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4 I componenti hardware

4.4 Sistema di tracciamento

4.4.5 Sistemi di tracking ottico

I dispositivi di tracking ottico sfruttano la luce per stimare la posizione nello spazio dell’oggetto da “inseguire”. Risulta evidente che i dispositivi di tracking basati sulla visione artificiale siano una soluzione economica ed efficace per risolvere il problema del tracciamento. I sistemi di tracking di tipo ottico assicurano velocità di elaborazione adeguate e non pongono limiti sullo spazio di osservazione.

Il vantaggio di usare la visione per la realizzazione di un sistema di localizzazione e tracciamento risiede sostanzialmente nella quantità di informazioni che è possibile ottenere anche senza l’impiego di hardware speciali e costosi, come ad esempio sensori di posizione, fra l’altro scomodi da posizionare sull’oggetto da tracciare. Per contro sono sensibili alla maggiore o minore visibilità degli oggetti da osservare e all’intensità della luce. Inoltre, estrarre informazioni affidabili e precise dalle immagini non è un’impresa facile e lo diventa ancor meno se dalla sequenza di immagini bisogna estrarre anche la terza dimensione necessaria al calcolo della posizione 3D dei soggetti tracciati. Le tecniche di visione 3D per effettuare misure e riconoscimento di oggetti nello spazio, infatti, rappresentano un argomento di ricerca attivo ed in continua evoluzione. Al crescere della distanza tra trasmettitore e ricevitore l’energia del raggio di luce diminuisce con il quadrato della distanza. Come ricevitori si possono utilizzare sensori CCD (Charged Coupled Device) o fotodiodi

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laterali, in funzione della tipologia di dispositivi che viene utilizzato, passivo o attivo. Esempi tipici di dispositivi passivi sono i marker e di dispositivi attivi i led.

Nella categoria dei sistemi di puntamento ottici rientrano i sistemi di riconoscimento dell’immagine che utilizzano algoritmi di grafica computazionale per elaborare immagini, contenenti gli oggetti da seguire, e calcolare la loro posizione rispetto al punto di vista della camera sulla scena.

Per quanto riguarda la valutazione dell’orientamento della testa, la tecnologia ottica sfrutta algoritmi capaci di rilevare in un flusso video proveniente da una telecamera, allineata agli occhi dell’osservatore, alcuni riferimenti, denominati “markers” (riportati in Figura 75), che possono essere fissi o in movimento.

Figura 75. Marker

Il riconoscimento dei marker avviene tramite un processo denominato “pattern recognition”. Calcolando la distanza di questi riferimenti ed il loro orientamento, è possibile determinare la posizione relativa tra la testa dell’osservatore e i marker, fornendo così al calcolatore le informazioni necessarie per il posizionamento degli oggetti virtuali.

I tracker ottici per il riconoscimento della posizione del corpo, invece, si basano sull’utilizzo di telecamere che rilevano la posizione di sorgenti di luce, generalmente LED, poste sull’operatore. L’elaborazione in tempo reale di queste immagini acquisite permette di effettuare calcoli sullo spostamento. Questi sistemi utilizzano emettitori fissi e videocamere che ricevono i raggi infrarossi. Per individuare la posizione dell’oggetto è necessario che il computer triangoli le informazioni di posizione fornite dalle telecamere.

I tracker ottici non sono influenzati dalla presenza di altri corpi, come i metalli, e possiedono inoltre sia un elevato tasso di aggiornamento, che una bassa latenza. Gli emettitori devono essere

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posizionati nella linea di vista delle telecamere, senza alcuna interposizione di oggetti all’interno del percorso che li congiunge. Questi dispositivi possono essere disturbati dalla presenza di altre sorgenti di luce ad alta intensità o di altro bagliore che potrebbe alterare la correttezza delle misure.

In semplici applicazioni di realtà aumentata, ogni singolo oggetto virtuale è associato ad uno specifico marker, precedentemente calibrato, e viene sovrapposto ad esso quando viene individuato dall'algoritmo di marker detection. In applicazioni di realtà aumentata più complesse, un solo marker non è sufficiente per definire un sistema di riferimento per visualizzare modelli virtuali all’interno della scena. Ad esempio, nel caso in cui debba essere effettuato il tracking di oggetti ingombranti o della posizione di una persona che si muove all'interno di un'area di grandi dimensioni, appare evidente come non sia possibile affidarsi ad un unico marker ben visibile, ma come sia, invece, necessario ricorrere ad un insieme di markers, definiti rispetto ad un’origine globale: in questi casi si parla di “marker field” (o “marker set”). Un esempio di “marker field” è mostrato in Figura 76. In questo modo gli oggetti virtuali possono essere visualizzati e collocati all’interno della scena nei casi in cui un marker non sia rilevabile, perché occluso o fuori dal campo visivo.

