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Le clausole contrattuali: problema della effettività e dubbi d

Nel documento LE CLAUSOLE SOCIALI (pagine 49-55)

CAPITOLO 3 Le clausole sociali di assorbimento della manodopera

3.1 Le clausole sociali di assorbimento della manodopera negli appalt

3.1.4 Le clausole contrattuali: problema della effettività e dubbi d

Posto che il legislatore non è intervenuto in maniera esplicita ed in via generale in tema di clausole sociali, la contrattazione collettiva si è rivelata fondamentale al fine di garantire al personale dell’appaltatore uscente la tutela del posto e delle condizioni di lavoro presso la gestione subentrante.

E’ ragionevole puntualizzare sul fatto che le clausole contrattuali, siano esse di parificazione dei trattamenti minimi, di equo trattamento o di assorbimento della manodopera, scontano il grosso problema della effettività e che sia la dottrina che la giurisprudenza di merito hanno più volte dubitato sulla legittimità delle clausole contrattuali rispetto ai principi sanciti dalla Costituzione.

Nel prosieguo s’intende trattare le due questioni dell’effettività e della dubbia illegittimità costituzionale dapprima con riferimento alle clausole sociali di prima generazione, per poi passare a quelle di seconda specie, in modo da poter mettere a confronto le diversità emergenti.

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a) Clausole di parificazione e di equo trattamento

Il vero problema delle clausole impositive di parificazione dei trattamenti minimi da garantire ai dipendenti dell’appaltatore rispetto a quelli del committente e di quelle che sanciscono l’obbligo di equo trattamento consiste nel fatto che esse si inseriscono in contratti collettivi non sottoscritti dall’appaltatore, ossia dal vero soggetto chiamato a garantire lo standard di tutela.

Tali clausole, infatti, sono concordate tra le organizzazioni sindacali rappresentative del committente, da un lato, e rappresentative dei suoi dipendenti, dall’altro, e obbligano il primo ad esigere dall’appaltatore l’applicazione di trattamenti non inferiori a determinati standard.

Risulta quindi decisivo l’adempimento da parte dell’appaltante di inserire il vincolo in capo all’appaltatore nei capitolati d’appalto.

Nell’ipotesi in cui esista la clausola che vincola l’appaltatore ad applicare determinate tutele, secondo una certa dottrina e giurisprudenza8, è possibile rinvenire un’analogia con il contratto a favore di terzi (come per l’articolo 36 dello Statuto dei Lavoratori). Nel caso di specie, la figura dello stipulante è rinvenibile nell’appaltante, quella del promittente nell’appaltatore e quella del terzo nel lavoratore beneficiario del diritto. Alla luce di questo inquadramento, il lavoratore che si vede applicare condizioni inferiori a quelle imposte dalla clausola può esigere dall’appaltatore l’applicazione del diverso e migliore trattamento che questi si è impegnato a garantire tramite la sottoscrizione del contratto d’appalto.

Qualora, invece, tra le disposizioni contrattuali non ci sia traccia della clausola di parificazione dei trattamenti minimi o di equo trattamento il lavoratore non potrà pretendere l’adempimento dell’obbligo in capo all’appaltatore e, nel contempo, il sindacato non potrà agire nei confronti dell’appaltante per la mancata riassunzione, non essendoci di fatto inadempimento.

8 Vedi in dottrina Alvino 2009, pagg. 89-90, Lambertucci 1999, pag. 302, Lunardon 2004, pag. 227 e

Marinelli M. 2002, pagg. 195 ss. Vedi in giurisprudenza Cass. 27/07/1998 n. 7333, Cass. 23/04/1999 n. 4070 e Cass. 10/03/1999 n. 2108.

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Analizzato il meccanismo di applicazione delle clausole sociali di trattamento, s’intende ora esaminare la seconda problematica menzionata in apertura di paragrafo, ossia il rapporto delle clausole sociali di prima specie con la Costituzione e, più precisamente, con l’articolo 39.

L’articolo 39 della Nostra Carta Costituzionale sancisce, al primo comma, il principio della libertà sindacale. Esso va inteso sia in senso positivo, come libertà di costituire un sindacato o scegliere a quale sindacato aderire e di partecipare alle attività sindacali, sia in senso negativo, come diritto di non adesione ad un sindacato e di non partecipazione alle sue attività.

E’ intuibile che non è costituzionalmente lecito obbligare un soggetto ad adempiere a regole contrattuali da questi non sottoscritte.

