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Capitolo 2 – Il rito del lavoro dinanzi al Tribunale nella disciplina codicistica

1. Il comma 2

I problemi principali riguardano il foro di conclusione del contratto, in quanto non sempre risulta agevole individuare ove questo risulti concluso. Infatti, la conclusione del contratto avviene con la conoscenza dell’accettazione da parte del datore di lavoro e pertanto non con la firma della proposta da parte del lavoratore. Sarà il luogo in cui si verifica tale conoscenza quello di conclusione del contratto. Tuttavia esistono delle ipotesi concretamente più articolate; in una di queste Cass., n.

25402/2017 ha ritenuto che: “In tema di controversie di lavoro, ai fini della individuazione della competenza per territorio del giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto, il meccanismo previsto dagli artt. 1326, comma 1, e 1335 c.c. opera solo se manchino elementi per ritenere che una conoscenza dell'intervenuta accettazione si è avuta nel medesimo contesto di tempo e di luogo in cui è avvenuta la sottoscrizione della proposta per accettazione. (In applicazione di tale l'affermazione secondo cui sussiste a carico del ricorrente l'onere di indicare i fatti in base ai quali ha scelto il giudice (alternativamente) competente - cfr. Cass. 31 luglio 2014, n. 17513 -, che nell'ipotesi del cautelare è, come detto, quello competente a conosce del merito. Ed allora, ad essere attenuata è solo la relazione strutturale di strumentalità non quella funzionale. Ed infatti il provvedimento adottato in via cautelare è destinato a perdere efficacia qualora in sede di merito venga dichiarato inesistente il diritto a protezione del quale era stata concessa la cautela. Al principio, quindi, della strumentalità necessaria, è venuto a sostituirsi il nuovo principio della strumentalità ipotetica, che richiede comunque la connessione strumentale con il giudizio di merito senza tuttavia che quest'ultimo sia elevato al rango di requisito di 'persistenza dell'efficacia del provvedimento provvisorio. La tutela cautelare resta, perciò, funzionale al diritto controverso, ancorché non più necessariamente strumentale al giudizio di merito. Il provvedimento cautelare non è reso in attesa del provvedimento di merito, ma pur sempre in funzione del diritto controverso. Come precisato dalla già citata Cass. 9 giugno 2015, n. 11949, la previsione di una domanda cautelare 'ante causam', da proporsi necessariamente al giudice competente a conoscere del merito (art. 669-ter, comma 1, cod. proc. civ.), preannuncia una scelta processuale che, per il principio di autoresponsabilità e di affidamento processuale, vincola la parte ricorrente e onera quella resistente ad eccepire l'incompetenza già in sede cautelare. È evidente come tale preannunciata scelta processuale sia tanto più vincolante laddove, come nel caso in esame, è lasciata alla parte che agisce la scelta tra i fori alternativi previsti dall'art. 413 cod. proc. civ., comma 2 (sussistendo a suo carico solo l'onere di dimostrare che di quello prescelto ricorrano gli elementi di fatto della fattispecie legale - cfr. ex multis Cass. 20 gennaio 1993, n. 700;

Cass. 25 novembre 1999, n. 13147). In caso di fori alternativi, il foro competente è scelto sempre dall'attore e a tale scelta il convenuto (come anche lo stesso attore: v. Cass. 27 aprile 1992, n. 5018) deve soggiacere, rispondendo, l'alternatività, a valutazioni di opportunità compiute dal legislatore e dirette ad assicurare una più razionale ed economica gestione del processo attraverso la rimessione appunto all'attore dell'individuazione di quello che, nell'ambito di una predeterminata molteplicità di criteri, tutti potenzialmente dotati di idoneità a consentire il più efficace svolgimento del processo e la massima effettività del diritto di difesa, gli appaia in concreto destinato a sovvenire al meglio alle esigenze dell'azione da intraprendere. Né è previsto che la parte che abbia ottenuto il provvedimento cautelare favorevole debba instaurare il giudizio di merito anche solo al fine di incardinare (definitivamente) la competenza dinanzi al foro (tra quelli alternativi) prescelto. Opinare diversamente (e dunque porre tale onere a carico della parte vittoriosa, al mero scopo di impedire l'eventuale diversa scelta dell'altra parte) significherebbe neutralizzare quell'intento di accelerazione dei tempi processuali e di semplificazione del meccanismo decisionale che è alla base delle stesse modifiche legislative sopra indicate”.

