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ATTIVITA' LIPOLITICA E CARDIOPROTETTIVA DI NUOVI TIROMIMETICI TRbeta SELETTIVI A STRUTTURA DIFENILMETANICA

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

Tesi di laurea

ATTIVITÁ LIPOLITICA E CARDIOPROTETTIVA DI

NUOVI TIROMIMETICI TRβ SELETTIVI A

STRUTTURA

DIFENILMETANICA

Anno accademico 2018/2019

SSD BIO/10

Candidato

Giuseppe Papasidero

Relatori

Prof.ssa Grazia Chiellini

Prof.ssa Simona Rapposelli

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INDICE:

INTRODUZIONE ……….…...………...pg 9 1. Ormoni tiroidei………..……….pg 10 1.1. Meccanismo d’azione degli ormoni tiroidei… ………...pg 16 1.1.1. Effetti sull’osso……….pg 17 1.1.2. Effetti sul cuore……….pg 18 1.1.3. Effetti sul tessuto adiposo……….pg 19 1.1.4. Effetti tessuto epatico………pg 20 1.1.5. Effetti sul cervello………..………...pg 20 1.1.6. Ormone tiroideo ed ipofisi………pg 21 1.2. Recettori per l’ormone tiroideo ………...pg 22 1.3. Tiromimetici TRβ selettivi………pg 26 2. NUOVI TIROMIMETICI TRβ SELETTIVI A STRUTTURA

DIFENILMETANICA………...pg 30

2.1. Disegno e Sviluppo………...pg 30 2.2. Valutazione dell’attività TR agonista dei nuovi derivati difenilmetanici IS25

e TG46………...pg 32

2.3. Studi computazionali………...pg 32

PARTE SPERIMENTALE………pg 34

Introduzione………pg 34

SCOPO DELLA TESI………pg 35

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4 3. Colture cellulari……….pg 37

3.0.1 Cellule di carcinoma epatocellulare umano (HepG2)………pg 37 3.0.2 Cardiomioblasti murini (H9C2)……….pg 37 3.0.3 Tripsinizzazione……….pg 38 3.0.4 Congelamento………pg 39 3.0.5 Scongelamento………...pg 39 3.1. Trattamenti cellulari………....pg 40 3.1.1. Composti chimici utilizzati……….pg 40 3.1.2. Trattamenti effettuati sulla linea Cellulare Hep-G2………...pg 40 3.1.3. Trattamenti effettuati sulla linea Cellulare H9C2 …………..pg 41 3.2. Test di vitalità cellulare ……….…………...………..pg 42 3.2.1 Saggio MTT………pg 42 3.2.2 Saggio di attività della LDH………...pg 44 3.3 Determinazione dell’accumulo lipidico intracellulare mediante colorazione

con Oil Red O (ORO) ………..………...pg 45 3.4 Determinazione del rilascio di glicerolo………..pg 46 3.5 Lisi cellulare e quantificazione delle proteine (metodo di

Bradford)……….……….pg 49 3.6 Western-Blot………pg 51 3.6.1 Elettroforesi e blotting………...pg 51 3.6.2 Immunorivelazione……….pg 53 4. Animali e tecniche di perfusione ……….………pg 54 4.0.1 Perfusione con la tecnica del cuore lavorante………...pg 55 4.0.2 Modello Ischemia-Riperfusione……….pg 56

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5 4.0.3 Determinazione colorimetrica dei livelli di NADH nel tampone di perfusione cardiaco durante ischemia-riperfusione ………...pg 57 5. Analisi statistica………...pg 58

RISULTATI...………..………...pg 59 6.1 Effetti dei derivati difenilmetanici sull’accumulo lipidico in cellule

HepG2...………...pg 60 6.2 Stimolo della lipolisi e rilascio di glicerolo…………...……...pg 61 6.3 Attivazione della via di segnalazione AMPK/ACC in cellule HepG2 trattate

con IS25 e TG46………...………pg 63 6.4 Effetti dei derivati difenilmetanici sulla vitalità cellulare di HepG2…....pg 66 6.5 Effetti dei derivati difenilmetanici IS25 e TG46 sulla contrazione cardiaca nel modello cuore isolato lavorante di ratto: evidenza di effetti cardiprotettivi………pg 68 6.6 Citotossicità dei derivati difenilmetanici IS25 e TG46 in cardiomioblasti

murini (H9C2)………...pg 70

DISCUSSIONE...………...pg 73 BIBLIOGRAFIA………...………pg 80

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Un grazie ai miei genitori e alla mia famiglia che mi ha

sostenuto affinché potessi raggiungere questo importante

traguardo. Spero possano essere orgogliosi di me e del mio

viaggio tanto quanto lo sono io.

Un ringraziamento speciale a Tania che mi ha

accompagnato lungo questi anni e mi ha aiutato a

comprendere che, in fondo, gli ostacoli esistono per essere

superati. Infine, ringrazio le mie amiche Roberta, Rosaria

ed Enrica con le quali ci siamo sempre sostenuti a vicenda,

sia durante le fatiche e lo sconforto sia nei momenti di gioia

e soddisfazione.

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INTRODUZIONE

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1. ORMONI TIROIDEI

La tiroide è una ghiandola situata nella regione anteriore del collo (Figura 1), davanti e lateralmente alla laringe e alla prima porzione della trachea; è costituita da due lobi, destro e sinistro, riuniti da una parte trasversale, detto istmo.

Figura 1. Anatomia della tiroide

La ghiandola tiroidea è costituita da cavità di piccole dimensioni dette follicoli che identificano le unità secretorie della tiroide. I follicoli sono formati

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11 dall’esterno verso l’interno da uno strato di cellule epiteliali dette cellule follicolari o tireociti, che racchiudono un materiale amorfo detto colloide; più internamente vi è una membrana basale. La colloide è composta principalmente da tireoglobulina e da una piccola quantità di tireoalbumina iodata. La tireoglobulina è una glicoproteina iodata che costituisce il substrato per la sintesi degli ormoni tiroidei. La tiroide contiene anche un altro tipo di cellule, negli interstizi tra i follicoli o adiacenti esternamente alla parete follicolare, note come parafollicolari o cellule C. Queste cellule producono la calcitonina, un ormone polipeptidico costituito da 32 aminoacidi, in grado di ridurre le concentrazioni plasmatiche di calcio agendo principalmente sull’osso (bloccandone il riassorbimento da parte degli osteoclasti e accelerando l’attività osteoblastica di deposizione della matrice) e a livello renale (stimolando il riassorbimento di calcio da parte del tubulo contorto prossimale) [1].

La tiroide secerne due ormoni, la tiroxina (3,5,3’,5’-L-tetraiodotironina) e la triiodotironina (3,5,3’-L-triiodotironina), comunemente noti rispettivamente come T4 e T3. La tiroide produce inoltre piccole quantità di 3,3’,5’-L-triodotironina (reverse T3 – rT3), la cui funzione biologica non è ancora nota, e piccolissime quantità di precursori degli ormoni tiroidei, quali monoiodotirosina (MIT) e diiodotirosina (DIT). La biosintesi degli ormoni tiroidei coinvolge l’accumulo dello iodio sierico, l’incorporazione dello iodio nella tirosina, la coniugazione dei residui tirosinici iodati della tireoglobulina e la scissione proteolitica della tireoglobulina follicolare per rilasciare le iodotironine [1].

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Figura 2. Schema di biosintesi degli ormoni T3 e T4

Lo Iodio risulta essere un elemento importante nella sintesi degli ormoni tiroidei, normalmente reso disponibile dall’alimentazione sotto forma di ioduro. La prima fase del processo di biosintesi è il trasporto dello iodio all’interno dei follicoli e ne è anche il fattore limitante. In condizioni fisiologiche, la ghiandola tiroidea è in grado di concentrare nelle cellule follicolari lo iodio da 20 a 40 volte rispetto alla concentrazione nel plasma. Il trasporto dello iodio, meccanismo stimolato dal TSH (ormone tireotropico o tireotropina), nella tiroide è un processo attivo che si verifica contro il gradiente elettrochimico dello iodio [2]. Esso avviene grazie ad un meccanismo di trasporto che è mediato dalla proteina intramembrana Na+/I− simporter (NIS) in modo tale che l’ingresso di Na+ nella cellula sia accoppiato all’ingresso di I−. Lo ioduro, all’interno della tiroide, è ossidato in una forma più reattiva di iodio, forse in radicale libero I•, che in seguito si lega ai residui di tirosina della tireoglobulina (Tg). La tireoglobulina è una glicoproteina sintetizzata all’interno delle cellule follicolari e poi secreta nel lume follicolare per esocitosi.

