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La stabilità . Le verifiche di stabilità devono essere condotte in accordo ai principi pre-

Nel documento 2COSTRUZIONI IN ACCIAIO (pagine 160-167)

Tipo di tralicciatura

2.5.2.3 La stabilità . Le verifiche di stabilità devono essere condotte in accordo ai principi pre-

pre-sentati al paragrafo C-2.4. La lunghezza di libera inflessione, Le,v, nel piano della capriata viene

Fig. 82. Tracciamento del nodo con diagonale realizzata da un angolare singolo.

usualmente assunta come la distanza tra i due vincoli ideali di cerniera (fig. 83a) e nel caso di collegamenti bullonati, ciò viene garantito se i bulloni di ogni collegamento sono almeno 2.

Si osservi però che gli elementi compressi possono sbandare anche fuori dal piano della

ca-priata e pertanto si rende necessario valutare la pertinente lunghezza di libera inflessione, Le,h,

fuori piano (fig. 83b), che dipende dall’orditura tridimensionale della struttura. La limitazione di

Le,h, può essere affidata ai controventi orizzontali di piano/copertura (fig. 84a), ad una specifica

controventatura longitudinale (fig. 84b), oppure vincolando i punti inferiori con quelli superiori

della trave reticolare (fig. 84c) tramite elementi tesi che possono lavorare alternativamente a

se-conda della direzione in cui tende a verificarsi lo sbandamento.

Nelle travi reticolari il corrente compresso è usualmente soggetto ad azione assiale variabile. Svolgere la verifica con riferimento al massimo valore di azione assiale agente risulta eccessiva-mente conservativo per il controllo della stabilità fuori dal piano della trave reticolare. Ben diffi-cilmente si hanno a disposizione in letteratura risultati immediatamente utilizzabili in ambito

pro-Le uniche indicazioni presenti nel DM 14/2/92 sono relative ad alcuni accorgimenti da adot-tare per le componenti delle travi reticolari. In dettaglio viene raccomandato che:

– nel caso di aste di corrente di travi reticolari piane, per valutare la lunghezza d’inflessione nel

piano della travatura si consideri un fattore unitario di lunghezza efficace, ossia β = 1, per la

Tabella 51. Lunghezza libera di inflessione con carico assiale variabile.

Variabilità della azione assiale Valori della lunghezza libera d’inflessione Caso limite Nm = 0 L0 = 0,561 · L L0 = 0,692 · L L0 = 0,360 · L L0 = 0,430 · L L0 = 1,121 · L L0 = 1,384 · L L0 L 1 2,18 NNm M ---+ 3,18 ---= L0 L 1 1,09Nm NM ---+ 2,09 ---= L0 L 1 0,93 Nm NM ---+ 7,72 ---= L0 L 1 0,35 Nm NM ---+ 5,40 ---= L0 2 L 1 2,18 Nm NM ---+ 3,18 ---⋅ = L0 2 L 1 1,09 Nm NM ---+ 2,09 ---⋅ =

lunghezza d’inflessione nel piano normale a quello della travatura. Si assume β =1 se esistono alle estremità dell’asta ritegni trasversali adeguatamente rigidi; per ritegni elasticamente cedevo-li, si deve invece effettuare una verifica apposita;

– nel caso di aste di parete si deve assumere, come fattore di lunghezza efficace nel piano della

parete, β = Lred/L comunque non minore di 0,8, essendo Lred la distanza tra i baricentri delle

bullonature, delle chiodature o delle saldature di attacco alle estremità.

In aggiunta viene precisato che, se, all’incrocio tra un’asta compressa e una tesa, l’attacco tra le due aste ha una resistenza non minore di 1/5 di quella dell’attacco di estremità dell’asta com-pressa, il punto di incrocio potrà considerarsi impedito di spostarsi nel piano della parete. In ogni

caso però la lunghezza da considerare non dovrà essere minore di L0 = 0,5L. Per l’inflessione nel

piano normale a quello della parete i coefficienti di lunghezza efficace β vanno determinati

me-diante metodi di calcolo che tengono conto delle azioni presenti nella coppia di aste. In favore di sicurezza si possono assumere i riferimenti riportati per gli elementi compressi.

2.6 LE UNIONI BULLONATE

Nella storia delle costruzioni metalliche, l’evoluzione dei prodotti è strettamente collegata allo sviluppo di adeguate tecniche di giunzione. In passato, i collegamenti di componenti metalliche mediante organi meccanici erano realizzati, nella quasi totalità dei casi, mediante chiodatura o ri-vettatura (C-2.6.3). Queste tecniche sono praticamente scomparse nella pratica costruttiva a favo-re delle unioni bullonate e saldate. Tuttavia, soprattutto per scopi manutentivi, alcuni richiami possono essere utili e pertanto vengono comunque di seguito proposti in sintesi dettagli relativi ai principali criteri di verifica delle chiodature.

