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CAPITOLO 3: LA DISCIPLINA ITALIANA SULLE CFC

3.2 I L PRESUPPOSTO SOGGETTIVO

3.3.2 Il controllo indiretto

La normativa, al comma 2 dell’art. 167, prevede anche le ipotesi di controllo indiretto conseguito mediante la detenzione di una partecipazione per mezzo di società fiduciarie o interposta persona. Le due circostanze evidenziate costituiscono tuttavia soltanto una elencazione a titolo esemplificativo, dato che una partecipazione indiretta è rilevante ai fini del regime CFC ogni qual volta si configura il cosiddetto controllo “a catena” o “cascata”, ossia venga detenuta dal contribuente residente per mezzo di una società controllata.

Per quanto concerne la terminologia utilizzata, l’Amministrazione Finanziaria precisa che nel caso di interposta persona, l’espressione “persona” deve essere letta in maniera estensiva, così come previsto dalla normativa fiscale internazionale e dalle Convenzioni che cercano di eliminare la doppia imposizione133. Infatti, proprio nell’art. 3 del Modello OCSE sulle

Convenzioni viene affermato che con tale locuzione si devono ricomprendere le persone fisiche, le società e qualsiasi altro ente costituito da persone (in inglese viene utilizzata la parola body che in questa circostanza può essere ricondotto ad “associazione” o “entità”). Lo stesso concetto viene poi ribadito all’interno del Commentario dove viene anche precisato

132 AGENZIA DELLE ENTRATE, Circolare n. 18, 12 febbraio 2002, pag. 2, par 2.2.

133 AGENZIA DELLE ENTRATE, Circolare n. 207/E, Collegato fiscale alla legge finanziaria 2000. Primi chiarimenti, 16 novembre 2000, art. 1, pag. 4.

96 che, pur in mancanza di un insieme di persone, un ente può ugualmente essere ritenuto un corpo fiscale ai fini tributari.

È necessario chiarire che nei controlli indiretti basati su catene partecipative, ciascun anello della catena deve esercitare il controllo sull’ente immediatamente successivo, sulla base di quanto previsto dall’art. 2359. Non si considerano, pertanto, gli effetti demoltiplicativi originati dai controlli a cascata, con un evidente semplificazione in termini di verifica della sussistenza del presupposto.

Si è detto che, ai fini del computo dei voti necessari per giungere al controllo, rilevano quelli spettanti a società controllate, società fiduciarie e persone interposte, mentre non vengono tenuti in considerazione quelli detenuti per conto di terzi. Pertanto, se una società Alfa possiede il 70% di Beta e il 40% di Gamma, e Beta detiene il 20% di Gamma, allora si può dire che Alfa controlla Gamma. Questo avviene perché, nonostante Alfa non sia in grado di raggiungere singolarmente la maggioranza dei voti, è possibile sommare la partecipazione detenuta da Beta in Gamma e raggiungere il requisito di controllo previsto dalla norma civilistica.

Affinché le percentuali spettanti alle società intermedie possano essere sommate a quelle della società residente, è necessario che quest’ultima sia in grado di influire sulle politiche strategiche delle interposte per mezzo del requisito del controllo. In caso contrario, infatti, l’intermedia si vedrebbero assoggettata alla disciplina sulle CFC a seguito di scelte operative intraprese da un soggetto terzo di minoranza. Pertanto, pur in mancanza di una specifica previsione normativa, si ritiene che qualora manchi il vincolo di controllo tra la società

Alfa

Gamma

Beta

97 residente e quella intermedia, i voti spettanti a quest’ultima non possano essere utilizzati ai fini della verifica del controllo indiretto sulla partecipata estera.

La disciplina sulle CFC distingue a seconda che la società controllata interposta sia localizzata in territorio estero oppure sia anch’essa residente in Italia. Nel caso di controllo indiretto tramite subholding estera, l’intento della norma è quello di imputare il reddito in capo al soggetto che si trova a monte della catena partecipativa (ovvero in Italia) in base alla quota di partecipazione indiretta posseduta nell’ente residente nello Stato a fiscalità privilegiata. Pertanto, a titolo esemplificativo, se Alfa possiede il 65% della società interposta Beta non residente la quale, a sua volta, detiene una partecipazione del 55% in una società Gamma situata in un Paese a regime fiscale di favore, allora il reddito prodotto da quest’ultima sarà imputato ad Alfa nella misura del 35,75% (ovvero il 65% del 55%). Se quindi l’effetto demoltiplicativo non rileva ai fini della sussistenza del controllo, questo entra in gioco al momento dell’imputazione dei profitti esteri.

Nel secondo caso, ovvero qualora la società residente controlli indirettamente l’entità localizzata nella giurisdizione a fiscalità privilegiata per mezzo di altre imprese residenti nel territorio italiano, la norma stabilisce che i redditi esteri debbano essere ripartiti tra i vari soggetti intermedi residenti in Italia in proporzione alle partecipazioni in loro possesso. In sostanza, pur ravvisandosi un legame di controllo indiretto tra l’entità estera e il soggetto residente a monte, i profitti provenienti dall’ordinamento a tassazione di favore devono

Alfa

(residente in Italia)

Gamma

(residente in un Paese a regime fiscale privilegiato)

Beta

(residente in un Paese estero a regime ordinario)

98 essere suddivisi pro quota tra le società residenti con legame partecipativo diretto, seguendo l’ordine della catena partecipativa. Così, per esempio, se un soggetto residente realizza un controllo indiretto mediante altre due società residenti in possesso l’una di una partecipazione del 30 % e l’altra del 25% nell’entità estera, allora il reddito deve essere imputato a codeste società sulla base di tali percentuali.

Si è detto che la condizione necessaria affinché la normativa trovi applicazione è l’esistenza di un legame partecipativo tra le imprese residenti nel territorio italiano. Da ciò ne discende che la disciplina in esame non si applica quando la somma algebrica dei pacchetti azionari detenuti da una pluralità di soggetti residenti configuri una partecipazione di controllo ma questi stessi soggetti non siano in alcun modo collegati tra loro.

Un altro caso di controllo indiretto potrebbe essere quello conseguito dal socio residente mediante una società estera con una stabile organizzazione in Italia alla quale sono intestate le partecipazioni nella controllata situata nella giurisdizione a bassa tassazione. Si tratta di un controllo realizzato mediante una stabile organizzazione italiana di una controllata non residente. Nonostante la particolarità della casistica, si ritiene possa trovare applicazione la soluzione adottata in precedenza, ossia quella in cui ci si trova in presenza di catena partecipativa composta interamente da soggetti residenti. Pertanto, il reddito estero

Alfa

(controllante residente in Italia)

Delta

(intermedia residente in Italia)

Gamma

(residente in un Paese a regime fiscale privilegiato)

Beta

(intermedia residente in Italia)

99 dovrebbe essere attribuito per trasparenza, non tanto alla società residente a monte della catena, bensì direttamente alla stabile organizzazione italiana134.

Infine, nella circostanza in cui il controllo venga integrato mediante interposta persona o società fiduciaria, è stato stabilito che il reddito debba essere imputato all’effettivo soggetto titolare della partecipazione per l’intera misura riconducibile all’interposto. Pertanto, se una società Alfa detiene il 70% di un’entità Beta, residente in un Paese a regime fiscale di favore, per mezzo di una fiduciaria o di interposta persona, gli utili esteri imputati ad Alfa saranno pari al 70%135.

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