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2.4 (Segue) Brevi note sui recenti orientamenti europe

2.5 Composizione degli organi social

In una banca la scelta della composizione degli organi sociali rappresenta una fase cruciale, soprattutto nel caso delle banche cooperative con gli accennati problemi relativi a una governance non sempre trasparente. Selezionare le persone adatte nei ruoli chiave del management e dei controlli rappresenta, forse, il primo presidio per la sana e prudente gestione e una condizione necessaria per il mantenimento sul mercato dell’intermediario bancario. Come autorevole dottrina ha sottolineato, probabilmente, l’aumentata attenzione sull’argomento in parola è dovuta anche alla contestuale crescita dei margini dell’autonomia operativa delle banche, in seguito all’impostazione prudenziale della vigilanza.44

Da questi semplici presupposti appare chiaro quanto sia doveroso definire quantitativamente e qualitativamente la composizione degli organi sociali, oltre ai requisiti dei soggetti visti nel paragrafo precedente. Nelle disposizioni di vigilanza, relativamente al tema del governo societario, al titolo IV vengono elencati i principi generali che devono ispirare la composizione e la nomina degli organi sociali. Il legislatore fa esplicito riferimento all’importanza della disciplina, specificando che la composizione «assume un rilievo centrale per l’efficace assolvimento dei compiti che sono loro affidati dalla legge, dalle disposizioni di vigilanza e dallo statuto».45 I

43 Nota reperibile al sito del ministero: http://www.dt.tesoro.it/it/consultazioni_pubbliche. 44 Sull’argomento CLEMENTE,LA ROCCA,op. cit., p. 617.

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riferimenti di questo punto della normativa secondaria sono naturalmente il Testo Unico Bancario, per quanto concerne la vigilanza regolamentare in capo alla Banca d’Italia, ma in questo caso si rilevano anche gli orientamenti dell’Autorità bancaria europea e le linee guida emanate dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria in materia di: “Principles for enhancing corporate governance”, ottobre 2010; “Core

Principles for Effective Banking Supervision”, settembre 2012.

Il criterio che in generale accompagna l’argomento della composizione degli organi è la coerenza. In particolare, ci deve essere armonica corrispondenza tra il ruolo dell’organo aziendale e la responsabilità-competenza, evitando contemporaneamente sovrapposizioni e diseconomie, grazie a un’adeguata formalizzazione delle attività. Questo spunto diventa ancor meno banale se si pensa all’impianto cooperativo attuale, che si presenta come una novità non sperimentata nemmeno in altri ordinamenti.

La disciplina totale deve essere la summa tra quanto stabilito nella citata circolare della Banca d’Italia, in generale per tutte le banche vigilate, e quanto è specifico per le banche del gruppo bancario cooperativo: ciò significa che si devono, anche in questa sede, integrare le due statuizioni. Con il consueto meccanismo - enunciando cioè innanzi tutto il principio generale ed entrando nel concreto in un secondo momento con le linee applicative - la normativa secondaria specifica le caratteristiche quantitative, oltre che qualitative. Entrambe devono tener conto del principio di proporzionalità, ovverosia l’applicazione delle disposizioni deve essere appropriata alla dimensione e alla complessità, tenuto conto degli obiettivi.

L’organo di vigilanza specifica sia le caratteristiche generali dell’organo sociale sia, successivamente, quelle centrate sui soggetti che lo compongono. Procedendo dal generale al particolare, la composizione deve essere diversificata (diversity board).46 All’interno cioè, è doverosa la compresenza di soggetti con caratteristiche differenti: pensiamo per esempio alle competenze professionali, alle esperienze lavorative, all’età anagrafica, al genere o anche alla vocazione internazionale. Anche in questa sede squisitamente tecnica, perciò, l’incontro delle diversità non è solo positivo, bensì auspicabile e richiesto dalla Banca d’Italia.

p. 246.

46 Il termine inglese si riferisce al principio di diversificazione, come espresso dalla normativa c.d. CRD IV

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Questi criteri di diversificazione testé indicati risultano maggiori a quelli previsti dalle società quotate (artt. 147-ter e 148 TUF).47

Continuando l’analisi rispetto ai componenti, meramente quantitativa è la disciplina sul numero di membri degli organi aziendali. Il criterio universale è l’adeguatezza, in questo caso tra il numero di componenti e le dimensioni (rectius complessità) dell’intermediario. Se l’obiettivo è sempre quello della sana e prudente gestione, la ratio di questo difficile bilanciamento numerico sta nel rifiuto di una composizione che il legislatore definisce pletorica. Le banche devono allora porre attenzione al trade off tra utilità di un esponente addizionale coinvolto e incentivato ad attivarsi per risolvere delle problematiche relative al proprio compito e un’eccessiva sovrabbondanza numerica. Per definire più chiaramente un limite, la Banca d’Italia fissa un numero sotto il quale anche le banche di maggiori dimensioni devono attestarsi: 15 (per il modello tradizionale).

