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La classificazione in base alla stabilità trasversale . La distinzione tra telai a nodi fissi e telai a nodi mobili (o spostabili) è legata alla stabilità trasversale del sistema strutturale, ossia alla rilevanza

Nel documento 2COSTRUZIONI IN ACCIAIO (pagine 65-81)

2.3 TIPOLOGIE STRUTTURALI E METODI DI ANALISI

2.3.1.2 La classificazione in base alla stabilità trasversale . La distinzione tra telai a nodi fissi e telai a nodi mobili (o spostabili) è legata alla stabilità trasversale del sistema strutturale, ossia alla rilevanza

Fig. 7. Tipologie strutturali ricorrenti nei sistemi intelaiati.

a nodi fissi, se gli spostamenti trasversali sono tanto piccoli da potere risultare ininfluenti sui valori delle azioni interne (ad esempio, in assenza di controvento quando le colonne hanno grande inerzia flessionale o le forze trasversali sono molto ridotte);

a nodi mobili (o spostabili), se gli spostamenti trasversali sono invece influenti sulle azioni in-terne (ad esempio, in assenza di controvento quando le colonne sono invece molto snelle o le azioni orizzontali sono molto grandi).

Dal punto di vista ingegneristico, gli effetti del secondo ordine vengono in pratica considerati non trascurabili quando costituiscono una frazione non inferiore al 10% di quelli conseguenti ad un’analisi del primo ordine.

A titolo di esempio si consideri la mensola in figura 9. In presenza del carico assiale (N) e

di quello trasversale (F) applicati in sommità, riferendosi alla configurazione indeformata, lo

spo-stamento trasversale all’estremo libero, δ calcolato in campo elastico, vale:

(6.3.1) Valutando il momento M alla base della colonna (determinato, in base a sole considerazioni

di equilibrio, come M = F · h) con riferimento alla configurazione deformata si ha:

M = Fh + Nδ = Fh + N · (6.3.2)

Gli effetti del II ordine risultano allora rilevanti, se riferendosi alla sezione critica, ossia quel-la in cui si hanno le massime sollecitazioni (in questo caso, quel-la base delquel-la colonna), si ha:

(6.3.3) Quando il sistema di controvento è costituito da un telaio o da una sottostruttura, l’insieme struttu-rale è considerato a nodi fissi o a nodi mobili sulla base della rilevanza degli spostamenti trasversali.

Se un telaio è controventato allora può essere considerato a nodi fissi, ossia le forze o i mo-menti addizionali interni dovuti agli spostamo-menti trasversali possono essere trascurati. Al riguardo,

si sottolinea che non si ha equivalenza tra i termini controventato e nodi fissi, poiché sono riferiti

a due diversi aspetti del comportamento strutturale. Il primo è associato alla resistenza della strut-tura e fornisce indicazioni relative al meccanismo di trasferimento delle forze orizzontali; il secon-do invece è relativo alla deformabilità trasversale.

Fig. 9. Struttura in esame e sua deformata. δ F h3 3EI ---= F h3 3EI ---    N F h3 3EI ---   >0,1(Fh)

Dal punto di vista pratico, sia le NTC che l’EC3 ammettono che l’analisi globale possa con-dursi con la teoria del primo ordine, e il telaio possa essere considerato a nodi fissi per una as-segnata condizione di carico, se, in funzione del tipo di analisi, sono rispettate le seguenti condi-zioni:

analisi elastica: (6.3.4.a)

analisi plastica: (6.3.4.b)

dove FEd rappresenta il carico verticale totale di progetto relativo alla condizione di carico in

esa-me e Fcr è l’associato carico critico di collasso elastico per spostamento laterale (ossia per

defor-mata antisimmetrica del telaio).