L’enzima responsabile dell’ossidazione e del legame dello iodio (organicazione) è la tiroperossidasi (TPO). La monoiodotirosina e la diiodotirosina formatosi reagiscono fra loro mediante una condensazione ossidativa con seguente rilascio di un residuo di alanina. L’accoppiamento di due DIT dà luogo alla formazione

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13 di T4, mentre la T3 si forma dalla reazione fra una MIT e una DIT. La reazione di condensazione è aerobica, catalizzata anch’essa dalla TPO e necessita di energia. La sintesi di T3, T4, DIT e MIT sulle molecole di tireoglobulina avviene principalmente all’interfase tra cellule follicolari e colloide, ma anche all’interno della colloide stessa, dove la tireoglobulina è accumulata in concentrazioni molto elevate. Le cellule follicolari fagocitano i globuli di colloide per endocitosi; questi globuli si fondono con i lisosomi presenti nelle cellule, le proteasi lisosomiali rompono i legami peptidici della Tg con T4, T3, DIT, e MIT che vengono rilasciati nel citoplasma delle cellule follicolari. Dopo la loro liberazione dalla Tg, T4 e T3 raggiungono la circolazione sistemica, mentre DIT e MIT vengono privati dello iodio da un enzima microsomiale, la dealogenasi iodotirosinica [3]. Lo ioduro resosi disponibile viene poi impiegato nella sintesi degli ormoni tiroidei. Ogni passaggio nel meccanismo della biosintesi degli ormoni tiroidei è regolato dall’ormone pituitario tireotropo (TSH), che stimola l’attivazione della “pompa dello ioduro”, la sintesi della tireoglobulina e, legandosi ai recettori di membrana e inducendo la produzione di cAMP, catalizza il riassorbimento delle molecole di Tg iodata da parte delle cellule follicolari. Anche la velocità della proteolisi della Tg è regolata dal TSH, il quale provoca un aumento del numero delle cellule follicolari tiroidee e delle loro dimensioni. Uno dei possibili effetti collaterali di una stimolazione prolungata da parte del TSH è l’aumento della vascolarizzazione e successiva ipertrofia della ghiandola tiroidea (gozzo) [3]. Il TSH non è l’unico agente in grado di stimolare il rilascio di T3 e T4: infatti è stato osservato che anche il VIP (peptide vaso intestinale) e alcuni agonisti dei recettori β-adrenergici, attivando l’adenilato ciclasi, provocano lo stesso effetto con la produzione di cAMP, che innesca la fosforilazione delle proteine follicolari.

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14 Figura 3. Rappresentazione schematica del processo di biosintesi degli ormoni tiroidei.

Il 90 % della secrezione ormonale è costituito dalla tiroxina (ormone indicato con la sigla T4), il 10 % dalla triiodotironina (ormone indicato con la sigla T3). Gli ormoni tiroidei all’interno del circolo ematico vengono legati a proteine che li trasportano nei tessuti e liberati all’interno di questi. La maggior parte della T4 circolante (circa 80%) viene convertita dal fegato, dai reni e dagli organi bersaglio nella più attiva T3 o in rT3 tramite un processo di deiodinazione in posizione 5’ o 5 rispettivamente [1]. La biosintesi degli ormoni tiroidei è sottoposta a regolazione da parte di due ormoni: il TRH (TSH Releasing Hormone) e il TSH (Thyroid Stimulating Hormone, tireotropina) (Figura.3). Il TRH, composto da tre aminoacidi (piro-Glu- His-Pro-NH2), è il più piccolo ormone noto, sintetizzato a livello del nucleo ipotalamico paraventricolare, viene trasportato attraverso il circolo portale ipofisario all’adenoipofisi, dove si lega ad un recettore di membrana accoppiato a proteine Gs, attivando la secrezione e la sintesi de-novo del TSH.

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15 Il livello degli ormoni tiroidei in circolo è regolato mediante un circuito a feedback negativo grazie alla presenza di specifici sensori localizzati a livello dell’asse ipotalamo-ipofisi che regolano il rilascio dell’ormone tireotropo (TSH) da parte della ghiandola pituitaria, in risposta ad un abbassamento dei livelli circolanti di ormone tiroideo (Figura 4). Una volta secreto, il TSH si lega a specifici recettori localizzati sulla superficie cellulare dei tireociti della ghiandola tiroidea e segnala a quest’ultima un incremento della produzione e della secrezione della T4 [4].

.

Figura 4. Regolazione del rilascio degli ormoni tiroidei.

Bisogna ricordare che la produzione di ormoni tiroidei non è governata soltanto da un controllo di tipo ormonale, infatti, la quantità di iodio introdotta con la dieta è un parametro che può inibire o accelerare la produzione di T3 e T4: in

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16 particolare essa agisce in fase di formazione di MIT e DIT. É stato dimostrato che in assenza di un giusto apporto di iodio, il rapporto MIT: DIT aumenta; in eccesso di iodio (e quindi di ioduro) si manifesta il cosiddetto effetto Wolf-Chaikoff, consistente nella inibizione della iodinazione della Tg: tale effetto ha nella maggior parte dei casi una durata transitoria, in quanto è seguito dalla ripresa della sintesi di ormoni tiroidei, fenomeno denominato escape. Oggi si sa che alti livelli di ioduro intracellulare riducono la trascrizione degli enzimi che favoriscono il legame dello ioduro con la tireoglobulina (TPO e NADPH ossidasi) [5].

1.1 MECCANISMO

D’AZIONE

DEGLI

ORMONI TIROIDEI

L’ormone tiroideo è coinvolto in funzioni regolatorie che influenzano la crescita, lo sviluppo e l’omeostasi metabolica [5], rappresentando difatti, uno dei principali regolatori della velocità metabolica basale, esplicitando questo effetto attraverso il controllo del consumo di ossigeno nella maggior parte dei tessuti [6]. Nel fegato, l’ormone tiroideo controlla le riserve lipidiche ed il metabolismo dei grassi [7,8]. Nel cuore regola le funzioni cardiache, in particolare la frequenza cardiaca [9]. Nel tessuto adiposo bruno, l’ormone tiroideo controlla la termogenesi adattativa o la capacità di produrre calore a riposo [10]. Durante lo sviluppo, invece, esso è essenziale per la crescita muscolare e scheletrica e per lo sviluppo del sistema nervoso [11].

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1.1.1 Effetti sull’osso

L’ormone tiroideo svolge un ruolo critico per la crescita e lo sviluppo dell’osso. Studi biochimici hanno dimostrato che esso può influenzare l’espressione di diversi markers sierici che riflettono modificazioni dei processi di formazione e riassorbimento dell’osso [12,13,14]. Infatti, l’ormone tiroideo incrementa negli osteoblasti i livelli di fosfatasi alcalina ed osteocalcina. In pazienti affetti da ipertiroidismo, una patologia caratterizzata da elevati livelli circolanti di ormone tiroideo, risultano incrementati anche i livelli di idrossiprolina urinaria e piridinio urinario. Da ciò si deduce che l’ormone tiroideo stimola sia gli osteoblasti che gli osteoclasti. A conferma di ciò, è noto che i pazienti ipertiroidei presentano una maggiore calcificazione e formazione dell’osso associata ad una aumentato riassorbimento osseo [12,15]. Inoltre, l’intervallo che intercorre tra la formazione e la successiva mineralizzazione dell’osteoide è molto breve ed è associato ad una riduzione dello spessore delle trabecole dell’osso. Tale effetto si accompagna anche ad un aumento della porosità e ad una diminuzione dello spessore della regione corticale dell’osso con conseguente osteoporosi e fratture ossee [1,14]. É noto anche che l’ormone tiroideo è in grado di inibire la crescita dei condrociti e di stimolare il loro differenziamento in coltura [1]. L’ormone tiroideo può esplicare le sue azioni a livello osseo sia attraverso la stimolazione del fattore di crescita insulino-simile di tipo I (IGF-1) sia grazie ad un effetto diretto sui geni bersaglio. Mundy et al. (1976) hanno dimostrato che la T3 ha un effetto diretto sul riassorbimento osseo su organi in coltura, suggerendo che il secondo meccanismo è altamente probabile in vivo [16]. Sebbene l’attività degli osteoblasti e degli osteoclasti sia incrementata dall’ormone tiroideo, attualmente si sa poco riguardo la trascrizione dei geni bersaglio in queste cellule. Esistono numerose proteine osteoblasti che sono stimolate dall’ormone tiroideo, appartenenti soprattutto alla matrice, tra cui la fosfatasi alcalina, l’osteocalcina ed il collagene [12,17]. Tuttavia, non è noto se l’ormone tiroideo possa agire direttamente nella regolazione della trascrizione di questi geni bersaglio.

