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TRANSCRIPTION OF THE INTERVIEW TO CIAC ONLUS WORKERS. HEALTHCARE AREA

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Età: 28 Sesso: F

Paese d’origine: Italia

Eleonora: Allora…quindi, da quanto tempo svolgi questa professione, quella dell’operatrice? Interviewee: Sono da due anni e mezzo…sì.

E: Due anni e mezzo…ok. E cosa ti ha spinto a diventare operatrice?

I: Io ho cominciato…ehm…subito, poco dopo l’abilitazione perché finito l’università c’è un anno di, come l’avvocatura, c’è un anno di tirocinio per l’abilitazione e poi c’erano dei centri che erano in apertura sul mio territorio….ho fatto dei colloqui, quando ho iniziato un po’ insomma, anche a digiuno, nel senso che sapevo di cosa si trattava ma non avevo fatto studi specifici, quindi diciamo che mi sono formata lavorando e….ed ero responsabile di struttura nella, nel…nel CAS, dove stavo prima…e poi ho deciso di continuare perché è un ambito che...che mi interessa, sono sempre stata appassionata di lingue ma anche di incontri con persone che, insomma, fossero provenienti anche da culture diverse quindi è una cosa che mi è sempre piaciuta e ho cercato anche di trovare…anche per la formazione che ho è anche una combinazione interessante, no? E quindi….mi piaceva, mi piace approfondire e sto ancora insomma formandomi su i due fronti, no?...però….

E: Certo! E hai frequentato qualche corso per diventare operatrice..?

I: Ho fatto formazione sia durante il servizio civile sia formazioni quando ero giù...presso associazioni che già si occupavano di migrazione…ho fatto formazione qua a Bologna con…ehm…aspetta come si chiama quella di Bologna?...non mi viene il…hanno fatto una formazione a Bologna su…ehm aspetta ce l’avevo stamattina in mano, eh, il plico del...della formazione…don? Salute donna? Non so se la conosci…comunque…hanno fatto la formazione specifica sulla tratta anche a novembre scorso…

E: Mh-mh

I: E…poi c’è il centro Frantz Fanon, e ho fatto delle formazioni lì...e con il Melting Pot di Padova ho fatto delle formazioni.

E: Interessante. E…Ehm… pensi che siano necessarie delle conoscenze particolari per fare questo lavoro o…?

I: Rispetto al fenomeno sicuramente. Anche per orientarsi un attimo su…il tipo di utenza che s’incontra no? Avere anche un minimo di conoscenza da un punto di vista…legale di come funzionano le leggi italiane…di come funziona il sistema di accoglienza in generale.

(E: Mh-mh)

I: E…penso che questo sia, diciamo, la base per poter poi lavorare, cioè sapere insomma di che si tratta.

E: Certo.

I: E avere anche dei riferimenti su come viene gestita l’accoglienza in Italia, per avere un’idea della cornice in cui ci si muove. E poi sicuramente, per fare questo lavoro, come anche le altre professioni di aiuto, ci vuole un propensione, ci vuole sicuramente una formazione continua, nel senso che comunque fare un lavoro in cui sei…anche…in prima persona no? E c’è un coinvolgimento anche personale, quindi è importante sapersi...conoscersi un po’ e sapere…avere…lavorare con la relazione no? È questo quello che si fa, e quindi…e sicuramente la mia formazione di base mi permette anche di …

(E: Certo)

I: di avere delle…dei pilastri no? A cui appoggiarmi da questo punto di vista. E: Certo. Quindi, tu mi hai detto che non hai iniziato con CIAC inizialmente…

I: No, no, no, no. Ho iniziato con una cooperativa che era romana però aveva delle sedi in diversi parti d’Italia, tra cui ad Avellino.

E: E … quindi da quanto tempo lavori con CIAC?

I: Con CIAC sono… ho cominciato il Servizio Civile a novembre dell’anno scorso, e sono stata assunta a luglio.

E: Ok. E rispetto, diciamo, al lavoro che facevi prima nel CAS di Avellino, c’è stato un passaggio, nel senso che hai riscontrato delle differenze significative…?

