini(H9C2)

A seguito dell’osservazione degli effetti cardioprotettivi osservati per i derivati IS25 e TG46 negli esperimenti condotti su cuori lavoranti di ratto esposti a ischemia-riperfusione è stata investigata la cardiotossicità in cardiomioblasti di ratto (H9C2) utilizzando come saggi di vitalità cellulare sia la produzione di

CTR

L

IS25

0.1

25µM

IS25

1.2

M

IS25

12.

M

TG

46 0

.125

µM

TG

46 1

.2

M

TG

46 1

2.

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0.0

0.2

0.4

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0.8

1.0

O

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(

4

5

0

n

m

)

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**

71 LDH che l’MTT e testando i composti in un range di concentrazioni da 0.1 a 25 μM. T3 e/o GC-1 sono stati usati come tiromimetici di riferimento.

Figura 23: Assenza di citotossicità in cardiomioblasti murini (H9C2) dopo trattamento con TG46 e IS25. (Saggio LDH)

Gli istogrammi mostrano la determinazione colorimetrica della produzione di NADH per riduzione di NAD associata all’attività dell’enzima LDH in cellule H9C2 esposte al trattamento con TG46 e IS25. GC-1 è stato utilizzato come tirometico TRβ selettivo di controllo. I valori si riferiscono alla media ± SEM (n=4). L’analisi statistica è stata effettuata utilizzando il test ANOVA seguito da post-hoc Dunnett’s test (*p<0.05).

Come illustrato in Figura 23 l’incubazione per 24 h dei cardiomioblasti con dosi crescenti del prodrug TG46 (0.1-25 μM) non ha indotto a significative variazioni nel rilascio di LDH rispetto alle cellule di controllo. Il trattamento con l’analogo TRβ selettivo IS25 è risultato produrre una riduzione nel rilascio di LDH quando

CTR

L

TG

46 0

.1µM

TG

46 1

µM

TG

46 1

M

TG

46 2

M

IS25

0.1

µM

IS25

1µM

IS25

1

M

IS25

2

M

GC

-1 0

.1 µ

M

GC

-1 1

µM

GC

-1 1

0 µM

GC

-1 2

5 µM

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

O

D

(

4

5

0

n

m

)

*

72 testato a concentrazione 10 μM che però è abolita quando usato a concentrazione 25 μM.

Relativamente agli effetti sulla vitalità cellulare analizzati mediante il saggio con MTT, i composti in esame non inducono modificazioni quando testati a concentrazioni 0.1-25 μM (Figura 24).

Figura 24: Assenza di citotossicità in cardiomioblasti murini (H9C2) dopo trattamento con TG46 e IS25. (Saggio MTT)

Gli istogrammi mostrano gli effetti sulla vitalità di cellule H9C2 prodotti dal trattamento per 24 h con dosi crescenti di TG46 e IS25 saggiati utilizzando il test MTT. T3 e GC-1 sono stati utilizzati come tiromimetici di controllo. I valori rappresentano la media ± SEM di 6-10 campioni per gruppo.

CTR

L

T3 0

.01

µM

T3 0

.1 µ

M

T3 1

µM

T3 1

0 µM

GC

-1 0

.1 µ

M

GC

-1 1

µM

TG

46 0

.1 µ

M

TG

46 1

µM

TG

46 1

0 µM

TG

46 2

5 µM

IS25

0.1

µM

IS25

1 µ

M

IS25

1

M

IS25

25

µM

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

O

D

(

5

7

0

n

m

)