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1.1.2 Effetti sul cuore

L’ormone tiroideo provoca un abbassamento della resistenza vascolare sistemica, un aumento del volume ematico ed esercita effetti inotropi e cronotropi positivi [9]. La combinazione degli effetti esercitati sia a livello cardiaco che a livello della circolazione portano ad un aumento della gittata cardiaca. Difatti, è noto che pazienti affetti da ipotiroidismo, patologia data da bassi livelli circolanti di ormone tiroideo, presentano una gittata cardiaca bassa, una diminuzione del volume ematico ed una maggiore resistenza periferica, mentre in pazienti ipertiroidei si osserva un aumento dell’output circolatorio [9]. Questi cambiamenti nelle funzioni cardiache dipendono dalla regolazione diretta, da parte dell’ormone tiroideo, della trascrizione di geni localizzati all’interno del tessuto cardiaco e da effetti indiretti dovuti a cambiamenti emodinamici. É riportato in letteratura, infatti, che l’ormone tiroideo aumenta nel complesso la sintesi delle proteine cardiache [18,19]. Inoltre, esso regola la trascrizione di geni che codificano per proteine coinvolte in ruoli critici della funzionalità cardiaca, come quelli codificanti per la catena pesante della miosina (MHC) [18]. Diverse evidenze sperimentali indicano che l’ormone tiroideo, durante la diastole, svolge un importante ruolo sulla velocità del rilassamento cardiaco. Tale velocità è legata alla concentrazione intracellulare di calcio ed alla attività della Ca2+-ATPasi del reticolo sarcoplasmatico SERCA2. L’Ca2+-ATPasi è una pompa ionica in grado di rimuovere il calcio dal citosol e trasferirlo nel reticolo sarcoplasmatico durante la diastole. Questa diminuzione della concentrazione di calcio intracellulare generata durante la sistole, porta poi al rilassamento muscolare. É́́́ riportato che ratti ipotiroidei presentano bassi livelli di espressione di mRNA per SERCA2 che, invece, aumentano durante la stimolazione con l’ormone tiroideo [20]. Queste osservazioni suggeriscono che l’induzione della ATPasi possa spiegare l’aumento dell’output cardiaco indotto dall’ormone tiroideo attraverso un più rapido rilassamento muscolare (effetto lusitropo). T3 è anche in grado di regolare l’espressione di diversi canali ionici quali i canali per il potassio Kv, Na+-K+ ATPasi e i canali attivati dai nucleotidi ciclici attivati da iperpolarizzazioni [21,22,23]. Inoltre, l’ormone tiroideo può regolare il numero

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19 dei recettori β-adrenergici cardiaci e con ciò aumentare la sensibilità alle catecolamine [24].

1.1.3 Effetti sul tessuto adiposo

L’ormone tiroideo gioca ruoli importanti nello sviluppo e nelle funzioni del tessuto adiposo bianco e bruno [25]. É noto che esso può indurre in giovani ratti il differenziamento di preadipociti in adipociti [26,27]. In questi studi, T3 non solo induce un accumulo dei lipidi intracellulari e vari markers specifici delle cellule adipose, come l’enzima malico e la glicerofosfato deidrogenasi, ma stimola anche la proliferazione delle cellule adipose e la formazione di cluster cellulari. Inoltre, è riportato che in adipociti in via di differenziamento, l’ormone tiroideo induce anche l’attività di enzimi coinvolti nel pathway biochimico della lipogenesi, come l’ATP-citrato liasi e l’enzima malico, suggerendo che T3 promuova anche l’acquisizione delle funzioni differenziate negli adipociti del tessuto bianco [28,29]. Studi condotti su ratti adulti mostrano che T3 svolge un ruolo importante per la regolazione del consumo di ossigeno basale, la lipogenesi e la lipolisi [30,31]. Altri studi riportano anche che l’ormone tiroideo è coinvolto nello sviluppo del tessuto adiposo bruno [32], il quale contribuisce maggiormente alla termogenesi facoltativa nei roditori. La termogenesi facoltativa si realizza in risposta ad una esposizione a basse temperature ambientali e dipende sia dalla stimolazione tiroidea che β-adrenergica delle proteine disaccoppianti mitocondriali, le UCPs, le quali disaccoppiando la fosforilazione ossidativa inducono una dissipazione dell’energia sotto forma di calore [33,34,35]. Esistono tre isoforme delle UCPs, UCP1, UCP2 e UCP3, tutte e tre stimolate dalla T3 [36]. L’mRNA della proteina UCP3 è stimolato dall’ormone tiroideo sia nel BAT che nel tessuto muscolare di topo [37,38]. Non sono però noti se tali effetti sono direttamente mediati dall’ormone tiroideo oppure da segnali a valle come acidi grassi liberi liberati dal processo di lipolisi.

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1.1.4 Effetti sul tessuto epatico

L’ormone tiroideo svolge azioni multiple sulla funzionalità epatica inclusa la stimolazione di enzimi che regolano la lipogenesi, la lipolisi e processi ossidativi [31,39]. Tra gli enzimi lipogenici regolati dall’ormone tiroideo troviamo l’enzima malico e la glucosio-6-fosfatodeidrogenasi. É anche noto che la condizione patologica dell’ipotiroidismo è associata ad ipercolesterolemia dovuta ad elevati livelli circolanti di colesterolo legato a lipoproteine a bassa densità (LDL) [40]. Il principale meccanismo coinvolto nella mediazione di tali effetti è la riduzione della clearance del colesterolo dovuta ad una diminuzione dei recettori per le LDL. Anche il genotipo del gene codificante per il recettore delle LDL potrebbe influenzare l’aumento della concentrazione sierica di colesterolo LDL in pazienti ipotiroidei e la loro risposta al trattamento con la tiroxina [41]. Un ulteriore meccanismo d’azione potrebbe essere legato ad una ridotta attività dell’enzima lipasi epatica che porta ad una diminuzione della conversione delle lipoproteine a media densità in LDL e ad un ridotto metabolismo delle lipoproteine ad alta densità (HDL) [42]. L’ormone tiroideo regola anche l’espressione di altre importanti proteine ed enzimi coinvolti nel metabolismo e nella sintesi del colesterolo come i recettori per le LDL, l’idrolasi degli esteri del colesterolo e la colesterolo acil-transferasi [8,43,44,45].

1.1.5 Effetti sul cervello

L’ormone tiroideo esercita i suoi maggiori effetti sullo sviluppo del cervello nell’utero e durante il periodo [46,47]. L’ipotiroidismo neonatale dovuto a cause congenite e a carenza di iodio può causare ritardo mentale e difetti neurologici. Studi effettuati su ratti neonati ipotiroidei hanno messo in evidenza che l’assenza di T3 causa una riduzione della crescita assonale ed una arborizzazione dei dendriti nella corteccia cerebrale, cerebellare, visiva, auditoria e nell’ippocampo. Il ritardo nello sviluppo del cervello può essere evitato se l’ormone tiroideo è somministrato entro due settimane dalla nascita [48]. Queste osservazioni supportano l’idea che il trattamento precoce dell’ipotiroidismo congenito con T4

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21 previene il ritardo mentale e ciò rappresenta un ottimo motivo per effettuare screening preventivi atti a diagnosticare per tempo tale forma di ritardo mentale. Nonostante il ruolo importante svolto dall’ormone tiroideo nello sviluppo del cervello, attualmente sono conosciuti pochi geni su cui l’azione è diretta ed alcuni di questi sono solo parzialmente caratterizzati. Tra questi è nota la proteina mielinica basica (MBC). L’ormone tiroideo regola anche altri geni coinvolti in un ampio range di funzioni cellulari quali la glutammina sintasi, la proteina chinasi C, la prostaglandina 2 sintasi, e numerose molecole di adesione tra le cellule nervose e la matrice come, ad esempio, la tenascina [49]

Distinguere i diversi effetti degli ormoni tiroidei ha importanza sia dal punto di vista teorico che pratico. Tra gli effetti non desiderabili dell’ormone tiroideo vanno ricordati, la tachicardia (aumento della frequenza cardiaca), l’aritmia atriale (battiti cardiaci irregolari), comparsa di manifestazioni ischemiche, la perdita di massa muscolare, il riassorbimento osseo, l’affaticamento ed effetti psicologici [50,51].

La disponibilità di agonisti TRβ selettivi potrebbe ridurre notevolmente la comparsa di effetti collaterali mantenendo gli effetti desiderati.

