• Non ci sono risultati.

vConta piastrinica:

6. CLI, clot lysis index (%):

la progressiva riduzione di ampiezza del tracciato indica la lisi del coagulo ad opera della plasmina. A livello dell’apparecchio il processo viene percepito come una diminuzione del numero di oscillazioni dell’ago il quale diventa meno solidale al coagulo. La riduzione di consistenza del coagulo viene espressa come percentuale di lisi a 30’ o a 60’ ossia come indice LY30 (v.n. 0-8) o LY60.

36

Il tromboelastogramma nei neonati

Tra i vari problemi clinici presenti nel neonato “critico” ricoverato presso la TIN, lo squilibrio emostatico rappresenta una grave minaccia alla sopravvivenza per cui esso è uno degli aspetti prioritari che i neonatologi devono valutare, in termini sia di diagnosi che di terapia. Convenzionalmente i disturbi della coagulazione sono valutati in base al numero delle piastrine e con i test classici della coagulazione (ad esempio PT, INR, aPTT e fibrinogeno), che richiedono una raccolta scrupolosa e metodologicamente corretta dei campioni di sangue per non falsare i risultati di tali test. Tuttavia, questo aspetto è più problematico nel neonato rispetto all’adulto, infatti, in questi soggetti il campionamento di sangue può essere spesso difficoltoso sia nell’esecuzione del prelievo stesso sia per l’elevata quantità di sangue necessaria per effettuare tali test.

(Radicioni M. 2012)

Come precedentemente accennato, attualmente esistono valori di riferimento per i vari test della coagulazione sia per i neonati a termine che per quelli pretermine (dalle 30 alle 36 settimane di età gestazionale), per i neonati pretermine di alto grado, invece, non esistono tuttora veri valori di riferimento a disposizione. Inoltre, i test convenzionali non forniscono alcuna indicazione sulla funzione piastrinica e sul processo di fibrinolisi. Un ulteriore limite dei test convenzionali della coagulazione è dato dall’evidenza che l'emostasi dipende da una complessa relazione tra endotelio, piastrine, cellule infiammatorie, fibrinolisi, inibitori e fattori procoagulanti, per cui non sorprende che un’alterazione in uno solo dei parametri di laboratorio non rappresenti un sensibile indicatore della vera emostasi in vivo del paziente.

Per tale motivo è nata la necessità di individuare un metodo più appropriato per valutare la coagulazione nei neonati, che fosse in grado di quantificare ed individuare il rischio di sanguinamento individuale, permettendo così di trasfondere i derivati del sangue solo ai neonati che ne avessero veramente bisogno, e di scegliere quale componente di sangue o prodotto concentrato debba essere utilizzato, limitando così la pratica comune di effettuare trasfusioni in maniera profilattica.

La tromboelastografia potrebbe, quindi, rappresentare un test che è potenzialmente idoneo a soddisfare queste esigenze. Esso potrebbe e, forse, dovrebbe diventare un point-of-care per il monitoraggio della coagulazione, in grado di fornire informazioni sulla dinamica dello sviluppo del coagulo, sulla sua stabilizzazione e dissoluzione, che riflette, quindi, l'emostasi in vivo in maniera più affidabile rispetto ai test convenzionali.

37 È interessante notare come con la metodica TEG si inizi a raccogliere i risultati sulla coagulazione esattamente nella fase in cui terminano le indagini con i test convenzionali, cioè nel momento in cui si verifica la prima formazione della rete di fibrina.

L’uso del TEG per valutare le coagulopatie in pazienti adulti e pediatrici è sempre più stato descritto e accreditato dalla letteratura internazionale, mentre ci sono tuttora dati molto limitati sulla sua utilità nel neonato. Ciò è dovuto principalmente alla scarsità di lavori atti ad individuare i valori normali di riferimento nella popolazione neonatale.