Si osservi che, per potere applicare il criterio proposto nell’equazione 6.3.4 si rende necessario

determinare il termine Fcr. Questo può essere valutato direttamente mediante consolidate tecniche di

calcolo automatico considerando l’influenza del carico assiale sui contributi di rigidezza di ogni sin-golo elemento, e quindi sulla matrice di rigidezza dell’intero sistema. Generalmente il carico critico elastico del telaio viene determinato con codici di calcolo ad elementi finiti in grado di tenere in conto gli effetti del II ordine (mediante la definizione della rigidezza geometrica ovvero le funzioni di stabilità), in base all’autovalore minore associato alla matrice di rigidezza globale (elastica e geo-metrica) del sistema oppure effettuando un’analisi elastica incrementale in cui viene tenuta in conto la non linearità geometrica.

Al riguardo della stima numerica, in funzione del valore del moltiplicatore critico αcr il

pro-gettista deve prestare particolare cura ai modi deformativi significativi. Per chiarire questo impor-tante aspetto, a titolo di esempio, si consideri il telaio piano in figura 10a, il quale ha i contro-venti verticali con diagonali realizzate da funi, ossia da elementi in grado di resistere solo ad

Fcr FEd ---≥10 Fcr FEd ---≥15

azioni di trazione. Nella fase di analisi, data ancora la scarsa diffusione di codici di calcolo in grado di modellare elementi resistenti solo a trazione, viene usualmente fatto riferimento al mo-dello di figura 10b nel quale si ha un solo elemento diagonale, di opportune caratteristiche geo-metriche, in grado di resistere ad azioni sia di trazione che di compressione.

Volendo determinare il moltiplicatore critico dei carichi mediante l’analisi di buckling, può capitare che i primi modi deformativi non forniscano informazioni significative in quanto legate ad aspetti di modellazione. Nella figura 11 sono appunto riportate le due configurazioni deformate legate ai primi modi propri caratterizzate da fenomeni di instabilità negli elementi diagonali.

Con riferimento a questi modi, si osserva che non sono significativi ai fini della stabilità glo-bale in quanto nella struttura reale se un diagonale è compresso e si instabilizza, l’altro in trazio-ne garantisce la stabilità del sistema. Nella figura 12 è rappresentata la configuraziotrazio-ne deformata significativa in relazione all’instabilità laterale del telaio.

Un approccio semplificato alternativo per la valutazione del carico critico di telai a nodi mo-bili (fig. 13), basato sugli studi condotti da Horne tra il 1970 ed il 1980, e utilizzabile solo nel

caso di telai regolari sia in pianta sia in elevazione, consente la stima di Fcr come:

(6.3.5) Fig. 11. Configurazioni critiche legate a modi di instabilità non significativi.

Fig. 12. Configurazione deformata significativa in relazione all’instabilità laterale del telaio.

Fcr min hH δ ---i     ≅

in cui δ rappresenta lo spostamento d’interpiano, calcolato con un’analisi elastica del I ordine, h

l’altezza di piano e H l’azione orizzontale totale di piano agente alla base delle colonne.

2.3.1.3 La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna. Il grado di con-tinuità flessionale garantito dai giunti trave-colonna influisce in modo sensibile sul comportamento dell’intero sistema strutturale. In dettaglio, sulla base della risposta del giunto in termini di curva

M-Φ, ossia di relazione (fig. 14) che intercorre tra il momento M nel giunto e la rotazione

rela-tiva tra trave e colonna Φ, si possono individuare le seguenti tipologie strutturali:

telaio pendolare, in cui ogni giunto è schematizzabile come una cerniera e pertanto sono

am-messe rotazioni relative tra trave e colonna senza trasmissione dell’azione flettente (curva a in

figura 14). Nel caso in cui il telaio sia schematizzabile come pendolare, è necessario prevedere

specifici sistemi di controvento, in accordo a quanto riportato al successivo C-2.3.5;

telaio a nodi rigidi, in cui ogni giunto non consente alcuna rotazione relativa tra la trave e la

colonna e viene però trasmessa azione flettente tra questi due elementi (curva b in figura 14b);

la trave in acciaio che è soggetta infatti soltanto ad azioni flettenti positive. Utilizzando invece il modello a nodi rigidi si sovrastima la rigidezza laterale del telaio nei confronti delle azioni oriz-zontali, riferendosi quindi, in fase di progettazione, a spostamenti trasversali inferiori a quelli che effettivamente si manifestano.

