La Isagoge di Porfirio conobbe svariati commenti da parte di numerosissimi studiosi a partire dall’epoca tardo-antica fino alla fine del Medioevo. Basti pensare che a lungo, erroneamente, si è ritenuto che la filosofia medievale fosse interamente fondata sul problema degli universali48. È
47 Gilson É., La philosophie au Moyen Âge, Payot, Paris 1947 (trad. it. La filosofia del Medioevo, La Nuova Italia, Firenze 1973). 48 Pare che questa tesi sia stata espressa per la prima volta da V. Cousin, nella sua Introduzione alle Ouverages inédits d’Abelard (cfr.
16
indubbio però che in particolare nel Medioevo il problema degli universali rappresentasse un vero e proprio campo di battaglia, dove erano chiamate a sfidarsi le migliori menti dopo un’accuratissima preparazioneέ Porfirio offriva agli uomini di cultura un problema molto affascinante e l’occasione di schierarsi o dalla parte di Platone o dalla parte di Aristotele, paradossalmente senza che a quell’epoca si avesse completa conoscenza diretta di nessuno dei due autori49.
Il problema dell’esistenza o meno degli intelligibili era già una problematica tipica della scuola di Plotino, anche se la disputa a quel tempo era di diversa natura rispetto a quella medievale e vedeva contrapposte posizioni ben diverse: non si vedeva infatti ancora la contrapposizione tra nominalisti, realisti o spiritualisti, ma erano presenti solamente realisti, che si interrogavano sulla possibile anteriorità degli intelligibili rispetto all’Intelligenza divinaέ
Il primo commento all’Isagoge di Porfirio risale probabilmente ad Ammonio di Ermia che fu discepolo di Proclo; in seguito ci furono i commenti di Olimpiodoro (oggi andato perduto) e dei suoi discepoli Elia e David l’armenoέ Vi sono inoltre importanti commentatori di tradizione bizantina quali Dexippo, Simplicio, Giovanni Filopono, Giovanni Italo, Teodoro Podromo, Leone Magentino e, non ultimo, ύiovanni Damascenoέ δa tradizione dell’Isagoge trova seguito anche all’interno della filosofia araba nella quale troviamo i più noti commenti di Al-Kindi, Al-Farabi e Avveroé. In epoca tardo-antica, inoltre, l’opera fu tradotta anche in siriano e in armeno.
Passando poi alla tradizione dell’τccidente latino medievale, fu εario Vittorino a proporre la prima versione latina dell’operaν sulla stessa Boezio, uno tra i più famosi commentatori di Porfirio, si basò per redigere il suo primo commento allo scritto porfiriano.
2. Severino Boezio
Tra i più famosi traduttori e commentatori di Porfirio si colloca la figura straordinaria di Boezio. Autore particolarmente noto nel Medioevo, soprattutto nel campo della logica, Boezio scrisse in due diverse occasioni dell’Isagoge. Seguendo una già consolidata tradizione scolastica, Boezio era solito redigere un doppio commento delle opere logiche oggetto di studio: egli proponeva una editio minor per gli ingredientibus in logicam (ovvero per i principianti), nella quale il commento da lui prodotto seguiva il testo commentato in modo letterale, evitando i punti particolarmente
inédits sur l’histoire de France, II série, Histoires des letters et de sciences, Imprimerie Royal, Paris 1836)έ Data poi l’alta
considerazione di cui godeva lo stesso Cousin, essa si diffuse rapidamente ed ebbe un discreto successo. La ritroviamo, ad esempio, nell’Histoire de la philosophie scolastique di B. Huaréau (cfr. Hauréau B., Histoire de la Philosophie scolastique, Durand et Pedone- Lauriel, Paris 1872, vol.II.), ed ebbe una certa influenza sul t. II di La jeunesse de Renan (Le drame de la métaphisique chrétienne) di P. Lasserre (cfr. Lasserre P., La jeunesse d’Ernst Renan. Histoire de la crise religieuse au XIXe siécle. Vol. I. De Tréguier à Saint-
Sulpice. Vol. II. Le Drame de la métaphisique chrétienne, Garnier, Paris 1925).
17
problematici e parafrasando le questioni più impegnative, e una editio maior per i cultori della materia o per gli studenti che avessero già una certa dimistichezza con le tematiche trattate50. Per quanto riguarda l’Isagoge abbiamo, infatti, il primo commento sopracitato, e un secondo commento basato questa volta sulla traduzione dell’opera proposta dallo stesso Boezioέ Tale modus operandi emerge anche in altre occasioni, basti pensare alle editio prima e secunda del commento boeziano al De Interpretatione e all’editio prima del commento alle Categorie che presupponeva una editio secunda, oggi andata perduta.
