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3 L’errore umano

3.1 Classificazione degli errore umano

L’errore umano è stato ampiamente analizzato dagli studiosi di scienze cognitive. James Reason, nel suo libro “Human Error” ne dà la seguente definizione operativa [5]:

…“Errore” sarà inteso come un termine generico per comprendere tutti i casi in cui una sequenza pianificata di attività fisiche o mentali fallisce il suo scopo, e quando questo fallimento non possa

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Al contempo, Reason fornisce un modello per la classificazione degli errore umani, illustrato in Figura 23. questo modello si basa sul presupposto che un'azione è considerata corretta quando si verificano tre condizioni:

 l’utente aveva l'intenzione di agire,  l'azione è processata come desiderato,  l'azione ha ottenuto il suo scopo.

Se non si verificano tutte queste tre condizioni, allora si è verificato un errore. Reason ha individuato quattro tipologie fondamentali di errori [5]:

1. Azione intenzionale ma errata (“sbagli” o “mistake”): si verifica quando l’utente ha agito con intenzione, l'azione si è svolta come aveva pianificato, ma non ha ottenuto lo scopo prefissato. In sostanza, l’utente ha compiuto un’azione credendo che portasse a un determinato risultato, ma così non è stato.

2. Azione non intenzionale (“lapsus” o “slips”): si verifica un lapsus quando si compie involontariamente un’azione al posto di un’altra. I lapsus sono molto frequenti, e possono verificarsi soprattutto quando l'azione corretta e l'azione sbagliata “si assomigliano”, per esempio quando due pulsanti sono fisicamente vicini. Oppure quando due compiti diversi hanno in comune una sequenza iniziale di azioni, e la sequenza finale in un caso viene eseguita di rado, e nell’altro molto spesso. I lapsus possono essere evitati (o comunque resi poco probabili) progettando il sistema in modo che queste situazioni non si verifichino. 3. Azione spontanea: in questo caso, l’azione è compiuta intenzionalmente, ma senza che

l’utente avesse precedentemente l’intenzione di agire. Per esempio, quando qualcuno ci lancia improvvisamente un oggetto e, quasi per un riflesso automatico, lo afferriamo al volo, o ci proteggiamo con le mani. L’azione non era prevista, ma ci siamo trovati nella necessità di compierla. Un’azione spontanea non necessariamente deve essere classificata come errore: è tale solo quando produce effetti indesiderati.

4. Azione involontaria: in questo caso, l’azione è del tutto non intenzionale (ad esempio, urtare involontariamente una persona o un oggetto).

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Figura 23. Modello di Reason

Nella classificazione accademica dell’errore umano non si può, tuttavia, non prendere in considerazione il modello postulato da Jens Rasmussen nel suo volume “Skill, Rule and Knowledge

Model”, nel quale si propongono tre tipologie comportamentali [4] [5]:

Skill-based behaviour: comportamento di routine basato su abilità apprese. L’impegno

cognitivo richiesto è bassissimo e il ragionamento è inconsapevole, ovvero l’azione dell’operatore in risposta ad un input è svolta in maniera pressoché automatica.

Rule-based behaviour: comportamento guidato da regole di cui l’operatore dispone per

eseguire compiti noti, si tratta di riconoscere la situazione e applicare la procedura appropriata per l’esecuzione del compito. L’impegno cognitivo è più elevato poiché implica un certo livello di ragionamento noto.

Knowledge-based behaviour: comportamento finalizzato alla risoluzione di problemi in

presenza di situazioni non abitudinarie e conosciute, ma nuove o impreviste, per le quali non si hanno delle regole o procedure specifiche di riferimento. Questo tipo di comportamento è definito “knowledge-based” proprio poiché richiede un elevato impegno cognitivo nella ricerca di una soluzione efficace.

