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Classificazione delle fratture prossimali dell’omero

dell’omero

Lo scopo principale di un sistema classificativo è quello di guidare il trattamento, stimare la prognosi e predire il rischio di una eventuale complicanza di una frattura. Idealmente una classificazione dovrebbe essere clinicamente utile, permettere una categorizzazione sulla base delle immagini preoperatorie consentire un accordo tra osservatori diversi. La classificazione delle fratture, inoltre, dovrebbe servire come strumento nella letteratura scientifica, essere di aiuto nella creazione di database clinici, e permettere la condivisione di dati tra vari studi.

Un sistema di classificazione dovrebbe essere perciò esauriente da raccogliere tutti i fattori, specifico da consentire una diagnosi ed una terapia accurata, abbastanza flessibile da accogliere eventuali variazioni e consentire deduzioni logiche per il trattamento, praticabile al fine di garantirne facile memorizzazione ed utilizzo. Una classificazione deve quindi valutare l’entità del danno e contemporaneamente porre le basi per istituire un trattamento adeguato. Una imprecisione del sistema di classificazione può essere causa di trattamenti impropri. Requisiti essenziali di un sistema di classificazione diventano quindi una completa conoscenza dell’anatomia e accurate proiezioni radiografiche che definiscano le strutture anatomiche.

Nella maggior parte dei casi le fratture dell’omero prossimale sono composte o minimamente scomposte; ad esse è generalmente riservato un approccio di tipo non chirurgico. Nel 20% dei casi le fratture dell’epifisi prossimale dell’omero sono scomposte ed è in tali situazioni che la classificazione si rende indispensabile per poter prendere decisioni inerenti il loro trattamento.

Nel corso degli anni sono stati proposti diversi metodi di classificazione delle fratture prossimali dell’omero, quali il livello anatomico della frattura, il meccanismo di lesione, il grado di scomposizione e lo stato di vascolarizzazione del segmento articolare (20). All’inizio del 1900, i sistemi di classificazione erano tutti nell’insieme grossolani e aspecifici. È stato scritto molto in merito, tuttavia non ci sono lavori significativi che abbiano dato soddisfacenti risultati a lungo termine

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sia sul trattamento sia sugli esiti di queste fratture e, soprattutto, in questi lavori, nonostante l’ampia varietà dei sistemi classificativi tutt’oggi esistenti, non è stata utilizzata una classificazione univoca per tutti gli Autori. Le classificazioni che hanno un maggior impiego sono la classificazione di Neer, in virtù della sua semplicità di utilizzo, e la classificazione AO che, nonostante sia molto più complessa, permette un inquadramento più preciso della frattura prendendo in esame anche il rischio di necrosi avascolare. Tali classificazioni hanno la caratteristica di inquadrare la frattura da un punto di vista anatomico; ciononostante hanno scarsa affidabilità e riproducibilità nell’inquadramento di una frattura (10) (21) (22) (23). Come indicato dallo studio di Majed et al. (23) i risultati ottenuti dalla classificazione delle medesime fratture, basata sull’analisi delle immagini radiografiche, utilizzando i sistemi di classificazione di Neer e AO sono diversi; tale risultato implica, in relazione alla classificazione utilizzata, un diverso trattamento per la medesima frattura e determina la compromissione dei risultati degli studi clinici. Risultati migliori sono ottenuti con l’utilizzo della classificazione di Hertel, sistema che però risulta essere di complicato utilizzo. In generale, il chirurgo ortopedico si trova in difficoltà nel’inquadramento di una frattura in uno specifico gruppo e probabilmente resta necessaria una chiara definizione dei gruppi. Pertanto, non essendo stabilita una linea universale per la scelta del trattamento adeguato, tali sistemi possono portare ad approcci terapeutici diversi per la stessa frattura, che viene diversamente classificata in relazione al sistema utilizzato (24).

