Capitolo I Il diritto internazionale consuetudinario e pattizio e i principi di soft
9. Le competenze dello Stato di bandiera nell’Accordo di New York
Il perseguimento della tutela delle risorse alieutiche in genere e, quindi, anche delle specie sconfinanti e altamente migratorie, non può prescindere
(134) Sul punto v. R.GRAINGER, High seas fishing vessel database, M. H. Nordquist and
J. N. Moore, Current fisheries issues and the Food and Agriculture Organization of the United Nations (The Hague: Kluwer Law International, 2000).
dalla previsione di specifichi doveri, alcuni dei quali costituiscono espressione dei potere di polizia posti in capo allo Stato di bandiera della nave. A tal fine, la Parte V del citato Accordo, così come previsto, sia pure in termini più generali, dall’art. 117 della UNCLOS (136), pone in capo allo Stato di bandiera della nave, in quanto parte dell’Accordo ovvero membro o partecipante delle citate organizzazioni o intese regionali, una serie di doveri, la cui inosservanza è fonte di specifiche responsabilità, che si traducono principalmente nell’esplicazione di un’attività di controllo diretta a dare effettiva attuazione ed efficacia alle misure in tema di conservazione e gestione delle risorse alieutiche in questione.
In particolare, l’art. 18, rubricato «Duties of the flag State», prevede che lo Stato di bandiera dell’unità da pesca, impegnata nella pesca in alto mare, prenda le necessarie misure al fine di assicurare che tale unità non ponga in essere attività dirette a limitare o a rendere inefficaci le misure di conservazione e gestione poste a tutela delle specie sconfinanti e altamente migratorie. Il § 3 del citato articolo, a tal fine, enuclea diverse misure, tra le quali sono ricomprese: il controllo delle licenze o permessi di pesca in conformità ad alcune procedure concordate a livello regionale o globale; la creazione di una specifica regolamentazione tesa a proibire la pesca in alto mare alle unità sprovviste della licenza o permesso di pesca o che esercitano la pesca senza autorizzazione nelle acque soggette alla giurisdizione di altri Stati; l’attuazione di un sistema di monitoraggio satellitare delle unità da pesca. Inoltre, allo Stato di bandiera della nave da pesca sono riconosciuti poteri di indagini, diretti ad accertare presunte violazioni alle misure regionali di conservazione e gestione delle citate risorse (137).
L’attività di controllo in esame non costituisce una prerogativa assoluta dello Stato di bandiera della nave, nel senso che l’Accordo, agli articoli 20, 21, e 23 (138), in ossequio al principio della cooperazione (la quale si suddivide in
(136) Tale articolo prevede :«Tutti gli Stati hanno l'obbligo di adottare misure nei confronti dei soggetti che ne hanno la nazionalità necessarie per assicurare la conservazione delle risorse biologiche dell'alto mare, o di collaborare a tal fine con altri Stati ».
(137) Cfr. art. 19 § 1 lett. b. Con riguardo al Regime sanzionatorio da applicare, il successivo § precisa:«Sanctions applicable in respect of violations shall be adequate in
severity to be effective in securing compliance and to discourage violations wherever they occur and shall deprive offenders of the benefits accruing from their illegal Activities. Measures applicable in respect of masters and other officers of fishing vessels shall include provisions which may permit, inter alia, refusal, withdrawal or suspension of authorizations to serve as masters or officers on such vessels».
(138) Sul punto v. F.ORREGO VICUŇA , The changing international, cit., 243, in relazione al qualr l’autore evidenzia:«The aggregate of these provisions introduces important changes in
the international law of high seas fisheries, having been considered “ a globally estabilished exception, under artiche 92 of the Convention, to the principle of flag state jurisdiction on the
cooperazione internazionale, regionale e subregionale), riconosce agli Stati non di bandiera di poter partecipare a tale attività.
Segnatamente, l’art. 20, prevede che nella conduzione delle indagini lo Stato di bandiera può richiedere la cooperazione di altro Stato, qualora ciò possa essere utile per il buon esito delle stesse e provvedere ad informare sull’andamento e conseguenze delle indagini gli Stati che hanno interesse o contro i quali siano state effettuate le presunte violazioni. Inoltre, lo Stato di bandiera coopera con lo Stato costiero nel caso in cui, sussistono ragionevoli motivi per ritenere che una nave, in navigazione in alto mare, abbia esercitato la pesca senza autorizzazione nell’area soggetta alla giurisdizione nazionale dello Stato costiero. A tal fine lo Stato di bandiera, in ossequio al principio dell’international cooperation, potrebbe autorizzare, in alto mare, le autorità preposte al controllo dello Stato costiero a salire a bordo e ispezionare tale unità (139).
Con riferimento alla subregional and cooperation in enforcement, prevista dall’art. 21 dell’Accordo, appare opportuno evidenziare come il contenuto di tale articolo sia stato oggetto di particolare dibattuto durante le negoziazioni. In particolare, gli Stati pescatori in alto mare, ritenevano che le misure di boarding ed inspection dovessero essere consentite solo nei casi in cui nei confronti di un’unità da pesca sussistessero ragionevoli motivi per sospettare che la stessa avesse violato le citate misure di conservazione. Tale posizione, osteggiata dagli Stati costieri poiché ritenuta troppo restrittiva, non è stata trasfusa nel testo definitivo dell’Accordo (140). Pertanto, con riferimento a quest’ultimo aspetto, la sussistenza dei clear grounds non costituisce un elemento indefettibile al fine di procedere al fermo ed ispezione della nave, bensì, la ragione per seguire determinate procedure da parte dello Stato ispezionante.
L’elemento di particolare momento della disposizione in esame, come evidenziato in dottrina, consiste «nell’attribuzione di poteri di polizia in acque internazionali anche a Stati diversi da quello di bandiera nei confronti di navi da pesca che siano sospettate di violare le misure di conservazione» (141).
Invero, tale articolo prevede che: in ogni area di alto mare coperta da un organizzazione o intesa regionale sulla gestione della pesca, uno Stato parte dell’Accordo che è anche membro o partecipante rispettivamente di tale
high seas” or, as stated by the conference chairman, in this respect the 1995 Agreement “changes international law that has existed for more than 500 years”».
(139 ) V. art. 20 § 6 dell’Accordo.
(140) Sul punto cfr F.ORREGO VICUŇA , The changing international, cit., 245.
organizzazione o intesa, può attraverso propri ispettori debitamente autorizzati, fermare e sottoporre ad ispezione le unità da pesca che battono bandiera di un altro Stato parte dell’Accordo, anche se lo stesso non sia membro o parte della citata organizzazione o intesa, al fine di assicurare l’osservanza delle disposizioni in tema di misure di conservazione delle specie sconfinanti o altamente migratorie (142). Quanto appena enunciato, porta a ritenere che tali misure non possano essere applicate nei confronti delle unità da pesca in alto mare battenti bandiera di uno Stato terzo che non è parte della Convenzione, dell’Accordo e delle citate organizzazioni o intese regionali.
In merito alle procedure da seguire nel corso dell’applicazione delle misure di fermo ed ispezione della nave, l’Accordo prevede che le stesse siano stabilite dagli Stati attraverso le organizzazioni o intese regionali e che devono essere compatibili con quanto previsto dal citato § 1 e dall’art. 22, oltre a non essere discriminatorie nei confronti degli Stati che non sono membri di tali organizzazioni. Qualora i predetti Stati non procedano a definire le predette procedure entro il termine di due anni dall’adozione dell’Accordo (143), nelle more le procedure da seguire dovranno essere condotte in aderenza a quanto previsto dagli articoli 21 e 22 dell’Accordo.