I: Da un punto di vista di prassi sicuramente, nel senso che…anche come ruolo, era un ruolo diverso nel senso, io prima, essendo responsabile di struttura…prima di tutto è un territorio completamente diverso, in cui la migrazione è un fenomeno, questo tipo di migrazione, è un fenomeno abbastanza recente, e quindi lì erano un po’ tutti a digiuno, sia i servizi che le amministrazioni e quindi era complicato riuscirsi anche a …a interfacciare proprio con le istituzioni, perché c’era proprio una carenza d’informazioni di base. E poi lì avevo più anche un ruolo di gestione della struttura…una struttura di 53, una struttura maschile di 53 persone, con un équipe di 6/7 persone, però c’era…cioè, era portato avanti in maniera completamente diversa, c’era poca formazione nel senso che anche le persone che c’erano dentro erano persone che non avevano precedenti esperienze, quindi è stato anche un po’ complicato orientarsi all’inizio…sul territorio c’è poca organizzazione anche a livello associativo, ma proprio di conoscenza del fenomeno è un cosa che…

(E: Ma dai)

I: …all’epoca era molto...molto recente, le zone dell’entroterra irpino, Avellino, quelle zone lì, che è una realtà già di base molto diversa dal napoletano, per esempio no? Da Napoli, Caserta, è una realtà molto diversa, molto più chiusa e quindi è…non c’erano proprio gli strumenti inizialmente. Quando sono arrivata qua la differenza è stata abissale, nel senso che poi CIAC ha un’esperienza … ventennale, e quindi … ci sono anche delle…dei servizi dedicati sul territorio, cioè è un tema che è molto sentito, ma che c’è stata un’evoluzione nel tempo no? Per me è anche stato molto formativo soprattutto nei primi mesi che… nel senso che ho conosciuto una realtà completamente diversa quindi anche…ma anche nei servizi, voglio dire, c’è una sensibilità per quanto ci siano… permangano dei limiti, però c’è una capacità anche d’interfacciarsi con gli utenti.

E: Certo. E… riscontri delle difficoltà nello svolgimento del tuo lavoro, in linea generale? I: Ma in generale…sicuramente… si può far sempre meglio (ridendo), nel senso che le difficoltà son legate anche… c’è una varietà di utenza, nel senso che non solo ogni utente è a sé ma ci sono anche persone con storie molto diverse, per esempio nei primi (?) progetti SPRAR entrano persone che magari hanno già dei percorsi avviati in Italia, oppure allo stesso tempo può arrivare qualcuno che invece è appena arrivato sul territorio, quindi … ehm … faccio difficoltà a risponderti perché ci sono davvero differenti modalità sia di avere a che fare con gli utenti ma anche di …di …del tipo di lavoro che si fa. È diverso.

(E: Certo)

I: Sicuramente con i servizi… è un lavoro…CIAC ha un missione proprio, anche a rispetto al territorio, mi viene da dire (ridendo), nel senso che … si fa molta attenzione a creare … a far crescere il territorio quindi a creare dei rapporti che siano con i servizi, ma che siano anche con i comuni e spesso non è facile, nel senso che ogni realtà poi ha le proprio regole interne quindi riuscire a dialogare non è sempre così…così semplice, in particolare per …per il lavoro, insomma, che faccio io con l’équipe sanitaria interfacciarsi con i me…con il mondo medico certe volte è un po’ complicato nel senso che si usano anche dei… punti di riferimento diversi quindi si fa fatica a volte a … sia dal punto di vista delle risorse no? Sia

dal punto di vista delle priorità c’è sempre da…dover trovare un compromesso e non è sempre scontato e facile

E: Certo

I: Soprattutto quando i me… per esempio mi viene in mente no? Il…delle difficoltà le abbiamo avute nella provincia di Parma con i medici di base, nel senso che sono…persone che poi, afferiscono ai servizi del territorio, quindi le persone che sono in accoglienza hanno il servizio dedicato, qui allo Spazio Salute per gli immigrati, non so se lo conosci.