A rigore, come ampiamente osservato a livello sperimentale e diffusamente documentato in letteratura, ogni tipo di giunto trave–colonna è caratterizzato da un preciso valore di rigidezza ro-tazionale e di capacità portante flessionale. Di recente, è stato pertanto incluso nei più aggiornati codici normativi, come anche nell’EC3, il modello di telaio semi-continuo in modo da consentire una progettazione basata su ipotesi maggiormente rispondenti all’effettivo comportamento della struttura.

L’influenza dell’effettivo comportamento dei giunti può essere però a volte non rilevante ai fini della progettazione del sistema intelaiato e pertanto i modelli di telaio pendolare e di telaio a nodi rigidi mantengono comunque ancora validità per un’ampia categoria di strutture.

Da un punto di vista pratico, la scelta della tipologia strutturale in funzione del grado di con-tinuità associato ai giunti trave-colonna viene fatta considerando non solo le caratteristiche del giunto ma anche quelle del contesto strutturale nel quale i giunti sono inseriti, ed in particolare della trave che vincolano.

Il criterio riportato nella “UNI EN 1993-1-8:2005 Eurocodice 3 – Progettazione delle strutture di acciaio – Parte 1-8: Progettazione dei collegamenti”, prevede la classificazione del giunto in

fun-zione della rigidezza rotazionale e della capacità portante flessionale (Mj,Rd) della trave collegata.

In funzione della rigidezza rotazionale i giunti vengono classificati come:

– rigidi (zona 1 nella figura 15) quando la rigidezza rotazionale iniziale del giunto (Sj,ini) soddisfa

la seguente relazione:

(6.3.6a)

in cui E è il modulo di elasticità normale, Ib il momento di inerzia ed Lb la luce della trave

col-legata. Il termine kb assume valore 8 per telai controventati e 25 per telai non controventati.

– semi-rigidi (zona 2 nella figura 15): quando la rigidezza rotazionale iniziale del giunto (Sj,ini)

soddisfa la seguente relazione:

(6.3.6b)

– cerniere (zona 3 nella figura 15): qyuando la rigidezza

rotazionale iniziale del giunto (Sj,ini) soddisfa la

seguen-te relazione:

(6.3.6c)

I giunti vengono anche classificati in relazione alla loro

capacità portante flessionale (Mj,Rd) riferita a quelle della

trave (Mpl,Rd) e vengono distinti in:

– giunti a completo ripristino di resistenza se:

Mj,RdMpl,Rd (6.3.7a) Sj,ini Kb E Ib Lb ---⋅ ≥

Fig. 15. Regioni per la classificazione dei giunti. 0,5 E Ib Lb --- Sj,ini Kb E Ib Lb ---⋅ ≤ ≤ ⋅ Sj,ini 0,5 E Ib Lb ---⋅ ≤

– giunti a parziale ripristino di resistenza se:

0,25 Mpl,Rd Mj,Rd Mpl,Rd (6.3.7b)

– cerniere se:

Mj,Rd 0,25 Mpl,Rd (6.3.7c)

Dal punto di vista operativo, dalla relazione momento-rotazione (M-Φ) del giunto è possibile

passare alla relazione adimensionalizzata definita come:

(6.3.8a)

(6.3.8b)

in cui Mpl,Rd rappresenta il momento plastico della trave in acciaio, E il suo modulo di elasticità

normale, Ib il suo momento di inerzia ed Lb la sua luce.

La curva momento-rotazione adimensionalizzata deve poi essere considerata in relazione ai domini proposti per la classificazione dei giunti trave-colonna (fig. 16) e differenziati a seconda che il telaio sia controventato oppure non controventato.