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Figura 24. Modello di Rasmussen

Ogni azione dell’operatore è preceduta da una serie di processi cognitivi che si svolgono secondo una struttura a livelli, ciascuno dei quali contiene funzioni cognitive diverse. La sequenza non è quasi mai né lineare né completa, ma si dispone secondo una scala dove, talvolta, si salta orizzontalmente per evitare gli scalini più alti e faticosi. Il processo cognitivo che porta dallo stimolo all’azione infatti prevede tre differenti percorsi di complessità crescente che richiedono quantità di attenzione e di risorse cognitive via via maggiori. Alla base dello schema è collocato un comportamento skill-based secondo il quale l’operatore, stimolato da un fatto (input: segnale, rumore, etc.) reagisce quasi istantaneamente eseguendo un’azione legata a una procedura ben interiorizzata. A livello intermedio, si colloca un tipo di comportamento rule-based per cui l’operatore, sulla base delle informazioni ricevute ed eventualmente a valle di un comportamento

skill-based, ordina una serie di azioni mediante l’uso di procedure e le esegue. A livello più elevato,

si trova il tipo di comportamento knowledge-based, in cui l’operatore è chiamato a fare uso in modo creativo e autonomo (cioè senza l’uso di procedure o di comportamenti istintivi) delle informazioni disponibili e delle sue conoscenze, al fine di produrre le valutazioni e le decisioni a cui conseguiranno le azioni opportune.

Dal connubio degli studi portati aventi da Reason e Rasmussen ha origine la presente classificazione, illustrata in Figura 25:

1. Errore: azione involontaria che compromette l’esecuzione di un’attività. Gli “errori” possono essere distinti in:

a. Errori “skill-based”: “failure” nell’esecuzione di un’azione pianificata. Nello specifico si riferisce all’applicazione di competenze di routine, secondo regole

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precedentemente assimilate o in situazioni bel note. Un errore in questo ambito si concretizza in:

i. Lapsus nell’esecuzione di un’azione: azione eseguita in modo diverso da quanto pianificato.

ii. Lapsus di memoria: “vuoto” di memoria (l’operatore dimentica di eseguire una certa operazione).

b. Sbagli: “failure” nella progettazione di un’attività (anche se le attività pianificate venissero eseguite in modo corretto, non sarebbe possibile ottenere il risultato desiderato).

i. Sbagli “rule-based”: errori dovuti alla scelta della regola sbagliata a causa di una errata percezione della situazione oppure nel caso di uno sbaglio nell’applicazione di una regola L’operatore si trova ad affrontare una situazione in cui l'attenzione è focalizzata su un problema di decision making o sulla creazione di una soluzione. Tuttavia, si tratta di situazioni note, che la persona è stata addestrata a fronteggiare. Pertanto, l’errore si concretizza nell’errata della situazione o della soluzione.

ii. Sbagli “knowledge-based”: errori dovuti alla mancanza di conoscenze o alla loro scorretta applicazione. Il risultato negativo dell’azione risiede nelle conoscenze erronee che l’hanno determinata. Tale tipologia di errore è insita nella razionalità limitata o comunque nella difficoltà di dare risposte a problemi che presentano un’ampia gamma di possibili scelte.

2. Violazioni: trasgressione deliberata di una regola, una procedura, una norma, etc.

È il caso di tutte quelle circostanze in cui si “aggirano” volutamente le procedure stabilite per l’esecuzione di un determinato compito (e ritenute corrette per portare a termine quanto pianificato nel miglior modo possibile), invece di metterle in pratica come pianificato.

a. Routine: violazioni che sono diventate parte della routine di una persone, ma generalmente tollerate perché generalmente prive di conseguenze rilevanti (ad esempio, il superare leggermente il limite di velocità durante la guida).

b. Situazionali: violazione causata dalle condizioni in cui l’operatore svolge il proprio lavoro (ad esempio, eccessiva pressione a cui l’operatore è sottoposto mentre

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completare un'operazione, o difficoltà a rispettare una determinata regola in precise circostanze, …).

c. Eccezionali: violazioni insolite e tendenzialmente estreme, associate a conseguenza non trascurabili.

Figura 25. Classificazione dell'errore umano

Per ciascuno di questi tipi di errore, può manifestarsi in maniera diversa.