39 principio, la S.C., ritenuto che la circostanza che il rapporto di lavoro avesse avuto inizio nella stessa data e nello stesso luogo in cui il lavoratore aveva firmato la proposta facesse presumere che di tale accettazione il datore di lavoro avesse avuto conoscenza contestuale, ha affermato la competenza del giudice di tale ultimo luogo e non di quello ove il datore di lavoro aveva sottoscritto la proposta, poi trasmessa al lavoratore)”. Tale principio si pone in continuità con quello già espresso da Cass., n. 23139/2011 secondo cui: “Al fine della determinazione della competenza territoriale nelle controversie di lavoro, per luogo in cui è sorto il rapporto, al quale fa riferimento l'art. 413 cod. proc. civ., non può intendersi il luogo dove abbia avuto inizio l'esecuzione della prestazione lavorativa, se questo sia diverso dal luogo di stipulazione del contratto, attesa la natura residuale di tale ultimo criterio di collegamento, utilizzabile solo quando non è possibile, mancando una autonoma fonte del rapporto, identificare il luogo ove questo è sorto”.

Ancora, Cass., n. 5837/2004 ha rappresentato che: “Ai sensi dell'art. 413 cod.proc.civ., sussiste la competenza territoriale del giudice del luogo ove ha avuto inizio l'esecuzione della prestazione lavorativa qualora il contratto di lavoro non sia stato stipulato per iscritto e non sia possibile identificare con esattezza il luogo in cui il rapporto è sorto. (Nel caso di specie, la S.C., in sede di regolamento di competenza, ha ritenuto che il giudice di merito adito, facendo corretta applicazione del principio sopra indicato, avesse ritenuto la propria competenza territoriale quale foro del luogo in cui aveva avuto inizio la prestazione, a fronte della prospettazione della domanda attorea, che fondava il rapporto su una richiesta scritta di collaborazione, non seguita da accettazione scritta, e sul fatto che la resistente non avesse provato l'esistenza di una controproposta scritta firmata per accettazione)”.

Sul punto appare necessario anche rammentare che Cass., n. 30536/2017 ha ritenuto che la firma raccolta da un dipendente dell’azienda all’uopo incaricato costituisse prova della conoscenza dell’accettazione e quindi potesse intendersi radicata la competenza nel luogo ove la firma era apposta, da intendersi quale luogo di conclusione del contratto26.

Interessante giurisprudenza si riscontra anche in tema di individuazione della sede dell’azienda.

Cass., n. 11317/2014 ha infatti fatto presente che: “In tema di competenza territoriale nelle controversie di lavoro, il foro speciale costituito dal luogo in cui si trova l'azienda ex art. 413, secondo comma, cod. proc. civ., va determinato, per le imprese gestite in forma societaria, in riferimento al luogo in cui si accentrano di fatto i poteri di direzione ed amministrazione dell'azienda medesima (di norma coincidente con la sede sociale), indipendentemente da quello in cui si trovano i beni aziendali e nel quale si svolge l'attività imprenditoriale”.

26 Cfr. Cass., n. 25923/2014.

40 Una simile impostazione teorica è fatta propria anche da Cass., n. 11771/2018. Cass., n. 9256/2009, poi, ritiene applicabile tale principio anche alle imprese gestite in forma individuale: “[…] Tale criterio, in mancanza di diverse specifiche disposizioni, si estende all'ipotesi in cui l'azienda appartenga ad un'impresa individuale, dovendosi escludere che, anche in detta evenienza, la sede dove sono tenute le scritture contabili e trovano il loro normale punto di riferimento i rapporti giuridici dell'impresa debba necessariamente coincidere con quella in cui sono collocati i beni aziendali, e restando priva di rilievo l'eventuale coincidenza del foro speciale con quello generale individuato ai sensi dell'art. 18 cod. proc. civ”.