E: Mh-mh, sì, sì

I: Poi chi ….hanno tutti diritto all’assistenza sanitaria quindi gli viene …gli indicano un medico di base, sul territorio dove sono. E spesso non ….capita che i medici non abbiano dimestichezza con queste tematiche e un po’ per la diversità della lingua, ma un po’ in generale di trovare no? Una linea di, un canale di comunicazione non è sempre facile, e quindi un po’ loro si sentono anche sovraccarichi di un lavoro che forse non sentono inizialmente di loro pertinenza, no? Come se fosse un compito di qualcun altro, in realtà è il territorio che deve crescere no? Quindi…

E: Certo

I: ….questo poi ha a che fare con la direzione dell’ASL sulle formazioni interne che potrebbero fare ecc. ecc., però insomma cerchiamo quindi di…anche di trovare no? Di…anche il CIAC, con l’esperienza che ha, di mettersi anche a disposizione, no?, quindi di incrociare le rispettive competenze.

E: Certo…E invece i momenti…gli aspetti più importanti, diciamo, i momenti più importanti dello svolgimento del lavoro quali potrebbero essere?

I: Mah, sicuramente il…mi...mi viene da dire anche i primi contatti con…con l’utente, no? Il momento di conoscenza e l’impostazione dei progetti…

E: Certo

I: Quello…quello è il momento fondamentale, nel senso che quando s’incontra la persona ci rende conto anche di quale può essere la progettualità e qual è l’impegno da parte dell’utente, da parte di CIAC bisogna mettere per raggiungere determinati obbiettivi, che sono poi condivisi, nel senso che si decidono insieme alla persona…e quello penso che sia il momento più importante, poi da lì riuscire anche ad avere un’idea di quello che sono, diciamo, un po’ più su larga scala le esigenze no? Per poter poi, appunto, interfacciarsi con i servizi e creare delle collaborazioni che siano utili poi al raggiungimento degli obbiettivi.

E: Certo

I: Non so se ti ho risposto

E: Sì, sì assolutamente. Adesso passiamo più alla parte del rapporto tra l’operatrice e il migrante, quindi bene o male come definiresti il tuo rapporto con i richiedenti asilo? Di…fiducia, sostegno, oppure d’imbarazzo…diffidenza…

I: Sicuramente nelle prime fasi c’è imbarazzo e diffidenza, come, insomma, in tutte le relazioni nascenti. Quello che si cerca di fare è di creare un rapporto di fiducia per cui la persona riesca poi in questa cornice a …a chiedere, insomma, a fare delle richieste e anche a …a proporre delle risorse, no? Delle…delle competenze, che emergano delle competenze della persona. E…quindi ci sono tutte e due, è anche un percorso un po’ per fasi.

E: “Certo. E … cosa si aspettano i richiedenti asilo da un operatore e, viceversa, un operatore da un richiedente asilo?”

I: Questo dipende anche molto dai percorsi delle persone. Nel senso che le persone che sono sul territorio o che hanno un legame, per esempio, forte con le comunità raccolgono delle informazioni, quindi c’è qualcuno che arriva con delle idee già chiare e quindi anche con delle richieste, che possono essere abitative, quindi di entrare in progetto per una…per avere un posto dove dormire, oppure chi entra in progetto con l’idea di avere assistenza per i documenti, insomma, poi sul territorio ci sono tanti servizi, c’è lo sportello solo per i

documenti, insomma la rete è vasta. Però dipende, appunto, da quale esperienza hanno fatto e soprattutto (da) quali informazioni hanno reperito. Di solito…sì, nel senso, è una…inizialmente è una richiesta di supporto economico, abitativa.

E: Quindi la differenza, diciamo, nelle loro aspettative dipende molto dalla loro esperienza… I: Sì, dipende… sì, dipende da che…da quali sono anche le motivazioni del viaggio, da se sono stati o meno in accoglienza precedentemente, se sono stati in carico ad altri servizi, se conoscono il territorio, se hanno legami con la comunità del posto. Perché poi non tutte le persone che vedi, cioè, ci sono persone che magari non entrano nel circuito ma che riescono, attraverso le conoscenze, attraverso la comunità a crearsi anche…facendo riferimento magari allo sportello per i documenti, insomma senza entrare in progetto.

E: Certo. E i richiedenti asilo hanno fiducia nelle indicazioni degli operatori o mostrano a volte resistenza o diffidenza nell’accettarle?