Già dal 1896, con la classificazione di Kocher, sono state elaborate le prime classificazioni delle fratture dell’omero prossimale. A questa hanno fatto seguito la classificazione di Codman (1934) e la classificazione di Neer (1970), le quali prendono in considerazione sia l’anatomia che le forze biomeccaniche che agiscono in una frattura. Nel 1984 il gruppo AO ha elaborato una nuova classificazione che permette un inquadramento più preciso della frattura valutando anche il rischio di insorgenza di necrosi avascolare. Nel 2005 Hertel ha creato un sistema classificativo molto complesso, detta classificazione LEGO, incentrato sulla possibilità di insorgenza di necrosi avascolare in relazione alla tipologia di frattura. Nonostante le numerose classificazioni già presenti, vi è una continua elaborazione di sistemi classificativi nuovi oppure volti ad integrare le classificazioni esistenti;

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ciò è dovuto all’attuale assenza di un sistema di classificazione utilizzato ed accettato a livello internazionale. Sarebbe pertanto auspicabile per il futuro l’utilizzo di una classificazione delle fratture prossimali dell’omero nuova o scelta tra quelle già esistenti che venga accettata da tutti chirurghi ortopedici.

La classificazione di Kocher

Kocher nel 1896 fu il primo ad aver elaborato un sistema di classificazione basato sul livello anatomico della frattura: collo anatomico, regione epifisaria, collo chirurgico (figura 12). Tale sistema, per quanto fosse di facile comprensione, non era applicabile in caso di fratture multiple in siti differenti né permetteva una distinzione tra fratture composte e scomposte.

La classificazione di Codman

Nel 1934 Codman propose una classificazione basata sulla combinazione di quattro segmenti delimitati lungo le linee anatomiche di unione epifisaria: la superficie articolare, la diafisi omerale, la grande tuberosità e la piccola tuberosità

(figura 13). La conclusione di Codman era che tutte le fratture fossero una

combinazione di questi quattro frammenti. Inoltre, la cuffia muscolotendinea si

Figura 12 Classificazione di Kocher. Questa classificazione si basa su tre livelli anatomici di frattura: il collo anatomico, la regione epifisaria, il collo chirurgico.

Figura 13 Classificazione di Codman. Codman divideva l’omero prossimale in quattro distinti segmenti lungo le linee di unione epifisaria. a)trochite; b)trochine; c)testa, d) diafisi.

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inserisce sui frammenti più prossimali e può mantenere solidali i frammenti fratturati.

La classificazione di Neer

È sulla classificazione proposta da Codman che si fonda il modello elaborato nel 1970 da Neer. È il primo sistema omnicomprensivo di classificazione delle fratture prossimali dell’omero che tiene in considerazione l’anatomia e le forze biomeccaniche responsabili dell’entità della scomposizione dei frammenti di frattura, correlando questi fattori alla diagnosi e al trattamento.

L’identificazione dei frammenti viene effettuata sulla base di specifici radiogrammi, ovvero mediante la sequenza per trauma che consiste nelle proiezioni anteroposteriore, laterale ed ascellare. Seguendo tale classificazione, sono considerate scomposte quelle fratture in cui il segmento principale è distaccato per più di un centimetro oppure se è angolato per più di 45° rispetto agli altri segmenti. Se non soddisfa tali criteri la frattura viene considerata minimamente scomposta.

Secondo Neer (25) le fratture possono essere classificate in 5 gruppi (fig. 14): gruppo I: fratture minimamente scomposte

Include tutte le fratture in cui il segmento principale è distaccato meno di un centimetro oppure se è angolato meno di 45° rispetto agli altri segmenti.

gruppo II: fratture del collo anatomico

Frattura che avviene al di sotto delle tuberosità della testa omerale senza che vi sia una separazione tra trochine e trochite; tali fratture sono molto rare.

gruppo III: fratture del collo chirurgico.

Frattura tra testa e diafisi omerale che si realizza all’altezza del collo chirurgico. Entrambe le tuberosità sono unite alla testa omerale. Nel paziente adulto si riconoscono tre tipologie di fratture del collo chirurgico: frattura angolata, con angolo superiore ai 45° che causa una limitazione nei movimenti di abduzione ed elevazione; frattura comminuta del collo chirurgico in cui la testa omerale viene mantenuta nella posizione neutra per azione della cuffia dei rotatori che rimane intatta; frattura scomposta del collo chirurgico in cui la diafisi omerale è scomposta medialmente ed anteriormente per la trazione esercitata dal grande pettorale.