Egli non si occupò, com’è noto, solamente di Porfirio, ma divenne ancora più celebre per i suoi scritti riguardanti Aristotele51 e Cicerone52 oltre che per le sue stesse opere di logica, tra le quali si ricordano la Introductio ad categoricos syllogismos; il De syllogismo categorico; il De syllogismo hypothetico; il De divisione; il De differentiis topici particolarmente significativi per la formazione e il pensiero abelardiani.
Si vedrà successivamente come queste opere ritornino costantemente e fossero di importanza fondamentale nel pensiero medievale: esse costituivano, insieme a non molte altre, il bagaglio teorico di tutti i maestri e gli studiosi di logica.
Boezio fu, per tutto il Medioevo, la figura di riferimento della logica (almeno fino al XIII secolo quando fu finalmente direttamente accessibile l’intero Organon aristotelico, tradotto in latino e commentato). Fino a quel momento le opere di Aristotele (e quelle dello stesso Porfirio) non erano direttamente conosciute: di esse si conoscevano le traduzioni e i commenti forniti da Boezio53.
Questo valse anche per l’Isagoge: moltissimi autori medievali non affrontarono direttamente lo scritto porfiriano, ma solo la sua traduzione boeziana (circostanza che portò talvolta ad equivoci interpretativi, dal momento che, nel suo commento e nella sua traduzione, Boezio non rimase neutrale, ma inserì elementi del suo pensiero)έ Boezio, infatti, nella traduzione di quest’opera, si discostò dall’originaleμ
Poiché è necessario, caro Crisaorio, sapere cosa sono genere, specie, differenza, proprio e accidente per comprendere la dottrina delle Categorie come si trova in Aristotele, e per determinare le definizioni e anche, in generale, per tutto ciò che appartiene alla divisione o alla dimostrazione. Considerando queste cose in maniera utile cercherò di riferirmi a quanto hanno detto gli Antichi e di fartelo conoscere sommariamente e brevemente, in forma di introduzione,
50 La medesima modalità di produzione dei commenti fu seguita da Abelardo il quale, alla Logica Ingredientibus, nella quale erano
contenuti i commenti a quelle che l’autore considerava essere le più importanti opere di logica, aveva fatto seguire la Logica Nostrorum petitioni sociorum, nata con l’intento di proporre altrettanti commenti alle medesime opere, ma in forma più approfonditaέ
51 Boezio fu autore di un commento e una traduzione delle Categorie, di una traduzione e di due commenti del De Interpretatione
(dei quali, uno era dedicato ai principianti, mentre l’altro ad un pubblico più esperto), delle traduzioni dei Primi Analitici, dei Secondi Analitici, degli Argomenti sofistici e dei Topici.
52 Commento sui Topici di Cicerone che ci è giunto incompleto.
18
astenendomi dall’affrontare le questioni più ardue, ma trattando le questioni più semplici senza approfondimenti eccessivi.
Per il momento mi astengo dal decidere, riguardo ai generi e alle specie, se sussistono o se sono posti negli intelletti soli e nudi e, se sussistono, se sono corporei o incorporei e se sono separati dai sensibili o posti in essi e constantia circa ea, perché questo lavoro è arduo e presuppone una lunga ricerca54.
[…] se stabiliamo che esistono, e se diciamo che la loro comprensione è basata su cose che esistono, allora questioni più grandi e più difficili emergono, dal momento che sembra essere la difficoltà maggiore quella di comprendere e distinguere la natura del genere stesso. Infatti tutto ciò che esiste è necessariamente o corporeo o incorporeo, e il genere e la specie dovranno appartenere ad uno di questi due gruppi. Dunque, a quale di questi tipi appartiene ciò che è chiamato genere? Esso è corporeo o incorporeo? La questione relativa a ciò che esso è non può essere attentamente esaminata senza che si sappia in quale dei due gruppi debba essere collocato.
Ma anche nel momento in cui questa questione fosse risolta, non tutti i dubbi sarebbero eliminatiέ Perché, se il genere e la specie sono definiti incorporei, c’è ancora qualcosa che occupa l’intelletto e insiste per essere risoltaέ Sussistono in connessione con le realtà corporee, o sembrano essere sostanze incorporee oltre le realtà corporee?