Ad una prima lettura sembrerebbe che le clausole sociali incidano notevolmente sulla libera scelta delle condizioni da applicare al rapporto di lavoro dei dipendenti dell’appaltatore, perciò siano da considerarsi non rispettose del dettato costituzionale.

In realtà, da un analisi più approfondita, risulta che, in primis, le clausole contrattuali di primo tipo offrono degli standard di trattamento minimo al di sotto del quale l’appaltatore non può andare, limitando la sua organizzazione solo in via indiretta. Per di più, l’obbligo al rispetto delle predette clausole deriva da un impegno assunto dall’appaltatore con la sottoscrizione del contratto di appalto, per cui l’appaltatore è consapevole, nel momento in cui lo sottoscrive, di quali siano le clausole ivi contenute che lui è tenuto a rispettare. In altre parole, si deve affermare che non c’è ragione di rinvenire alcun contrasto delle clausole sociali di matrice contrattuale rispetto all’articolo 39 Cost., proprio per la natura contrattuale di queste, che l’appaltatore accetta liberamente con la stipula del contratto d’appalto.

Un punto critico attinente al rispetto delle clausole sociali di equo trattamento, che in questa sede si vuole approfondire, riguarda il ricorso ad espressioni quali “di settore”, “di categoria” o “di pertinenza” in riferimento ai contratti collettivi da prendere in considerazione per effettuare il paragone con il trattamento da sottoporre ai dipendenti dell’appaltatore.

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Si può affermare che, qualora il contratto d’appalto non specifichi il contratto collettivo che l’appaltatore deve applicare, dovrà operarsi un raffronto fra l’attività effettivamente esercitata dall’appaltatore ed il campo di applicazione che i contratti collettivi nazionali si autoassegnano.

b) Clausole di assorbimento della manodopera

Mentre per le clausole di trattamento l’obbligo di applicare determinati standard a carico dell’appaltatore sussiste solo a patto che il committente abbia inserito la previsione nel contratto d’appalto, nel caso delle clausole sociali di seconda generazione l’obbligo di assunzione è posto dal contratto collettivo direttamente in capo all’appaltatore subentrante, senza la “mediazione” di una clausola del contratto d’appalto.

Ciò comporta che, diversamente da quanto accade per le clausole sociali di trattamento, con la sottoscrizione del contratto d’appalto, l’appaltatore subentrante non si vincola ad assumere il personale in forza presso la gestione uscente, se ne dovrà far carico solo a patto che esso sottoscriva un CCNL che include la clausola di specie.

Per maggiore chiarezza si precisa che, qualora la gestione subentrante non aderisca ad alcun contratto collettivo oppure aderisca ad un contratto collettivo che non prevede la clausola di assorbimento della manodopera, l’ex lavoratore del precedente appaltatore non assunto dal soggetto subentrante non potrà vantare alcun diritto. Mentre qualora il nuovo appaltatore sia firmatario di un contratto collettivo contenente la clausola di assorbimento della manodopera, secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza9, sorge un obbligo giuridico per l’appaltatore di effettuare l’assunzione (come se la clausola sociale fosse di matrice legale).

A questo punto della trattazione occorre capire, in caso di inadempimento da parte del nuovo appaltatore, quale tutela possa essere riconosciuta agli ex dipendenti dell’appaltatore uscente.

Più precisamente ci si chiede se ad essi spetti esclusivamente una tutela risarcitoria oppure se possa applicarsi una vera e propria tutela in forma specifica.

9 In dottrina vedi Aimo 2007 pag. 423, Carinci M.T. 2010 pag. 141 e Vallebona 1999 pagg. 218 ss.

In giurisprudenza vedi Cass. 18/04/2001 n. 5657, Cass. 16/08/2001, n. 11141 e Cass. 30/12/2009 n. 27841.

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E’ l’articolo 2932 del Codice Civile che tratta della tutela in forma specifica. Esso prevede che “Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto concluso”.

Parte della dottrina e della giurisprudenza10 sono giunte alla conclusione che la tutela in forma specifica è da riconoscersi solo nei casi in cui è possibile per il giudice determinare gli elementi essenziali del contratto.

Perciò l’ex dipendente dell’appaltatore uscente vanta il diritto alla riassunzione presso l’appaltatore entrante solo nell’ipotesi in cui sia possibile definire precisamente l’oggetto del contratto di lavoro.