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la grande tuberosità, o una delle facce di inserzione tendinea, è scomposta per più di un cm rispetto alla piccola tuberosità. Tale frattura è patognomonica di una lesione longitudinale a livello della cuffia dei rotatori.

gruppo V: frattura scomposta della piccola tuberosità

Può essere una frattura isolata oppure in associazione ad una frattura del collo chirurgico. Spesso si verifica in associazione ad una lussazione posteriore e può essere facilmente trattata con una riduzione a cielo chiuso.

gruppo VI: frattura lussazione

Frattura in cui la testa non è semplicemente ruotata ma è fuoriuscita dallo spazio articolare e vi è in aggiunta una frattura. Le fratture-lussazioni possono essere classificate in base alla direzione della dislocazione della testa omerale, anteriore o posteriore, e in base al numero di frammenti di frattura.

Le fratture scomposte sono ulteriormente classificate secondo il numero di frammenti in bipartite, tripartite, quadripartite. Sono bipartite le fratture in cui un frammento è dislocato rispetto agli altri tre. Nelle fratture tripartite invece due frammenti sono scomposti l’uno rispetto all’altro e gli altri due sono composti. Nella frattura quadripartita sono scomposti tutti e quattro i frammenti di frattura; la testa ha perso il contatto con la glenoide, è angolata e distaccata da entrambe le tuberosità con conseguente perdita del proprio apporto ematico. Nel 2002 Neer ha aggiunto una categoria a parte per le fratture quadripartite che impattano in valgo; in tali fratture la testa è ruotata in valgo e condotta in basso tra le due tuberosità che si allargano per accoglierla. La necessità di questa ulteriore classificazione delle fratture quadripartite è giustificata dalla diversità nel trattamento e nella prognosi rispetto alla frattura quadripartita classica descritta trent’anni prima dallo stesso Neer (26) (27). Esiste infine un’altra categoria di fratture costituita dalle fratture per fissurazione della testa e dalle fratture a stampo della superficie articolare. Le fratture per fissurazione della testa sono causate da un impatto centrale che determina l’espulsione di frammenti cartilaginei sia anteriormente che posteriormente con una superficie articolare che risulta frammentata in molte parti disconnesse. Le fratture a stampo della superficie articolare sono generalmente associate ad una dislocazione posteriore; tali fratture vengono graduate in base alla

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percentuale di superficie articolare interessata e in funzione di ciò viene deciso l’approccio terapeutico più opportuno.

Figura 14 Classificazione di Neer. Attualmente la classificazione tra quelle più comunemente usate è la classificazione di Neer. È un sistema omnicomprensivo che riunisce l’anatomia e le forze biomeccaniche che danno luogo alla scomposizione dei frammenti di una frattura.

La classificazione AO

Un’altra classificazione più recente è quella elaborata nel 1984 dal gruppo AO (Association for Osteosynthesis). Tale sistema di classificazione pone particolare attenzione alla vascolarizzazione dei segmenti articolari. L’apporto vascolare del segmento articolare svolge un ruolo cruciale nella prognosi di una frattura omerale prossimale perché la necrosi avascolare è una complicanza comune. Il sistema di classificazione è suddiviso in tre categorie. Ciascuna di esse è suddivisa in sottogruppi numerati in modo crescente in rapporto ad una maggiore gravità della frattura.

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La frattura di tipo A: è la meno grave e non vi è esclusione vascolare del segmento articolare e la necrosi avascolare è improbabile. È extracapsulare e coinvolge due dei quattro segmenti principali (figura 15).

Figura 15 Frattura di tipo A. A1: frattura extraarticolare unifocale che coinvolge il collo chirurgico: A2: frattura extraartcolare unifocale con impatto metafisario; A3: frattura extraarticolare unifocale senza impatto metafisario.

La frattura di tipo B: è più grave, essendovi una parziale esclusione del segmento articolare con basso rischio di necrosi avascolare. È parzialmente intracapsulare e sono coinvolti tre dei quattro frammenti principali (figura 16).