1.1.6 Ormone tiroideo ed ipofisi

É noto che l’ormone tiroideo regola la sintesi e la secrezione di diversi ormoni ipofisari. Infatti, è ben documentato che ratti ipotiroidei non hanno ormone della crescita (GH) [52]. Inoltre, in cellule tumorali della ghiandola ipofisaria di ratto, la T3 può stimolare la trascrizione di mRNA del GH [53]. A differenza dei roditori, tuttavia, T3 ha una capacità limitata nel regolare la sintesi del GH negli uomini. Ad esempio, bambini affetti da ipotiroidismo, hanno difetti nella crescita ma i livelli bassi di GH sono normali [54]. Studi effettuati su adenomi somatotropi umani in coltura hanno rilevato che la T3 stimola il rilascio di GH ma ha effetti variabili sulla trascrizione. L’ormone tiroideo regola anche

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22 negativamente la trascrizione dell’ormone tireotropo (TSH) attraverso sia meccanismi diretti che indiretti. Infatti, esso può regolare negativamente a livello genico anche l’ormone TRH che, a sua volta, riduce la trascrizione dell’mRNA del TSH. T3 può anche down regolare l’mRNA della prolattina sia attraverso un meccanismo simile a quello appena descritto sia tramite effetti diretti sulla trascrizione [54]. Infine, è riportato che T3 è anche in grado di regolare negativamente il TSH riducendo la trascrizione della subunità α dell’ormone glucoproteico (che è comune al TSH, all’ormone luteinizzante, all’ormone follicolo-stimolante ed alla gonadotropina corionica umana) e della subunità β del TSH [55,56].

1.2 RECETTORI PER L’ORMONE TIROIDEO

Gli ormoni tiroidei influenzano una grande varietà di processi fisiologici, tra i quali la crescita cellulare ed il metabolismo nei mammiferi, lo sviluppo del sistema nervoso nei vertebrati e la metamorfosi negli anfibi [6]. La maggior parte delle azioni svolte dagli ormoni tiroidei si realizza attraverso il legame dell’ormone a specifici recettori nucleari, TRs, che agiscono come fattori di trascrizione [57]. I TRs appartengono alla superfamiglia dei recettori degli ormoni steroidei/tiroidei che include le due classi dei recettori dell’acido retinoico, RAR e RXR, i recettori della vitamina D (VDR), i recettori attivati da proliferatori dei perossisomi, (PPAR), il Recettore Costitutivo dell’Androstano (CAR), e alcuni recettori orfani [5,57].

É stata dimostrata l’esistenza di due sottotipi di TRs, TRα e TRβ, che sono codificati da due geni diversi [57]. Le due isoforme, TRα1 e TRβ1, legano l’ormone tiroideo con affinità quasi uguale e sono espresse in tutti i tessuti, anche se l’isoforma TRα1 predomina nel cuore rappresentando il 50-70% dei

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23 TRs e la isoforma TRβ1 predomina nel fegato (80 % dei TRs) [57,58]. I dati raccolti in topi knockout per i recettori degli ormoni tiroidei, suggeriscono che i TRα1 medino gli effetti degli ormoni tiroidei sulla frequenza cardiaca, mentre i TRβ siano responsabili della riduzione della colesterolemia e dell’inibizione della sintesi di TSH [57,58]. Risulta, tuttavia, che certi effetti a breve termine degli ormoni tiroidei non richiedono il legame a recettori nucleari e quindi la sintesi di nuove proteine. Tali effetti, definiti effetti non genomici, comprendono, ad esempio, il rapido aumento della frequenza cardiaca e della contrattilità miocardica osservati in diversi modelli sperimentali. É probabile che questi effetti siano mediati da recettori di membrana non ancora ben caratterizzati, e che si realizzino attraverso la regolazione dell’omeostasi ionica, in particolare attraverso un’aumentata probabilità di apertura di alcuni canali sarcolemmali del Na+ e del K+ ed una stimolazione dell’uptake e del rilascio del Ca2+ a livello del reticolo sarcoplasmatico [59,60].

L’ormone tiroideo è coinvolto in funzioni regolatorie che influenzano la crescita, lo sviluppo e l’omeostasi metabolica [5]. Infatti, esso rappresenta uno dei principali regolatori della velocità metabolica basale ed esplica questo effetto attraverso il controllo del consumo di ossigeno nella maggior parte dei tessuti [5]. Nel fegato, l’ormone tiroideo controlla le riserve lipidiche ed il metabolismo dei grassi [8,59]. Nel cuore regola le funzioni cardiache, in particolare la frequenza cardiaca [9]. Nel tessuto adiposo bruno, l’ormone tiroideo controlla la termogenesi adattativa o capacità di produrre calore a riposo [10]. Durante lo sviluppo, invece, esso è essenziale per la crescita muscolare e scheletrica e per lo sviluppo del sistema nervoso [13].

I recettori nucleari degli ormoni tiroidei (TRs), che mediano l’attività trascrizionale di T3, fanno parte della superfamiglia dei recettori nucleari (NRs) e vengono attivati in seguito al legame con i THs. Analogamente ad altri membri della superfamiglia del recettore, sono costituiti da catene polipeptidiche singole con domini funzionali modulari: i domini A/B dell'amino-terminale variano tra le isoforme e sono coinvolte nella regolazione della trascrizione. Situato centralmente nelle molecole vi è il dominio di legame al DNA, altamente conservato, che interagisce con gli elementi di risposta dell'ormone tiroideo

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24 (TREs, TH Response Elements) dei geni bersaglio di T3. Il dominio di legame del ligando del carbossi-terminale (LBD, Ligand Binding Domain) condivide una certa omologia tre le isoforme TRs ed assume diverse funzioni. LBD non solo lega gli ormoni tiroidei, ma interagisce anche con una serie di co-repressori (CoR) e co-attivatori (CoA), noti collettivamente come co-regolatori del recettore. Il LBD è anche coinvolto nell'omodimerizzazione di TRs legati al DNA e nella loro eterodimerizzazione con altri membri della stessa superfamiglia. L'analisi della struttura della LBD indica che il legame con il ligando induce specifici cambiamenti strutturali che facilitano la dissociazione dei repressori e l'associazione degli attivatori. La maggior parte dei NRs funziona come un dimero, eterodimero o omodimero con un NRs comune: iTRs in particolare regolano l'espressione genica legandosi agli TREs del DNA come monomeri, come eterodimeri col RXR, che a sua volta viene attivato legandosi all’acido 9-cis-retinoico, o come omodimeri. Gli eterodimeri TR/RXR sono la forma più trascrizionalmente attiva. I TRs derivano da due geni localizzati su due cromosomi diversi: il gene TRβ, situato sul cromosoma 3, codifica per quattro isoforme (β1, β2, β3 e β4). Queste isoforme condividono una certa omologia nei domini leganti il DNA e della regione legante T3, ma differiscono nella lunghezza e nelle sequenze amminoacidiche nel dominio A/B della porzione amino terminale. Il gene TRα, localizzato sul cromosoma 17, codifica per TRα1 e due varianti di splicing, TRα2 e TRα3. Queste varianti differiscono da TRα1 nella lunghezza e nelle sequenze degli amminoacidi nella regione C-terminale e non sono capaci di legare T3[61]. I TRα trascritti da un promotore interno situato nell'introne 7 danno origine a TRΔα1 e TRΔα2 che mancano i domini A/B e della porzione legante il DNA, ma mantengono la maggior parte del dominio di legame a T3.

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Figura 5. Rappresentazione schematica delle isoforme dei recettori tiroidei (TRs).

L'espressione delle varie isoforme TRs è tessuto-dipendente e regolata dallo sviluppo: TRα1 è espresso soprattutto durante lo sviluppo embrionale e TRβ è espresso nella fase successiva; TRβ1 è localizzato prevalentemente nei reni, fegato, cervello, cuore e tiroide; TRβ2 principalmente nel cervello, nella retina e nelle orecchie interne, mentre TRβ3 nei reni, nel fegato e nei polmoni. Infine, TRβ4 è espresso soprattutto nei muscoli scheletrici.TRα1 e TRα2 sono espressi soprattutto a livello cerebrale e regolano la frequenza cardiaca e la forza contrattile [62].

(26)

26

1.3 Tiromimetici TRβ Selettivi

Intorno agli anni ’90, due indipendenti linee di studi sperimentali avevano già messo in evidenza che attivatori selettivi dell’isoforma recettoriale β potessero essere utilizzati a scopo terapeutico [63,64,65]. La prima proveniva dall’analisi dei sintomi di pazienti affetti dalla sindrome della resistenza all’ormone tiroideo. Questa malattia è caratterizzata da un difetto nel pathway di segnalazione cellulare [65,66] ed è frequentemente causata da una mutazione a livello di uno solo dei due alleli codificanti per l’isoforma recettoriale β la quale si traduce in una diminuzione dell’affinità della T3 per il recettore tiroideo [67,68]. Tale difetto porta ad una compromissione del meccanismo a feedback negativo esercitato dalla T3 sul rilascio dell’ormone TSH. In alcuni casi, i risultanti elevati livelli di 3,5,3’,5’-tetraiodo-L-tironina (T4) sono sufficienti a compensare la riduzione dell’affinità dell’ormone per il recettore. In questo caso, i pazienti mostrano solo pochi sintomi. Nella maggior parte dei casi, però, i pazienti presentano tachicardia, il che suggerisce che gli effetti dell’ormone tiroideo sulla frequenza cardiaca siano mediati da una superattivazione dell’isoforma recettoriale α da parte degli elevati livelli di ormone tiroideo. Ulteriori informazioni derivavano da topi knockout per le due isoforme recettoriali [57,64,66,69]. I risultati ottenuti in questi esperimenti mostravano che l’isoforma alpha del TR regolava la frequenza cardiaca, mentre l’isoforma beta (TRβ) era responsabile della regolazione dei livelli plasmatici di colesterolo e dei livelli sierici di TSH. Nell’insieme, questi dati suggerivano che l’attivazione selettiva di TRβ avrebbe potuto evocare la riduzione dei livelli sierici di colesterolo osservata in presenza di un eccesso di ormone tiroideo risparmiando allo stesso tempo l’effetto sulla funzionalità cardiaca.

