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2. Aspetto e Azione

2.2 Classificazione dei verbi in base all’Azione

2.2 Classificazione dei verbi in base all’Azione

Nel tentativo di rappresentare l’informazione lessicale contenuta nel verbo, sono stati proposti dei modelli costruiti anziché a partire dalle proprietà argomentali del verbo, da quelle aspettuali. Il primo di questi modelli fu proposto da Zeno Vendler in Philosofy in

Linguistics nel 1967 e costituisce un punto di partenza obbligato per una classificazione

dei verbi basata sull’aspetto lessicale, cioè l’Aksionsart (Jezek2003).

Secondo Vendler il tempo è un elemento cruciale per un corretto raggruppamento dei verbi di una lingua: «The use of verb may also suggest the particular way in which that verb presupposes and involves the notion of time» (Vendler 1967: 97). L’autore propone, infatti, una distinzione basata su schemi temporali, aggiungendo anche verifiche circa le condizioni di verità di una predicazione che contenga i verbi esaminati.

La prima divisione si basa su verbi che ammettono e non ammettono la forma progressiva12, come running, writing o *knowing, reaching the top. I verbi che ammettono la forma in -ing descrivono eventi costituiti da fasi che si susseguono nel tempo, mentre i verbi che non ammettono tale forma non sono processi. Tra questi è possibile distinguere verbi che possono essere predicati per un singolo momento (reach

12

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the top) e verbi che possono essere predicati per un periodo più o meno lungo (know, love): i primi sono definiti achievment terms, i secondi state terms.

Tra i verbi che ammettono la forma progressiva si distingue tra verbi come running,

pushing the cart e running a mile, drawing a circle.

Nel caso della prima coppia di verbi, in qualsiasi momento l’azione venga interrotta si potrà comunque dire che la predicazione è vera: se dico I’m running, in qualsiasi momento io interrompa l’azione del correre, potrò affermare con verità I ran, per cui se I è l’intervallo di tempo corrispondente all’evento e se il predicato è soddisfatto in I, allora è necessariamente soddisfatto in ogni sottointervallo di I (Bertinetto 1986); gli eventi come running e pushing the cart possono protrarsi per un tempo non definito e saranno veri in qualsiasi momento dell’arco di tempo i cui l’evento si estende. Nel caso di drawing a circle, se affermo he’s drawing a circle e l’azione viene interrotta, non sarà per forza vero che he drew a circle; questo perché si tratta di azioni che per essere vere devono essere finite, azioni che devono raggiungere un climax all’interno di un arco di tempo definito.

Verbi come running, pushing the cart sono definiti activity terms, i verbi del tipo

drawing a circle, running a miles sono definiti accomplishment terms.

Per i primi è corretto chiedere for how long did he push the cart? ma non *how long did

he push the cart?; per gli accomplishments invece si può domandare how long did it take to draw a circle? ma *for how long did he draw a circle.

Nonostante accomplishments e achievements si distinguano per l’accettabilità o meno della forma progressiva, è possibile una confusione tra i due gruppi, si veda l’esempio:

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64) It took him three hours to reach the summit

L’affermazione in (64) non vuol significare che il raggiungimento della vetta è durato tre ore, ma che la scalata fino alla vetta, fino al reach the summit (che indica un’azione momentanea), è durata tre ore; nel caso di un accomplishment, per esempio I write a

letter in an hour, l’avverbiale di tempo indica che durante tutta l’ora è stata compiuta

l’azione di scrivere una lettera. La discriminante per non confondere le due tipologie resta l’utilizzo della forma progressiva: I’m writing a letter, ma *I’m reaching the

summit.

La diversità tra le due tipologie di verbi, inoltre, diventa evidente riprendendo la struttura eventiva della Transazione:

65) (Jezek 2003: 62)

T

Nel caso di un verbo accomplishment la struttura della Transazione sarà:

66)

a) Giulia ha disegnato un fiore (Jezek 2003: 62)

T

[FA13 <disegnare> (Giulia)]

13

FA è un predicato atomico, utilizzato nella semantica generativa, e rappresenta l’agentività dell’evento. < e1 P e2 S < e1 P *e2 S [un fiore]

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In cui P rappresenta l’[azione del disegnare], S l’[esistenza di un disegno], < indica l’ordine temporale, e1 indica il Processo attraverso il quale è raggiunto lo Stato e2 e * segnala il focus interpretativo.

