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Il pensiero di Simone Weil, nel corso dei suoi anni di studio e all’inizio dell’insegnamento, fu sensibilmente influenzato dalla figura di Alain.

Émile Chartier (1868-1951)73, noto con lo pseudonimo di Alain che adottò per i Propos a partire dalla loro pubblicazione nel 1906 ne La Dépêche de Rouen e poi per i suoi libri;

cominciò a insegnare filosofia a 24 anni, nel 1892, e spese tutta la sua vita nell’insegnamento

attivo, con la sola eccezione di tre anni trascorsi al fronte. Insegnò filosofia nella classe di

prima superiore del liceo Henri IV dal 1909 fino agli anni ’20. Simone Weil fu sua allieva dal

1925 al 1928, ma continuò a frequentare alcuni corsi del maestro anche quando fu ammessa all’École Normale e a sottoporre alla sua attenzione dei saggi, di lunghezza variabile, che si soleva indicare con il termine topos74.

73

Émile Chartier (Alain) nacque il 3 marzo del 1868 a Mortagne-au-Perche, «frequentò a Mortagne le scuole superiori di primo grado e successivamente il liceo di Alençon, prima di giungere a Parigi per prepararsi all’esame di ammissione all’École Normale. Durante i tre anni di preparazione al concorso presso il liceo di Vanves (1886-1889), fu allievo di Jules Lagneau, grazie al quale comprese la sua vocazione (…). In seguito ai tre anni all’École e al superamento dell’agrégation (concorso pubblico francese per accedere all’insegnamento nelle scuole) di filosofia, fu nominato come insegnante a Pontivy, poi a Lorient (1893-1900), a Rouen (1900- 1902), e infine a Parigi. A partire dal 1909, gli viene affidata la classe di retorica superiore al liceo Henri-IV e un corso al collège Sévigné. Fino all’anno del pensionamento (1933), riuscì a esercitare un’influenza considerevole sui suoi allievi, che solevano chiamarlo «l’Homme» (l’Uomo).

Oltre all’incontro con Jules Lagneau, l’evento che segnò maggiormente la sua vita fu la Prima Guerra Mondiale: impegnato come volontario a quarantasei anni, rifiutò di divenire ufficiale, Chartier visse durante i tre anni in guerra un’esperienza che fortificò la sua convinzione che la filosofia non possa disinteressarsi della politica. Nel periodo di insegnamento a Lorient, aveva già militato nelle file dei sostenitori di Dreyfus nelle università popolari e nei giornali radicali. A partire dal 1903 iniziò a pubblicare i «Propos», con il nome di Alain, ne La Dépêche de Rouen (propos quotidiani dal 16 febbraio 1906 al 1° settembre 1914), non smise mai di occuparsi di questioni politiche. (…) Morì nella sua piccola dimora a Vésinet, il 2 giugno 1951, poche settimane dopo aver ricevuto il Gran premio nazionale di letteratura, lasciando un’opera considerevole: una trentina di opere e più di cinque mila propos (…)».

Cfr. G. Pascal, «Alain» in Dictionnaire des philosophes vol.I, Presse Universitaires de France, Paris 1984, p. 34 (trad. mia).

Per approfondimenti cfr. Ivi, pp. 34-39; per una bio-bibliografia completa di Alain cfr. Éléments pour une biographie et une bibliographie d’Alain in Alain, Propos, Gallimard, Paris 1956, pp. XXI-XLIV.

74 Alain aveva riconosciuto rapidamente il genio della giovane allieva, tanto da affermare in alcuni appunti del

1949: «Je ne crois pas qu’elle m’ait jamais appelé maître – mais bien plûtot elle m’a toujours échappé; elle curai devant par des moyens à moi inconnus».

31 Al fine di cogliere degli spunti interessanti nella prima produzione giovanile weiliana, sembra

doveroso e opportuno fare riferimento alla figura del maestro Alain, alla sua filosofia,

dandone qualche cenno75.

Alain diviene un simbolo del liceo Henri IV, luogo centrale di formazione per la Francia del XX secolo, fino al 1933 si impegnò a preparare gli allievi all’École Normale Supérieure rinunciando alla carriera universitaria. Tra i suoi studenti spiccano alcuni dei nomi più

significativi della Francia di quegli anni: oltre a Simone Weil, André Maurois, Jean Prévost,

Michel Alexandre, Georges Canguilhem, Raymond Aron, Pierre Bost e Maurice Toesca.