73

DISCUSSIONE

L’ormone tiroideo T3 media nei mammiferi una notevole varietà di funzioni fisiologiche che influenzano la crescita, lo sviluppo e l’omeostasi metabolica [1,3]. T3 rappresenta infatti uno dei principali regolatori della velocità metabolica basale, ed esplica questo effetto attraverso il controllo del consumo di ossigeno nella maggior parte dei tessuti. Nel fegato, l’ormone tiroideo controlla le riserve lipidiche ed il metabolismo dei grassi. Nel cuore regola le funzioni cardiache, in particolare la frequenza cardiaca. Nel tessuto adiposo bruno, l’ormone tiroideo controlla la termogenesi adattativa o capacità di produrre calore a riposo. Durante lo sviluppo, invece, esso è essenziale per la crescita muscolare e scheletrica e per lo sviluppo del sistema nervoso. La carenza di ormone tiroideo alla nascita, se non prontamente diagnosticata e curata, provoca gravi e irreversibili danni cerebrali, causando un permanente deficit mentale noto come «cretinismo». Di fatto i neuroni presentano ipoplasia cellulare con riduzione del numero di assoni, della ramificazione dendritica, delle spine sinaptiche e delle connessioni interneuronali. Gli oligodendrociti sono diminuiti in numero e di conseguenza il contenuto di mielina è ridotto. La maggior parte delle azioni svolte dagli ormoni tiroidei si realizza attraverso il legame dell’ormone a recettori nucleari, TRs, che agiscono come fattori di trascrizione. I TRs appartengono alla superfamiglia dei recettori degli ormoni steroidei/tiroidei. É stata dimostrata l’esistenza di due sottotipi di TRs, TRα e TRβ, che sono codificati da due geni diversi. Le due isoforme, TRα1 e TRβ1, legano l’ormone tiroideo con affinità quasi uguale e sono espresse in tutti i tessuti, anche se l’isoforma TRα1 predomina nel cuore rappresentando il 50-70% dei TRs, mentre l’isoforma TRβ1 predomina nel fegato (80 % dei TRs) [5]. I dati raccolti in topi knockout per i recettori degli ormoni tiroidei, suggeriscono che i TRα1 medino gli effetti degli ormoni tiroidei sulla frequenza cardiaca, mentre i TRβ siano responsabili della riduzione della colesterolemia e dell’inibizione della sintesi di TSH. Risulta tuttavia che certi effetti a breve termine degli ormoni tiroidei non richiedono il legame a recettori nucleari e quindi la sintesi di nuove proteine. Tali

74 effetti, definiti effetti non genomici, comprendono, ad esempio, il rapido aumento della frequenza cardiaca e della contrattilità miocardica osservati in diversi modelli sperimentali. É probabile che questi effetti siano mediati da recettori di membrana non ancora ben caratterizzati [39].

Partendo dall’osservazione che la maggior parte degli effetti terapeutici di T3 nel fegato sono mediati dall'attivazione del TRβ, e che l'attivazione del TRα nei tessuti extraepatici comporta una compromissione della funzione cardiovascolare, nel corso di quest’ultimo ventennio notevole interesse è stato rivolto, sia a livello accademico che di industria farmaceutica, allo sviluppo di agonisti selettivi per i recettori TRβ. L’utilizzo terapeutico di tireomimetici TRβ selettivi potrebbe anche essere esteso a condizioni per le quali l’indice terapeutico dell’ormone tiroideo non è al momento accettabile, come il trattamento dell’obesità e di varie dislipidemie, generando una condizione di “ipertiroidismo selettivo”. Tali composti, di cui l’analogo a struttura defenilmetanica e privo di alogeni GC-1 (Sobetirome) ne rappresenta il capostipite [55], si sono dimostrati potenzialmente utili nel trattamento dell’ipercolesterolemia in alternativa alle statine che, nonostante la comprovata efficacia nel ridurre il colesterolo LDL, sono poco tollerate dai pazienti. Inoltre, molti di questi composti sottoposti a test clinici di fase II, hanno mostrato risultati promettenti nel ridurre i livelli di LDL colesterolo e trigliceridi in pazienti ipercolesterolemici [71,91]. Tuttavia, la maggior parte dei tiromimetici in fase clinica sono stati ritirati per i numerosi effetti collaterali a livello metabolico e i danni alle cartilagini ossee.

Data la versatilità del gruppo difenilmetanico e le proprietà farmacologiche evidenziate per GC-1 e suoi analoghi, in tempi recenti è stata intrapresa la ricerca di nuovi analoghi difenilmetanici che come GC-1 mantenessero la selettività per l’isoforma beta del TR, ma fossero dotati di una migliore biodistribuzione a livello epatico ed un ridotto uptake da parte dei tessuti extraepatici. Questo approccio ha condotto allo sviluppo di nuovi tiromimetici a struttura difenilmetanica, il cui scaffold molecolare è una perfetta mimica di GC-1, nei

75 quali però il gruppo acido carbossilico nella catena laterale è sostituito da acido fosfonico libero (MB07344) o incluso in una struttura ciclica (MB07811, ridenominatoVK2809) dalla quale il gruppo fosfonico può essere rapidamente rigenerato per effetto del metabolismo di primo passaggio a livello epatico [92]. Recenti indagini hanno effettivamente mostrato che il mascheramento del gruppo acido permette una maggiore biodistribuzione a livello epatico e conseguente rilascio in situ del tiromimetico a seguito del ripristino della funzione acida libera, per azione del CYP450 (isoforma CYP3A), definendo per l’analogo VK2809 ottime caratteristiche di pro-drug per il derivato MB07344 (Figura 6) [92].

