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COMPETITION PROTECTION IN ACTION: FIELDS OF INTERVENTION AND NEW FRONTIERS

Roberto Chieppa

Prima di passare ad illustrare il tema della mia sessione, consentite- mi alcune considerazioni su quanto emerso in queste proficue giornate. L’impostazione del convegno di Trento è stata sempre quella di acco- munare tematiche, anche molto diverse tra loro, per stimolare dibattitto e riflessioni.

Nella giornata di ieri la dicotomia mercati globali/locali ha, da un la- to, fatto emergere la necessità di una maggiore armonizzazione del di- ritto antitrust. A livello europeo, il grado di armonizzazione è conside- rato elevato: il caso Booking sta facendo emergere pregi e difetti del- l’attuale livello di armonizzazione; a mio parere, a conclusione del pro- cedimento sarà necessaria una riflessione, ciò anche al fine di migliora- re il Regolamento n. 1/2003 e la sua concreta attuazione. Sotto altro e opposto profilo, l’attenzione ai mercati locali è importante. L’Autorità ha sempre indicato quelli dei servizi pubblici locali e delle società pub- bliche una delle aree prioritarie di intervento.

Ho ascoltato con vivo interesse le relazioni di ieri sull’esperienza basca e del Brandenburgo, anche se resto convinto che, quanto meno in Italia, un ulteriore ambito decisionale pubblico a livello locale non sa- rebbe opportuno mentre molto più utile è insistere nel processo di inne- stare in sede locale i principi nazionali in materia di concorrenza.

Tra mercati globali e locali aleggia poi la CEDU e la sua giurispru- denza di cui si è parlato in una precedente sessione del convegno. Sul tema è intervenuta una recente sentenza del Consiglio di Stato che è di grande interesse, benché riferita al procedimento Consob (e da essa si ricava che non sorgono problemi per l’attuale procedimento antitrust). Sia nei mercati globali, sia in quelli locali, l’enforcement del diritto del- la concorrenza non sarà davvero pieno ed effettivo se non si costruisce in Europa un efficace private enforcement. Ho sempre sostenuto che

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l’enforcement è uno solo, che si articola in private e public enforce-

ment, tra loro complementari, non contrapposti. In questa prospettiva, la

Direttiva 2014/104/UE sulle azioni per il risarcimento dei danni è un passaggio importante, non è un punto di arrivo ma un punto di partenza e ancora molto strada dobbiamo affrontare per rendere effettivo il pri-

vate enforcement.

Passo alla sessione pomeridiana. Anche qui il filo conduttore può apparire invisibile. In apparenza, può sembrare un’impresa ardua se non impossibile quella di trovare un filo conduttore comune tra le diverse tematiche oggetto di questo panel, tematiche che riguardano sia profili orizzontali e, dunque, più di policy della concorrenza, sia profili setto- riali in ambiti di rilevanza per il sistema economico e il benessere dei consumatori.

Gli interventi di questa sessione sono accomunati da alcune difficol- tà di approccio. In primo luogo dalla difficoltà di individuare il corretto punto di equilibrio tra esigenze a volte solo in apparenza contrapposte, mi riferisco alla tutela della proprietà intellettuale e la tutela della con- correnza e di queste ambiguità ci parlerà Andrea Pezzoli con specifico riferimento al settore farmaceutico. Il corretto punto di equilibrio tra l’utilizzo, in relazione ai sistemi di pagamento, dei più tradizionali stru- menti antitrust e di altri strumenti, quali autorizzazioni in deroga o im- pegni, con rischio di derive regolatorie e su queste tematiche ci intrat- terrà Vito Meli. E ancora, l’esatto confine delle restrizioni per oggetto, categoria che può essere vista come una facile scorciatoia, appetibile per le Autorità di concorrenza, ma forse così non è o non dovrebbe es- sere, come ci illustrerà Ginevra Bruzzone. Ambiguità sono presenti an- che nel concetto di abuso di dipendenza economica, su cui molto si è scritto e forse poco si è applicato, e la correlata nozione di sub domi- nanza qualificata, che rappresenta il tema trattato dal professor Josef Bejeck. Infine, Ciro Favia affronterà l’argomento del difficile rapporto tra servizi di ultima generazione e concorrenza nel settore energetico.