(Edwards RM. 2008)

La determinazione del range di normalità per i parametri TEG specifici per ogni fascia di età, come quelli ben definiti per età dei test classici della coagulazione, è di fondamentale importanza affinché vi sia una diffusione più massiva del suo utilizzo clinico. (Nowak-Gottl U. 2015)

Alcuni studi hanno riportato i valori normali dei parametri del TEG in neonati a termine su campioni ematici prelevati dal cordone ombelicale, ma questi risultati potrebbero non essere paragonabili a quelli ottenuti da neonati con epoca postnatale maggiore o minore,

(Edwards RM. 2008; Strauss T. 2010; Forman KR. 2014) ed inoltre non valutano in

maniera esaustiva la popolazione dei neonati pretermine.

In altri studi è stata valutata la variabilità dei parametri del TEG nei neonati, con campioni di sangue non cordonali, questi hanno mostrato come limite principale il piccolo numero di soggetti a termine analizzati oppure una limitata descrizione del tipo di popolazione in analisi. (Oswald E. 2010; Miller BE. 1997; Kettner SC. 2004; Grant

HW. 1997)

Uno dei principali studi che ha definito i range di normalità nei neonati a termine, utilizzando campioni di sangue cordonale nativo è del 2008 ed ha valutato una coorte di 59 neonati, quindi, un numero comunque relativamente limitato di soggetti (vedi figura

38

Figura 12 Edwards RM, Naik-Mathuria BJ, Gay AN, et al. Parameters of thromboelastography in healthy newborns. Am J Clinic Pathol 2008;130:99–102.

Pochi studi hanno descritto le modifiche che subiscono i parametri del TEG utilizzando dei reagenti in aggiunta al sangue nativo, questi hanno definito dei range di normalità anche per queste metodiche ma è importante implementare il numero di studi al riguardo in quanto molti centri utilizzano tali reagenti nella popolazione neonatale.

(Zambruni A. 2004)

Uno degli studi che valuta tali aspetti, è quello effettuato su 30 neonati a termine nei quali sono stati valutati i normali range per i parametri del TEG in caso di utilizzo di reagenti quali l’eparinasi e il citrato di sodio (vedi figura 14). (Sewell EK. 2017)

Figura 13 Sewell EK, et al. Arch Dis Child Fetal Neonatal ED 2017; 102: F79-F84.

Come nei pazienti adulti, l'esperienza nell’utilizzo della tromboelastografia nei bambini è presente soprattutto in campo anestesiologico, soprattutto in ambito chirurgico, e in pazienti con ECMO, mentre i dati neonatali sono limitati a un piccolo numero di

39 soggetti sanie sono praticamente assenti nel neonato pretermine di alto grado. (Strauss

T. 2010; Edwards RM.2008; Oswald E. 2010)

Recentemente, Oswald et al. hanno fornito dei riferimenti età-specifici, per i dispositivi ROTEM®, prendendo in esame una grande coorte di 359 bambini sani tra 0 e 16 anni, sottoposti a chirurgia minore, hanno confrontato, inoltre, i dati ROTEM® con i test della coagulazione. I risultati di questo studio hanno mostrato che l'inizio e la propagazione della coagulazione e la polimerizzazione fibrinogeno/fibrina mostra una dipendenza età- specifica, mentre la solidità del coagulo e la fibrinolisi sono simili in tutte le fasce d'età. In particolare, i soggetti di età <3 mesi mostrano un inizio ed una propagazione accelerata della coagulazione, nonostante i risultati dei test della coagulazione standard mostrino un tempo di coagulazione prolungato. (Oswald E.2010)

Utilizzando sia il ROTEM che il TEG® in neonati a termine e pretermine sani, altri autori hanno riportato dati simili, anche se sono state utilizzate differenze nel disegno dello studio e nei reagenti, ciò quindi rende difficoltoso un confronto diretto tra le due metodiche. (Strauss T. 2010)

La debolezza della correlazione tra i valori di PT e di aPTT e i reali tempi di coagulazione del paziente è stata confermata sia dal ROTEM® che dal TEG® sia nei neonati che negli adulti.