Alla luce di queste evidenze, sono state sintetizzate nuove molecole che fossero altamente TRβ selettive. Il Sobetirome, originariamente denominato GC-1 e sviluppato da Scanlan e collaboratori nel 1998 [55] è stato il primo di una nuova classe di tiromimetici altamente selettivi per l’isoforma TRβ1 rispetto ai recettori

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27 dell’isoforma TRα1. É ampiamente dimostrato in letteratura che il GC-1 è un tireomimetico selettivo per la funzionalità epatica ed ha una influenza sull’attività cardiaca molto più bassa rispetto a quella dell’ormone tiroideo [70]. Studi condotti in topi ipotiroidei e conseguentemente bradicardici, hanno mostrato che GC-1 non ha una significativa influenza sulla frequenza cardiaca, mentre a dosi equivalenti, T3 aumenta la frequenza cardiaca fino a riportarla ai valori di controllo. Lo studio della regolazione dei geni attivati dalla T3 nei cuori di questi animali ha mostrato che il GC-1 regola la trascrizione delle catene pesanti della miosina α e β e dell’ATPasi Calcio-dipendente SERCA2 (geni noti per il loro coinvolgimento nella regolazione della forza contrattile) con una potenza 10 volte più bassa rispetto alla T3. Inoltre, mentre nei topi trattati con T3 il canale di tipo 2 attivato dalla iperpolarizzazione (HCN-2), noto per il suo coinvolgimento nella regolazione della frequenza cardiaca, è marcatamente up-regolato, esso non subisce lo stesso effetto in topi trattati con alte dosi di GC-1.

A differenza di quanto accade nel tessuto cardiaco, come già accennato, il GC-1 ha una influenza molto marcata sul metabolismo lipidico epatico. Numerosi studi hanno mostrato che se somministrato ad animali di laboratorio, il GC-1 era in grado di produrre una riduzione dei livelli plasmatici di colesterolo confrontabile a quella prodotta dal T3, a concentrazioni che non modificano significativamente la funzione cardiaca. In tempi recenti GC-1, con la denominazione Sobetirome, ha completato la Fase 1 di clinical trials per lo sviluppo come farmaco per il trattamento dell’ipercolesterolemia, ma dati non molto ben documentati di possibili effetti cardiotossici ne hanno impedito l’ulteriore sviluppo come farmaco.

Sebbene nel corso di quest’ultimo ventennio numerosi nuovi tiromimetici TRβ selettivi (Figura 6) sono stati progettati e testati in vivo attualmente nessun nuovo analogo è stato ancora approvato come farmaco da FDA [71].

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28 Figura 6. Stutture di agonisti TR sviluppati per il trattamento di patologie epatiche.

Nell’ambito dei nuovi tiromimetici TRβ selettivi attualmente in corso di clinical trials, l’analogo VK2809 (figura 6) appare presenti promettenti prospettive per una applicazione in terapia per il trattamento del fegato grasso di tipo non alcolico (NAFLD), dell’ipercolesterolemia (LDL-C) e della steatosi epatica di tipo non alcolico (NASH) [72]. É interessante notare che da un punto di vista strutturale il VK2809 è un derivato difenilmetanico con funzione di pro-drug per l’analogo MB07344, l’effettivo tiromimetico TRβ selettivo.

(29)

29 Figura 7: Sobetirome e nuovi derivati sintetici a struttura difenilmetanica IS25 e TG46.

(30)

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2. NUOVI

TIROMIMETICI

TRβ

SELETTIVI

A

STRUTTURA

DIFENILMETANICA

2.1 Disegno e Sviluppo

Il Sobetirome è stato progettato e sintetizzato in ottime rese nel 1998 dalla Professoressa Grazia Chiellini nei laboratori diretti dal Prof. Thomas S. Scanlan presso l’Università della California, San Francisco, USA [55,66,73]

Il sobetirome (GC-1), dal punto di vista strutturale, differisce dall’ormone tiroideo per alcuni aspetti fondamentali:

1) Gli atomi di iodio in posizione 3 e 5 sono sostituiti da gruppi metilici, mentre l’atomo di iodio in posizione 3’ è sostituito da un gruppo isopropilico.

2) L’atomo di ossigeno a ponte tra i due gruppi arilici è sostituito da un gruppo metilenico, generando quindi uno scaffold difenilmetanico.

3) La catena aminoacidica in posizione 1 è sostituita dal gruppo ossiacetico.

Questo nuovo analogo di sintesi di T3 è risultato un agonista selettivo per l’isoforma beta del recettore tiroideo (TRβ) [74]. Questo composto è stato sottoposto a vari studi preclinici ed ha raggiunto la fase Ib di clinical trial per lo sviluppo come farmaco per il trattamento dell’ipercolesterolemia. Il timore di effetti collaterali cardiovascolari ha tuttavia limitato il suo ulteriore sviluppo. Un aspetto di particolare importanza riguarda le modifiche strutturali apportate alla molecola di T3 nella creazione di GC-1, che hanno prodotto uno scaffold

(31)

31 molecolare difenilmetanico che, a differenza della struttura dell’ormone tiroideo, offre ampie possibilità di derivazione chimica.

Data la versatilità del gruppo difenilmetanico e le proprietà farmacologiche evidenziate per analoghi dell’ormone tiroideo con scaffold difenilmetanico quali GC-1, VK2809, MB07344. In tempi recenti una piccola serie di nuovi analoghi del Sobetirome, la cui struttura generale è mostrata in Figura 8, è stata progettata in un lavoro congiunto tra l’Università di Pisa e l’Università di Cagliari [70,72], che ha condotto all’identificazione di nuovi tiromimetici: IS25 e TG46 (Figura 7)

Figura 8. Struttura generale derivati difenilmetanici di nuova sintesi (1-11).

In merito alle modifiche strutturale apportate al Sobetirome , nella sintesi di IS25 e TG46 sono state operate:

1. Sostituzione del gruppo fenolico (-OH) di GC-1 con il suo bioisostero amminico (-NH2) (Derivato IS25)

2. Sostituzione del gruppo fenolico di GC-1 con un gruppo acetammidico (-NHCOCH3) (Derivato TG46)

(32)

32 In particolare, l’analogo IS-25 che rappresenta l’isostero 4’-ammino del Sobetirome, è risultato essere un potente agonista TRβ selettivo, mentre l’analogo 4’-acetammido TG-46, disegnato come potenziale pro-farmaco di IS-25, testato in vitro non ha mostrato un comportamento TR agonista.

É importante sottolineare che i composti IS25 e TG46 sottoposti ad indagine ADME-TOX hanno mostrato assenza di effetti citotossici (testati su 4 diverse linee cellulari) e cardiotossicità [75]. Confermando le buone potenzialità per lo sviluppo come nuovi farmaci TRβ selettivi.

2.2 Valutazione dell’attività TR agonista dei

nuovi derivati difenilmetanici IS25 e TG46

La capacità dei composti IS25 e TG46 di attivare i recettori TRα e TRβ è stata valutata utilizzando il LanthaScreenTM TR-FRET Nuclear Receptor Coregulator Assay (servizio fornito da Invitrogen Corporation, USA) in esperimenti dose-risposta testando i composti in un range di dieci concentrazioni. IS25 ha dimostrato di essere un agonista TRβ selettivo con EC50= 458 nM, mostrando una ridotta capacità di attivazione per il TRα (30%, testato a 1µM). L’analogo TG46, originariamente progettato come profarmaco del composto IS25 e risultato inattivo nei confronti di entrambe le isoforme di TR [70,75].