Sul punto, Cass., n. 10465/1998 aveva già precisato che: “In tema di competenza territoriale per le controversie soggette al rito del lavoro, il comma secondo dell'art. 413 cod. proc. civ. prevede (non già soltanto due, ma) tre fori speciali (quello in cui è sorto il rapporto, quello dell'azienda e quello della dipendenza cui il lavoratore è addetto o presso la quale prestava la sua opera alla fine del rapporto) di carattere alternativo, senza attribuire valore esclusivo o prevalente ad alcuno di essi, atteso che deve escludersi che il luogo dove si trova l'azienda (che, in caso di società, coincide con la sede sociale dove di fatto si accentrano i poteri di direzione ed amministrazione dell'azienda stessa) e quello in cui si trova una sua dipendenza alla quale sia addetto il lavoratore indichino un unico foro consistente nel luogo di esercizio dell'attività lavorativa. (Nella specie una pronuncia che aveva dichiarato l'incompetenza per territorio del pretore del luogo della sede del datore di lavoro per essere stato il lavoratore ricorrente addetto non già alla sede, ma ad una sua dipendenza situata in altro mandamento, è stata cassata dalla S.C., che ha invece ritenuto applicabile anche il foro dell'azienda)”27.

Appare oggetto di necessario maggior approfondimento anche la nozione di “dipendenza dell’azienda”.

Tale doverosità deriva invero da una ricorrente casistica sviluppatasi e che va di pari passo con una diversa articolazione delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. In sostanza, non è più scontato che il luogo di lavoro abbia una sua statica fisicità, ben potendo – in linea con l’evoluzione tecnologica e/o delle forme di lavoro – mutare la stessa nozione di luogo di lavoro.

Tutto ciò ha imposto e continuerà ad imporre una linea interpretativa che non perda di vista

27 Difforme, ma da ritenersi superata, Cass., n. 4683/1997. Sono invece conformi alla massima sopra riportata Cass., n.

2723/1994 e Cass., n. 14678/2000. La presenza di tre fori alternativi è valida anche in caso di controversia instaurata dal datore di lavoro; cfr., tra le altre, Cass., n. 13530/2012: “ Nel rito del lavoro, si applica anche alle controversie introdotte dal datore di lavoro il principio secondo il quale i fori speciali esclusivi, alternativamente concorrenti tra loro, indicati dall'art. 413, secondo e terzo comma, cod. proc. civ., per individuare il giudice territorialmente competente in una controversia individuale di lavoro subordinato, sono tre, e cioè quello ove è sorto il rapporto, quello ove si trova l'azienda e quello della dipendenza ove il lavoratore è addetto (o prestava la sua attività lavorativa alla fine del rapporto), non consentendo la lettera della legge l'unificazione dei fori nel luogo di svolgimento dell'attività lavorativa;

né della legittimità costituzionale della disciplina può dubitarsi, attesa la discrezionalità del legislatore (v. Corte cost. n.

362 del 1985 e 241 del 1993) nella fissazione dei criteri di competenza territoriale”. Conf. Cass., n. 20804/2012.

41 l’esigenza di garantire un corretto bilanciamento dei valori costituzionali in gioco. E tale bilanciamento non può che partire dall’individuazione del giudice naturale precostituito per legge.