Il corretto assolvimento delle funzioni però, richiede soprattutto una serie di caratteristiche dei soggetti. Le qualità che vengono ora indicate completano i requisiti degli esponenti aziendali.48 Le fonti secondarie in attuazione dell’art. 26 TUB definiscono i tratti distintivi del più ampio esponente aziendale bancario. In aggiunta a ciò, la lettura integrata con le disposizioni di cui alla circolare 285 nella Parte I, Titolo IV, Capitolo 1 portano a configurare i membri degli organi con funzione di supervisione strategica, di gestione e di controllo, così come dei responsabili delle primarie funzioni aziendali. In ogni caso, dai riferimenti normativi citati, si individuano due complete caratterizzazioni di tutti i componenti, compresi quelli non esecutivi, i quali sono di vitale importanza per il loro ruolo di favorire la dialettica interna con l’organo di riferimento.

I soggetti, in definitiva, devono prima di tutto essere “professionali”, dedicando il tempo necessario per l’efficace espletamento dell’incarico loro affidato, avendo però cura di rispettare la cosiddetta direttiva CRD IV e le disposizioni di legge o statutarie relative al cumulo degli incarichi. Per quantificare la corretta misura del tempo necessario, si deve tenere conto da un lato della natura e delle caratteristiche dell’impegno richiesto per il ruolo, dall’altro dell’eventuale presenza di altri incarichi all’interno della stessa banca o in altre

47 Aspetto enfatizzato da SABBATELLI, op. cit., p. 193, che sottolinea come la diversità nei riferimenti citati si riferisca solamente al genere.

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società. Queste prime due caratteristiche non sembrano distaccarsi molto da quanto già previsto all’art. 26 TUB e quindi, in merito a questo, si rinvia a quanto già detto.49

A rafforzamento dei suddetti temi però, viene resa obbligatoria l’adozione da parte delle banche di piani di formazione per sviluppare le competenze professionali o trasversali. Tali competenze - ed è un altro punto toccato dalla circolare 285 - devono essere «diffuse tra tutti i componenti e opportunamente diversificate».50 La diversificazione citata è tale, continua lo stesso testo, «in termini di età, genere e provenienza geografica…per indurre a un grado di coinvolgimento più intenso di ciascun componente su materie o decisioni più affini e alle proprie caratteristiche».

Il decreto posto in consultazione dal MEF, nel punto in cui si sofferma sulla composizione complessiva degli organi (art. 11), pone ancora l’accento sull’esigenza di un’adeguata diversificazione. Lo stesso ministero fissa anche i benefici e gli obiettivi ottenibili da una composizione di questo tipo, in particolare con riguardo alla dialettica interna, ai benefici operativi derivanti l’unione di diversi approcci di lavoro, ma anche, soprattutto, all’efficace gestione dei rischi. L’articolo citato si conclude riprendendo il criterio di proporzionalità che accompagna ormai tutta l’operato della vigilanza, con riguardo alla dimensione e all’eventuale appartenenza al gruppo.

A chiusura delle caratteristiche qualitative degli esponenti aziendali ai sensi della normativa secondaria, vi è un altro principio al quale attingere: il senso di consapevolezza del ruolo svolto, per ciò che concerne il potere e la responsabilità derivanti dal ruolo stesso, in un’ottica non solo individuale bensì collettiva. L’elenco contenuto nella richiamata normativa si chiude con il riferimento all’interesse generale della banca verso il quale l’azione di ciascun membro degli organi sociali deve tendere.

Sul lato ancora qualitativo, specificatamente al caso della capogruppo del gruppo bancario cooperativo, le disposizioni secondarie confermano la linea espressa nelle righe precedenti. La banca al vertice approva uno statuto che assicuri il rispetto contemporaneamente del Testo Unico Bancario (art. 26 TUB) e

49 V. supra, par. 2.2.

50 Cfr. BANCA D’ITALIA, Disp. vig. cit. Parte Prima, Titolo IV, Capitolo 1, Sezione IV, par. 1, “Principi generali”, p. 246.

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della normativa secondaria (Parte I, Titolo IV, cap. 1). Viene perciò statutariamente richiesto che i membri degli organi di amministrazione e controllo abbiano una «adeguata diversificazione delle competenze», dedicando tempo e risorse adeguate all’incarico, salva naturalmente una «adeguata autonomia di giudizio».51

Sempre specifico degli organi dei componenti del gruppo bancario cooperativo, emerge, in questa sede, il principio storico della cosiddetta “autogestione”: i componenti degli organi sociali devono essere espressione dei soci.52 Tale evidenza è l’estensione dell’interpretazione del principio costituzionale (art. 45 cost.) della funzione sociale della mutualità, intesa come carattere democratico e, appunto, “autogestito”. Questo tipo di interpretazione della norma, assai diffusa, che sposta il baricentro della mutualità dallo scopo mutualistico all’organizzazione, diviene fondamentale per individuare la corretta composizione.