2.3 Studi computazionali

Al fine di chiarire l'attività e il legame preferenziale del composto IS25 per l’isoforma TRβ rispetto a quella TRα, sono stati condotti studi di interazione e posizionamento del ligando nella ligand-binding-cavity (LBC) dei due recettori tiroidei, con l'aiuto di Glide 6.7 (licenza Maestro), come modello di cristallizzazione del GC-1. Il fitting di IS25 nel LBC del TRβ è risultato

(33)

33 sovrapponibile a quello precedentemente osservato per GC-1 (Figura 9). In particolare, il gruppo carbossilico (COOH) presente nella catena laterale del composto forma un legame a H con il gruppo NH del residuo di N331(Asparagina) e impegna due legami a H con il gruppo guanidinico di R282 (Arginina). Per quanto riguarda la componente dimetilfenilica del ligando, questa stabilisce molte interazioni di van der Waals con le catene laterali di aminoacidi apolari presenti nella LBC, quali Leucina, L330, Isoleucina, I275, e I353, Metionina M313 e M310 e, per effetto della presenza dei due sostituenti metilici (-CH3) in posizione 3 e 5, assume la caratteristica conformazione che vede i due anelli aromatici in posizione perpendicolare [76]. Ulteriori interazioni stabilizzanti la struttura vengono a stabilirsi tra “l’outer ring” e le catene laterali di residui di apolari quali L341, F272 (fenilalanina), I276, L346 e tra il sostituente iso-propilico in posizione 3’ nell’outer ring ed i residui F269, F272, M442, L346 e F451 [77,78]. Infine, il gruppo amminico in posizione 4’ forma legami a H con l’N imidazolinico del residuo istidina H435, in analogia al gruppo fenolico del GC-1 [79,80].

Figura 9. Modalità di legame del composto IS25 nella tasca di binding (LBC) del recettore TRβ.

(34)

34

PARTE SPERIMENTALE

Introduzione

Come illustrato nell’introduzione della presente tesi, gli ormoni tiroidei, 3, 3’,5, -triiodotironina (T3) e 3, 3’,5, 5’- tetraiodotironina (tiroxina o T4), influenzano numerosi processi fisiologici, quali la metamorfosi negli anfibi, lo sviluppo del sistema nervoso nei vertebrati, la crescita cellulare ed il metabolismo nei mammiferi. La maggior parte di tali azioni sono mediate dal legame a recettori (recettori dell'ormone tiroideo o TR) che appartengono alla superfamiglia dei recettori nucleari ed agiscono come fattori di trascrizione ligando-dipendenti. Tali recettori esistono in due forme: α e β. Entrambe le isoforme legano l’ormone tiroideo con un’affinità simile e sono largamente distribuite nell’organismo; mentre l’isoforma α è predominante nel tessuto cardiaco (50-70% dei TRs), l’isoforma β è prevalentemente espressa a livello epatico (80% dei TRs) [57,58]. Dati raccolti su topi knockout per i TR suggeriscono che il recettore TRα medi gli effetti sul cuore (ipertrofismo cardiaco ed effetto cronotropo positivo), mentre il TRβ sia importante nel modulare l’abbassamento del colesterolo e l’azione TSH-inibitrice di T3.

Gli effetti benefici associati al trattamento con T3 sono tuttavia controbilanciati da gravi effetti dannosi a livello dei sistemi cardiaco, muscolare e scheletrico. La somministrazione di T3 può infatti indurre tireotossicosi caratterizzata da tachicardia, aritmia, deperimento muscolare, nonché da una ridotta mineralizzazione ossea e alterazione dello sviluppo del sistema nervoso centrale. Partendo dall’osservazione che la maggior parte degli effetti terapeutici di T3 nel fegato sono mediati dall'attivazione del TRβ e che l'attivazione del TRα nei tessuti extraepatici comporta una compromissione della funzione

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35 cardiovascolare, nel corso di quest’ultimo ventennio sono stati sviluppati numerosi nuovi tiromimetici capaci di modulare selettivamente l’isoforma β.

Tali composti, di cui l’analogo a struttura defenilmetanica e privo di alogeni GC-1 (Sobetirome) ne rappresenta il capostipite, si sono dimostrati potenzialmente utili nel trattamento dell’ipercolesterolemia in alternativa alle statine che, nonostante la comprovata efficacia nel ridurre il colesterolo LDL, sono poco tollerate dai pazienti. Inoltre, molti di questi composti sottoposti a test clinici di fase II, hanno mostrato risultati promettenti nel ridurre i livelli di LDL colesterolo e trigliceridi in pazienti ipercolesterolemici [66,73]. Tuttavia, la maggior parte dei tiromimetici in fase clinica sono stati ritirati per i numerosi effetti collaterali a livello metabolico e i danni alle cartilagini ossee.

SCOPO DELLA TESI

Oggetto della presente tesi sperimentale è stata la caratterizzazione dal punto di vista biochimico dell’attività lipolitica e cardioprotettiva di tiromimetici TRβ selettivi a scaffold difenilmetanico di nuova sintesi, per i quali una ampia valutazione ADME-tox ne ha indicato un elevato grado di sicurezza tossicologica suggerendo potenzialità di impiego per il trattamento di patologie legate ad un accumulo di lipidi a livello epatico, quali la patologia del fegato grasso non alcolica (NAFLD) e la steatoepatite non alcolica (NASH), patologie che stanno assumendo dimensioni preoccupanti nel modo occidentale.

Come modelli sperimentali in vitro sono state utilizzate linee cellulari epatiche (HepG2) e cardiache (H9C2), unitamente ad un modello ex-vivo di cuore isolato lavorante di ratto.

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36 Specifici saggi biochimici sono stati condotti per la valutazione dello “stato lipolitico intracellulare” dopo somministrazione dei composti in esame, quali:

1) quantificazione dell’accumulo intracitoplasmatico di lipidi (colorazione con Oil red O)

2) stimolo della lipolisi (valutazione del rilascio di glicerolo nei mezzi di coltura cellulari)

3) analisi Wester blot di biomarkers del catabolismo lipidico (p-AMPK/AMPK; pACC/ACC)

La valutazione dell’assenza di “effetti cardiotossici” è stata esaminata effettuando:

1) Saggi di vitalità cellulare in cardiomioblasti murini (H9C2)

2) Saggi utilizzando il modello di cuore isolato lavorante di ratto, che ha permesso di effettuare prima il monitoraggio degli effetti emodinamici dei composti in esame, seguito poi dalla valutazione della suscettibilità all’ischemia-riperfusione monitorando il rilascio di lattico deidrogenasi (LDH) nel ligando di perfusione.

I risultati ottenuti con i saggi sopra indicati hanno rivelato la validità degli analoghi difenilmetanici in studio come agenti in grado di stimolare la lipolisi e l’ossidazione degli acidi grassi negli epatociti associata ad assenza di cardiotossicità.

(37)

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MATERIALI E METODI

3 Colture cellulari

3.0.1 Cellule di carcinoma epatocellulare umano

(HepG2)

In questo progetto di tesi è stata utilizzata una linea cellulare immortalizzata di origine tumorale, le HepG2, derivanti da carcinoma epatocellulare umano (HCC).

Le cellule (HepG2), sono state acquistate da Sigma-Aldrich (Milano,Italia). Il terreno di coltura utilizzato è high-glucose DMEM-HG (4,5 g/L), in assenza di rosso fenolo. Il mezzo di coltura è stato integrato con 10 % di siero bovino fetale (FBS), 1 % penicillina/streptomicina, e sodio piruvato 1 mM. Le cellule sono state coltivate in fiasche da 75 cm2 all’interno di un incubatore con 5 % CO2 alla

temperatura di 37 °C. Tutte le analisi sono state condotte su cellule tra il terzo e il sesto passaggio.

3.0.2 Cardiomioblasti murini (H9C2)

I Cardiomioblasti murini sono stati acquistati da Sigma-Aldrich (Milano, Italia). Il terreno di coltura utilizzato è high-glucose DMEM-HG (4,5 g/L), privo di rosso fenolo ed integrato con 10 % di siero bovino fetale (FBS), 1 % penicillina/streptomicina e sodio piruvato 1 mM. Le cellule sono state coltivate in fiasche da 75 cm2 all’interno di un incubatore con 5 % CO2 alla temperatura di

37 °C. Le analisi sono state condotte su cellule tra il secondo e sesto passaggio. [81].

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38

3.0.3 Tripsinizzazione

Le cellule sono state coltivate in fiasche da 75 cm2 all’interno di un incubatore con 5 % CO2 alla temperatura di 37 °C. Una volta raggiunta la confluenza (80-90

%), le cellule sono state staccate dal fondo della fiasca, mediante il processo di tripsinizzazione, e passate in nuove fiasche da 75 cm2 per continuare la coltura, o in piastre da 24 pozzetti per effettuare i trattamenti con i composti chimici oggetto del lavoro di tesi.

Il processo di tripsinizzazione consiste nell’utilizzo di una soluzione di tripsina/EDTA. La tripsina è un enzima proteolitico che ha la funzione di digerire le proteine della matrice extracellulare, che sono le proteine che permettono l’attacco delle cellule al substrato. La soluzione di lavoro ha di solito una concentrazione compresa tra lo 0.01 e lo 0.05 % (w/v). Oltre alla tripsina, la soluzione contiene di solito EDTA (acido etilendiaminotetraacetico) allo 0.02 % (w/v). L’EDTA è un chelante del Ca++ e del Mg++. L’attività della tripsina è inibita dal siero, che contiene degli inibitori della tripsina.