Ci sono infatti due tipi di incorporei. Alcuni possono esistere separatamente rispetto alle realtà corporee, e mantenere la propria incorporeità separati dalle realtà corporee. Per esempio, Dio, la mente e l’animaέ εa altre, anche se sono incorporee, non possono sussistere separatamente dalle realtà corporeeέ Per esempio, la linea o la superficie, o il numero o le singole quantitàέ […] È difficile per Porfirio stesso rispondere a queste questioni. Per il momento egli elude il compitoέ σonostante ciò […] io vorrei cercare di spiegare e risolvere il nodo della questione in modo da non lasciare il lettore in difficoltà55.
54 Cfr. Porfirio, Isagoge, cit., pag. 139: «Cum sit necessarium, Chrisaorie, et ad eam quae est apud Aristotelem praedicamentorum
doctrinam nosse quid genus sit et quid differentia quidque species et quid proprium et quid accidens, et ad definitionum assignationem, et omnino ad ea quae in divisione vel demonstrationem sunt utili hac istarum rerum speculatione, compendiosam tibi traditionem faciens temptabo breviter velut introductionis modo ea quae ab antiquis dicta sunt aggredi, altioribus quidem quaestionibus abstinens, simpliciores vero mediocriter coniectans. Mox de generibus et speciebus illud quidem sive subsistunt sive in solis nudis purisque intellectibus posita sunt sive subsistentia corporalia sunt an incorporalia, et utrum separata an in sensibilius et circa ea constantia, dicere recisabo (altissimum enim et huiusmodi negotium et maioris egens inquisitionis); illud vero quemadmodum de his ac de propositis probabiliter antiqui tractaverint, et horum maxime Peripatetici, tibi nunc temptabo monstrare».
55Cfr. Boethii In Isag. Porph. Commenta, ed. Brandt, in C.S.E.L., Vienna-Lipsia 1906, pag. 160, [10-24], pag. 161 [1-14]μ «[…]
quod si esse quidem constiterit et ab his quae sunt, intellectum concipi dixerimus, tunc alia maior ac difficilior quaestio dubitationem parit, cum discernendi atque intelligenti generis ipsius maturam summa difficultas ostenditur, nam quotiamo amne quod est, aut corporeum aut incorporeum esse necesse est, genus et species in aliquo horum esse oportebit, quale erit igitur id quod genus dicitur, utrumne corporeum an vero incorporeum? Neque enim quid sit diligenter intenditor, nisi in quo horum poni debeat agnoscatur, sed neque cum haec soluta fuerit quaestio, omne excludetur ambiguum, subest enum aliquid quod, si incorporalia esse genus ac species dicantur, obsideat intelligentiam atque detineat exsolui postulans, utrum circa corpora ipsa subsistant an et praeter corpora subsistantiae incorporales esse videantur, duae quippe insorporeorum formae sunt, ut alia praeter corpora esse possint et separata a corporibus in sua incorporali tate perdurent, ut deus, mens, anima, alia vero cum sint incorporea, tamen praeter corpora esse non possint, ut linea vel superficies vel numerus vel singulae qualitatesέ […] quas licet quaestiones arduum sit ipso interim Porphyrio
19
2.1. La formazione culturale di Boezio
Dall’inizio del XX secolo, grazie soprattutto all’opera di Brandt, si è iniziato lo studio critico sistematico relativo alla formazione culturale di Boezio e alla ricostruzione delle possibili fonti della sua produzione56. Dai contributi prima di Brandt, poi di altri autori come Bidez e Courcelle, è emersa una stretta dipendenza dell’opera logica di Boezio sia da Porfirio e dalla scuola alessandrina di Ammonioέ δ’ordine stesso dei commenti e delle traduzioni di Boezio segue quello proposto da Ammonio57, ma ancora più evidenti sono l’impostazione il modus operandi che Boezio trae dalla scuola porfirina e da quella alessandrina.
δa dipendenza di Boezio dal Commento all’Isagoge di Ammonio era già stata dimostrata da Brandt nella sua edizione critica della traduzione boeziana della madesima opera e del suo duplice commento58, mentre il suo stretto nesso a Porfirio era stato specificatamente approfondito dall’opera di Bidez59, dalla quale emerge come già il programma di tradurre e commentare le opere
platoniche e aristoteliche, nella prospettiva di una sostanziale concordanza di fondo trai due autori, sarebbe di chiara matrice porfiriana. Boezio era a conoscenza dei commenti di Porfirio alle opere di Platone (oggi andati perduti), in particolare del suo commento al Sofista. Tradusse e commentò in due occasioni l’Isagoge e, nel suo commento alle Categorie di Aristotele, rimase particolarmente aderente al commento porfiriano alla medesima opera. Anche in occasione del suo duplice commento al De Interpretatione di Aristotele non manca di fare riferimento alla produzione di Porfirio, per il quale confessa esplicitamente profonda ammirazione.