Kettner et al. hanno condotto uno studio su 40 neonati, suddivisi in pretermine di alto grado, pretermine moderati, neonati a termine ed ex-pretermine, per valutare l’assetto tromboelastografico della popolazione in esame con aggiunta di eparinasi al sangue nativo (vedi figura 15). I risultati di tale studio non mostrano alcun deficit della coagulazione nelle popolazioni in esame, le uniche discrepanze significative tra i vari gruppi di soggetti risiedevano esclusivamente nel tempo di protrombina. Quindi, tale studio, oltre a fornire dei range di normalità per Heparinase-modified TEG®, conferma che nonostante le analisi convenzionali di laboratorio dei neonati indichino un assetto ipocoagulativo, in tali soggetti vi è un equilibrio fra deficit di fattori della coagulazione e di anticoagulanti che non aumenta il rischio di emorragie nei neonati, siano essi a termine o pretermine. (Kettner SC. 2004)

40

Figura 14 Coagulation Variables and Hematocrit of 40 Investigated Infants and a Healthy Adult Group

(Kettner SC. 2004)

Il TEG, inoltre, è stato utilizzato per studiare l'effetto in vitro delle trasfusioni di piastrine da soggetti adulti a neonati, i risultati hanno mostrato tempi di coagulazione più brevi nei neonati che ricevevano tale tipo di trasfusione, rispetto a quelli riportati dopo trasfusione con piastrine neonatali. Questi risultati ancora una volta sottolineano le differenze tra il sistema emostatico neonatale e quello adulto e, quindi, i potenziali effetti avversi associati alle trasfusioni di piastrine per l’emostasi neonatale. (Ferrer-

41 Sepsi

La coagulopatia è molto frequente nei pazienti settici e può variare da trombocitopenia moderata a CID. La trombosi svolge un ruolo significativo nella risposta immunitaria precoce durante un evento settico. Questo ruolo difensivo della trombosi è attualmente definito come immunotrombosi. L’immunotrombosi comprende l’attivazione del TF, delle cellule immunitarie, della trombina e dei fattori VIIa e Xa, tutto ciò determina la generazione di coaguli. I microtrombi che si formano sono matrici antimicrobiche che rappresentano una barriera fisica al patogeno. Infatti, in essi si accumulano cellule immunitarie residenti e reclutate, ciò dà luogo a diverse strategie antimicrobiche che accelerano il riconoscimento e la distruzione degli agenti patogeni. Tuttavia, se è incontrollata, l’immunotrombosi è una delle principali cause delle patologie associate alla trombosi disseminata durante gli eventi settici. (Engelmann B. 2013)

Il meccanismo principale che determina le anormalità emostatiche associate alla sepsi deriva dai seguenti cambiamenti dati dal microrganismo patogeno e dai suoi derivati: i monociti-macrofagi presentano un’espressione aberrante del TF, vi è una diminuzione dei meccanismi anticoagulanti (antitrombina, Proteina C, Proteina S, TFPI) causata dalla disfunzione delle cellule endoteliali ed, infine, vi è una sovrapproduzione di PAI-1 da parte delle cellule endoteliali e un’attivazione, mediata dalla trombina, del thrombin- activatable fibrinolysis inhibitor (TAFI), tutto ciò risulta in una soppressione della fibrinolisi.(Semeraro N.2015)

Nella sepsi, l'equilibrio emostatico è spostato, quindi, verso uno stato di pro- coagulazione. Citochine come TNF-α, IL-1, IL-6 aumentano dopo l'espressione del TF ed influenzano ulteriormente la soppressione fisiologica dei meccanismi anticoagulanti ed aumentano i danni a livello endoteliale.

La reazione procoagulante è in parte invertita da un aumento dell’espressione temporale di tPA che viene rapidamente inibita da un aumento dei livelli di PAI-1. L'aumento dell'attività di TAFI provoca, inoltre, l'amplificazione del meccanismo trombogeno. Tutto ciò determina che, durante un evento settico, la coagulazione, indotta dallo stato infiammatorio, provochi un’eccessiva formazione di trombi. Vi è, inoltre, una iperattivazione delle piastrine che contribuisce alla generazione di trombosi. L'espressione della P-selectina piastrinica, infatti, aumenta l'espressione del TF da parte dei monociti e l'adesione piastrinica ai leucociti e all’endotelio, ciò quindi crea una superficie per l’ulteriore generazione di trombina. (Simmons J. 2015)

