• Non ci sono risultati.

COHABITATION AREA

7

Età: Sesso: M

Paese d’origine: Italia

I: Mh…io ti descrivo giusto il mio raggio di azione, come ti dicevo prima, così sai anche un po’ l’ambito in cui muoverti, diciamo. Allora io lavoro al CIAC da un tot di anni, 7 anni…e…dal primo momento in cui sono arrivato mi sono occupato principalmente degli appartamenti e delle convivenze. Quindi questo diciamo è il mio raggio d’azione. Come sai il CIAC si divide per aree, adesso non te le sto a dire tutte…

E: No, le sappiamo, sì, sì, l’area legale…

I: …però, diciamo, c’è una parte che si occupa degli aspetti sanitari, una parte che si occupa dell’aspetto legale, una parte che si occupa dei progetti, l’amministrazione, l’area formazione e lavoro etc., etc. io mi occupo dell’area case e convivenze e sono il referente. Vuol dire che svolgo la funzione di raccordo con i colleghi delle altre aree….mh…per quello che riguarda sostanzialmente riportare all’interno dell’associazione quelli che sono gli aspetti che sono un

po’ la situazione generale, le problematiche di quest’ambito, e raccordarmi con loro su…eh…sulla programmazione. Per cui io, se c’è diciamo un piano a livello generale, poi riporto questo piano, queste decisioni, questi cambiamenti all’interno della mia area. Che al momento si costituisce di ….eh…uno, due, tre, quattro, cinque persone. Eh….cinque persone, sì. Di cui tre a tempo pieno e due un pochino…un po’ meno diciamo, hanno un monte ore più limitato diciamo. E…per cui le informazioni che ti riesco a fornire sono in quest’ambito. Ovviamente ti so dare anche delle informazioni di carattere generale però se vuoi dei dettagli più circostanziati ovviamente rispetto al progetto, o rispetto al discorso non lo so….sì, del progetto SPRAR a livello generale, a livello di sistema, sicuramente ci sono colleghi che ti possono dare dettagli maggiori. Io ti posso dare dettagli maggiori per quello che riguarda proprio la…il monitoraggio, la gestione degli appartamenti e delle convivenze che vi sono dentro. Quello è il nostro ruolo diciamo.

E: Allora adesso…già alcune risposte le hai date…e che cosa ti ha spinto un po’ a diventare operatore?

I: Ehm…dunque. Io conoscevo da…CIAC da molti anni, perché ho fatto l’università qui, ho studiato diciamo cooperazione tanti anni fa, per cui conoscevo un po’ la realtà del CIAC. Ehm…mi interessava l’ambito in cui operava, avevo già vissuto a Parma, per cui mi sono avvicinato all’associazione, e…loro in quel momento loro cercavano un operatore dedicato sugli appartamenti e…inizialmente in autonomia diciamo che ho…ho capito che tipo di lavoro era e…un pochino sono andato ad approfondirlo, fino a quel momento non c’erano operatore dedicato semplicemente perché l’associazione non lavorava per una macro area, diciamo, come lavora adesso…era un po’…tutti su tutto, funzionava così, funziona sempre così, un po’ all’inizio. Dopodiché da quel periodo in poi si è andata delineando un po’ la figura del responsabile per ogni area.

E: Da che anno specificamente? I: Eh…sai che penso che fosse il 2010. E: Ok

I: Per cui semplicemente ho chiesto se avessero bisogno, è capitato proprio in quel frangente che avessero bisogno di una figura di questo tipo e un po’…ho capito da solo quello di cui si trattava insomma, un po’ mi hanno aiutato i colleghi, un po’…

E: Quindi corsi…cioè avete fatto dei corsi?

I: Ho fatto delle formazioni…presso il servizio centrale all’inizio dopodiché ti dico che parte del nostro lavoro è un…qualcosa in itinere, che capisci facendo insomma. Molto è esperienza, più che formazione, dico la verità. Non ho…non ho la preparazione che avevo sette anni fa. Come in tutte le cose, però nello specifico in questo, sono andato cercandomele le cose, cercando di capirle.