Nei verbi achievements invece e1 non è il Processo che porta al cambiamento di stato, ma ciò che precede il nuovo Stato e2:

b) Il pacco è finalmente arrivato (Jezek 2003: 63)

T

In cui si nota che le ‘porzioni’ di significato lessicale sono distribuite tra i due rami della struttura eventiva (Jezek2003).

Riassumendo, Vendler divide i verbi in quattro classi: states, achievements, activities,

accomplishment. Analizzando le proprietà temporali interne, il mantenimento delle

condizioni di verità in alcune situazioni e le restrizioni rispetto all’uso di modificatori avverbiali di tempo, giunge a risultati riassunti nella Tab.1:

<

e1

(P)

e2

S

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Tab.1 (Jezek2003:33)

STATES ACTIVITIES ACHIEVEMENTS ACCOMPLISHMENT

Forma

progressiva - + - +

For how long + + - -

How long - - - +

At what time

- - + -

2.2.1 Classificazione dei verbi italiani

Dopo Vendler altri studiosi hanno suggerito ulteriori modi di classificare i verbi, tra questi, Bertinetto (1986) ha proposto una suddivisione gerarchica dei verbi italiani, riassumibile con il seguente schema:

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L’opposizione principale è quella tra verbi durativi e verbi non durativi, questi ultimi sono verbi caratterizzati da uno svolgimento rapido, in cui l’inizio e la fine dell’evento idealmente coincidono; i verbi durativi esprimono, invece, processi che si prolungano nel tempo, ad esempio crescere, dormire, avere fame. La distinzione tra questi due tipi di predicati non è sempre facile, e spesso è necessario valutare il contesto in cui sono inseriti e i fattori pragmatici: uscire dalla porta, ad esempio, è un verbo non durativo, ma uscire dalla città è un evento che si protrae più a lungo nel tempo e quindi è considerato durativo.

Tra i non durativi si distinguono i verbi puntuali e i verbi trasformativi, il primo tipo include quei verbi che descrivono un’azione istantanea, in cui lo stato del soggetto non viene modificato (incontrare); i verbi trasformativi sono verbi in cui il protagonista, al termine dell’evento, si trova una condizione diversa da quella iniziale (svegliarsi,

ricominciare, giungere), e presuppone un verbo durativo che indichi lo stato

antecedente e un verbo non durativo che indichi lo stato successivo, per esempio

dormire, svegliarsi, essere sveglio.

I trasformativi si dividono ulteriormente in reversibili e non reversibili a seconda che esprimano un’azione da cui è possibile tornare allo stato precedente (partire) oppure no (nascere). Questi verbi, inoltre, sono caratterizzati dal fatto di essere telici, prerogativa che condividono con i verbi risultativi, che appartengono, però, alla famiglia dei durativi e sono quei verbi che descrivono un processo finalizzato al raggiungimento di una meta (il telos), come mangiare una mela, disegnare un ritratto.

Accanto ai risultativi, l’altra tipologia di verbi durativi è quella dei non risultativi, i quali, a differenza dei primi, non sono telici; questi si dividono in stativi e non stativi,

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gli stativi indicano qualità inalienabili del soggetto o stati di fatto non modificabili (stativi permanenti), come assomigliare, credere, esistere, ma possono essere non

permanenti quando la condizione indicata è precaria, ad esempio essere lunedì, avere tempo.

I non stativi sono i verbi continuativi, né telici, né stativi, che descrivono eventi che ammettono soluzione di continuità, come ridere, pensare, scrivere e possono essere interrotti in qualsiasi momento senza pregiudicare l’esistenza del processo predicato (Bertinetto1986).

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