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La competenza regionale in materia di rapporto di lavoro: alla ricerca

2. Il modello di ripartizione delle competenze in materia sanitaria nello Stato

1.1. La competenza regionale in materia di rapporto di lavoro: alla ricerca

Una visione meramente “centralistica” del diritto del lavoro non appare pienamente compatibile con le tensione federaliste espresse dalla riforma del Titolo V della Carta Costituzionale, non potendo la materia “lavoro” esaurirsi integralmente nell‟ambito dell‟ordinamento civile, essendo stata attribuita, come già anticipato, alla potestà regionale concorrente anche “la tutela e la sicurezza del lavoro”, una formula, che

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analogamente ad altre utilizzate nella redazione del nuovo art. 117, impegna l‟interprete ad uno sforzo esegetico.

Dovendo definire i contorni della materia va, innanzitutto, evitata

una enfatizzazione del termine “tutela”94 suscettibile di trasferire

l‟intero rapporto di lavoro, da disciplinare nel rispetto solo dei principi fondamentali, nell‟ambito della potestà regionale, in considerazione di un regime giuridico tradizionalmente concepito con finalità garantiste o al fine di colmare la intrinseca debolezza di una parte contrattuale o in funzione di una relazione che coinvolge il lavoratore anche nella sua dimensione più strettamente “personale”.

Si tratta di una soluzione federalista che, oltre a non suscitare

particolare consenso in ambito dottrinale95, rischia di stimolare, in un

assetto regionalistico caratterizzato da forti divari socio-economici, una concorrenza tra politiche del lavoro con esiti fortemente negativi, assecondando, come già anticipato, fenomeni di dumping sociale tesi ad

assottigliare i livelli di tutela del lavoro96 ed, in ultima analisi, di porre in

crisi il federalismo di natura cooperativa che ha ispirato la riforma istituzionale e che impedisce alle singole Regioni di esercitare le proprie competenze in danno delle altre.

Il confine tra ordinamento civile e tutela e sicurezza del lavoro

potrebbe, anche, essere delineato secondo una prospettiva “dualista”, cioè mirante ad una netta separazione delle competenze tra i due livelli,

94 Le difficoltà di attribuire un contenuto definito all‟espressione “tutela” è resa ancora più evidente

considerando che la tutela e la sicurezza del lavoratore costituiscono, ai sensi dell‟art. 2087 c.c., obbligo contrattuale del datore di lavoro e, quindi, ambiti riconducibili alla materia “ordinamento civile”. Non minore ambiguità è contenuta, comunque, nel termine “sicurezza” che nell‟ordinamento sovranazionale è posto in endiadi con la salute negli ambienti di lavoro (si pensi, in tal senso, alla Direttiva Quadro n. 89/391).

95 Per le critiche ad una interpretazione in senso “ultrafederalista”, Zoppoli L., op.cit., pag.152-153. 96 Il rischio di un dumping sociale è stato frequentemente suscitato in ambito dottrinale. Tra gli altri,

Pallini M., La modifica del titolo V della Costituzione: quale federalismo per il diritto del lavoro?, in Riv. Giur. Lav., 2002,1,pag.35 e ss.e, ID, Art. 117della Costituzione,in Amoroso ed altri, Il diritto del lavoro (a cura di), Giuffrè, Milano,2009, 1, pag. 526 e ss. e Persiani M., op.cit.,pag. 23 e ss.

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attribuendo -analogamente a quanto effettuato in riferimento ad altre materie elencate nell‟art. 117, 3 comma Cost.- alla tutela del lavoro un contenuto alla luce di quelle competenze, di natura amministrativa, decentrate alle Regioni in attuazione del processo di federalismo

meramente amministrativo avviato con la legge delega n. 59 del 199797.

La potestà regionale in materia verrebbe, quindi, limitata alle funzioni di regolamentazione del mercato del lavoro, di collocamento e di politiche attive del lavoro, complessivamente note con la locuzione “diritto

amministrativo del lavoro”98, una formula che appare, comunque,

sorpassata considerato che le prestazioni “esterne” al rapporto di lavoro, alla luce della costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale (art 118 Cost.), non si configurano più come ambito esclusivo di pubblici poteri.