Un possibile punto di contatto che accomuna i diversi profili oggetto di approfondimento in questa sessione è senza dubbio rappresentato dalla difficoltà di tracciare la linea tra quanto conviene consentire, per gli apporti di efficienza che ne conseguono, e ciò che va, viceversa, vietato. Al riguardo, non esiste una ricetta teorica del tutto appagante e

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di facile applicazione, capace di scongiurare la minaccia di “falsi posi- tivi”, ossia comportamenti che vengono vietati nonostante la loro natura pro-competitiva, senza tuttavia troppo concedere ai “falsi negativi”, ovvero pratiche restrittive che sfuggono alla repressione.

In questa prospettiva, è bene tenere a mente che la scelta nel grado e nelle modalità di enforcement deve avvenire senza scegliere comode e facili scorciatoie, facendo ricadere nella scatola delle “restrizioni per oggetto” comportamenti che invece non presentano tale natura.

Infine, la scelta di quando e come intervenire non potrà non tener conto dei rischi di derive regolatorie insite in un utilizzo a volte ecces- sivo dello strumento degli impegni.

Passando alle singole relazioni, l’intervento di Andrea Pezzoli ci il- lustra come condotte volte a ostacolare i processi innovativi e, dunque, la concorrenza dinamica dovrebbero essere considerate tra le più pre- giudizievoli per il funzionamento del mercato e per il consumatore in quanto non consentono di sviluppare prodotti innovativi, qualitativa- mente superiori rispetto a quelli esistenti.

L’intervento delle autorità antitrust nei contesti innovativi, quali quello farmaceutico, deve avvenire con particolari cautele. La normati- va antitrust deve garantire che l’esercizio dei diritti di privativa avvenga in modo da mantenere un sufficiente grado di concorrenza sul mercato. Compito della normativa antitrust diventa quello di disciplinare i com- portamenti delle imprese in modo da assicurare che l’esercizio dei dirit- ti di privativa sia conforme ai principi di concorrenza. Il problema di- venta, dunque, quello di stabilire quando l’esercizio del diritto brevet- tuale cessa di essere legittimo per divenire contrario alle norme di con- correnza. In tale contesto, occorre definire le condizioni di un accettabi- le esercizio del potere di mercato, bilanciando tra loro, da un lato, i pos- sibili benefici in termini di remunerazione per il primo inventore, dal- l’altro, gli eventuali rischi di pregiudizio al corretto funzionamento del mercato, in alcuni casi di un mercato solo potenziale, che ancora non esiste e di cui è anche difficile valutare l’effettiva capacità di sviluppo.

Rilevanti problematiche applicative derivano dalla difficoltà di indi- viduare correttamente i “mercati dell’innovazione”, quando ad esempio la condotta restrittiva impedisce la ricerca e lo sviluppo di futuri prodot- ti o processi produttivi (che magari non esistono proprio in conseguen-

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za della condotta oggetto di accertamento, in quanto la pratica ha avuto successo nell’impedire la realizzazione dell’innovazione), con conse- guenti spillover negativi su tutta la filiera della valutazione concorren- ziale: dell’accertamento della posizione dominante alla quantificazione delle sanzioni.

La relazione di Vito Meli tratta il tema degli interventi dell’Autorità e della Commissione nei sistemi di pagamento. Negli ultimi 20 anni il settore dei sistemi di pagamento, e in particolare delle MIF, è stato og- getto di una pluralità di interventi a livello comunitario e di singole ANC. I casi rilevanti di MIF hanno coinvolto i circuiti Visa e Master- Card. Prima dell’introduzione del regolamento n. 1/2003, l’approccio prevalente è stato quello di utilizzare lo strumento dell’autorizzazione in deroga: laddove le MIF fossero orientate ai costi, ne è stato conside- rato il beneficio per i consumatori (caso Visa del 2002); successivamen- te, alcuni casi sono stati chiusi con impegni (casi Visa del 2010 e del 2014) e con un divieto (caso Mastercard del 2007, confermato nel set- tembre 2014 dalla Corte di Giustizia). L’Autorità nazionale (prima Banca d’Italia, poi AGCM) è intervenuta fin dal 1994, e da ultimo con una decisione di divieto nel 2010, pendente al Cds (annullata in primo grado), ma parallela alla decisione della Commissione del 2007, che da ultimo è stata avallata dalla Corte di Giustizia.