Per effettuare la tripsinizzazione delle colture cellulari, in un primo tempo, viene rimosso il mezzo di coltura dalla fiasca aspirandolo opportunamente con una pasteur connessa ad una pompa meccanica. Successivamente le cellule adese alla piastra sono lavate per due volte con 5 mL di PBS (Phosphate-buffered saline) al fine di eliminare le tracce di siero che inibiscono l’azione dell’enzima. Dopo il lavaggio vengono addizionati 3 mL della soluzione tripsina/EDTA, in modo da coprire tutta la superficie della coltura. A questo punto la fiasca è riposta nell’incubatore per 5 minuti, e quindi esaminata al microscopio. Una volta accertato il distacco delle cellule, si aggiungono 8-10 mL di DMEM per inibire l’azione della tripsina. Una volta aggiunto il mezzo di coltura, la sospensione cellulare è risospesa pipettandola alcune volte.

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39

3.0.4 Congelamento

Le cellule coltivate in aderenza (fiasche da 75 cm2 all’interno di un incubatore con 5 % CO2 alla temperatura di 37 °C) sono state staccate dalla fiasca, contate,

opportunamente diluite e trasferite in apposite cryovials in aliquote da 500 µL -1000µL (con un massimo di 2 milione di cellule per cryovial).

Successivamente in ogni cryovials, vengono aggiunti 500 µL di criomezzo, e le aliquote sono trasferite nel congelatore a -80 °C e successivamente in azoto liquido.

3.0.5 Scongelamento

La cryovial contenente le cellule è stata prelevata dall’azoto liquido e immediatamente scongelata ponendola per circa un minuto in un bagnetto termostatato a 37 °C. Il contenuto della cryovial è stato trasferito in una falcon da 15 mL contenente 8 mL di terreno di coltura preriscaldato a 37 °C e sottoposto ad una centrifugazione a 1000 rpm per 5 minuti. Il sovranatante è stato aspirato, ed il pellet è stato risospeso in 10 mL di terreno di coltura preriscaldato e infine trasferito in una fiasca da 75 cm2 per colture cellulari.

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3.1 Trattamenti cellulari

3.1.1 Composti chimici utilizzati

T3 è stata acquistata da Sigma-Aldrich (Milano, Italia) e disciolta in NaOH 0,1 M in modo da ottenere una soluzione stock 10 mM.

Sobetirome GC-1 è stato acquistato da Sigma-Aldrich (Milano, Italia)

La soluzione stock di clororochina (CLO) 25 mM in DMSO, è inclusa nel Glycerol Assay Kit (Cell-Based) (ab133130) utilizzato per il dosaggio del glicerolo.

I derivati difenilmetanici analoghi di sintesi di Sobetirome, IS25 e TG46 sono stati sintetizzati e gentilmente donati dalla Prof.ssa Simona Rapposelli (Dipartimento di Farmacia, Università di Pisa). Per tali composti sono state preparate soluzioni stock in DMSO a concentrazione 10 mM (IS25 e TG46).

Le soluzioni stock di tutti i composti in esame sono state diluite opportunamente con i mezzi di coltura per raggiungere le concentrazioni di trattamento desiderate.

3.1.2 Trattamenti effettuati sulla linea cellulare

HepG2

Per l’esecuzione dei trattamenti le cellule sono state coltivate in piastre da 24 pozzetti ad una concentrazione di 40000 cellule/pozzetto e incubate per 24 h in 500 µL di DMEM-HG/pozzetto. La conta del numero di cellule per la piastratura è stata effettuata utilizzando la camera di Burker e usando come colorante il

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41 Tripan blue. Dopo le 24h di incubazione in DMEM-HG, il mezzo è stato sostituito con 500 µL/pozzetto di DMEM-HG medicato con i composti in esame (IS25, TG46, T3, Clorochina). Le concentrazioni dei composti chimici utilizzate per i trattamenti sono le seguenti:

• IS25 1-10 µM • TG46 1-10 µM • Clorochina 25 µM • T3 1-10 µM

I campioni scelti come controllo sono stati esposti al trattamento con un volume equivalente di solo veicolo (DMSO 0,1 %) per gli stessi tempi di incubazione. Al termine dei trattamenti, i mezzi di coltura sono stati prelevati e conservati opportunamente a -80 °C in attesa di essere sottoposti al saggio per identificare il rilascio di glicerolo mediante l’utilizzo del Glycerol Assay Kit. Le piastre, contenenti ancora le cellule, sono state congelate a –80 °C in attesa di essere sottoposte al saggio di quantificazione dell’accumulo intracitoplasmatico di lipidi mediante colorazione con Oil Red O (ORO). Dopo aver effettuato gli esperimenti sopra menzionati, le cellule sono state lisate e poi conservate -80 °C per ulteriori analisi Bradford e/o western blot. Tutte le analisi sono state condotte su cellule tra il terzo e il sesto passaggio.

3.1.3 Trattamenti effettuati sulla linea cellulare

H9C2

Per l’esecuzione dei trattamenti le cellule sono state coltivate in piastre da 24 pozzetti ad una concentrazione di 150000 cellule/pozzetto e incubate per 24 h in

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42 1000 µL di DMEM-HG/pozzetto. La conta del numero di cellule per la piastratura è stata effettuata utilizzando la camera di Burker e usando come colorante il Tripan blue. Dopo incubazione in DMEM/HG per 24h, il mezzo è stato sostituito con 1000 µL/pozzetto di DMEM-HG medicato con i composti in esame (GC-1, IS25, TG46). Le concentrazioni dei composti chimici utilizzate per i trattamenti sono le seguenti:

• GC-1 0,1-25 µM • IS25 0,1-25 µM • TG46 0,1-25 µM • T3 0,1-10 µM

I campioni scelti come controllo sono stati esposti al trattamento con un volume equivalente di solo veicolo (DMSO 0,1 %) per gli stessi tempi di incubazione. Al termine dei trattamenti, i mezzi di coltura sono stati prelevati e conservati opportunamente a -80 °C in attesa di essere sottoposti al saggio di citotossicità (LDH Assay), le piastre contenenti le cellule sono state congelate a -80 °C per essere poi successivamente esposte ad analisi Bradford e/o western blot. Tutte le analisi sono state condotte su cellule tra il terzo e il sesto passaggio.

3.2 Test di vitalità cellulare

3.2.1 Saggio MTT

L’attività citotossica dei farmaci in esame sulle cellule H9C2 è stata valutata attraverso il saggio di citotossicità con MTT. Il saggio con MTT (bromuro di

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43 dimetil-tiazolil-difenil-tetrazolio) è un test colorimetrico quantitativo, che fornisce un’indicazione relativa della vitalità cellulare. Tale saggio permette di valutare la tossicità di una sostanza, attraverso il confronto tra gli indici di vitalità cellulare ottenuti dalla popolazione trattata in confronto al controllo. Il saggio si avvale della capacità delle deidrogenasi mitocondriali di ridurre la molecola di MTT di colore giallo per dare il formazano di colore violetto. Colore che deriva dallo sfaldamento riduttivo degli anelli di tetrazolio, qualora le cellule abbiano un'attività metabolica. Se invece le cellule sono morte non presentano più attività metabolica e di conseguenza i sali non vengono convertiti e la sostanza rimane di colore giallo. Il trattamento dei campioni con isopropanolo/HCl 0.1N o DMSO permette l’estrazione e la solubilizzazione dei sali di formazano per la lettura spettrofotometrica a 570 nm. I valori di assorbanza sono proporzionali alla quantità di formazano prodotta e quindi, all’attività metabolica e vitalità cellulare.

Per l’esecuzione dei saggi MTT le cellule H9C2 sono state poste in piastre da 96 pozzetti (Corning, USA) a una densità di 1,0 × 10^4 cellule / pozzetto con DMEM (200 µl / pozzetto) e quindi incubate per 24 ore secondo la procedura di routine. Le cellule sono state trattate con GC-1 (0,1-25µM), IS25 (0,1-10 µM), TG46 (0,1-10 µM), T3 (1-10 µM), e incubate per 24 ore (8 pozzetti per ciascun campione); nel controllo (CTRL) è stato aggiunto solo DMSO 0,1 % come veicolo. Dopo il trattamento è stato aggiunto in ciascun pozzetto 20 μL / pozzetto di una soluzione di MTT (Sigma-Aldrich®) 5mg/ml in DPBS (5 g / L); dopo 4 ore di incubazione, le cellule sono state lisate con 100 μL / pozzetto di una soluzione lisante contenente 20 % sodio dodecil solfato (SDS) e 50 % di dimetilformammide, pH 4,7. Dopo un’incubazione di 20 ore a 37 °C, la densità ottica dei campioni (OD) è stata letta a 570 nm utilizzando un lettore di micropiastre (ELISA Microplate Reader Model 680, Bio-Rad®) e confrontata con quella dei controlli.

