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CAPITOLO 2: LA DISCIPLINA INTERNAZIONALE ED EUROPEA SULLE

2.5 G LI INTERVENTI DELL ’U NIONE E UROPEA

2.5.1 Il Codice di Condotta

Verso la fine degli anni ’90, anche l’Unione Europea, sotto la guida del Commissario Mario Monti, ha sentito la necessità di intervenire per contrastare le pratiche dannose poste in essere dai regimi a fiscalità di favore e assicurare una concorrenza leale all’interno della nuova economia globalizzata. Alcuni Paesi membri avevano cercato di attirare gli investimenti di capitali stranieri attraverso la concessione di agevolazioni fiscali72, alterando le regole della

competizione di mercato. Per questo motivo, nell’aprile 1996 era stato emanato un rapporto sulla tassazione nel territorio europeo con il quale si dichiarava l’esigenza di un’azione coordinata allo scopo di ridurre le distorsioni del mercato unico, limitare le perdite di gettito fiscale ed invertire la tendenza ad aumentare la pressione tributaria sui redditi di occupazione piuttosto che sulle basi imponibili. Il primo passo in questa direzione è stato effettuato nell’ottobre del 1997, tramite la pubblicazione della Comunicazione n. 495 ad opera della Commissione delle Comunità europee. È in questa occasione, infatti, che si fa menzione della necessità di emanare un pacchetto di misure fiscali al fine di ridurre la concorrenza fiscale dannosa tra ordinamenti europei. Nello specifico il pacchetto doveva contenere73:

a) Un codice di condotta in materia di fiscalità delle imprese.

b) Una serie di misure idonee alla rimozione delle distorsioni sull’imposizione dei redditi da capitale.

c) Un insieme di strumenti per eliminare efficacemente le ritenute d’imposta applicate su interessi e royalties pagate tra società.

d) Un complesso di misure per arginare le distorsioni riscontrate nel ramo delle imposte indirette.

Di particolare rilevanza per la seguente trattazione è il Codice di Condotta di cui al punto a), approvato dal Consiglio dei Ministri della Comunità Europea in occasione del Consiglio ECOFIN

72 La Danimarca ad esempio aveva introdotto un regime di partecipation exemption, mentre il Belgio aveva istituito i centri di coordinamento.

73 COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, COM (97) 495, Verso il coordinamento fiscale nell'Unione europea.

67 del 1° dicembre 1997. Pur ponendosi come strumento non vincolante dal punto di vista giuridico, il Codice si è reso efficace nella lotta contro le pratiche lesive della concorrenza facendo leva sull’impegno politico da parte dei Paesi membri nell’adottare i principi e le regole di condotta in esso contenuti74.

Il documento si interessava di tutte le misure fiscali sulla tassazione del reddito d’impresa (nella forma di pratiche amministrative, nonché i dettami legislativi e regolamentari) che erano in grado di influenzare considerevolmente la scelta dell’ubicazione della sede imprenditoriale all’interno dell’Unione Europea. I soggetti coinvolti erano i gruppi societari che svolgevano attività di impresa e i dipendenti che beneficiavano di regimi speciali che consentivano di produrre lo stesso effetto in termini di scelta di localizzazione dell’attività d’impresa.

Nello specifico, il Consiglio rilevava come potenzialmente lesive le pratiche fiscali che garantivano un livello di tassazione nettamente inferiore a quello ordinariamente applicato nel Paese interessato, compresa la possibilità di una tassazione pari a zero. L’organismo, pertanto, si riferiva a quelle giurisdizioni dotate di un duplice sistema fiscale interno: uno a tassazione ordinaria ed uno a tassazione preferenziale.

Oltre al livello di imposizione, il Codice affermava che le suddette pratiche dovevano essere esaminate considerando:

a) Eventuali agevolazioni fiscali riservate ai non residenti o a coloro che eseguivano transazioni con non residenti.

b) L’eventualità che le agevolazioni fossero completamente isolate dal mercato interno, in modo da non incidere sulla base imponibile nazionale del Paese.

c) La possibilità di usufruire delle agevolazioni pur in mancanza dello svolgimento di un’attività economica effettiva.

d) La difformità delle norme riguardanti la determinazione dei redditi realizzati dalle multinazionali rispetto alle disposizioni internazionali e a quelle OCSE.

e) La mancanza di trasparenza.

Al fine di facilitare l’eliminazione delle misure fiscali lesive, il Consiglio invitò gli Stati membri a scambiarsi informazioni in merito alle pratiche tributarie vigenti nei loro ordinamenti e

74 La sua introduzione ha avuto un enorme impatto sugli ordinamenti degli Stati europei e sulle loro policy, tanto da aver portato, ad esempio, all’eliminazione delle società holding lussemburghesi.

68 promise l’istituzione di un gruppo di verifica al quale i diversi Paesi si sarebbero potuti rivolgere per valutare la nocività delle misure adottate o per segnalare le irregolarità di Stati terzi. Questa previsione generò due conseguenze. La prima fu quella che le giurisdizioni nazionali dovevano astenersi dall’adottare nuove disposizioni tributarie che potessero risultare dannose per la Comunità Europea e per il mercato unico75. La seconda fu quella che

gli Stati membri dovevano provvedere ad una revisione della normativa interna al fine di eliminare o emendare, entro cinque anni, le leggi o i regolamenti in contrasto con i principi di concorrenza fiscale76. Inoltre, il Consiglio precisò che, nonostante le regole di condotta fossero

destinate principalmente al territorio europeo, era auspicabile una loro estensione anche al di fuori dei Paesi comunitari e, pertanto, invitò gli Stati membri a promuovere la loro adozione a livello internazionale.

A conclusione del processo di revisione fiscale degli ordinamenti comunitari, venne instituito, in data 9 marzo 1998, il Gruppo “Codice di condotta”, allo scopo di affidare ad un organo imparziale il compito di valutare la pregiudizialità delle misure fiscali presenti nei territori europei e la loro conformità al Codice. Il Gruppo, presieduto da esponenti di rilievo degli Stati membri e dalla Commissione europea, ha avuto un ruolo fondamentale anche negli anni successivi, contribuendo all’elaborazione della “lista UE delle giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali”.

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