Successivi studi di somministrazione cronica nei ratti (via orale, 7 giorni di trattamento) hanno dimostrato l’efficacia di VK2809 come tiromimetico epato- specifico, in grado di attivare il recettore TRβ a livello epatico, e dotato di un indice terapeutico significativamente superiore rispetto a tiromimetici TRβ selettivi di prima generazione, quali GC-1 o Eprotirome, data la scarsa distribuzione a livello extraepatico, soprattutto muscolo scheletrico e cardiaco [92].

Sulla base di queste evidenze, nei laboratori di Chimica Farmaceutica del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa, è stata progettata la sintesi di una nuova serie di derivati difenilmetanici, nell’ambito dei quali una ampia analisi ADME-tox seguita da prove di attività TRβ agonista ha permesso di individuare l’analogo IS25 ed il suo pro-drug TG46 come potenziali tiromimetici epato-selettivi [70] (Figura 25).

76 Figura 25. Citotossicità e profilo ADME-tox di IS25 e TG46

I composti sono stati utilizzati alla concentrazione di 10 µM in triplicato. La citotossicità è stata valutata dopo trattamento a 24h e 48h sulle 4 differenti linee cellulari.

77 Gli studi da me condotti nel corso dello svolgimento della presente tesi di laurea hanno consentito di evidenziarne le potenzialità di impiego per il trattamento di patologie legate ad un accumulo di lipidi a livello epatico, quali la patologia del fegato grasso non alcolica (NAFLD) e la steatoepatite non alcolica (NASH), associate all’assenza di effetti cardiotossici, un aspetto questo che ha costituito un limite per lo sviluppo come farmaci di precedenti tiromimetici TRβ selettivi, inclusi GC-1 e Eprotirome.

Al fine di valutare l’effetto dei composti in esame sulle riserve lipidiche intra- citoplasmatiche, cellule di epato-carcinoma umano (HepG2) sono state trattate per 24 ore con IS25 e TG46 a concentrazioni 1 e 10 µM. L’accumulo dei lipidi nelle cellule epatiche esposte a mezzo di coltura ad elevato contenuto di glucosio (DMEM-HG) effettuata mediante la colorazione dei lipidi intracellulari con Oil Red O ha mostrato che i nuovi derivati difenilmetanici sono in grado di ridurre l’accumulo di lipidi a livello epatico con una potenza del tutto sovrapponibile a quella mostrata dall’ormone tiroideo (T3) (Figura 17).

La riduzione dell’accumulo dei lipidi in cellule HepG-2 osservata per tali composti è parsa legata ad un efficace stimolo della lipolisi, e non sembra coinvolgere una riduzione dell’adipogenesi.

Come illustrato dai risultati ottenuti effettuando i saggi colorimetrici per la determinazione del rilascio di glicerolo nei mezzi di coltura prelevati dalle cellule esposte al trattamento con i composti in analisi, ed esaminate per la visualizzazione degli effetti sull’accumulo intracellulare dei lipidi, i composti IS25 e TG46 si sono rivelati potenti induttori del rilascio di glicerolo. (Figura 18).

Sebbene il rilascio di glicerolo possa essere considerato un effettivo indice di attivazione dei processi di lipolisi, ovvero di scissione dei trigliceridi in acidi grassi e glicerolo, le potenzialità come farmaci antiobesità e/o per la riduzione del peso corporeo, richiedono un’indagine più approfondita.