2.6.1 Generalità delle unioni bullonate. Le unioni bullonate permettono una spedita esecuzio-ne in officina e semplificano l’assemblaggio dei pezzi in cantiere (dove geesecuzio-neralmente la saldatura presenta difficoltà esecutive, specie alle basse temperature).

La giunzione bullonata ha come componente fondamentale i bulloni, ossia organi meccanici di collegamento costituiti (fig. 85) da:

a) vite con testa (detta comunemente bullone), generalmente esagonale, e con gambo comple-tamente o parzialmente filettato. Il diametro nominale dei bulloni per costruzioni di carpenteria ci-vile è abitualmente compreso tra 12 mm e 36 mm;

b) dado, usualmente di forma esagonale; c) rosetta, di forma per lo più circolare.

È buona norma che venga sempre inserita la doppia rosetta: una sotto la testa della vite e una in corrispondenza del dado.

Nel caso in cui possano sussistere vibrazioni che portano al disserraggio del dato, è indispen-sabile l’utilizzo di controdadi o di rosette di tipo elastico. L’abbinamento tra vite e rosetta deve essere in accordo a quanto prescritto dalle vigenti norme.

mazione della lamiera sotto carico, l’inflessione del gambo dei bulloni e le concentrazioni di ten-sioni in corrispondenza dei bordi dei fori.

Di seguito vengono proposti alcuni concetti fondamentali relativi alle unioni elementari bullo-nate, rimandando poi ad un successivo paragrafo, la trattazione degli specifici approcci necessari per le verifiche delle giunzioni.

2.6.1.1 Unioni a taglio. Nell’unione a taglio i piatti collegati risultano sollecitati mediante una forza agente nel piano di contatto dei piatti stessi (fig. 86).

Il comportamento è sostanzialmente diverso a seconda che i bulloni lavorino a taglio o ad attrito. Nel primo caso il bullone è attivo quando la superficie laterale del gambo è a contatto con la superficie del foro, e pertanto quando queste due componenti si sono reciprocamente adattate in campo plastico, riprendendo il gioco foro-bullone. Si ammette che la tensione tangenziale si ripartisca uniformemente

e ne deriva uno sforzo tangenziale medio su ciascun bullone (τ), distinto a seconda che la parte

filettata sia o meno a contatto con i piatti del giunto, valutabile rispettivamente come:

(6.6.1a)

(6.6.1b) in cui V indica la forza di taglio sul bullone, n il numero di sezioni resistenti, A l’area nominale

mentre Ares rappresenta l’area resistente della parte filettata del gambo.

La crisi del bullone avviene per superamento della resistenza a taglio del suo gambo e il bul-lone può lavorare su una o più sezioni.

Nel funzionamento ad attrito, invece, i bulloni vengono preventivamente serrati e premono tra loro le piastre di acciaio. Il collegamento funziona perciò in virtù dell’attrito e dello sforzo di presollecitazione fra le superfici a contatto dei pezzi collegati indotto dal serraggio dei bulloni.

Il comportamento di una giunzione a taglio è diverso in relazione alla presenza o meno del serraggio e dipende anche dal valore della coppia torcente impressa all’unione. Al riguardo, si

consideri il diagramma di figura 87, che riporta lo scorrimento relativo ∆L tra i punti A e B

dell’unione di figura 86), in funzione del carico applicato, V, fino al collasso dell’unione. Se il bullone non è serrato (curva a) lo scorrimento è praticamente proporzionale al carico in un primo

τ V

n Ares ---=

Fig. 86. Tipica unione a taglio.

τ V

n A⋅ ---=

tratto fino a quando non viene superato il limite elastico delle piastre collegate o del bullone stes-so. Successivamente anche per piccoli incrementi del carico si hanno grandi spostamenti relativi e

l’unione collassa in corrispondenza del carico ultimo del bullone Vu.

Se il bullone è serrato, inizialmente la trasmissione del carico avviene per attrito tra i piatti

con scorrimento nullo. Raggiunto il carico Vb (ossia il carico massimo trasmissibile per attrito) si

ha un brusco scorrimento (curva b) e la relazione V-L si raccorda alla curva a). Al crescere del

grado di serraggio aumenta anche il carico trasmissibile per attrito (Vc) ma si ha comunque

sem-pre il raccordo con la curva a), per valori maggiori di azione tagliante.