Anche Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir mostrarono grande interesse per il maestro.

Alain fece tesoro degli insegnamenti di Jules Lagneau, suo maestro al liceo di Vanves, dal

quale ricevette il primo avvio alla filosofia; considerò, infatti, l’incontro con Lagneau come uno degli eventi più significativi della sua vita. Uscito dall’École Normale e nominato professore di filosofia, collaborò alla Revue de Métaphysique et de Morale.

Dal maestro Lagneau ereditò quel metodo caratterizzato dal prendere un autore e commentarlo quanto più possibile, insegnare l’arte della lettura fu, infatti, uno degli obiettivi che si pose costantemente come professore. Durante le sue lezioni Alain leggeva e

commentava per i suoi studenti Platone, Aristotele, Cartesio, Kant, Comte, Hegel cercando

sempre di comprendere, mai di criticare; ciascun autore, a suo modo, diceva la verità e nessuno poteva essere compreso in maniera definitiva e perfetta. L’arte della lettura, su cui Alain puntava molto, serviva proprio a cogliere le ricchezze, sempre nuove, deducibili dai

75 «Le tempérament d’un philosophe et l’histoire de sa vie privée n’offrent qu’un médiocre intérêt pour l’étude

de sa pensée. Le poète peut demander son inspiration à des événements qui lui sont personnels; le philosophe, lui, recherche la verité, c’est-à-dire l’universel. Aussi sa pensée doit-elle être indépendante des accidents particulieres. De Platon, de Descartes, de Kant, il suffit de savoir à quelles èpoques ils écrivirent et dans quels pays. La façon don’t ils vécurent importe peu à l’intelligence de leurs œuvres. Seuls nous intéressent dans leur vie les détails qui nous pemettent de comprendre comment s’est formée leur pensée, sous quelles influences, par suite de quelles rencontres. Qu’Alain, qui était encore Émile Chartier, soit né en 1868 à Mortagne, dans le Perche, et que son père fût vétérinaire, cela n’éclaire guère le lecteur. Mais il a fait lui-même le tri, dans un livre intitulé Histoire de mes Pensées, des quelques événements de sa vie qui ont eu un certain retentissement sur ses idées. Il nous suffira de suivre ce livre pour assister à la naissance e au développement de sa philosophie. De son enfance, il ne parle pas, ou à peu près, parce qu’elle a été parfaitement semblable à l’enfance non seulement de la plupart des Percherons, mais de la plupart des Français».

32 testi e permetteva di comprendere come tutto fosse già contenuto nei testi celebri e che

bastasse solo scrutare al loro interno 76.

Alain aggiunse, nel corso della sua carriera, alla lettura dei filosofi anche quella di poeti e

romanzieri (Omero, Montaigne, Balzac, Paul Valèry, Stendhal, Dickens e altri ancora). Gli interessava l’umanità intera nella sua verità e la parte di essa più sensibile alla bellezza della forma77. Tentare di sistematizzare le idee di Alain significa, in qualche modo, tradirlo in quanto il suo «acuto interesse per la vita negli aspetti cangianti della quotidianità, per il vario mondo dell’uomo e della natura, lo distolse dal diventare un filosofo sistematico»78

e ciò lo si

deduce anche dal propos, la particolare forma letteraria assai breve che utilizzò per

trasmettere i suoi pensieri, quasi accostabile alla poesia, sia perché interamente costruito in vista della parte finale sia per «l’ispirata accidentalità della sua nascita»79

.

Alain con i Propos80 ideò un nuovo genere letterario, si trattava di brevi articoli con i quali,

già dal 1906, interveniva su argomenti di cronaca e non solo, in importanti giornali francesi;

gli argomenti tratti da avvenimenti di vita quotidiana insieme a riflessioni su vari ambiti del

sapere divenivano spunti per parlare di filosofia e per fare filosofia.

Questa forma letteraria definisce il carattere tipico della meditazione di Alain, «insofferente

del sistema, di quella pensée planante che vede tutte le cose dall’alto e d’assieme, egli scelse la via di affermare l’universalità del principio attraverso l’estrema particolarità dell’esempio (…) così, per questo singolare incontro di una disposizione e formazione filosofica con

76 Cf. G. Pascal, op. cit., p. 13 ss. 77

Simone Weil apprese da Alain la passione per l’arte della lettura facendola divenire determinante nella sua produzione, lo si evince già dagli esordi dei suoi primi scritti; costante è il riferimento a testi celebri, di vario genere, da cui muove i passi della sua riflessione.