Figura 16 Frattura di tipo B. B1:frattura extraarticolare bifocale con impatto metafisario; B2: frattura axtraarticolare bifocale senza impatto metafisario; B3: frattura extraarticolare bifocale con lussazione della glenoomerale

La frattura di tipo C, la piu grave, si ha la totale esclusione vascolare del segmento articolare ed il rischio di necrosi avascolare è elevato. È intracapsulare e sono coinvolti tutti e quattro i segmenti principali (figura 17).

Figura 17 Fratture di tipo C. Fratture che interessano la superficie articolare, sono suddivise in tre sottogruppi in base alla grandezza dei segmenti e al grado di lussazione.

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Ciascuno dei nove sottogruppi è a sua volta suddiviso in altre tre categorie. La classificazione AO è un sistema completo che mira a creare una base di riferimento per linee guida terapeutiche e prognostiche dettagliate. Nonostante l’evidente completezza, la complessa natura di questo sistema ha reso la classificazione AO meno utilizzata rispetto alla classificazione di Neer.

La classificazione LEGO

Nel 2005 è stata proposta una ulteriore classificazione da Hertel, detta classificazione LEGO, derivante dallo studio di 100 fratture intracapsulari dell’omero prossimale trattate chirurgicamente dal 1998 al 2001 (28). Dalla valutazione morfologica delle fratture, basata sulla classificazione proposta da Codman, egli individuò 5 piani lungo i quali può avvenire la separazione dei frammenti: tra la grande tuberosità e la testa, tra la grande tuberosità e la diafisi, tra la piccola tuberosità e la testa, tra la piccola tuberosità e la diafisi e infine tra la grande e la piccola tuberosità. Con questo sistema Hertel suddivide le fratture prossimali di omero in dodici gruppi di cui sei con l’omero diviso in 2 frammenti, cinque in 3 frammenti e uno in 4 frammenti (figura 18). Sono stati utilizzati anche criteri accessori: l’estensione metafisaria posteromediale della frattura della testa

(figura 19), lo spostamento mediale o laterale della diafisi rispetto alla testa, lo

spostamento delle tuberosità, l’eventuale inclinazione della testa in varo o in valgo

(figura 20), la presenza di fratture-lussazioni, fratture a stampo o fratture con

fissurazione della testa omerale con uno o due piani di frattura intraarticolari (figura

21). Per la classificazione delle fratture secondo tale sistema, oltre ai radiogrammi

ottenuti con le tre proiezioni del trauma series, sono necessarie indagini mediante RMN (risonanza magnetica nucleare) o TC (o TAC - tomografia assiale computerizzata).

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Figura 18 Classificazione LEGO. Hertel suddivide le fratture in base al numero di frammenti; 1-6 fratture con due frammenti, 7-11 fratture con tre frammenti, 12: frattura con 4 frammenti.

Figura 21 Terzo criterio aggiuntivo: fissurazione della testa omerale con uno (a sinistra) o due (a destra) piani di frattura intraarticolari; entrambi i frammenti rimangono perfusi.

Figura 19 Primo criterio aggiuntivo: l’estensione metafisaria posteromediale della frattura della testa; maggiore è l'estensione e migliore sarà la perfusione della testa.

Figura 20 Secondo criterio aggiuntivo: integrità della cerniera mediale; è sia un fattore predittivo di ischemia sia della possibilità di una riduzione.

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Nuovi sistemi di classificazione

Non esistendo un sistema classificativo delle fratture prossimali dell’omero universalmente accettato, vengono continuamente elaborate delle classificazioni che prendono in esame parametri diversi delle fratture.

Classificazione AST

La classificazione AST (Articular, Surgical neck, Tuberosities) è una classificazione alfanumerica delle fratture prossimali dell’omero basata sul numero, sulla localizzazione e sulla dislocazione dei frammenti della frattura (figura 22).

Tutti i possibili casi di fratture prossimali dell’omero possono venire etichettati utilizzando un’unica figura; inoltre, contrariamente agli altri sistemi classificativi, la classificazione AST non dipende dal numero di frammenti della frattura (25) (27).

Figura 22 Classificazione AST.