Al fine di definire le competenze multilivello in materia, anche una prospettiva “dualista” non appare, ad ogni modo, risolutiva in quanto la disciplina del mercato del lavoro e la regolamentazione del contratto, in virtù delle recenti dinamiche evolutive, si presentano ambiti

fortemente interconnessi99 ma anche perchè l‟ipotizzata esclusione

della potestà regionale dal rapporto di lavoro non appare congruente con un assetto istituzionale che, secondo l‟intento del riformatore

costituzionale, mira a potenziare l‟autonomia regionale100.

97 Le competenze in materia di mercato del lavoro sono state trasferite con il dlgs. n. 469 del 1997

rubricato “Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell‟art.1 della legge 15 marzo 1997 n. 59”. Per una tecnica di ricostruzione del contenuto delle materie di potestà concorrente sia rinvia a Benelli-Bin, op.cit.

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Definizione utilizzata al fine di dare conferma ad una ripartizione “dualistica” , e quindi di netta separazione, tra competenze statali e regionali in materia di lavoro, attribuendo alle prime la dimensione civilistica ed alle seconde la dimensione pubblicistica. In tal senso documento CNEL del 24 gennaio 2002 “La riforma del titolo V della Costituzione” (pag. n.15).

99 In tal senso, Treu, op.cit., pag. 42 e ss. ma anche in Benedetti A.M., Lavoro privato, lavoro

pubblico e “ordinamento civile”: quali spazi per le Regioni?, in LPA, 2010, 1, pag. 125 e ss.

100 Particolari critiche sono state sollevate a tale soluzione, ritenuta “minimalista”, da Caruso B., Il

diritto del lavoro nel tempo della sussidiarietà(le competenze territoriali nella governance multilivello) in Arg. Dir. Lav., 2004, pag. 801 e ss. L‟A., nel corso delle osservazioni contenute

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Invero, il problema di una governance multilivello in materia di lavoro va ricondotto più a monte, risentendo di un criterio di ripartizione della potestà normativa che, come evidenziato in seno al primo capitolo in tema di sanità, presenta criticità in quanto non tutti gli ambiti, i settori elencati in seno all‟art. 117 e, tra questi, anche l‟ordinamento civile e la tutela e sicurezza del lavoro, appaiono concepiti quali “contenitori” di funzioni ben definibili essendo, configurati, piuttosto, in termini di obiettivi da conseguire e di interessi da tutelare.

In una prospettiva siffatta, si aprono alternative a criteri di ripartizione meno rigidi e suscettibili di coinvolgere, nella disciplina del rapporto di lavoro, ambedue i livelli di governo, in una logica cooperativa.

Appaiono, pertanto, percorribili, in tale ottica, le soluzioni tese ad

attribuire allo Stato, detentore della materia “ordinamento civile”, la definizione di tutte le regole dirette a garantire, nello svolgimento del rapporto contrattuale, il bilanciamento degli interessi fondamentali delle parti, nel rispetto di quei principi fondamentali e di quei valori costituzionali che, come già esaminato, solo una dimensione nazionale del diritto del contratto di lavoro è in grado di tutelare.

In conformità a tale opzione, al livello centrale andrebbe rimessa la definizione delle “linee ordinamentali della disciplina dei rapporti di

lavoro”101, spettando, quindi, allo Stato la definizione delle tipologie

rinnega la rilevanza che le Regioni, soggetti in posizione paritaria con lo Stato (art. 114 Cost.), hanno acquisito nell‟ordinamento integrato sovranazionale e che la temuta regolazione “al ribasso” va rivisitata alla luce di una logica non più concorrenziale ma cooperativa, conformemente ad “una visione della sussidiarietà in cui la concorrenza si coniuga con la cooperazione, in una cornice di principi…che vincolano sia gli Stati, sia le Regioni..”( pag. 843).