Le giunzioni ad attrito sono indispensabili qualora eventuali distorsioni possano compromette-re il compromette-regime statico o deformativo della struttura (struttucompromette-re iperstatiche, limitazioni delle fcompromette-recce anelastiche nelle strutture reticolari o nei controventi di edifici multipiano). In questo caso è op-portuno limitare il carico sui bulloni ad un valore di regola inferiore a quello che gli stessi bul-loni potrebbero sopportare in campo elastico in un’unione a taglio.

Per l’unione ad attrito è possibile definire il carico limite di servizio Fv che dipende

dall’at-trito tra le lamiere, dal trattamento effettuato sulle sue superfici a contatto e del grado di serrag-gio adottato. Usualmente questa è limitata in funzione delle caratteristiche del materiale, in modo da evitare stati di presollecitazione che possano pregiudicare il funzionamento statico dell’unione.

Fig. 87. Relazione carico applicato e scorrimento al variare del grado di serraggio per la giunzione a taglio di figura 88a.

efficiente di attrito e nf il numero di piani di contatto.

Particolare attenzione deve essere prestata al serraggio di bulloni precaricati. Al momento del montaggio, le superfici di contatto devono essere adeguatamente preparate per potere garantire il grado di attrito previsto a livello progettuale. Per facilitare il serraggio è ammesso l’uso di lubri-ficante fra i dadi ed i loro bulloni associati e fra rondelle e componenti adiacenti che siano ruo-tati, purché questo non sia proibito dalla specifica di progetto e non si rischi la contaminazione delle superfici a contatto (non devono mai essere usati oli penetranti).

Il serraggio può essere eseguito usando diverse tecniche, tra le quali si ricordano:

– metodo della coppia: i bulloni vengono serrati con una chiave dinamometrica azionata a mano o a macchina;

– metodo giro del dado: i bulloni, raggiunta la condizione di ben serrato, vengono serrati appli-cando una rotazione legata allo spessore totale delle parti da collegare;

– metodo di indicatore di tensione diretta: sono previsti dispositivi, quali rondelle di tipo partico-lare, che indichino che è stato raggiunto il minimo precarico richiesto, permettendo il monito-raggio della tensione nell’unione;

– metodo combinato: vengono utilizzati prima il metodo di controllo a momento torcente, appli-cando usualmente il 75% del precarico e poi il metodo giro del dado.

La crisi di un’unione a taglio, può manifestarsi, oltre che nel bullone (fig. 88a), anche per al-tre cause che interessano i dettagli del collegamento, e, in particolare si possono manifestare:

a) rottura per rifollamento della lamiera (fig. 88b); b) rottura per trazione della lamiera (fig. 88c); c) rottura per taglio della lamiera (fig. 88d).

La resistenza di progetto dell’unione è quella associata al meccanismo di rottura più debole. In aggiunta alle verifiche sui bulloni devono quindi essere effettuate anche altre specifiche verifi-che sulle componenti collegate.

Il fenomeno del rifollamento della lamiera provoca un’ovalizzazione del foro che può inne-scare la rottura per scorrimento della lamiera. Si ammette una distribuzione convenzionale delle

pressioni di contatto tra bullone e piatto, σrif, definita come:

(6.6.3) in cui V rappresenta lo sforzo di taglio, t lo spessore minimo delle lamiere collegate e d il dia-metro del bullone.

Fig. 89. Esempi di percorsi per la determinazione dell’area netta.

σrif V t d⋅ ---=

Come resistenza di progetto nei confronti del rifollamento si considera quella del materiale costituente il giunto nella sezione più debole amplificata in modo forfettario per tenere in conto di incrementi, rispetto al caso monassiale, principalmente imputabili a stati tensionali pluriassiali e plasticizzazione locali.

Per la verifica a trazione della lamiera si ammette una ridistribuzione uniforme degli sforzi

nella sezione interessata. La tensione media σ è valutabile come:

(6.6.4)

in cui V rappresenta lo sforzo di taglio ed An l’area netta della sezione di lamiera depurata dai fori.

Nel caso di più file di bulloni l’individuazione della sezione più debole può essere non im-mediata. Si utilizza la regola empirica, comunque a favore di sicurezza, di fare corrispondere la sezione più debole al minimo percorso passante per uno o più fori, depurato dal diametro degli stessi (fig. 89). Per rendere minimo l’indebolimento delle sezioni in corrispondenza dell’unione è possibile disporre un numero crescente di bulloni nelle file successive (fig. 90).

2.6.1.2 Unioni a trazione. L’unione è soggetta a trazione se le due piastre collegate mediante

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