I: Ehm…tutte e due! (risate) nel senso che di diffidenza ce n’è, nel senso che …mah, un po’ per le esperienze che… la maggior parte delle persone che arriva da noi ha esperienze di rapporti umani non sempre così…positive insomma e quindi…riuscire ad affidarsi a qualcuno che appartiene a una cultura differente e che...in un mondo che è un po’…tutto burocratizzato e quindi la difficoltà anche nell’entrare in determinati meccanismi no? Al…all’utilizzare le richieste scritte, queste cose qua si fa fatica, nel senso è un mondo faticoso da questo punto di vista, come pratiche che sono completamente sconosciute, spesso. Poi, ripeto, dipende dai percorsi delle persone, dal livello di alfabetizzazione, ci sono tante variabili. In generale i primi momenti sono un po’ di diffidenza. E anche quando la persona si affida completamente all’inizio bisogna un po’stare attenti, nel senso che poi bisogna essere…stare attenti a creare un’illusione salvifica, no? Nel dire: “sì, adesso entri in progetto e andrà tutto meravigliosamente” no? Eh, non è così, nel senso che ci sono tante variabili e quindi le persone non vanno nemmeno illuse del fatto che il progetto può essere la risoluzione dei problemi.

E: E…tu mi hai detto che ti occupi dell’area salute, giusto? Dell’area sanità. (I: Sì)

E: Quindi, sono in molti i richiedenti asilo con problemi di salute gravi?

I: Ehm…sì. C’è un’incidenza…spesso di… dovuta a problemi legati al viaggio, quindi alle percosse, alle torture subite durante il viaggio e anche a… condizioni igienico-sanitarie scarse e … quindi spesso, quando poi arrivano, con i servizi che ci sono sul territorio come lo spazio salute, si fanno degli screening. Spesso le situazioni più gravi sono legate a torture e a condizioni igienico-sanitarie scarse, dovute, appunto, al viaggio e a …alle modalità con cui viene…fatto.”

E: “Ed essendo un argomento delicato succede che i richiedenti asilo si rifiutino di parlarne o…o magari abbiano anche difficoltà a comunicare un bisogno?

I: Succede frequentemente, anche che determinate cose vengano fuori magari col tempo, quando si è creata una relazione di fiducia e quando poi c’è lo spazio quindi per condividere determinate cose. Così come può accadere che invece ci sia un bisogno, diciamo, urgente e quindi (che) la cosa emerga subito.

E: Certo

I: Però in generale determinate cose vengono fuori dopo se non hanno urgenza medica, diciamo.”

E: Ho capito...Ed è mai successo che un richiedente asilo, invece, vi parlasse del problema di un altro richiedente asilo, che aveva magari imbarazzo…a parlarne?

I: Che parlasse per qualcun altro?

E: Sì, esatto, cioè, che ne avete…ne siete venuti a sapere tramite un altro richiedente asilo.. I: Sì, questo spesso succede soprattutto…non nella mia esperienza ma negli sportelli per esempio. Quando ….si vanno a chiedere informazioni per conto di qualcun altro. Di solito

quando qualcuno entra in progetto il rapporto è abbastanza diretto, quindi…è difficile che succeda questa cosa qui.”

E: E…ci sono differenze per quel che riguarda, ecco, visto, appunto, che dicevo della differenza tra CAS e SPRAR, se ci sono differenze per quel che riguarda, appunto, questa cosa del confidarsi, se avveniva più spesso, se avviene più spesso in questo progetto o… I: Allora, il CIAC lavora con una prassi molto simile, nel senso che anche per i posti CAS che ci sono al CIAC si lavora con la stessa modalità dello SPRAR.

E: Mh, mh.

I: Quindi, diciamo, le prassi sono abbastanza equiparate e...rispetto in generale a come funzionano i CAS, c’è un funzionamento un po’ diverso, nel senso che non ci sono le risorse che ci sono per lo SPRAR anche se lo SPRAR ha un tempo minore…però…sì, c’è una differenza, ma che è anche legata proprio alla normativa, insomma….sì, direi che c’è una differenza, però, ti ripeto, la mia esperienza è anche legata a un territorio molto diverso, quindi l’esperienza che ho del CAS indiretta qui è un CAS anche molto diverso da quello che ho vissuto io, nel senso che qua c’è un controllo maggiore della prefettura, sono prassi un po’ più comuni, no? Cioè, il livello generale è un po’ più alto perché c’è una preparazione anche dei servizi diversa, quindi si riesce bene o male a mantenere uno standard migliore, sicuramente.