E: Quindi al di là dell’intraprendenza e dell’esperienza, che comunque fanno, ci sono altre qualità che servono per fare il tuo lavoro o…?

I: Ehm…sì. Secondo me ci sono delle peculiarità. Che…che permettono di svolgere questo lavoro in maniera un attimo più centrata. Alcune…alcune magari ce le hai tu come indole, altre le vai sviluppando. Aggiusti un po’ il tiro col tempo. Eh…questo te lo dico anche perché ho cominciato da solo ma poi si sono andati affiancando altri colleghi negli anni. Per cui tu hai anche la possibilità di capire come investire nelle persone, cosa ti aspetti diciamo. Per cui…ehm…ci sono due aspetti sostanzialmente, c’è un discorso pratico, che riguarda l’appartamento, e un discorso più personale diciamo, come attitudine, che riguarda il monitoraggio, la relazione con le persone. Il nostro lavoro è assolutamente pratico, vuol dire che ci si aspetta dalle persone che siano…che riescano a cogliere il problema e a svilupparlo in maniera…con tempismo e con puntualità, sostanzialmente. I problemi, anche di carattere pratico. Dall’altro lato ci si aspetta la capacità d’interpretare…eh...le dinamiche che si svolgono negli appartamenti, nelle convivenze. Per cui c’è un doppio piano, diciamo. Eh…la

capacità d’interpretare anche le situazioni all’interno dell’associazione. Di capire come rapportarsi rispetto ad eventuali problemi, di eventuali dinamiche. Questo è un po’…eh…c’è chi in parte ingrana la marcia da subito, c’è chi ha anche necessità di tempo per capire come funzionano certe cose. Nel mio caso per esempio mi sento di dire un po’ e un po’. Ho un po’ maturato certe cose, sbagliando ovviamente, e un po’…mi sentivo abbastanza a mio agio. E un po’ ho avuto dall’associazione la possibilità di farlo. Mmh…mi sono state delle grandi opportunità e ho cercato tra virgolette di onorarle. Tutto qui. È un discorso di stima reciproca. E: Certo. E in tutto queste le difficoltà maggiori quali sono state finora? Se ce ne sono state. I: Allora….mh…la difficoltà maggiore secondo me ce l’hai quando non sei sostenuto dall’interno, quando ti senti mancare un po’ la terra sotto i piedi. Questo per fortuna…ad oggi al CIAC, penso sia avvenuto molto poco, quasi per nulla, direi. Nel senso che si ha la sensazione forte di avere delle persone che condividono insieme a te questo percorso, che non ostacolano…che non ostacolano il percorso di un altro ma cercano di sostenerlo…per cui eh…una volta che, come dire, metti del tuo, ricevi anche un po’…insomma il sostegno degli altri. Per cui, questa è la cosa fondamentale, insomma, sentire che hai la terra sotto i piedi, che sei sostenuto. Dopodiché le difficoltà principali…ci sono quando ci sono i problemi grossi in casa…e…quando ci sono delle situazioni molto impegnative che riguardano le persone…il lavoro si fa intenso. Quando ci sono delle dinamiche tra più persone in casa il lavoro si fa intenso, si fa difficile. Anche a livello di impegno, di presenza in casa, questa presenza deve aumentare, e anche qualitativamente deve migliorare. Nel senso che più di prima ti devi fare interprete di quello che sta succedendo per risolverlo e a volte per prevenirlo anche. Per cui questo soprattutto. Poi ci sono stati dei momenti intensi di…come ti avranno detto, forse, abbiamo avuto momenti di espansione notevole, negli ultimi anni per cui, c’è da tirarsi su le maniche e c’è da fare quello che c’è da fare, però questo penso faccia parte del lavoro in generale.

E: Adesso invece andiamo più nel dettaglio nel rapporto con i migranti. Ehm…prima di tutto come definiresti in linea generale il tuo rapporto con i richiedenti asilo?