78 S. Solmi, Introduzione a Alain, Cento e un ragionamenti, (a cura di S. Solmi), Einaudi, Torino 1960, p. VII. 79

S. Solmi, op. cit. , p. XI.

80 «Il termine propos è di difficile traduzione, Solmi propone di tradurlo con “ragionamenti” (cf. Alain, Cento e un ragionamenti, a cura di S. Solmi, Einaudi, Torino 1975, p. XXII), ma la parola non restituisce il senso dei componimenti alainiani che in qualche modo aprono un nuovo genere letterario. Non si tratta propriamente di articoli, anche se per le dimensioni possono essere paragonati ad articoli di quotidiani; potremmo in qualche modo avvicinarli a brevi componimenti che aprono prospettive su specifici temi. Negri rileva che «Il propos è una misura perfetta per il pensiero di Alain, si tratta di una corta dissertazione che rimane concentrata su un oggetto specifico, con uno stile ricco di immagini, che hanno quasi più importanza del filo logico» (F. Negri, Alain e il giudizio. La libertà deriva dal pensiero, in Kainos, rivista on line di Critica Filosofica, 9, 2009)». M. Marianelli, Il primato delle passioni. Alain interprete di Descartes, Mimesis, Milano 2012, pp. 11-12.

33 l’inesauribile e svagata osservazione d’un moralista e d’un artista, nasceva con Alain uno dei più tipici e compiuti saggisti della Francia d’oggi»81

.

I propos offrono un esempio di riflessione filosofica in movimento e in divenire, un percorso in cui il pensatore usa l’esperienza della quotidianità nelle sue concretezze storiche, culturali e in genere la realtà variegata delle passioni, delle idee, dei costumi, dei vizi e delle virtù umane

come fonti inesauribili per fondare la propria visione della vita. Riassumere in cenni la

dottrina di Alain è assai difficile, perché egli potrebbe essere collocato nelle fila dell’idealismo postkantiano francese rappresentato da Lachelier e Lagneau, Brunschvicg e Louis Weber.

Alain affronta la questione dei rapporti di necessità e libertà e il problema del valore nei

termini del suo maestro Lagneau; la presenza, da una parte, del meccanismo della necessità naturale e, dall’altra, del mondo dello spirito, del valore e della libertà. La difesa del materialismo e del meccanicismo mira a lasciare il dovuto spazio all’affermazione della libertà, infatti il mondo della necessità e della natura non è estraneo agli uomini, in quanto i suoi movimenti implicano le agitazioni corporee, l’impeto delle passioni. Pertanto il compito degli uomini risiede essenzialmente nel dominare la natura e pensare vuol dire correggere un

errore, vincendo la cieca necessità.

Nelle sue opere Alain affronta i temi più disparati mantenendo sempre saldo il compito che, a

suo avviso, la filosofia dovrebbe porsi: la saggezza, che consiste in una bonne police de

l’esprit 82. L’obiettivo della filosofia è affine al sostanziale compito umano di correggere l’errore e acquietare le passioni mediante il lavoro, la riflessione sulle cose, l’arte, l’igiene morale e fisica. Tale compito sottende i vari aspetti del suo insegnamento e del suo interesse,

sia che, nel Système des beaux-arts, affronti il tema dell’esteticità e della creazione artistica,

sia che, nei Propos sur le bonheur, offra una serie di massime per vivere bene, sia che si

occupi di problemi inerenti alla politica e alla guerra in Mars ou la guerre jugée, negli

81

S. Solmi, op. cit., pp. IX-X.

34

Éléments d’une doctrine radicale e nel Citoyen contre les pouvoirs; sia che tratti di temi della

vita sociale, dei riti e delle cerimonie, dei miti e delle religioni in Les idée set les âges, o che,

nei Propos sur l’éducation, tracci le linee di un sistema pedagogico classico entro una visione

della vita laica e moderna.

Ciò che di essenziale ci lascia in retaggio Alain non è una teoria filosofica, ma un metodo, uno stile di pensiero. Quel suo imperativo di andare alla verità con tutta l’anima significa porsi il problema della verità radicato nell’occasione offerta dalla vita vivente, ossia, in altre parole, astrarre provvisoriamente dall’idea per scoprirla incarnata nell’accidentalità del reale83

.