42 Tutti questi meccanismi che determinano la formazione di microtrombi, ma anche un consumo eccessivo dei fattori della coagulazione e delle piastrine, favoriscono successivamente, a causa del loro esaurimento, la comparsa di emorragie. Inoltre, i lipopolisaccardi batterici ed il TNF-α contrastano la sintesi della trombomodulina e dei recettori endoteliali della proteina C, provocando così una ridotta attivazione della proteina C che stimola un aumento della sintesi del PAI-1 con conseguente inibizione della fibrinolisi. Le conseguenze cliniche delle alterazioni nella coagulazione causate dalla sepsi sono l’aumento dei livelli dei markers della CID ed eventi diffusi di disfunzione d’organo (multiple organ dysfunction syndrome, MODS). (Russell J.A.

43 Ipotermia

La definizione di encefalopatia ipossico-ischemica (EII) comprende le complesse turbe metaboliche e funzionali a carico dell’encefalo neonatale prodotte prevalentemente da alterazioni della perfusione cerebrale, associate all’ipossia. In caso di EII di stadio moderato o grave al neonato viene effettuato un monitoraggio CFM e valutata l’idoneità al trattamento con ipotermia.

I neonati con encefalopatia ipossico-ischemica hanno un aumentato rischio di coagulopatia. (Bauman ME.2011; Suzuki S.1998) Infatti, la privazione di ossigeno a livello sistemico che colpisce, quindi, anche il fegato ed il midollo osseo, compromette la sintesi dei fattori della coagulazione e delle piastrine. (Sarkar S.2009)

Tali neonati possono essere candidati a trattamento terapeutico ipotermico, l’ambiente ipotermico peggiora i disturbi della coagulazione preesistenti diminuendo l'attività degli enzimi coinvolti nella cascata della coagulazione. (Wolberg AS. 2004)

L'ipotermia ha un effetto significativo su tutti i parametri del TEG, infatti, la temperatura corporea ridotta è associata ad un tempo di formazione del coagulo significativamente più lungo e ad una diminuzione della resistenza del coagulo, anche se questo non sembra essere correlato ad un aumentato rischio di sanguinamento da parte del paziente. (Hall NJ. 2010)

Questi aspetti sono molto importanti perché l'utilizzo dell’ipotermia terapeutica è sempre più diffusa in quanto rappresenta la terapia gold standard attualmente in vigore per i neonati affetti da encefalopatia ipossico-ischemica medio-grave. (Jacobs SE. 2013) Esiste una vasta variabilità tra i vari centri riguardo ai protocolli per il monitoraggio dello stato di coagulazione nei neonati sottoposti a ipotermia terapeutica. Questo è in parte dovuto ai dubbi relativi a se effettuare la terapia trasfusionale mirata alla normalizzazione dei test standard della coagulazione oppure se iniziare il trattamento solo dopo che si è verificato un sanguinamento clinico. Attualmente in questa tipologia di pazienti mancano degli algoritmi per ottimizzare la terapia trasfusionale che siano in grado di prevenire i sanguinamenti clinici riducendo contemporaneamente al minimo l'esposizione ai derivati del sangue. (Forman K 2014)

Una delle difficoltà è rappresentata dal fatto che i test standard della coagulazione (cioè, aPTT, tempo di protrombina e INR) vengono eseguiti routinariamente in laboratorio ipotizzando che la temperatura corporea del soggetto sia a 37,0°C. (Reed RL. 1992) Questo, naturalmente, non può riflettere in modo preciso la condizione in vivo del

44 paziente sottoposto a ipotermia moderata poiché in tale soggetto la temperatura interna è mantenuta a circa 33,5°C. (Shankaran S. 2005)

Per tale motivo, sono stati ricercati metodi alternativi per valutare lo stato di coagulazione in questa popolazione. In base all’evidenza, come precedentemente accennato, che il TEG può essere facilmente calibrato alla temperatura del paziente, questa metodica è stata presa in considerazione in questi soggetti come metodica di valutazione della coagulazione più attendibile rispetto ai test convenzionali di laboratorio.