I: Ehm…tendenzialmente, secondo me buono. Nel senso…ogni persona che arriva ovviamente….non pretendo assolutamente di fare tesoro assoluto di quello che ho fatto fino ad ora e di pensare di avere la chiave per gestire i nuovi rapporti che si vanno a creare, che si andranno a creare a breve, per dire. Questa chiave ovviamente non ce l’ho. Però…ehm….mi sento di dire che non è come i primi tempi, nel senso che adesso qualche strumento in più di analisi, d’indagine…ce l’ho. Ripeto: non è esaustivo, però un po’ di segnali siamo in gradi di interpretarli, diciamo. Per quello che riguarda il nostro ruolo, è stata sempre sottolineata la necessità che noi riportassimo in associazione un po’ quelli che erano i nostri sentori di quello che avvertivamo nell’appartamento. Ehm…per cui, come dire, fa parte anche del nostro tra virgolette mandato il fatto di riuscire a interpretare certe cose. Ci riusciamo, non ci riusciamo del tutto, non ci riusciamo fino a fondo, a volte non ci riusciamo tempestivamente, però qualche chance in più di cogliere dei segnali secondo me ce li abbiamo. E se non ce li abbiamo secondo me possiamo svilupparli. E se abbiamo dei dubbi possiamo riportarli ai colleghi. L’importante è non pensare di, ripeto, come ti dicevo prima, di avere la chiave in mano della situazione: non ce le hai. Perché non puoi prevenire certe situazioni, perché non sai cosa aspettarti, per quello che accade domani non è per forza qualcosa che hai già visto, nonostante l’esperienza, e per cui c’è sempre da tenere un po’ le antenne…un po’ essere fiduciosi di quello che si è fatto, un po’ sempre tenere le antenne belle…dritte.

E: Ma questo cambiamento è dovuto al fatto che cambiano spesso i richiedenti asilo nelle case?

I: Eh, sì.

I: Eh, il progetto dura sei mesi, poi può essere prolungato a un anno, abbiamo persone da un anno e mezzo. Dipende. Dipende un po’ dalle situazioni.

E: In questi sei mesi riuscite a stabilire una certa solidarietà, una certa, diciamo fiducia, anche sostegno? O è molto difficile quindi…dovete sempre appunto cogliere i segnali?

I: Eh…no. Come nei rapporti, in generale, nel senso…non c’è un metro che funziona necessariamente, come in tutte le relazioni eh….hai delle persone che…in cui noi abbiano notato negli anni che c’era uno scollamento rispetto a quelle che erano le proposte dell’associazione e… alcune, altre persone invece hanno subito, tra virgolette si stabilisce subito un feeling. Come in tutte le cose. Poi hai la possibilità con le persone che sono lontane di cercarle, di cercare di avvicinarle, ma poi…non puoi neanche forzare l’attitudine personale. Voglio dire, cioè…personalmente…sicuramente ci sono degli sforzi di…di richiamare un po’ la persona al progetto, a quelli che sono un po’…il classico discorso dei diritti e i doveri un po’ che li riportava al progetto. Poi c’è un…poi c’è un’attitudine individuale che non puoi forzare più di tanto. Nel senso che se la persona…comunque quello che dico spesso è: la persona ha un progetto di vita che prescinde da noi, anche. C’è un progetto di vita che comincia prima e che continuerà dopo. Per cui se decide di far coincidere, tra virgolette, il suo progetto di vita con quello che è SPRAR, con quello che è progetto, con quello che sta attraversando con l’associazione ok, lo può fare al 50%? Al 70? Al 100? Un po’ fa parte del nostro lavoro, un po’ della sua attitudine, un po’…anche di quello che è il suo progetto. Magari il suo progetto non è necessariamente sullo stesso binario del nostro, a un certo punto si stacca, a un certo punto ci si rendo conto che non è congeniale, non è proficuo, non lo so. Ci sono delle persone che…non lo so, hanno bisogno di trovare lavoro in un altro luogo, il progetto finisce, trovano un altro lavoro (?), hanno altre possibilità. Perché c’è anche quella possibilità, poi ce ne sono altre. Per cui…eh…dipende, però….però sicuramente cambiano le cose.