La frattura di tipo A corrisponde alla frattura che interessa la superficie articolare, ed avviene all’altezza del collo anatomico; viene a sua volta suddivisa in A1 se non c’è dislocazione del collo anatomico, A2 se vi è una dislocazione limitata con il frammento cefalico ancora in contatto con la metafisi, A3 se vi è una evidente dislocazione del frammento cefalico con perdita del rapporto con la metafisi.

La frattura di tipo S coinvolge il collo chirurgico, pertanto è una frattura extra- articolare. Se vi è un’unica rima di frattura si tratta di una frattura di tipo S, se si

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aggiunge una seconda rima di frattura allora distinguiamo la frattura ST, se coinvolge la grande tuberosità, dalla frattura St, che coinvolge la piccola tuberosità. Infine un terzo tipo sono le fratture T, che coinvolgono le tuberosità dell’estremità cefalica omerale: il tipo T coinvolge unicamente la grande tuberosità, il tipo t coinvolge la piccola tuberosità, TAS è una frattura trans-articolare che inizia dalla porzione cefalica e prosegue fino a coinvolgere la metafisi, infine TAC è una frattura trans-articolare complicata, equivalente alla fissurazione della testa omerale della classificazione di Neer.

La classificazione AST permette quindi di quantificare la dislocazione dei frammenti di frattura, attraverso la misurazione lineare, in millimetri, della distanza tra gli stessi, fornendo così una guida per la strategia chirurgica più appropriata (29).

Sistema di classificazione HGLS

Questo nuovo sistema di classificazione, elaborato da Sukthankar et al. (30), si fonda sul sistema LEGO (28) il quale, pur essendo una classificazione ormai avvalorata presenta comunque una difficoltà nella memorizzazione dei 12 gruppi di fratture con possibili errori nella categorizzazione delle fratture stesse.

Il sistema HGLS suddivide l’omero prossimale in 4 parti: la testa (H), la grande tuberosità (G), la piccola tuberosità (L) e la metafisi (S) (figura 23). Ogni frammento è indicato dalla lettera corrispondente e le rime di frattura da un trattino (-) tra le parti interessate (figura 24). Inoltre, a differenza della classificazione di Neer nella quale una frattura era ritenuta tale se presentava almeno 1cm di separazione o un angolo di 45° tra i frammenti coinvolti (25) (27), il sistema HGLS prende in considerazione tutti i piani di frattura che interessano la corticale e sono visibili da ogni prospettiva alle immagini radiografiche.

Figura 23 Classificazione HGLS: suddivisione in 4 parti dell'estremità prossimale dell'omero.

Figura 24 Classificazione HGLS: vari esempi di frattura

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Classificazione delle fratture isolate della grande tuberosità

Una recente classificazione, elaborata da Mutch et coll. (31) nel 2014, prende in esame le fratture isolate della grande tuberosità. Essa viene utilizzata in aggiunta alle classificazioni di Neer (25) (27) e AO le quali prendono in considerazione soltanto un tipo di frattura della grande tuberosità. Nella classificazione delle fratture isolate della grande tuberosità si prende in considerazione la morfologia della frattura: sono descritti tre diversi tipi di frattura, ciascuno corrispondente ad un meccanismo lesivo e ad un trattamento chirurgico diverso (figura 25). L’avulsione, interessa un piccolo frammento osseo e la linea di frattura è orizzontale; probabilmente il meccanismo di frattura è simile a quello del danno alla cuffia dei rotatori (32), con il tendine che distacca un piccolo frammento osseo anziché determinare un danno alla cuffia stessa. La scissione, è una frattura che coinvolge un grande frammento, con una linea di frattura posta in senso verticale e probabilmente avviene in seguito ad una forza esercitata sulla superficie anteriore della glenoide durante una lussazione della spalla. La depressione è una frattura che coinvolge un frammento che viene dislocato inferiormente; il meccanismo lesivo è probabilmente dovuto ad una forza esercitata al di sotto della faccia inferiore della glenoide in caso di lussazione oppure al di sotto dell’acromion nella posizione di massima abduzione del braccio.

Figura 25 Classificazione della frattura isolata della grande tuberosità: a) avulsione (avulsion): piccolo frammento osseo con linea di frattura orizzontale. b) scissione (split): grande frammento con linea di frattura verticale. c) depressione (depression): frammento osseo dislocato caudalmente.

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