Tutto ciò è stato confermato anche in uno studio effettuato da Forman et al. del 2014, nel quale è stata valutata l’utilità del TEG in neonati sottoposti a ipotermia terapeutica. Sono stati reclutati in tale studio 24 soggetti ed in tutti i soggetti è stato effettuato il TEG settandolo in un caso a 37°C e nell’altro a 33.5°C. I risultati hanno mostrato che vi era un peggior difetto della coagulazione quando veniva analizzato il campione ematico del soggetto a 33.5°C rispetto ad un settaggio a 37°C. Inoltre, tali autori hanno evinto da tali dati che i parametri del TEG, quali K, angleα, MA e CI, erano statisticamente associati ad un maggior rischio di sanguinamento clinico. Tali parametri risultavano ancora statisticamente significativi, ad eccezione del MA, nel controllo successivo alla terapia trasfusionale. (Forman K. 2014)

45 Coagulopatie

Le coagulopatie neonatali possono essere distinte tra forme congenite ed acquisite. Le forme principali appartenenti al primo gruppo sono: l’emofilia A e B, legate a deficit, rispettivamente, di fattore VIII e di fattore IX, entrambe ereditarie, legate al cromosoma X; la Malattia di von Willembrand, è una malattia autosomica dominante dovuta al deficit di vWF. Tra le coagulopatie acquisite vi è la malattia emorragica del neonato, causata da deficit di vitamina K e caratterizzata da un deficit di protrombina, proconvertina e probabilmente di altri fattori; la CID, precedentemente descritta.

Tra le patologie trombotiche, i cui meccanismi eziopatogenetici constano da un lato, da un’aumentata formazione di trombina e dall’altro nella ridotta efficienza dei sistemi che ne controllano la produzione, vi sono le forme congenite da deficit di inibitori quali di proteina C e AT e i rari deficit di proteina S e di fattore eparinico II. Tra le forme acquisite vi sono quelle correlate ad alterazione della parete vasale, la cui causa più frequente è rappresentata dall’impiego di cateteri intravasali, forme da alterazione del flusso (ad esempio per policitemia) e forme da alterazione emostatica, la cui più frequente è quella legata a patologia da consumo. (Mendicini M. 2009)

46 Emorragia endocranica

L’emorragia endocranica (intracranial hemorrhage, ICH) costituisce una grave patologia del periodo neonatale, associata spesso a complicanze neurologiche e ad elevata mortalità. In base alla sede di origine, se ne possono distinguere diversi tipi, la cui occorrenza è in gran parte correlata allo stadio di sviluppo dell’encefalo e all’evento eziologico: subdurale, prevalente nei neonati a termini e rara, subaracnoidea e

intraventricolare, tipiche dei pretermine ed entrambe relativamente frequenti, e

l’emorragia intracerebellare tipica anch’essa dei pretermine ma più rara delle precedenti.

L’emorragia subdurale rappresenta il tipo di ICH di gran lunga meno frequente. Nel periodo neonatale tale emorragia consegue sempre a una lesione traumatica che determina uno schiacciamento verticale e un allungamento fronto-occipitale o obliquo della testa, con conseguente stiramento della falce e/o del tentorio e dei vasi venosi limitrofi.

L’emorragia subaracnoidea è un evento relativamente frequente, soprattutto nei neonati pretermine nei quali il primum movens sembra rappresentato da un insulto ipossico- ischemico.

L’emorragia cerebellare si osserva più spesso nei pretermine, in cui può essere primitiva o secondaria a espansioni di emorragie intraventricolari o subaracnoidee massive. La patogenesi è multifattoriale: eventi ipossici, associati all’intrinseca immaturità anatomo- funzionale, rappresentano i principali fattori patogenetici. Inoltre, la presenza, a livello delle regioni subependimali e subpiali del cervelletto, della matrice germinativa, che è una struttura in involuzione ricca di capillari immaturi e molto sottili, determina che in tale sede brusche variazioni pressorie o insulti ipossico-ischemici possano facilmente determinarne la sua rottura dando luogo ad una emorragia. Anche le alterazioni della coagulazione, seppur raramente, possono determinare emorragia cerebellare.