E: Ho capito. Mh, quindi, considerando che cambiano sempre, tu hai delle aspettative nel momento in cui incontri un richiedente asilo o…? pensi che loro abbiano delle aspettative nei tuoi confronti e tu hai delle aspettative nei loro confronti?

I: Ehm…più che aspettative parlerei di contratto (risata), nel senso noi abbiamo un contratto di accoglienza. Aspettative sembra una cosa un po’ per cui io da te mi aspetto necessariamente qualcosa. Io, mettiamola così, poi è un atteggiamento, forse altri colleghi la vivono in maniera diversa, io non mi aspetto niente in senso stretto. Eh…io mi aspetto soltanto che tu ti attenga a quello che hai concordato con noi. Che eri liberissimo di scegliere. È una bella possibilità quella del progetto, però eh…ci sono delle cose a cui ti devi attenere necessariamente, e io mi aspetto che tu ti attenga a queste cose. Sia all’interno dell’appartamento, sia negli accordi all’interno del progetto, con gli altri colleghi. Per cui sei tenuto a darmi un ritorno, tra virgolette. Sei tenuto nella misura in cui accetti il contratto, poi puoi anche disdirlo, puoi anche dire: “guarda, ci ho ripensato, stop ciao”. Però…mi devi permettere anche di fare il mio lavoro. Per fare il mio lavoro ho bisogno di un ritorno da parte tua. Per cui…sei tenuto a farlo da un certo punto di vista.

E: Certo. Ehm…se questo ti è mai capitato di sentire, o se te ne hanno parlato, se i richiedenti asilo in qualche modo valutano la figura dell’operatore, in un qualche modo per esempio utile, inutile o…degno di fiducia…

I: Assolutamente sì! (detto con intensità) Assolutamente sì. Cioè, io svolgo la funzione di operatore per loro, io svolgo la funzione di responsabile per l’appartamento, cosa vuol dire questa cosa? Non vuol dire una cosa soltanto, può voler dire tante cose, dipende da cosa vedono nella mia figura. Io penso che io ho altri colleghi, io svolgo esattamente la funzione che svolgono i miei colleghi nell’area ehm…e sono sicuro che i beneficiari guardino i miei colleghi e da un certo punto di vista non guardano me (?), da un altro punto di vista in maniera diversa, perché loro hanno un altro modo di rapportarsi, un altro modo di presentarsi,

un altro modo di gestire i problemi. Noi abbiamo una linea su cui cerchiamo di stare tutti quanti, delle…delle cose di massima a cui attenersi, voglio dire. Non è che un può prendere e decidere…mh per sé punto. Ci si deve attenere un attimo a quella che è la linea dell’associazione. Da un altro punto di vista, ovviamente ognuno ha un approccio personale, essendo ognuno un operatore diverso. Eh…per cui loro si rifanno, si devono rifare da un certo punto di vista a una linea generale, cioè sanno che tu operi così, perché sei tenuto a parlare così e i tuoi colleghi opereranno così. Da un altro punto di vista ovviamente tu rimandi dei messaggi e quelli dipendono da ognuno di noi. Io mi aspetto che loro sentano, come dire, avvertano che c’è una figura, è una figura di monitoraggio, è una figura a cui possono riportare problemi, con cui possono parlare, come anche gli altri operatori…è una figura, certo a volte ,anche di controllo per certi versi, è una figura a cui sono tenuti a rifarsi e a riportare quella che è la situazione della casa le cose, che vanno, le cose che non vanno, le difficoltà, per cui devono avvertirla, e se non l’avvertono è un problema, perché…l’appartamento d’accoglienza non può essere un appartamento in cui uno fa come a casa sua, perché non è casa tua, la verità. È …cioè ti renderai conto che non è come casa tua e non potrai stare come a casa tua. Questa è una cosa che o la scopri oggi o la scopri domani…ma nella mia funzione c’è anche il fatto che tu presto o tardi te ne accorgerai. Senza incutere (parola poco chiara) timore, però ci sono, c’è un range all’interno del quale tu starai se vuoi stare nel progetto. Questo o lo avverti o oppure è difficile che s’instauri un rapporto di fiducia con l’operatore.