Rilevanti appaiono le problematiche concorrenziali derivanti dal- l’adozione delle MIF: esse infatti non integrano un illecito antitrust di per sé ma possono risultare in violazione della normativa antitrust quando producono effetti anticoncorrenziali sul prezzo finale della tran- sazione commerciale. Le MIF, infatti, rappresentando la base sulla qua- le le banche acquirenti calcolano i prezzi addebitati per l’accettazione dei pagamenti, potrebbero configurare un meccanismo di fissazione di un prezzo minimo a carico dei commercianti per l’accettazione delle carte di pagamento del circuito.

Ma le MIF sono davvero necessarie? La giurisprudenza comunitaria ha accertato che il sistema era in condizione di funzionare anche in as- senza di tali commissioni e, dunque, la loro esistenza va giustificata in termini di efficienza e beneficio per i consumatori. Altra questione di sicura attualità: il nuovo Regolamento UE sulle MIF introduce nuove regole di trasparenza e individua un valore massimo di tali commissio-

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ni, imponendo dunque per via legislativa gli impegni che la Commis- sione aveva accolto e reso obbligatori nel caso VISA. L’obiettivo è quello di creare un unico sistema di pagamenti nell’Unione con costi ridotti per gli utilizzatori, anche per i pagamenti transfrontalieri.

L’argomento trattato da Ginevra Bruzzone ha delle implicazioni im- portanti sulla filosofia applicativa dell’art. 101 TFUE e, in particolare, sul rapporto tra approccio economico e utilizzo delle presunzioni giuri- diche in materia di intese.

Punto di partenza di questa evoluzione è indubbiamente la sentenza

Volk del 1969; il punto di arrivo: la recente sentenza Cartes Bancaires

del settembre 2014. Ciò che colpisce è che il punto di partenza è sor- prendentemente simile al punto di arrivo, nonostante il lag temporale di oltre 44 anni e nonostante “derive interpretative” della sentenza Expe- dia, più che la sentenza in sé, che hanno poi dato luogo alla revisione della Comunicazione de minimis.

In questa evoluzione circolare, in cui punto di arrivo e punto di par- tenza sostanzialmente coincidono, la vera sentenza innovativa non è tanto Carte Bancaires, nella quale la Corte ha espressamente e signifi- cativamente affermato la necessità di interpretare restrittivamente la nozione di restrizione per oggetto (smentendo espressamente quanto af- fermato al riguardo nel giudizio di primo grado) ma la ben più datata sentenza Volk, ove la Corte ha affermato che l’impatto sul commercio e l’esistenza di un oggetto/effetto restrittivo devono essere accertati con riferimento alle effettive circostanze dell’accordo. Anche un accordo di esclusiva con protezione territoriale assoluta può sfuggire al divieto di cui all’art. 101 se, tenuto conto della posizione di debolezza delle parti, incide sul mercato in maniera insignificante. In altri termini, la Corte, in modo del tutto innovativo per l’epoca, ha sostenuto che una protezione territoriale assoluta (tradizionalmente considerata una delle restrizioni più gravi del diritto della concorrenza in quanto determinante una com- partimentazione dei mercati) tra parti con quote mercato marginali po- teva essere considerata di impatto trascurabile e, dunque, valutata ex art. 101.1, senza dover passare dalle forche caudine del 101.3, che, com’è noto, ribalta l’onere probatorio della dimostrazione di efficienza/ beneficio per i consumatori sulle parti.