Studi importanti circa la formazione di Boezio si devono anche al contributo di Courcelle60, il quale ha fermamente sostenuto la formazione del giovane Boezio nella scuola alessandrina di Ammonio, confutando definitivamente le precedenti tesi che vedevano la formazione di Boezio connessa alla scuola di Roma o a quella di Ateneέ Proprio questa derivazione culturale dell’autore spiegherebbe la forte presenza nella sua produzione di Porfirio e, naturalmente, anche di quella di Ammonio chiaramente emergente non solo dai commenti all’Isagoge, ma anche da quelli alle Categorie e al De Interpretatione.
La fortunata congiuntura della formazione boeziana è sottolineata anche dallo studio di Isaac61 che vede nella sua opera la presenza indiretta di Plotino, attraverso il continuo confronto con Porfirio, ma anche, attraverso Ammonio, delle scuole di Atene, Roma e Alessandria, nonché dei
renuente dissolvere, tamen adgrediar, ut nec anxium lectoris animun relinquam […] post vero eundem dubitationis nodum absolvere atque explicare tamptabo.»
56 Per un’approfondita ricostruzione della formazione e delle origini culturali di Boezio cfrέ εaioli Bέ, op. cit., pagg. 211-214. 57 Cfrέ De Rijk δέ εέ, “τn the Cronology of Boethius’ Workes on δogic”, in Vivarium II, 2, 1964.
58 Cfr. Boethii In Isag. Porph. Commenta, ed. Brandt, cit., Prolegomena, pagg. LXXVIII-LXXIX; cfr. anche pagg. XXII-XXVI. 59 Cfrέ Bidez Jέ, “Boèce et Porphyre“, in Revue belge de philologie et d’histoire 2, 1923, pagg. 189-201.
60 Cfrέ Courcelle Pέ,“Boèce et l’Êcole d’Alexandrie”, in Mélanges de l’Êcole française de Rome, t. 52, 1935, pagg. 185-223. 61 Cfr. Isaac Y., Le Perì Hermenèias en Occident de Boèce à St. Thomas, Vrin, Paris 1953, pagg. 16-24.
20
commentatori di seconda generazione di Aristotele, tutti provenienti dalla scuola di Ammonio, in particolare Damascio, Simplicio, Asclepio, Olimpiodoro e Giovanni Filopono.
2.2. La posizione di Boezio nel primo Commento all’Isagoge
Il primo commento all’Isagoge di Porfirio, condotto sulla base della traduzione di Mario Vittorino, è la prima opera composta dal giovane Boezio. Proprio per questo motivo, ben si comprende la ragione per la quale l’autore decise di basarsi sulla traduzione di Vittorino, noto retore e filosofo latino, invece che proporne una propria.
Quest’opera costituisce la editio minor dei due commenti proposti dall’autore e, in quanto tale, si discosta molto poco dal carattere semplice e propedeutico dell’opera porfiriana, non proponendo essa autonomi approfondimenti dei problemi.
La problematica degli universali è affrontata qui in modo abbastanza semplicistico: il proponimento di Boezio in questa sede è quello di affrontare le questioni porfiriane una per una, senza però, rispettando l’originale impostazione dell’autore, dar loro una soluzioneέ όin dall’inizio è tuttavia presente una chiara adesione di Boezio al realismo già emergente, come mostrato sopra, nell’opera porfiriana62.
Relativamente alla prima quaestio, l’intento di Boezio è quello di mostrare che i generi e le specie non sono arbitrarie creazioni o immagini dell’intelletto umano, ma che esistono ed è dunque valida la loro conoscenzaέ δ’intelletto umano ha infatti la capacità di cogliere generi e specie oltre i dati sensibiliέ Attraverso i sensi l’uomo è in grado di cogliere le realtà sensibili e, a partire da questa, egli è in grado di elevarsi al superiore livello di conoscenza intellettiva riuscendo a cogliere la realtà incorporea della quale primariamente aveva colto soltanto le singole determinazioni corporeeέ È pur vero che l’intelletto umano ha anche la capacità di creare immagini che non hanno un corrispettivo reale, come quando, unendo le fattezze di un cavallo e di un uomo, crea la mitologica figura del centauro. Il problema a questo punto per Boezio sta nel dimostrare che i generi e le specie che l’intelletto ricava a partire dalla conoscenza sensibile si riferiscono a qualcosa di veramente esistente e non sono vane creazioni dello stesso intelletto:
Dunque ci si chiede ora a proposito dei generi, delle specie e degli altri se veramente esistono e se sono conosciuti come se avessero una natura costante, di modo che si possa considerare la
62 Cfr. In Porphirium Dialogi a Victorino translati, I, P.L. 64: «Videns enim Porphirius quod in rebus omnibus essent quaedam prima
natura, ex quibus omnia, velut ex aliquo fonte manerent, et illa quae prima essent, et subsistentia esse, et generis vocabulo noncupari…»
21
specie “uomo” come ricavata direttamente e interamente dai singoli individui corporei, oppure se siano piuttosto il prodotto di una qualche fantasticheria dell’animo63.