Nel caso in cui l’opera o il servizio oggetto d’appalto si mantiene inalterato nonostante il cambio di gestione, è possibile operare per analogia e ricavare dal precedente contratto di lavoro tra il dipendente e l’ex appaltatore gli elementi essenziali che caratterizzeranno il nuovo contratto di lavoro con il nuovo datore di lavoro.

In caso contrario, in presenza di un cambiamento sostanziale del servizio o dell’opera oggetto d’appalto, non è possibile trasporre suddetti elementi dal precedente al nuovo contratto di lavoro, ragion per cui si ritiene di escludere la tutela in forma specifica propendendo invece per la tutela risarcitoria.

Tuttavia, la distinzione sopra esposta non è da ritenersi esaustiva e chiarificatrice per tutte le ipotesi verificabili nella prassi.

In alcune sentenze11, per l’appunto, si afferma che la tutela in forma specifica sussiste solo a patto che la fonte dell’obbligo consenta di determinare completamente tutti gli elementi del contratto, anche nei dettagli, in modo che sia possibile iniziarne l’esecuzione senza che le parti debbano esprimere ulteriori dichiarazioni dirette a precisarne l’oggetto e il contenuto.

In altre, invece, la Cassazione sembra propendere per una interpretazione più flessibile e meno rigorosa, dove la tutela in forma specifica viene fatta valere anche in ipotesi di non

10 Per la dottrina vedi Marinelli M. 2002, pagg. 226 ss e Aimo 2007 pag 423. Per la giurisprudenza vedi

Cass. 30/12/2009 n. 2781.

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completa determinabilità di tutti gli elementi che caratterizzano il contratto di lavoro. S’intende citare, a tal proposito, la sentenza della Cassazione 30/12/2009 n. 27841 nella quale la Corte Suprema ha affermato che, ai fini dell’applicazione della tutela di cui all’art. 2932 C.C., sono sufficienti i seguenti elementi: l’individuazione pattizia del CCNL applicabile, la definizione pattizia della categoria di lavoratori da assumere, il riconoscimento dell’anzianità pregressa ed il riconoscimento del superminimo individuale.

Dopo aver trattato i casi in cui la tutela in forma specifica può essere invocata dal lavoratore che subisce il cambio d’appalto, è interessante indagare sul termine di decorrenza degli effetti della sentenza che costituisce il rapporto di lavoro presso la nuova gestione.

Ci si chiede se gli effetti della sentenza debbano valere ex nunc oppure ex tunc, ossia dal giorno della sentenza oppure dal momento in cui cessa il rapporto di lavoro presso il vecchio appaltatore. Sembra più logico propendere per la seconda alternativa anche se, considerata l’attuale vigenza del principio di irretroattività degli effetti delle sentenze costitutive, tale soluzione dovrà essere debitamente motivata dal giudice.

E’ il caso di trattare ora il tema della legittimità costituzionale in relazione alla clausola di assorbimento di manodopera.

Mentre per le clausole di equo trattamento la dubbia illegittimità riguardava il rispetto dell’articolo 39 della Costituzione, in quest’altro caso la norma costituzionale minata è l’articolo 41 della Costituzione, che sancisce il principio di libertà di iniziativa economica.

A ben vedere, nonostante le clausole di riassunzione limitino notevolmente la libertà del soggetto subentrante di organizzare il suo organico, in ragione della loro natura contrattuale, esse costituiscono una sorta di forma legittima di autolimitazione della libertà di iniziativa economica. In altre parole, è proprio l’appaltatore obbligato ad assumere il personale del gestore uscente che decide autonomamente, sottoscrivendo il CCNL che contiene la clausola, di autolimitare la sua iniziativa economica.

Se si abbraccia questa visione del fenomeno, è possibile cancellare qualsiasi dubbio circa l’incostituzionalità delle clausole sociali di assorbimento di matrice contrattuale, anzi, si

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può dire che esse costituiscano proprio una forma di attuazione dell’art. 41 Cost., in quanto strumento che da espressione sia al principio di libertà di iniziativa economica sia al principio di libertà di organizzazione sindacale datoriale.

Alla luce delle considerazione espresse sopra, è possibile concludere dicendo che la ragione della scarsa sensibilità del legislatore nazionale nei confronti della disciplina delle clausole sociali non è spiegabile neppure adducendo la questione della illegittimità costituzione, poiché né le clausole di trattamento né quelle di assorbimento di manodopera contrastano con il dettato costituzionale.

Nel documento LE CLAUSOLE SOCIALI (pagine 49-55)