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Alcuni commentatori non hanno mancato di censurare una tendenza (criticabile) da parte Commissione e delle Autorità nazionali di concor- renza di equiparare le restrizioni fondamentali alle restrizioni per ogget- to. La stessa categoria delle restrizioni per oggetto non è omogenea: va dai cartelli hard core (che lo sono per la loro natura e che per default comportano una restrizione sensibile) ad alcune restrizioni verticali, la cui natura di restrizione sensibile andrebbe valutata nel loro contesto economico/giuridico di riferimento. Ed è proprio questo uno dei princi- pi affermati dalla Corte nella sentenza Carte Bancaires. L’analisi del contesto economico e giuridico non è l’analisi degli effetti delle condot- te ma piuttosto l’analisi “delle condizioni reali di funzionamento e della struttura dei mercati”. Tuttavia, lo stesso Avvocato Generale Wahl non ha mancato di rilevare come: “la valutazione del contesto economico e giuridico nella ricerca di un oggetto anticoncorrenziale deve essere chiaramente distinta dalla dimostrazione degli effetti anticoncorrenziali ai sensi della seconda parte dell’alternativa prevista dalla suddetta nor- ma”, nonostante “…in un certo numero di procedimenti, la considera- zione del suddetto contesto assomiglia a un vero esame degli effetti potenziali delle misure in questione…” (Opinione Avv. Gen. Wahl,

Goupement des cartes bancaires, pt. 44 e ss.)

Anche aderendo in modo scolastico all’interpretazione più agevole e confortevole per le Autorità nazionali di concorrenza, ovvero che nelle restrizioni per oggetto non sia necessario dimostrare l’effetto, è bene precisare che non necessario non vuol dire inutile: sarebbe bene che, laddove possibile, anche per le restrizioni per oggetto, le ANC si spin- gessero a individuare gli effetti. Ciò almeno per un duplice motivo: i) raccontare al giudice una storia che abbia un inizio e una fine, una congruenza narrativa non solo interna, tra le varie evidenze, ma anche una narrazione completa, a se stante; ii) facilitare i giudizi follow-on, soprattutto dopo l’approvazione della nuova direttiva sul private enfor- cement.

Il professor Josef Bejeck ci espone alcune considerazioni su quello che noi definiamo l’abuso di dipendenza economica e sui possibili strumenti idonei a contrastare tali situazioni.

In Italia, com’è noto, il divieto di abuso di dipendenza economica è sancito dalla legge n. 192/1998, che disciplina la subfornitura nelle atti-

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vità produttive. L’art. 9, comma 3-bis, prevede una espressa competen- za all’Autorità, qualora l’abuso di dipendenza economica abbia rilevan- za per la tutela della concorrenza e del mercato. Nel 2011, tale previ- sione è stata integrata attraverso la previsione secondo cui, “in caso di violazione diffusa e reiterata della disciplina di cui al d.lgs. 231/2002 (sui ritardi di pagamento)” ai danni delle imprese, con particolare rife- rimento a quelle piccole e medie dimensioni, l’abuso si configura a pre- scindere dall’accertamento della dipendenza economica. La modifica introdotta nel 2011 valorizza, da un punto di vista soggettivo, l’aspetto dimensionale delle imprese che subiscono l’abuso (piccole/medie im- prese); da un punto di vista oggettivo, viene superato il requisito della sussistenza della dipendenza economica, così introducendo una viola- zione ex se fondata esclusivamente sul presupposto dell’accertamento di una violazione “diffusa e reiterata” da parte dell’ente o impresa della disciplina sui ritardi di pagamento.

Tale disciplina è rimasta, fino ad oggi, lettera morta sia per la diffi- coltà di accertare il presupposto della dipendenza economica (la giuri- sprudenza ha infatti posto uno standard elevato, esigendo che possa aversi dipendenza economica solo ove si dimostri l’assenza di concrete alternative) e sia per la ulteriore difficoltà di ravvisare che un abuso di dipendenza economica abbia rilevanza per la tutela della concorrenza.

Rammento che inizialmente nei lavori preparatori la norma risultava inserita all’interno della disciplina generale di cui alla legge 287/1990. L’Autorità in un parere del 20 giugno 1995, pur ammettendo che “l’obiettivo di garantire, attraverso la disciplina del contratto di subfor- nitura, una maggiore trasparenza e certezza nelle transazioni commer- ciali tra imprese appar[iva] meritevole di una valutazione positiva dal punto di vista della tutela del funzionamento del mercato”, si dichiarò contraria all’estensione dell’art. 3 della legge antitrust. Ciò perché: a) la figura della posizione dominante rispondeva a canoni suoi propri che non era opportuno modificare (alla luce anche del fatto che l’art. 3 di- scendeva direttamente dalla corrispondente norma comunitaria); b) le ipotesi di dominanza relativa, quali quelle che si verificavano nella sub- fornitura, non integravano sempre gli estremi della posizione dominante definita alla stregua dei suddetti canoni; c) qualora si fosse ritenuto che l’efficiente funzionamento del mercato potesse dipendere anche da una

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maggiore equità nei rapporti contrattuali di subfornitura, si sarebbe do- vuto fare ricorso all’introduzione di una disciplina che seguisse canoni diversi da quelli della posizione dominante, così, come, peraltro, già avveniva in altri paesi per l’appunto in relazione alle situazioni di do- minanza relativa.