Nella figura 17 sono proposti alcuni casi significativi, e, in particolare, è possibile notare: – curva a): giunto classificabile come rigido e a completo ripristino di resistenza;

– curva c): giunto classificabile come semi-rigido in base al valore di rigidezza e a parziale ripri-stino in base al valore di resistenza;

– curva b): giunto classificabile come semi-rigido in base al valore di rigidezza e cerniera in base al valore di resistenza;

– curva d): giunto classificabile come cerniera.

La legge momento-rotazione del giunto può essere determinata su base sperimentale, ossia ef-fettuando specifiche prove di laboratorio su campioni di nodo trave-colonna in numero

significa-m M Mpl,Rd ---= φ φ E Ib LbMpl,Rd ---=

tivo per adeguate analisi statistiche, ovvero mediante metodi teorici di comprovata affidabilità di-sponibili in letteratura (C-2.8.4).

2.3.2 Metodi di analisi dei sistemi intelaiati. L’analisi strutturale è finalizzata alla determina-zione della azioni interne associate alle combinazioni di carico maggiormente significative e può essere effettuata con gradi di raffinatezza e complessità diversi a seconda dell’importanza e della tipologia del sistema portante in esame. I metodi per il calcolo automatico consentono di effettua-re un’analisi elastica del I ordine, ossia con le limitazioni associate all’assunzione dell’ipotesi di piccoli spostamenti e deformazioni infinitesime (con l’analisi di questo tipo, le azioni interne sulla struttura vengono determinate riferendosi alla sua configurazione indeformata). In situazioni parti-colari può però rendersi necessario considerare:

– la non linearità meccanica: ossia tenere conto che il materiale acciaio che realizza gli elementi monodimensionali ha un legame costitutivo non lineare (schematizzabile, in via semplificata, come elasto-plastico, perfetto od incrudente) e che i giunti trave-colonna ed i giunti di base hanno una risposta, in termini di legge momento-rotazione, tipicamente non lineare.

– la non linearità geometrica: ossia tenere in conto gli effetti del secondo ordine in quanto le azioni interne addizionali che nascono per effetto delle deformazioni sono a volte di rilevante entità e quindi non possono essere trascurate (tipico esempio è quello dei telai a nodi mobili).

A titolo esemplificativo, i risultati associati ai differenti tipi di analisi che possono essere condotte su un sistema intelaiato a nodi mobili (semi-continuo oppure a nodi rigidi) sono riportati in figura 18, in termini di relazione tra il carico P e lo spostamento trasversale in sommità v.

La condizione di carico considerata è di tipo generico con un’azione p verticale uniforme-mente distribuita su ogni traverso, di risultante pari a P, ed una forza orizzontale concentrata ad

Tipi di analisi Elastica I ordine II ordine Elasto-plastica

Fig. 17. Tipiche relazioni adimensionalizzate momento-rotazione e loro classificazione.

I ordine II ordine

ogni piano, di entità pari a βP, in cui il fattore β è costante per la condizione di carico in esame. Incrementando il valore dei carichi applicati, e quindi della risultante di piano, si nota che le ri-sposte associate ai differenti tipi di analisi coincidono nel tratto iniziale, ossia per valori bassi di P. La loro differenziazione risulta invece marcata quando localmente viene superato il limite di elasticità del materiale e/o l’influenza degli effetti del secondo ordine diventa rilevante. La curva

relativa all’analisi elastica del II ordine tende asintoticamente al carico critico Pcr. Con un’analisi

elasto-plastica del I ordine si determina un carico di collasso pari a Pp, maggiore di Pu (associato

all’attivazione di un meccanismo), relativo invece ad un’analisi elasto-plastica del II ordine, in cui il collasso avviene per interazione tra plasticità ed instabilità.

Si noti che, instaurandosi l’equilibrio della struttura a deformazione avvenuta, mediante un’analisi del I ordine si ottiene comunque sempre un’approssimazione dell’effettiva risposta del sistema. Tuttavia gli errori associati all’assunzione dell’ipotesi di piccoli spostamenti e di defor-mazioni infinitesime, sulle quali si basa l’analisi elastica del I ordine, possono a volte essere con-tenuti e pertanto questo tipo di analisi, caratterizzato da una notevole semplicità esecutiva, può es-sere comunque convenientemente utilizzato.