E: E…ecco invece adesso entriamo un po’ più nel, diciamo, discorso comunicazione… I: Mh

E: Quindi che cosa significa per te relazione interculturale e, poi, come si verifica la relazione interculturale effettivamente nel lavoro?

I: Mh….spiegami meglio la domanda.

E: Diciamo, come si manifesta la differenza culturale nella comunicazione...

I: Ehm…indubbiamente il ruolo del mediatore è fondamentale….nel senso che….soprattutto….sia nei primi momenti di conoscenza, ma anche successivamente su delle questioni particolari, soprattutto quando parliamo di salute, è indispensabile la figura del mediatore. Sicuramente i mondi culturali che si incontrano su queste tematiche, che sono molto personali, delicate, c’è un proprio un bisogno, no? Di qualcuno che faccia da ponte…Sicuramente ehm…c’è bisogno di quel rapporto di fiducia perché spesso succede che delle ehm…anche le incomprensioni rispetto a come funziona per esempio qui la sanità non vengono fuori subito perché un po’ non si comprende bene come funziona e un po’ si ha anche paura del giudizio rispetto a…per esempio, io in particolare seguo le donne con i bambini e spesso anche sull’accudimento dei figli c’è questa distanza culturale, no? Quindi la pediatra vede le cose che un po’ giudica quindi la donna metto in atto un comportamento davanti alla pediatra che poi a casa non porta avanti. Quindi c’è sicuramente una distanza da questo punto di vista. Il nostro ruolo è anche cercare, no?, quale può essere la…il compromesso migliore per tutte e due, nel senso che vanno un po’…sono due mondi che vanno un po’ avvicinati. Secondo me c’è tanto da imparare da tutte e due le parti. Questo indubbiamente, perché poi anche nel...nell’accudimento dei bambini…io lo dico sempre che dovremmo farlo, lo stiamo pensando un progetto di…sulla maternità anche rispetto a queste tematiche qui. E…però sì, la mediazione è importante, anche per…l’assunzione dei farmaci, la medicina naturale, quindi quali sono i rimedi…a cui loro sono abituati, no? Quali sono quelli che ritengono più giusti, ma anche come interpretano le proposte mediche che vengono fatte qui. Quindi, cioè, sicuramente la mediazione…è fondamentale

(E: Certo. È importante.)

E: E invece tu direttamente…pensi, quando…quando vedi appunto, quando parli con un richiedente asilo ritieni di adattare i contenuti di quello che dici alla sua cultura, quindi tieni conto della sua cultura…in base…per appunto…

I: Mah, in generale si cerca d’incontrarsi, no? Quello che…avere una conoscenza vaga della cultura di riferimento è sicuramente una risorsa, nel senso se io so più o meno quali sono i criteri di significato che usa la persona magari posso fare dei passaggi più veloci. Però non è detto. Cioè, la cosa migliore, in generale, sarebbe riuscire ad avere a che fare con le persone sempre con una certa apertura, no? Quindi non dar niente per scontato, anche se io ritengo di sapere un po’ come funziona e quindi questo mi può aiutare, di cercare di…di aprire no?, Quindi di discutere di quello che succede e creare il clima giusto per cui la persona possa poi fare delle…delle domande, no?

E: Certo. Adesso passiamo, appunto, al ruolo del mediatore. Quindi innanzitutto la relazione con te. Ehm…come definiresti il tuo rapporto con i mediatori e che cosa si aspettano sia i mediatori da parte degli operatori e anche viceversa. Se ci sono insomma delle aspettative. I: Ehm…..in generale, si lavora meglio quando ci si conosce. Nel senso, quando c’è un…rapporto con il mediatore o comunque anche un minimo di conoscenza pregressa, o comunque di condivisione delle modalità e degli obbiettivi è più semplice. Nel senso, i colloqui hanno anche, fluiscono in maniera più veloce. E….quando questo non c’è…di solito io vedo il mediatore un po’ prima, se ho un colloquio che ha una finalità particolare, se è un colloquio di conoscenza meno, perché poi anche i mediatori che abbiamo hanno un po’ di esperienza, no? Nel ruolo, nello stare nel ruolo. Sicuramente ehm…è complesso

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