L’emorragia intraventricolare (intraventricular hemorrage, IVH), la più frequente emorragia endocranica neonatale, ha un’elevata morbosità e mortalità associata. La sede di origine tipica della IVH nel neonato pretermine si trova nella matrice germinativa subependimale. Questa è una struttura gelatinosa e lassa, posta ventralmente e lateralmente ai ventricoli laterali che, insieme all’adiacente zona germinale, costituisce nel corso dello sviluppo del SNC la sede di proliferazione dei neuroni corticali e delle

47 cellule gliali; dalla 32° settimana va incontro ad una progressiva involuzione, che si completa in prossimità del termine della gestazione.

I principali fattori patogenetici dell’IVH sono:

ü Fattori anatomo-vascolari: fragilità anatomica dei capillari della matrice germinativa, circolazione arteriosa di tipo terminale, circolazione venosa peculiare (caratterizzata da piccoli vasi immaturi, con un diametro insolitamente ampio e con endotelio fenestrato, privo di membrana basale, che li rende molto propensi alla rottura).

ü Fattori metabolici.

ü Fattori emodinamici: flusso cerebrale fluttuante, aumento del flusso cerebrale, aumento della pressione venosa cerebrale, diminuzione del flusso cerebrale. ü Fattori emocoagulativi: in particolare la piastrinopenia sembra essere correlata

più direttamente all’incidenza di IVH nei neonati VLBW.

(Mendicini M. 2009)

In uno studio effettuato da Radicioni et al., pubblicato nel 2014, è stato valutato il profilo tromboelastografico dei neonati prematuri con e senza ICH durante i primi 21 giorni di vita. In questo studio sono stati arruolati 49 soggetti (EG<37 settimane) a cui è stato effettuato il TEG® alla nascita, a 7-14 e 21 giorni di vita. Di questi soggetti 16 hanno presentato ICH, tutte le ICH erano IVH di grado 1-3. I soggetti con IVH presentavano una differenza statisticamente significativa per EG e peso alla nascita, entrambi inferiori, rispetto ai soggetti che non la sviluppavano. I parametri del TEG e dei test della coagulazione standard alla nascita dei soggetti con IVH non risultavano differenti da coloro senza IVH. Nei successivi esami tromboelastografici i neonati che sviluppavano ICH mostravano una maggior tendenza alla formazione di trombina evidenziata dai seguenti parametri: R e MA inferiori rispetto a coloro che non sviluppavano IVH, anche se in maniera non statisticamente significativa, mostrando così un assetto emostatico verso lo stato di ipercoagulabilità. (Radicioni M. 2014)

48

Materiali e metodi

Il nostro studio prospettico longitudinale ha voluto valutare, tramite l’utilizzo del TEG, l’assetto coagulativo di alcune tipologie di neonati. È stato eseguito presso l’Unità Operativa (U.O.) di Neonatologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (A.O.U.P.), centro di 3° livello della Toscana, con un bacino di utenza che comprende le Province di Livorno, Lucca, Massa-Carrara e Pisa; ed è costituita da: Terapia Intensiva Neonatale (TIN), Terapia sub-intensiva e Nido.

Criteri di inclusione

Nel periodo compreso tra dicembre 2016 e maggio 2017 sono stati arruolati neonati degenti presso l’U.O. di Neonatologia dell’A.O.U.P.

Hanno costituito criteri di inclusione: neonati pretermine con età gestazionale ≤ 32 settimane e/o peso alla nascita ≤ 1500 grammi, ovvero neonati VLBW ed ELBW; neonati a termine asfittici sottoposti a trattamento con ipotermia; neonati a termine con sepsi; neonati con coagulopatia materna o con coagulopatia diagnosticata dopo la nascita.

I soggetti reclutati sono stati in totale 51, suddivisi nel seguente modo: 44 soggetti VLBW o ELBW; 3 soggetti sottoposti ad ipotermia terapeutica; 2 soggetti a termine con sepsi late-onset; 1 soggetto con anamnesi materna positiva per una grave coagulopatia; 1 soggetto con coagulopatia.

Ai pazienti reclutati in questo studio sono stati eseguite almeno due determinazioni

Documenti correlati