La scelta dei metodi di analisi per i sistemi intelaiati in acciaio dipendono non solo dalla ti-pologia strutturale e dalla sensibilità del telaio agli effetti del secondo ordine ma anche dal tipo di sezione trasversale di ogni elemento monodimensionale impiegato e dalle dimensioni delle sue componenti (ali, anime, irrigidimenti, ecc.). Nel caso in cui queste abbiano un elevato rapporto tra larghezza (b) e spessore (t) si possono manifestare fenomeni di instabilità locale che impediscono il pieno sviluppo delle capacità prestazionali della sezione in campo plastico. Al riguardo viene proposta dall’EC3 una classificazione delle sezioni trasversali che dipende dai rapporti dimensio-nali b/t di ogni elemento compresso che realizza la sezione (C-2.4.1). Le sezioni trasversali sono divise in quattro classi, di seguito presentate con riferimento al loro comportamento flessionale: – Classe 1: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente una cerniera plastica ed

aventi la capacità rotazionale richiesta per l’analisi plastica (sezioni plastiche o duttili); – Classe 2: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente il proprio momento

resisten-te plastico, ma con capacità rotazionale limitata (sezioni compatresisten-te);

– Classe 3: sezioni trasversali nelle quali le tensioni calcolate nelle fibre esterne compresse pos-sono raggiungere la resistenza allo snervamento, ma l’instabilità locale impedisce lo sviluppo del momento resistente plastico (sezioni semi-compatte);

forza che provoca la completa plasticizza-zione della seplasticizza-zione (sezioni snelle).

In figura 19 sono presentate le relazioni

momento-curvatura (M-χ) associate ai

quat-tro differenti tipi di sezioni trasversali: i det-tagli relativi ai loro criteri di classificazione sono trattati al successivo C-2.4.1.

L’analisi globale della struttura può es-sere condotta con uno dei seguenti metodi: – Metodo elastico (E): gli effetti delle

azio-ni sono valutati ipotizzando che il legame tensione-deformazione del materiale sia indefiazio-nita- indefinita-mente lineare. Il metodo è applicabile a strutture composte da sezioni di classe qualsiasi. – Metodo plastico (P): gli effetti delle azioni sono valutati trascurando il contributo elastico delle

deformazioni e considerando soltanto le deformazioni plastiche concentrate nelle sezioni di for-mazione delle cerniere plastiche. Il metodo è applicabile a strutture interamente composte da sezioni di classe 1.

– Metodo elasto-plastico (EP): gli effetti delle azioni sono valutano introducendo nel modello il legame momento-curvatura delle sezioni ottenuto considerando un legame costitutivo tensione-deformazione di tipo bilineare o più complesso. Il metodo è applicabile a strutture composte da sezioni di classe qualsiasi.

Le possibili alternative per i metodi di analisi strutturale e di valutazione della capacità resi-stente flessionale delle sezioni sono riassunte in tabella 23.

La capacità resistente delle sezioni deve essere valutata nei confronti delle sollecitazioni di trazione o compressione, flessione, taglio e torsione, determinando anche gli effetti indotti sulla resistenza dalla presenza combinata di più sollecitazioni. Possono al riguardo essere adottati i se-guenti metodi di calcolo della capacità resistente delle sezioni:

– Metodo elastico (E): in cui si ipotizza un comportamento elastico lineare del materiale, sino al raggiungimento della condizione di snervamento. Il metodo può applicarsi a tutte le classi di sezioni, con l’avvertenza di riferirsi alle proprietà efficaci della sezione nel caso in cui sia in classe 4.

– Metodo plastico (P): in cui si ipotizza la completa plasticizzazione del materiale. Il metodo può applicarsi solo a sezioni di tipo compatto, cioè di classe 1 e 2.

Tabella 23. Metodi di analisi globali e relativi metodi di calcolo delle capacità ammessa in funzione della classe della sezioni.