In tale ottica, infatti, appare oramai consolidata la giurisprudenza che estende la nozione di dipendenza aziendale. Tra le tante, ad esempio, Cass., n. 17347/2013 la quale ha affermato come “la nozione di "dipendenza alla quale è addetto il lavoratore", di cui all'art. 413 cod. proc. civ., deve essere interpretata in senso estensivo, come articolazione della organizzazione aziendale nella quale il dipendente lavora, potendo coincidere anche con l'abitazione privata del lavoratore, se dotata di strumenti di supporto dell'attività lavorativa. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l'abitazione di un informatore scientifico farmaceutico, dotata di un computer e di una stampante con rete "ADSL” e adibita a deposito di campioni e di materiale pubblicitario, potesse essere qualificata come dipendenza aziendale, essendo peraltro limitrofa all'ambito territoriale assegnato al lavoratore)”28. In tale solco interpretativo si è posta anche Cass., n. 3154/2018: “Ai fini dell'individuazione del giudice territorialmente competente per le controversie di lavoro, la nozione di "dipendenza alla quale è addetto il lavoratore", di cui all'art. 413 c.p.c., deve interpretarsi estensivamente, come articolazione della organizzazione aziendale nella quale il dipendente lavora, potendo coincidere anche con l'abitazione privata del lavoratore, se dotata di strumenti di supporto dell'attività lavorativa. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto vi rientrasse l'abitazione di un lavoratore, dotata di pc e "account” fornito dall'azienda per l'accesso ad una piattaforma informatica per la gestione di richieste di noleggio di biciclette, con obbligo di reperibilità su ventiquattro ore e di comunicazione di qualsiasi spostamento e/o assenza)”.

È stato altresì ritenuto elemento idoneo a individuare la nozione di dipendenza aziendale il parcheggio dal quale partivano e rientravano i mezzi aziendali (cfr. Cass., n. 29344/201729). Cass., n. 2003/2016 ha testualmente affermato: “rientra nella nozione di "dipendenza alla quale è addetto il lavoratore", di cui all'art. 413 c.p.c., il parcheggio di proprietà di terzi, in cui sono collocati i beni strumentali alla prestazione lavorativa (nella specie, carico delle merci, trasporto e successivo ritorno per il ricovero dei furgoni), ove hanno inizio e fine le mansioni quotidianamente svolte dal lavoratore”.

Deve quindi ritenersi che, laddove vi sia un nucleo essenziale e stabile di beni strumentali alla prestazione che consenta un collegamento tra lavoratore e datore, lì possa intendersi la presenza di una dipendenza aziendale. La più recente giurisprudenza sembra quindi aver compiuto un ulteriore ampliamento della nozione di dipendenza aziendale anche nell’ottica di rendere maggiormente

28 Conforme, tra le tante, Cass., n. 23110/2010.

29 Rientra nella nozione di "dipendenza alla quale è addetto il lavoratore", di cui all'art. 413 c.p.c., il parcheggio di proprietà di terzi, in cui sono collocati i beni strumentali alla prestazione lavorativa, ove hanno inizio e fine le mansioni quotidianamente svolte dal lavoratore (nella specie, mezzi aziendali con cui il dipendente effettuava viaggi nazionali ed internazionali). Così la massima.

42 effettivo il principio del giudice naturale soprattutto in un’epoca di frammentazione dei luoghi fisici di effettuazione della prestazione e di svolgimento di lavori sempre più “diffusi” o “da remoto”30. Le interpretazioni più estensive sembrano maggiormente in linea con il fenomeno di frammentazione dei processi produttivi e con un mondo del lavoro nel quale assume sempre maggior spazio anche la produzione di beni immateriali o la prestazione di servizi.

Inoltre, per l’individuazione del luogo di svolgimento della prestazione, come affermato da Cass., n.

15093/2017, rileva quello di effettiva adibizione del lavoratore. Pertanto, in caso di trasferimento non seguito da effettivo espletamento del lavoro nella nuova sede permane la competenza del foro di provenienza. La citata decisione ha così infatti motivato: "nel rito del lavoro il criterio della competenza territoriale del giudice del luogo dove si trova la dipendenza aziendale cui il lavoratore è addetto, in base a quanto previsto dall'art. 413 c.p.c., comma 2, va riferito non all'atto con cui il lavoratore sia stato destinato alla dipendenza, bensì al fatto dello svolgimento effettivo della prestazione di lavoro presso la medesima” con la conseguenza che anche per la individuazione del giudice competente a conoscere della causa concernente la legittimità del provvedimento di assegnazione del dipendente, ove questa non abbia avuto concreta attuazione, non può aversi riguardo al luogo ove si trova la nuova dipendenza, ma deve farsi riferimento al luogo ove si trova la sede di lavoro di provenienza (cfr. Cass. 19.10.2011 n. 21690, con richiamo a Cass., n.

3584/2004; Cass., n. 10588/1993)”.

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