gna vengono negate o rimosse, provocano lo sviluppo di meccanismi difensivi che isolano progressivamente dall’esterno, inducono a respingere ogni elemento dis- sonante rispetto alla propria patologica visione del mondo, e così attenuano il principio di realtà fino ad abolirlo del tutto. La capacità di provare vergogna de- cade con la decadenza della civilizzazione. E la mancanza della vergogna accelera questa decadenza, perché la capacità di provare vergogna (individuale e colletti- va) è un elemento fondativo di tutte le aggregazioni sociali».
112 Cfr. A
NOLLI, La vergogna, cit., p. 37.
113 Gli studi che hanno cercato di individuare precise tipologie di situazioni
generative, rispettivamente, di colpa o di vergogna non hanno prodotto risultati significativi, dal momento che lo stesso tipo di circostanze sembra indurre in in- dividui diversi indifferentemente (prevalente) colpa o (prevalente) vergogna; al più può essere affermato che, mentre la colpa appare più strettamente legata a ciò che viene percepito come una trasgressione ‘morale’, la vergogna sembra pre- sentare un perimetro più ampio, ricollegandosi sia a trasgressioni di natura ‘mo- rale’, sia a ‘fallimenti’ privi di tali implicazioni. Cfr. TANGNEY-STUEWIG-HAFEZ, op.
cit., p. 706 s., ove anche altri riferimenti bibliografici. 114 Cfr. P
ANDOLFI, La vergogna, cit., BATTACCHI, Vergogna e senso di colpa, cit., p. 81; RIGOTTI, L’onore degli onesti, cit., p. 47.
115 Cfr. E
LSTER, Alchemies of the Mind, cit., p. 149; ANOLLI, op. cit., p. 33 ss.; BATTACCHI, op. cit., p. 31; PANDOLFI, op. cit., p. 13; BELPOLITI, Senza vergogna, cit.,
p. 16; TAGLIAPIETRA, La forza del pudore, cit., p. 37.
116 Cfr. A
NOLLI, op. cit., p. 34 ss.: la socialità costituisce una doppia caratterizza-
zione di queste emozioni, che da un lato sono ‘sociali’ in quanto sono l’esito di un processo di socializzazione e si producono esclusivamente in un contesto di rela- zione sociale, e dall’altro sono ‘sociali’ in quanto presiedono alla regolazione dei rapporti sociali e hanno un effetto immediato e concreto sulle reti dei rapporti so- ciali dell’individuo. Cfr. altresì BELPOLITI, op. cit., p. 15; BATTACCHI, op. cit., p. 31.
co
117– ci ha ormai da tempo abituati all’idea che caratteristica preci-
117 Secondo l’impostazione interazionistica, riconducibile alle lezioni di G.H.
MEAD (Mente, sé e società, Milano, 2010, passim, in part. p. 113 ss., 203 ss. e 347 ss.) e all’opera di sistematizzazione e rielaborazione di H. BLUMER (Interazioni-
smo simbolico, Bologna, 2008, passim, in part. p. 33 ss.), la realtà in cui ciascun
essere umano opera è una ‘realtà simbolica’, ovvero una realtà che l’individuo stesso dota di senso mediante la creazione e l’apprendimento di significati nella conti- nua interazione sociale con altri. I significati condivisi dai componenti di una medesima comunità devono essere identici per ogni soggetto dell’interazione, af- finché la comunicazione e la cooperazione siano possibili ed efficaci. Tale uni- formità di significati o ‘mondi simbolici’ è assicurata dalla capacità, propria della mente umana, di assumere il ruolo altrui, e dalla conseguente, successiva stratifi- cazione dell’autorità del gruppo nel proprio Self. Questo Self (Sé) non è presente nell’individuo fin dalla sua nascita, ma fin dalle primissime interazioni sociali inizia a formarsi, ed è il prodotto delle attività sociali della persona, in continua evoluzione. Il suo tratto caratterizzante è la riflessività, ossia la capacità di essere soggetto e insieme oggetto, di essere contemporaneamente sguardo che osserva e si osserva. Ciascuno di noi, per potersi guardare, deve, in un certo senso, ‘uscire da sé’ e contemplare se steso dal punto di vista di un altro (un’idea ricorrente an- che nella filosofia contemporanea: si veda, anche per ulteriori riferimenti biblio- grafici, MELCHIORRE, Corpo e persona, cit., p. 1 ss.) – individuo o gruppo – di cui assume il ruolo. La riflessività, dunque, consiste nella capacità di ogni essere u- mano di agire verso se stesso come gli altri agiscono verso di lui, che permette a ciascun individuo di prevedere la reazione del partner dell’interazione in risposta al proprio gesto significativo, e adattare quindi la propria linea di condotta. Si tratta di un tipo di relazione circolare (sul complesso concetto di ‘causalità circo- lare’ o ‘cibernetica’ si rinvia, per brevità, oltre che alla fondamentale opera diG. BATESON, Verso un’ecologia della mente, Milano, 1976, in part. p. 363 ss. e 435 ss., a FORTI, L’immane concretezza, cit., p. 374 e 426 ss., e a G. PONTI-I. MERZAGORA
BETSOS, Compendio di criminologia, Milano, 2008, p. 22 s., ove anche ulteriori ri- ferimenti bibliografici), per cui il soggetto, modificando l’ambiente sociale, a sua volta ne risulta modificato. Il Self, quindi, può essere compreso secondo due an- golazioni, differenti ma complementari: come conversazione tra I e Me, e come assunzione di atteggiamento. Nella prima accezione, il Self consiste in una ‘con- versazione’ tra l’Io (I), che rappresenta l’impulso ad agire, e il Me (Me), che rap- presenta le aspettative degli altri rispetto alle nostre azioni, enucleate e interioriz- zate nel corso delle interazioni sociali. Nella seconda accezione, il Self è visto nell’atto di essere plasmato dalla continua assunzione di ruolo che consente al soggetto un’incessante attività di anticipazione della reazione altrui e di adatta- mento della propria condotta, resa possibile dall’uso di un comune linguaggio si- gnificativo. Il Self può anche essere compreso sia come processo, sia come ogget- to. Come processo, esso opera in due fasi: dapprima il soggetto assume il ruolo dei partners con cui sta interagendo, e indica a se stesso, da (quello che ritiene essere) il loro punto di vista, il significato della loro condotta, quindi, sulla base della propria definizione della situazione – nella quale lo soccorre l’Altro Genera-
lizzato, ovvero quel gruppo astratto che si è venuto plasmando nel tempo, attra-
verso le interazioni sociali, e di cui si assume il ruolo per sapere come comportar- si – decide la sua linea di condotta. Come oggetto, il Self può essere sinteticamen- te definito l’immagine che ciascuno ha di se stesso. Per l’introduzione, in questo