Metodo di analisi globale Metodo di calcolo della capacità

resistente della sezione Tipo di sezione

(E) (E) tutte(*)

(E) (P) compatte (classi 1 e 2)

(E) (EP) tutte(*)

(P) (P) compatte di classe 1

(EP) (EP) tutte(*)

(*) per le sezioni di classe 4 la capacità resistente può essere calcolata con riferimento alla sezione efficace.

Fig. 19. Relazione momento-curvatura per le differenti classi di sezioni trasversali.

Metodo elasto-plastico (EP): in cui si ipotizzano legami costitutivi tensione-deformazione del materiale di tipo bilineare o più complessi. Il metodo può applicarsi a qualsiasi tipo di sezione. 2.3.2.1 Analisi elastica. Nel caso in cui si stiano analizzando telai controventati o telai a nodi fissi è possibile ottenere risultati sufficientemente accurati effettuando una semplice analisi elastica del I ordine, trascurando quindi l’effetto delle deformazioni e riferendosi alla configurazione geo-metrica indeformata.

A volte viene ammessa una ridistribuzione “elastica” delle azioni flettenti interne. Ad esem-pio, nell’EC3 e nelle NTC si consente una ridistribuzione delle sollecitazioni flettenti fino ad un massimo del 15% del momento plastico resistente in ogni elemento, a patto che venga garantito l’equilibrio e le sezioni trasversali degli elementi siano di classe 1 (in grado di sviluppare una cerniera plastica con sufficiente capacità rotazionale) ovvero di classe 2 (in grado di sviluppare una cerniera plastica ma con limitata capacità rotazionale).

Usualmente l’analisi lineare elastica con ridistribuzione viene utilizzata nella progettazione di travi continue su più appoggi. Il grado di ridistribuzione viene determinato in modo da avere,

do-po la ridistribuzione, azioni flettenti massime negative e positive tra loro uguali in

mo-dulo. Con riferimento alla trave su 2 campate in figura 20, indicando con M+ e M

rispettivamen-te i valori massimi dell’azione fletrispettivamen-tenrispettivamen-te positiva e negativa conseguenti ad un’analisi elastica del

I ordine, il grado di ridistribuzione è dato dal rapporto ∆M/Min cui ∆M rappresenta il

decremen-to dell’azione flettente sull’appoggio interno, esprimibile come:

M= (6.3.9) MR MR+ MM+ 1 x L ---+

---raccomandata con strutture realizzate da profili interessati da fenomeni di instabilità locale (ossia in classe 3 o 4), tenendo in debito conto le possibili limitazioni associate alla resistenza delle se-zioni trasversali a causa dell’imbozzamento, ovvero con telai a nodi spostabili.

Usando metodi di analisi del II ordine, diretti o semplificati, le verifiche di stabilità devono essere condotte valutando la lunghezza di libera inflessione nel piano del telaio ipotizzando l’as-senza di spostamenti laterali, cioè facendo riferimento agli approcci raccomandati per le compo-nenti di telai a nodi fissi.

2.3.2.2 Analisi plastica. Questo tipo di analisi implica che le membrature siano in grado di svi-luppare cerniere plastiche aventi sufficiente capacità rotazionale per permettere che avvenga la ri-distribuzione delle azioni flettenti. Per le strutture nelle quali le rotazioni richieste affinché si svi-luppi il meccanismo non sono direttamente calcolate in fase di progettazione strutturale (ossia non viene effettuata la verifica di duttilità), tutte le membrature nelle quali si attivano cerniere plasti-che devono avere sezione trasversale in classe 1.

Un requisito importante di applicabilità di questo tipo di analisi è associato alle proprietà di base dell’acciaio, per il quale viene richiesta un’adeguata duttilità. In dettaglio, l’EC3 impone che, affinché si possa utilizzare l’analisi plastica, siano soddisfatti i seguenti requisiti:

(6.3.10a)

∆% ≥ 15% (6.3.10b)

εu≥ 15εy (6.3.10c)

in cui la deformazione è rappresentata con ε, la tensione con f, i pedici y e u sono

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