101 In tal senso, Zoppoli L., op.cit., pag. 156 e ss. ma anche Treu, op.cit., pag. 45; contra, Bellavista

A, op.cit.,pag. 512 e ss. Caruso B.,in op.ult.cit., effettua una personale rilettura della formula “ordinamento civile” alla luce del principio di sussidiarietà, intendendola non in funzione di una restrizione delle competenze regionali in materia di lavoro bensì un meccanismo che consente l‟intervento dello Stato (ente sussidiario) quando occorre garantire principi fondamentali (tra i quali, l‟eguaglianza sostanziale, la non discriminazione, la garanzia dei livelli essenziali, l‟unità giuridica ed

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contrattuali, degli elementi accidentali del rapporto, delle vicende che determinano la sospensione e l‟interruzione della relazione lavorativa, nonché la garanzia di livelli essenziali in riferimento a diritti sociali e civili del lavoratore, da intendersi, alla luce di una interpretazione evolutiva, non più contrapposti a prestazioni di pubblici poteri (es. retribuzione, orario di lavoro, trattamento di malattia, ferie, ect.).

Al di fuori della potestà statale, così rivisitata, afferirebbe al livello regionale la disciplina dei profili esuberanti le “garanzie

essenziali”102, oltre a tutte le misure riconducibili alla tutela e sicurezza

del lavoro di cui all‟art. 117, 3 comma.

Si assiste, pertanto, ad una rilettura dell‟espressione ordinamento civile che ne esalta, più che l‟ipotetico contenuto, il ruolo di “limite generale di diritto privato” che assicura, in tutto il territorio nazionale, una uniformità di trattamento nei rapporti interprivati a tutela non solo del principio di eguaglianza sostanziale ma anche dell‟unità giuridica ed

economica dell‟ordinamento giuridico (art. 5 Cost.) 103.

Una lettura che non pare trovare spazio nell‟atteggiamento assunto dalla Corte Costituzionale che tende, come confermato anche in recenti

pronunzie104, ad attrarre la regolamentazione del contratto di lavoro

economica), non sussistendo preclusione in materia per l‟ente regionale (ente sussidiato) “se non quando il concreto esercizio delle competenze entri in conflitto con i suindicati principi”(pag.864).

102 Treu T., op.cit.,pag. 45, al momento di definire gli spazi residuali lasciati in materia alla

competenza del legislatore regionale, rinvia a quei “contenuti di carattere strumentale e accessorio” della disciplina che possono differenziarsi, secondo le esigenze del territorio, senza pregiudicare il valore dell‟unità dell‟ordinamento. L‟A. restringe, poi, la materia “sicurezza del lavoro” all‟ambito della tutela dell‟ambiente lavorativo e della salute del lavoratore.

103 Cfr. Schlesinger P., op.cit., ad avviso del quale “l‟eguaglianza- o meglio la ragionevolezza-

impone di evitare sempre trattamenti discriminatori, ma può convivere con competenze esclusivamente statali o con competenze pure regionali, che quindi consentono differenziazioni normative ratione loci”

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Il riferimento è alla sentenza della Corte Costituzionale n.151 del 2010, già citata, con la quale è stata dichiarata la illegittimità costituzionale di una legge della Regione Valle D‟Aosta disciplinante il controllo dell‟assenza per malattia dei propri dipendenti in quanto lesiva della competenza “ordinamento civile” riservata allo Stato.La Consulta ha consentito, solo eccezionalmente aperture ad interventi del legislatore regionale nella regolamentazione dei rapporti di lavoro. Si veda, in tal senso, la sentenza n. 178 del 2010 con la quale viene dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale avverso una legge della Regione Veneto in materia di gestione stragiudiziale del

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nell‟ambito dell‟ordinamento civile, e, quindi, nella potestà del legislatore statale, nonostante, alla vigilia dell‟entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, sembrasse non concepire una visione

meramente centralistica in materia, avendo prospettato105, seppur

timidamente, una disciplina dei rapporti privatistici suscettibile di “un qualche adattamento” regionalistico in nome di “un criterio di ragionevolezza” teso a soddisfare il principio di eguaglianza, che non può che essere intesa, in tal caso, nel senso di eguaglianza sostanziale.

1.2. Il lavoro pubblico tra l’ ”ordinamento civile” e la potestà