Più di recente, nel 2012, l’art. 62 del Cresci Italia ha assegnato al- l’Autorità un compito di vigilanza sui rapporti contrattuali nella filiera agro-alimentare. L’art. 62, come noto, è intervenuto in modo imperati- vo sulla disciplina dei contratti e dei rapporti commerciali nel settore agroalimentare, vietando espressamente alcune tra le pratiche più ricor- renti del settore oltre a stabilire puntuali obblighi di forma. Tale dispo- sizione ha altresì introdotto un sistema binario di tutela prevedendo – accanto alla giurisdizione del giudice ordinario – una competenza in capo all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato incaricata della vigilanza sull’applicazione delle previsioni contenute nell’art. 62 e dell’irrogazione delle sanzioni a carico del contraente che contravvenga agli obblighi disposti dalla norma.

Anche in questo caso, l’Autorità ha fatto un uso molto misurato del- la norma a motivo, principalmente, della difficoltà applicativa di indi- viduare la sussistenza di un significativo squilibrio contrattuale nelle rispettive posizioni di forza commerciale tra gli operatori coinvolti.

Infine, il contributo di Ciro Favia si sofferma sugli sviluppi e le in- novazioni dei mercati energetici. Nel settore dell’energia elettrica il progresso tecnologico sta consentendo la nascita e lo sviluppo di nuovi servizi quali, ad esempio, quelli per accrescere la consapevolezza e l’ef- ficienza nel consumo di energia o per favorire la mobilità eco-compati- bile.

Tali servizi pongono alcune criticità concorrenziali. In linea genera- le, molte di queste criticità possono essere ricondotte all’esistenza, nella filiera elettrica, di monopolisti legali (in particolare i distributori) e di venditori che in alcuni mercati si trovano in posizione dominante, non- ché alla ricorrente presenza di soggetti verticalmente integrati.

Ad esempio, spesso i servizi per un consumo intelligente devono appoggiarsi sull’attività di misura svolta in monopolio dai distributori. In questi casi, il diretto intervento nei mercati di questi servizi da parte dei distributori stessi – o di società ad essi collegate – può risolversi

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nell’adozione di comportamenti distorsivi a danno dei concorrenti. In altri casi, i servizi innovativi possono essere inclusi in pacchetti colle- gati alla vendita della commodity effettuata da operatori in posizione dominante. Tale collegamento può comportare l’estensione della posi- zione dominante ai nuovi mercati, sul modello di quanto successo in passato per i servizi post-contatore, per i quali si è spesso contestato l’effetto escludente derivante dalla vendita congiunta con l’energia (de- rivante, in particolare, dall’inclusione nella bolletta elettrica del paga- mento dei nuovi servizi).

D’altra parte, lo sviluppo di nuovi servizi accessori alla vendita della commodity viene visto da alcuni come uno dei driver più efficaci per accompagnare la crescita del mercato libero al dettaglio di energia elet- trica, poste le difficoltà che secondo tali commentatori sussisterebbero in questi mercati allo sviluppo della concorrenza attraverso il mero con- fronto sul prezzo dell’energia.

In generale, quindi, si tratta di fenomeni di grande interesse sia per i loro possibili sviluppi diretti sia per le implicazioni sui mercati più tra- dizionali della vendita di energia (ma anche su altri mercati, come ad esempio quelli delle automobili per quanto riguarda il servizio di rifor- nimento delle auto elettriche). Nel complesso quindi, si tratta di servizi i cui sviluppi meritano una notevole attenzione anche sotto il profilo concorrenziale.

CONCORRENZA DI PREZZO E CONCORRENZA

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