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La codificazione delle conoscenze procedurali: la costruzione della copertura berbera

Chefchaouen

182 che guida e controlla dell’intero il processo e assicura al cliente e alla comunità la

qualità del processo di costruzione.

Il diagramma di flusso è quindi il risultato del processo di codificazione delle co- noscenze tacite, base per la definizione e la progettazione di innovazioni e mi- glioramenti dei processi locali e per la trasmissione delle conoscenze codificate mediante attività di formazione professionale sulle culture costruttive locali. L’analisi e la modellazione dei processi costruttivi tradizionali consente di indivi- duarne i punti critici rispetto alla qualità dei risultati non solo interni alla tecnica, ma anche in relazione ai cambiamenti dell’ambiente e del mercato in particolare: soltanto sulla individuazione delle criticità e dei rischi tecnici connessi è possible avviare processi di innovazione/miglioramento delle culture costruttive locali.

alternativa 1.1 della struttura primaria:

il processo di realizzazione della struttura portante con incavallature LEGENDA

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alternativa 1.2 della struttura primaria:

il processo di realizzazione della struttura portante con travi principali

alternativa 1.3 della struttura primaria:

alternativa 2.1 della struttura secondaria:

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Chefchaouen

Chefchaouen

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La lettura del tessuto costruttivo della medina di Chefchaouen mostra un palinse-

sto affascinante ove si sovrappongono linguaggi e soluzioni appartenenti a perio- di e saperi molto diversi, ma fondamentalmente risalenti ai due ceppi, l’autoctono, detto berbero, e l’andaluso.

Entrambi questi codici hanno lasciato impresse nelle murature dell’antica citta- dina del Rif i segreti e le regole di uno sforzo teso a dare sicurezza e identità all’abitare, i cui esiti sono assolutamente originali oltreché architettonicamente pregevoli. Le diverse culture hanno qui trovato una sapiente modalità di integra- zione ed ibridazione sino, forse, al momento in cui si sono dovute confrontare con la rivoluzione tecnologica, al salto fatale nella modernità che, come altrove, ha prodotto una crisi vera nel sistema di conoscenze e nella pratica costruttiva. Giudicare della qualità dell’impianto strutturale è operazione dunque comples- sa perché richiede di impossessarsi da un lato del lessico di base così come si è evoluto nel corso dei secoli ma dall’altro anche delle varianti e, soprattutto, delle forzature cui esso è stato sottoposto per assecondare esigenze ed urgenze di svi- luppo e di crescita urbana.

Ciò che soprattutto caratterizza la città di Chefchaouen è l’originalità delle sue strutture murarie. Intendiamo qui la parola in senso stretto, cioè pertinente al come si fa un muro, perché in questa pratica gli abitanti del Rif inventano un dispositivo efficace partendo da condizioni ambientali assai poco favorevoli. In un contesto geomorfologico segnato da precipitazioni e da attività sismica non è cosa banale realizzare setti solidi e resistenti partendo dalla disponibilità di una pietra piuttosto dura quando le conoscenze tecniche e le risorse energetiche sono

modeste (tipiche di un ambito rurale e povero). I maestri – maalem – locali hanno

messo a punto un processo costruttivo basato sull’assemblaggio di pietre appena sbozzate, dunque irregolari e difficili da sovrapporre, che riescono a costituire un solido con capacità strutturali grazie all’associazione con una grossa quantità di malta, un composto povero ottenuto dalla stessa terra di scavo arricchita con poche parti di calce. Questa miscela riesce, riempiendo le numerose cavità presenti tra i conci lapidei, ad offrire un mezzo idoneo al trasferimento dei carichi al suolo. L’efficacia di un tale dispositivo risiede tutta in due fondamentali caratteristi- che: da un lato, una distribuzione e composizione delle pietre a regola d’arte e, dall’altro, la permanenza ed affidabilità del tessuto connettivo del muro, cioè della

terra-legante. La regola nella collocazione delle pietre significa compresenza (e dosatura) di pezzature grandi e piccole e garanzia di un collegamento trasversale; l’affidabilità della malta dice della necessità di un riempimento costante (dei vuoti lasciati dalle pietre), stabile e ben idratato, senza di cui il muro non esisterebbe. A queste condizioni si può addirittura alludere ad una sorta di monoliticità della parete muraria, fatto che costituisce la premessa indispensabile per una resistenza ai terremoti del sistema.

La medina di Chefchaouen sorprendentemente realizza nel suo tessuto antico

queste qualità: la successione delle tinteggiature dalle mille sfumature, disposte sopra gli intonaci a calce, ci parla della preoccupazione di garantire all’impasto terroso la protezione adeguata (dalle piogge innanzitutto) e quella manutenzione costante senza cui il delicato dispositivo verrebbe meno.

Le numerose varianti che si rintracciano all’interno della medina non sono altro

che la declinazione di questo principio, più o meno riuscita a secondo dei momen- ti, delle capacità delle maestranze che l’hanno praticata, delle disponibilità della comunità del Rif.

Ma i requisiti di una buona costruzione non riguardano solo i muri; e qui l’ar- ticolazione delle prestazioni si fa più complessa e, se vogliamo, più disuguale. Se infatti nella realizzazione dei cantonali – elementi decisivi nel garantire una solidarietà tra le pareti della scatola – si apprezzano spesso soluzioni (in pietra lavorata o in mattoni) vicine alla regola dell’arte che richiede ammorsature efficaci (e da qui l’adozione di elementi squadrati dunque sovrapponibili), la realizzazione degli orizzontamenti ed il loro collegamento con il resto della compagine hanno esiti più problematici. I solai in genere sono tutti lignei (fino alla fine dell’ottocen- to) realizzati in semplice o doppia orditura (e completati con tavolato), talvolta sottodimensionati (e perciò imbarcati) ma mai in modo grave perché bisogna te- ner conto che le ampiezze dei vani, così come gli arredi, sono di modesta entità. Quello che manca sono dispositivi di ripartizione dei carichi, specie sotto le travi, e, soprattutto, elementi di collegamento con le murature verticali. In altri termi- ni sono scarsi i presidi antisimici che sfruttano le tessiture lignee dei solai per chiudere e rendere solidali le pareti dell’abitazione (provvedimento salutare per opporsi all’azione fondamentale di danneggiamento in caso di sisma, che è quella che fa ruotare i singoli setti verso l’esterno).