Figura 76. Esempio di marker-field

L’analisi dei dispositivi di tracking finora svolta evidenzia, per ciascun sistema, limiti e qualità. Una scelta vincente potrebbe essere quella di combinare diversi dispositivi in modo tale che le caratteristiche migliori di ciascun sistema siano in grado di sopperire alle mancanze degli altri. Sebbene questa appaia una strategia vincente, l’integrazione di più strumenti fa crescere la complessità dei sistemi e, di conseguenza, rende più complicata la gestione e il controllo dell’applicazione.

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Inoltre, a volte non è possibile (o non si vuole) modificare il mondo reale per un’applicazione di AR. In questi casi si può ricorrere a sistemi di tracciatura markerless, basati sul riconoscimento delle

features di alcuni oggetti di riferimento, posizionati nell’ambiente preso in considerazione. In

letteratura sono disponibili numerosi estrattori di features sufficientemente affidabili per effettuare il tracking di alcuni particolari presenti nella scena, da utilizzare come marker naturali e permettere così il calcolo della posizione della telecamera che li inquadra.

Le proprietà estremamente importanti per un buon feature-detector sono due: la prima è la

ripetibilità, cioè la capacità dell'estrattore, , di rilevare le stesse features in immagini che mostrano

lo stesso contenuto da un punto di vista poco differente. La seconda caratteristica fondamentale è l'invarianza dei punti rilevati alle trasformazioni (di scala e rotazionali) presenti tra le due immagini. Questi fattori risultano poco rilevanti quando le acquisizioni dei frame sono molto ravvicinate nel tempo, in quanto le trasformazioni tra le immagini sono di piccola entità, ma si dimostrano invece determinanti per il tracking delle features quando intercorre un lasso di tempo significativo fra due frame successivi.

In Figura 77 è riportato un esempio di tracking markerless.

Figura 77. Esempio di tracking markerless

Le tecnologie illustrate sono state sviluppate per ambienti chiusi, ovvero per ambiente limitati e facilmente controllabili. L’utilizzo dei sistemi di tracking per applicazioni in ambienti aperti avviene in una situazione diametralmente opposta: gli ambienti aperti sono fuori controllo e richiedono la

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portabilità della strumentazione. A questo proposito, la nuova frontiera verso cui si sta orientando l’evoluzione dei sistemi di tracking è rappresentata dall’“oculometria”.

L’oculometria (più comunemente conosciuta col termine “eye-tracking”) è il processo di misurazione del punto di fissazione oculare (o del moto di un occhio) rispetto alla testa. Tali misure possono essere ottenute tramite un tracciatore oculare (“eye tracker”) e possono essere utilizzate nello studio anatomico e fisiologico dell’apparato visivo, nella linguistica cognitiva e nella progettazione di prodotti commerciali. Questa tecnica consente, pertanto, di determinare in maniera molto accurata le aree di volta in volta fissate da un soggetto, nella sua esplorazione visiva. Inizialmente questa tecnica è stata impiegata in ambito accademico per giungere ad una migliore comprensione dei meccanismi alla base della percezione visiva di un individuo. Di recente, l'eye-

tracking, spesso, viene utilizzato in combinazione con sistemi di "voice recognition", come

alternativa ai classici dispositivi di input/output (mouse e tastiera), allo scopo di sviluppare sistemi uomo-macchina che non richiedano l'uso delle mani (“sistemi handless”). Questi sistemi sono per il momento destinati ad utenze professionali (principalmente in campo biomedico e militare), o ad utenze diversamente abili (soggetti che abbiano perso l'uso di entrambi gli arti superiori).

Attualmente questi dispositivi di l'eye-tracking trovano un ulteriore impiego in applicazioni di AR, permettendo all’operatore di visualizzare gli oggetti virtuali, in ogni momento, perfettamente in linea con il punto di fissazione oculare dell’utilizzatore. Di recente, Google Inc. ha immesso sul mercato il prodotto “Google Glass”, un paio di occhiali dotati di Realtà Aumentata, che sfruttano la tecnologia dell’eye-tracking (Figura 78).

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