E: Ho capito. Ti è mai capitato di avere delle situazioni di conflitto in cui loro chiaramente ti dicevano cosa pensavano di te, valutandoti come operatore?

I: Molto raramente. Molto raramente. Non…personalmente cerco di non dare adito a queste cose. Un po’ forse sono stato fortunato, un po’ mi è riuscito di…questa cosa qui di…di limitarla o di evitarla. Però tendenzialmente non vanno mai sul personale, anche il conflitto con l’operatore non è alto, personal…lo dico sinceramente. Perché…io applico quelle che sono delle regole che abbiamo convenuto, e a cui tu sai, se sei un minimo cosciente della cosa, che a queste devi attenerti. Se vuoi entrare in un rapporto di conflitto bene…ma non mi sembra una scelta molto proficua per te. Perché…perché funziona così il progetto, se ci vuoi stare è così, se non ci vuoi stare è così uguale. Se ti va di avere un rapporto negativo, cioè d’incrinare il discorso, incrinalo pure, però non mi sembra…che funzioni, e non andrà avanti a lungo questa cosa.

E: Quindi hanno mai mostrato…se hanno mai mostrato della resistenza nell’accettare delle regole o…la figura dell’operatore.

I: Eh…c’è un rapporto…non c’è un rapporto sempre diretto. Io son convinto che quel ruolo, per molti l’operatore, o soprattutto quello che gli va a rovistare in mezzo alla casa o a star lì in casa…cioè sia una rottura di scatole. E probabilmente forzano anche la situazione, alcuni eh, ovviamente, forzano la situazione finché è possibile. E…per cui, non è che ci sia sempre, assolutamente non c’è una percezione di una persona a cui bisogna dare rispetto etc., magari un rompiscatole, uno che faccio il minimo possibile per non intaccare, per non venire in conflitto, e…così. Cioè una figura che è un po’ circoscrive, limita un po’ il mio…quello che io farei nell’appartamento diciamo, che magari sarebbe a,b,c,d,e,f, cioè non so quante cose, ma lui me lo circoscrive per cui io più in là non posso andare, e quindi è un rompiscatole. Dopodiché a me interessa relativamente se io passi da rompiscatole o da amico. M’interessa relativamente.

E: Come affrontano la convivenza con gli altri richiedenti asilo?

I: Eh…dunque. Tendenzialmente la nostra funzione è anche quella di cercare di ehm…di creare delle condizioni per la singola persona che stia bene in casa. Per cui ognuno è tenuto di suo a cercare queste condizioni di piano (?) per sé e per gli altri. Per cui la prima cosa a cui ti devi attenere è che le cose siano un attimo civili in casa, non…non diventino troppo

conflittuali. Loro hanno la possibilità di ehm…di chiamare se le cose non van bene, e se loro sono tenuti a chiamare e ad avvertirci e a informarci se le cose non van bene. Non possono risolvere dei problemi grandi, ovviamente i piccoli screzi sicuramente fan parte, cioè ne parli con l’altra persona e risolvi (?). Ma dei grandi problemi e delle grandi problematiche no, tu sei tenuto a rivolgerti a noi. Li rielaboriamo insieme, utilizziamo gli strumenti del caso, solitamente sono delle riunioni presso l’appartamento o presso l’associazione, e tramite questi strumenti la cosa si cerca di svolgere e di rielaborare, di risolvere. Tu sei tenuto ad instaurare dei buoni rapporti con le altre persone. Come dicevo prima: non sei tenuto a diventarci amico, ovviamente. Sei tenuto a rispettare un minimo di cose perché la convivenza sia…sufficientemente serena. E questo si raggiunge rispettando principalmente il regolamento della casa, rispettando il ruolo dell’operatore e sapendo che tutti avete un cordone di regole a cui vi dovete attenere. Per cui io non posso (parola poco chiara). Se ho problemi con te, alzo la mano e domani ne parliamo in ufficio.

E: Ho capito. Ci sono mai stati dei problemi proprio…a livello pratico nel senso evidenti

Documenti correlati