Recentemente la proteina chinasi dipendente dall’adenosina monofosfato (AMPK), considerata il controllore master del metabolismo cellulare, perché in

78 grado di “sentire”, momento per momento, i cambiamenti energetici cellulari, è stata proposta come potenziale bersaglio terapeutico per il trattamento di diverse patologie croniche tra cui l’obesità, diabete mellito di tipo 2, e malattie cardiovascolari, ed in definitiva la sua attivazione è attualmente considerata uno strumento utile per promuovere la longevità [84,85].

AMPK svolge infatti un ruolo centrale nella regolazione del bilancio tra lipogenesi e ossidazione lipidica in vari tessuti comprendenti il fegato e il muscolo scheletrico [83,84]. Inoltre, AMPK svolge un ruolo rilevante anche nella regolazione del metabolismo glucidico e la sua attivazione determina una soppressione della gluconeogenesi epatica [85].

L’attivazione di AMPK per mezzo della fosforilazione determina una cascata di eventi, così riassumibile:

- Attivazione della lipoossidazione per fosforilazione dell’enzima l’acetil-CoA carbossilasi (ACC), che, venendo così ad essere inattivato, riduce il suo prodotto metabolico, il malonil CoA, importante inibitore dell’enzima carnitina-palmitoil- transferasi 1 (CPT-I). In tal maniera si aumenta la quota di acidi grassi che penetra all’interno del mitocondrio e che vengono indirizzati alla ß-ossidazione.

- Possibile stimolazione della biogenesi mitocondriale muscolare

- Inibizione della lipogenesi

Tenuto in considerazione che l’aumentato rilascio di glicerolo osservato a seguito della somministrazione dei composti in esame alle cellule epatiche HepG2 aveva fornito un primo indice biochimico di stimolo della lipolisi, nello svolgimento della presente tesi abbiamo esteso la nostra indagine alla valutazione dell’attivazione della lipossidazione mediante modulazione della via AMPK/ACC tramite analisi Western Blot.

I nostri risultati, sebbene ancora a livello preliminare, mostrano che l’analogo IS25 ed il suo pro-drug TG46 sono in grado di indurre, quando utilizzati alla

79 concentrazione più elevata, una significativa attivazione di AMPK tramite fosforilazione, associata ad una inibizione dell’attività di ACC, espressa da un significativo aumento della sua forma fosforilata (pACC) (Figura 20). L’attività lipolitica da noi osservata ha evidenziato per IS25 e TG46 caratteristiche del tutto sovrapponibili a quelle rilevate per l’ormone tiroideo T3, mettendo in evidenza importanti proprietà della via di segnalazione a mediazione tiroidea nel controllo delle funzioni metaboliche, che coinvolge effetti sia ad azione rapida, probabilmente modulati da recettori accoppiati a proteine G, che effetti ad azione lenta, legati all’attivazione dei recettori nucleari per gli ormoni tiroidei, in particolare i TRβ, a sede prevalentemente epatica.

Particolare rilievo assumono i dati da noi prodotti in merito all’assenza di cardiotossicità per i due nuovi derivati difenilmetanici IS25 e TG46 testati in cardiomioblasti di ratto (H9C2) a concentrazioni anche significativamente superiori alle dosi che mostrano effetti di stimolo della lipolisi negli epatociti. All’assenza di effetti cardiotossici rivelati in colture di cardiomioblasti murini (H9C2) si affiancano i risultati ottenuti utilizzando il modello cuore isolato lavorante di ratto, che hanno mostrato per i nuovi derivati difenilmetanici IS25 e TG46 l’assenza di effetti sulle variabili emodinamiche rispetto a cuori di controllo. Sebbene ancora a livello preliminare, nello stesso modello è stato osservato che entrambi i composti sono in grado di ridurre in maniera significativa la suscettibilità all’ischemia-riperfusione, confermando i risultati precedentemente osservati di assenza di cardiotossicità in cellule H9C2.

In conclusione, i risultati delle indagini da noi condotte sui nuovi derivati a struttura difenilmetanica di nuova sintesi IS25 e TG46 gettano le basi per ulteriori approfondimenti volti alla conferma delle capacità lipolitiche di tali composti dopo somministrazione cronica in modelli animali di steatosi epatica, nonché alla valutazione della loro biosidistribuzione per confermarne la effettiva epato-specificità, caratteristica questa che assume fondamentale importanza per incrementare l’indice terapeutico di tali composti e quindi le potenzialità di sviluppo come nuovi farmaci.

80

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