Nei Cento e un ragionamenti84vengono affrontati svariati temi, ciascun propos sviluppa un tema a partire da uno o più elementi spesso semplici, provenienti dall’esperienza concreta della natura e da quella della storia a lui coeva, dall’arte, dalla morale e dal suo mestiere di insegnante.

Osservare la luce solare degli ultimi giorni d’inverno, ad esempio, diviene il pretesto per interrogarsi sulla natura stessa del sole, per riconoscere all’interno dell’immenso universo una logica di funzionalismo per cui ogni cosa «compie imperturbabile la sua funzione» così come

le rotelle e le lancette di un orologio85. Così, accorgersi dei passi del vento nei campi è occasione per rivolgere a sé un monito, «sarebbe più giusto riflettere sulla guerra, la cui minaccia s’aggiunge a tutti i malanni, perché in questo caso cicloni e vortici dipendono da noi»86.

83 S. Solmi, op. cit., pp. XIX-XX.

84 Il titolo del libro è quello che Alain diede a cinque raccolte contenenti 101 propos, di cui le prime quattro

pubblicate fra il 1910 e il 1914, la quinta nel 1928. La scelta dell’edizione italiana (Alain, Cento e un ragionamenti, a cura di S. Solmi, Einaudi, Torino 1960) si è concentrata su testi di varie raccolte esistenti, infatti in essa sono presenti un centinaio di propos, scelti tra i più significativi e organizzati per materie e non in ordine cronologico, risalenti a periodi diversi, tra il 1906 e il 1936.

I titoli a cui si fa riferimento a seguire sono tratti da Alain, Cento e un ragionamenti, cit.

85

La ruota in Alain, op. cit. , pp. 12-13.

35 Non mancano i riferimenti alla religione87 e al sentimento religioso come «amare ciò che esiste»88, alla morte e ai defunti, il cui pensiero «dorme in noi stessi»89 e alle passioni e al dominio di esse90. Muove anche dalla differenza tra i due sessi91 per riflettere sull’istituzione del matrimonio e della famiglia92, «da un matrimonio troppo isolato, che si nutre solo di amore, c’è sempre da temere qualcosa. Sono barche troppo leggere, troppo in balia dei flutti, e prive di zavorra. Né la saggezza data dalla riflessione può farci granché. È l’Istituzione che

salva il Sentimento»93.

Ai temi della famiglia si collegano la ricerca della felicità come speranza gioiosa nell’avvenire e come «ricompensa che giunge a chi non l’ha cercata»94

; la riflessione sulla

vita come «il più grande dei beni»95 e sull’amore, «vera ricchezza vitale: un meraviglioso

87 Interessante a tal proposito è il propos Importanti e negligenti, pp. 101-102. In esso viene delineata la

distinzione degli uomini in “importanti” e “negligenti”, sin dalla nascita. I primi si lamentano sin da piccoli per qualsiasi dolore, sono più legati all’opinione e riescono sia a comandare sia a obbedire; i secondi si accontentano di ciò che hanno. «L’Importante è naturalmente religioso: in primo luogo perché fa commercio di rispetto, poi, in un senso più profondo, perché s’indigna della malattia e teme la morte. Non vuole vedersi granello di polvere nel vasto mondo, vuole anzi vedersi covato da Dio, o magari dannato, che è pur sempre darsi dell’Importanza. Il Negligente non chiede un Dio che lo assista: si rassegna a non essere più. A tutto si saprebbe rassegnare, ma vuole ridersi dell’Importante, il che lo porta lontano, e talvolta fino alla virtù. Rabelais è un Negligente. Pascal è un Importante».

88 Esistenza e ragione, pp. 28-29.

89 «Allora, voi direte, dal momento che non possiamo dimenticare i morti, è inutile volerci pensare: pensare a se

stessi è pensare a loro. È vero: ma accade piuttosto di rado che si pensi a se stessi, veramente e seriamente a se stessi».

Il giorno dei morti, pp. 32-33.