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3.2.2

Saggio di attività della LDH

Il saggio LDH o test di citotossicità-fluorescenza è un test di citotossicità che sfrutta una reazione che normalmente avviene all'interno delle cellule. L'enzima LATTATO DEIDROGENASI (LDH) è un enzima normalmente presente nel citoplasma delle cellule che catalizzano la reazione di trasformazione del lattato in piruvato. In seguito ad un danno alla parete cellulare l'enzima LDH dal citoplasma si riversa nel mezzo di coltura. Il test di citotossicità accoppia alla reazione dell'enzima LDH una reazione contraria dove il substrato è un composto fluorescente (la RESAZURINA) che viene trasformata dall'enzima DIAFORASI in un composto fluorescente (la RESORUFINA) che emette alla lunghezza d'onda di 590 nm. La reazione contraria citata avviene solo se le cellule analizzate sono lesionate poiché solo in questo caso l'LDH è riversato nel mezzo di coltura.

Figura 10. Funzionamento del saggio della lattato deidrogenasi (LDH)

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3.3 Determinazione dell’accumulo lipidico

intracellulare mediante colorazione con Oil

Red O (ORO)

L’accumulo dei lipidi nelle cellule HepG2 e stato quantificato mediante colorazione Oil Red O (ORO) con misura dell’assorbanza a 510 nm.

Figura 11. Struttura Oil Red O (oro)

Il colorante lipofilo Oil Red O è un composto diazolico (Figura 11) che presenta un’elevata affinità per i triacilgliceroli e gli esteri del colesterolo, principali componenti dei depositi lipidici, mentre l’affinità per i lipidi presenti nelle membrane cellulari è molto bassa. L’Oil Red O è un composto cromogeno, rilevabile nello spettro del visibile come colorazione rossa.

Dopo i trattamenti con i composti in esame, le cellule vengono lavate due volte con PBS e fissate in paraformaldeide 4 % in tampone fosfato (PBS) per 30 minuti a 4 °C. Trascorso questo intervallo di tempo, le cellule vengono lavate 3 volte con PBS e incubate con una soluzione di Oil Red O per 30 minuti, lavate 3volte con PBS e immediatamente fotografate con un microscopio Leitz Fluvert FU (Leica Microsystem, Wetzlar, Germany). La soluzione madre di Oil Red O è stata preparata sciogliendo 0,35 g di Oil Red O (Sigma Aldrich, Milano, Italia) in 100 mL di isopropanolo mediante lieve riscaldamento, dopo raffreddamento, la soluzione è stata filtrata mediante un filtro da 0,45 µm.

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46 Dopo la colorazione con Oil Red O, per solubilizzare il colorante è stato aggiunto 1 mL di isopropanolo 100 % in ciascun pozzetto. Dopo 5 minuti, il colorante estratto è stato immediatamente rimosso con un pipettaggio delicato e la sua assorbanza è stata misurata a 510 nm usando come bianco una cuvetta contenente isopropanolo 100 %.

3.4 Determinazione del rilascio di glicerolo

Glycerol Assay Kit (Cell-Based) (ab133130) fornisce uno strumento utile per studiare il metabolismo lipidico e la sua regolazione negli epatociti, permettendo di valutare la capacità dei composti in esame di stimolare la lipolisi. La clorochina è inclusa nel Glycerol Assay Kit come controllo positivo per lo screening dell’attività lipolitica utilizzando cellule epatiche (HepG2).

Nei mammiferi, i trigliceridi sono costantemente sintetizzati dagli acidi grassi e immagazzinati sotto forma di gocce lipidiche citosoliche, principalmente negli adipociti, come principale deposito di energia. Durante il digiuno, i trigliceridi immagazzinati nel tessuto adiposo e nel fegato vengono idrolizzati dalle lipasi, (lipasi ormone sensibile (HSL) e lipasi adiposa del trigliceride (ATGL), nel tessuto adiposo e lipasi epatiche nelle cellule HepG2) per produrre acidi grassi liberi e glicerolo.

Il ciclo di trigliceridi / acidi grassi è importante per la regolazione metabolica e la produzione di calore ed è altamente regolato da enzimi quali fosfoenolpiruvato carbossichinasi (PEPCK) e lipasi. I cambiamenti quantitativi nel ciclo dei trigliceridi / acidi grassi sono stati correlati all'aumento del tasso metabolico dei pazienti cachettici con cancro esofageo e alla sindrome metabolica.

L'accumulo lipidico in vitro può essere osservato in cellule HepG2 trattate con composti che inducono la steatosi come la clorochina. I trigliceridi immagazzinati in queste goccioline lipidiche possono essere idrolizzati in acidi grassi liberi e glicerolo che vengono successivamente rilasciati nell'ambiente

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47 circostante. La quantità di glicerolo rilasciata nel terreno è proporzionale al tasso di trigliceridi.

Il Glycerol Assay Kit si conserva a -20 °C ed è costituito da 1 vial di Glycerol Standard Solution, 2 vials di Free Glycerol Assay Reagent (10 X). Nel kit destinato a HepG2, Clorochina (25µM) è inclusa come controllo positivo.

La concentrazione di clorochina raccomandata nel saggio è 25 µM, mentre l’Isoproterenolo deve essere utilizzato a concentrazione 10 µM.

Il protocollo prevede l’utilizzo di una piastra da 96 pozzetti dove vengono seminate 104 cellule/pozzetto da incubare per tutta la notte. Il giorno seguente le cellule sono esposte al trattamento con i composti in esame per il periodo di tempo utilizzato nel tipico protocollo sperimentale. Una quantità misurabile di glicerolo libero è rilasciata nel mezzo cellulare dopo 24-48 ore di trattamento. La Glycerol Standard Solution è fornita ad una concentrazione di 125 µg/mL. Per preparare la curva standard del glicerolo è necessario disporre di 8 provette pulite etichettate con numeri da 1 a 8. Aliquotare 100 µL di PBS o acqua nelle provette da 2 a 8. Trasferire 200 µL di Glycerol Standard Solution nella provetta 1. Effettuando una diluizione in serie, trasferire 100 µL di soluzione dalla provetta 1 alla 2, dopo aver mescolato accuratamente trasferire lo stesso volume di soluzione dalla provetta 2 alla 3 e così via fino a alla provetta numero 7 [82] (Figura 12).

Nella provetta numero 8 non viene eseguita questa operazione poiché essa rappresenta il bianco per la formazione della curva standard.

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48 Figura 12. Schema di preparazione degli standards per la curva del glicerolo

Ogni saggio per la determinazione del rilascio di glicerolo nel mezzo di crescita delle cellule (HepG2) esposte a trattamento con i composti in esame, deve essere accompagnato dalla costruzione di una curva standard del glicerolo. In una piastra da 96 wells si pongono: a) 25 µL/well di ogni diluizione della soluzione standard del glicerolo (in duplicato) (eppendorf 1-8; figura 12), b) 25 µL/well di solo mezzo di crescita delle cellule, c) 25 µL/well di mezzi provenienti dai campioni trattati con i composti in esame (in triplicato). Dopo aver ricostituito la vial di Glycerol Assay Reagent con 5 mL di acqua distillata, in ogni pozzetto della piastra da 96 wells si aggiungono 100 µL di tale soluzione e la piastra è incubata a temperatura ambiente per 15 minuti e successivamente sottoposta a lettura spettrofotometrica a 540 nm.

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3.5 Lisi Cellulare e quantificazione delle proteine

(metodo di Bradford®)

Le cellule sono state lisate al fine di estrarre le proteine totali in esse contenute. Il lisato cellulare è stato preparato aggiungendo 50 µL / pozzetto di lysis buffer (Figura13) e lasciandolo incubare in ghiaccio per 5 minuti. Successivamente le cellule sono state staccate meccanicamente con uno scraper, recuperate e sonicate per 30 secondi circa. Infine, l’estratto è stato centrifugato per 10 minuti a 14000 rpm in centrifuga refrigerata ed il sovranatante recuperato e congelato a -80 °C.

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Figura 13. Composizione del lysis buffer

Per la quantificazione delle proteine totali è stato utilizzato il metodo di Bradford®. Il dosaggio delle proteine totali mediante il metodo Bradford sfrutta l’uso di un colorante, il Coomassie Brilliant Blue G250 (CBBG) (Bio-Rad®). Il legame del colorante alle proteine determina uno spostamento del massimo di assorbimento del colorante da 465 nm (rosso) a 595 nm (blu) in soluzioni acide (Bradford, 1976). Nello specifico si ha la formazione di complessi non covalenti con le proteine tramite interazioni elettrostatiche con amminoacidi basici (positivi) ed interazioni idrofobiche con amminoacidi aromatici.

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