Per Boezio queste realtà indubbiamente esistono:
[…] non vi è dubbio che tali entità esistano veramenteέ Infatti, tutte le cose che esistono veramente, non potrebbero essere senza queste cinque […]έ Sono infatti intimamente fuse con tutte le cose e in un certo modo congiunte e connesse a loro64.
Circa la seconda questione, il giovane Boezio afferma che il genere sommo, dovendo essere matrice delle specie e dei generi ad esso subordinati, non può essere né corporeo né incorporeo, mentre tutti gli altri categoremi potranno essere l’uno o l’altro a seconda delle loro caratteristiche e delle entità alle quali sono congiuntiέ “Corporeo” e “incorporeo” sono infatti differenze divisive, e quindi non costitutive del genere sommo, bensì delle specie e dei generi subalterni; inoltre, essendo caratteristiche tra loro opposte, il genere sommo si troverebbe a contenere simultaneamente due contrari, fatto logicamente inconcepibile. Riprendendo la soluzione già introdotta da Porfirio, Boezio afferma che il genere sommo contiene già al suo interno in potenza le differenze divise e opposte.
Boezio ammette tuttavia, richiamandosi in ultima istanza all’autorità di Porfirio, la possibilità di riportare ad un piano prettamente logico la discussione circa i cinque categoremi: in tale prospettiva i categoremi in sé e per sé considerati, in quanto entità logiche, sono da intendersi come incorporei mentre corporea sarà la realtà alla quale essi si riferiscono. Tale considerazione permette inoltre la formulazione dell’ultimo quesito porfiriano: se infatti essi fossero realtà corporee, sarebbe assurdo domandarsi se si trovino congiunti o separati rispetto alle realtà sensibili.
Per rispondere infine al terzo quesito, Boezio distingue tre tipologie di realtà incorporee: quelle assolutamente separate dalle realtà sensibili (come, ad esempio, Dio); quelle che in alcun modo possono sussistere separate dai corpi (come, ad esempio, lo spazio); quelle infine che si trovano nei corpi, ma che possono esistere anche separate da questi ultimi (come, ad esempio, l’anima)έ δe cinque realtà di cui ci stiamo occupando sarebbero ascrivibili secondo Boezio alla «classe di quelle entità che possono essere talvolta separate e talvolta congiunte alle realtà sensibili». Il modo in cui questo sia possibile è così esplicato dall’autoreμ
63 Cfr. In Porphirium Dialogi a Victorino translati, I, P.L. 64, pag. 25 [10-15]: «Ita ergo nunc de generibus, speciebus et ceteris
quaerunt, utrum haec vere subsistentia et quodammodo essentia constantiaque intellegatur, ut a corporalibus singulis vere atque integre ductam hominis speciem intellegamus, an certe quadam animi imaginatione fingantur…»
64 Cfr. In Porphirium Dialogi a Victorino translati, I, P.L. 64, pag. 25 [23], pag. 26 [1-4]μ «…non est dubium quin vere sintέ σam
cum res omnes quae vere sunt, sine his quinque esse non possint […]έ Sunt autem in rebus omnibus conglutinatae et quedammodo coniunctae atque compactae».
22
quelle che possono essere talvolta separate e talvolta congiunte alle realtà sensibili., ma in modo tale che qualora fossero unite ai corpi, sarebbero inseparabili dagli stessi, se invece fossero unite a realtà incorporee non potrebbero mai separarsi da esse […]έ Infatti se sono congiunte alle realtà corporee, sono tali anche loro […], mentre in verità quelle che sono congiunte alle realtà incorporee, anch’esse sono incorporee, come l’animo che non si unisce mai al corpo65.
Dunque, per il giovane Boezio, se le cinque res (come vengono da lui indicate in questo primo commento) sono congiunte e connesse alle realtà sensibili, ne assumono le caratteristiche anche relativamente alla corporeità e alla separabilità: se sono unite a realtà corporee, saranno anch’esse tali e inseparabili dalle stesse, mentre se sono congiunte a realtà incorporee e separate, tali saranno