90 «La parola «irritazione» deve farci riflettere. Grazie alla saggezza del linguaggio, serve anche a designare la

più violenta delle passioni: e non vedo una grande differenza tra un uomo che si abbandona alla collera ed un altro che si lascia andare a un attacco di tosse. Similmente, la paura è un’angoscia del corpo contro la quale non si sa lottare con la ginnastica. L’errore, in tutti questi casi, è di mettere il proprio pensiero al servizio delle passioni, e di gettarsi nella paura o nella collera con una specie di entusiasmo feroce. Aggraviamo insomma la malattia con le passioni: è questo il destino di chi non ha imparato la vera ginnastica: e la vera ginnastica, come i greci avevano capito, è il dominio della retta ragione sui movimenti del corpo».

Sedizioni corporee, pp. 41-42.

91 «(…)Giungo a scorgere certi caratteri distintivi che rendono spesso nemici i due sessi, senza che ne sappiamo

chiaramente il perché. L’uno è affettivo, l’altro attivo (…) Affettivo non è lo stesso che affettuoso. Sotto questa parola bisogna intendere un più stretto legame con le fonti della vita: legame che si osserva in tutti i malati, indipendentemente dal sesso, ma che di solito è più forte nella donna, per il naturale predominio delle funzioni della gravidanza e di allattamento e di tutto ciò che vi si ricollega (…) L’altro sesso è incomprensibile nell’inazione».

Sessi, p. 55.

92 «La donna è reggitrice per sua natura, poiché vive secondo il costume e il costume è già la legge (…) il suo

ideale non è di inventare ma di ricominciare; la sua opera è il bambino e il più bel bambino è quello che somiglia a tutti i bambini. L’ordine, la stabilità, l’equilibrio, la conservazione e le conserve, ecco le opere della donna. E l’uomo cos’è? Un inventore, un sognatore, un poeta, un fannullone ».

La rivoluzione dei maschi, pp. 53-54. 93 Sessi, p. 56.

94

Della felicità, p. 60.

36 movimento per uscire da se stessi, per gettarsi nell’azione e prodigarsi e perdersi in essa senza calcoli meschini»96.

Tra gli ultimi propos, uno analizza il materialismo storico, un altro si concentra sulla saggezza

orientale97 e in particolare sulla rivoluzione socratica, prima di quest’ultima

ogni uomo regolava azioni e pensieri su una legge divina o umana che non era stata fatta da lui. Ognuno si conformava. Socrate fu il primo e il più ostinato degli eretici: non che rifiutasse d’obbedire alle leggi, ma per quanto riguardava i suoi pensieri non voleva credere che a se stesso. Gli dèi erano giudicati. Quell’uomo voleva sapere se il giusto è giusto perché gli dèi lo ordinano o se non si doveva dire invece che è perché il giusto è giusto che gli dèi lo ordinano. Era innalzare l’individuo sopra gli dèi. Tutte le volte che Socrate rinascerà, sarà condannato; ma noi tutti ne conserviamo l’idea e la portiamo in noi, e nessuno ne ha ancora misurato la portata98.

Dalla massima delfica del Conosci te stesso i passi della ribellione e dell’incredulità incalzarono, Alain indica addirittura come «scuole d’incredulità»99

il cristianesimo e il

cattolicesimo.

Si potrebbe azzardare un parallelismo tra la forma letteraria usata da Simone Weil e quella di

Alain. Di certo la prima produzione weiliana risentì nella brevità dei propos del maestro.

Un paragone risulterebbe, però, forzato in quanto Alain, scrivendo inizialmente per lo più per

giornali, si indirizzava a un pubblico, a un lettore a cui chiedeva di ritrovare dei nessi nella

sintesi di uno stile talvolta poetico e oscuro. Tuttavia, Alain aderendo a un modello di

indipendenza e di probità intellettuale, caratterizzanti la sua personalità filosofica, non si cura dell’opinione sui suoi scritti; in essi dice ciò che sa, preoccupandosi piuttosto di pensare veramente.

Tale preoccupazione di pensare veramente è all’origine del suo metodo, alla cui base sta il

profondo rispetto per i grandi autori e la volontà di comprenderli: cum-prehendere e ri-

pensare. L’attenzione al lettore e al pubblico non occupò per nulla le energie di Simone Weil,

96 Amore, p. 94.

97 L’Oriente dorme secondo i riti, pp. 229-230. 98

Ibidem

37 il cui spirito si ritrova, spesso, nei rapporti epistolari che intrattenne e che, come tali, segnano un’attenzione rivolta all’interlocutore prossimo e alla sua ricerca intima.

38