5. I L DIRITTO COME UNIONE DI NORME PRIMARIE E SECONDARIE
2.1. G LI ASSUNTI FONDAMENTALI DELLA NATURA UMANA
2.1.5. Comprensione e forze di volontà limitate
L’ultimo truismo, il dato di fatto che gli esseri umani hanno una comprensione una forza di volontà limitate, esplicita la consapevolezza che non tutti gli individui possiedono le stesse capacità di comprendere il vantaggio di vincolare l’appagamento dei propri interessi immediati al soddisfacimento di interessi di più lunga portata: << Se non ci fosse
un sistema organizzato di sanzioni, tuti potrebbero cedere alla tentazione di preferire se stessi e la propria soddisfazione a quella degli altri>>159. È questo il motivo che rende necessario un sistema organizzato, che faccia valere la sanzione nei confronti di coloro che tendono ad approfittare dei vantaggi dell’impresa comune senza rispettarne i doveri.
Capitolo IV
Interpretazione giuridica
1. L’interpretazione nelle teorie giuridiche contemporanee
Prima di entrare nel merito del tema specifico della nostra analisi, riteniamo utile precisare l’oggetto della nostra indagine, iniziando con il domandarci cosa intendiamo con la nozione di interpretazione. Utilizzando le parole di Vittorio Villa << …per interpretazione può
intendersi quel complesso di attività intellettuali di giuristi e operatori, svolto su base linguistica, attraverso le quali questi soggetti non solo producono norme esplicite a partire da disposizioni normative preesistenti, ma integrano anche il discorso del legislatore, ad esempio colmando lacune attraverso l’introduzione di nuove norme; oppure risolvendo antinomie fra norme; …anche tutte le attività che in qualche modo possono servire a raggiungere gli scopi dell’attribuzione di un significato ad una disposizione o della produzione di una nuova norma..>>160.La teoria dell’interpretazione occupa un posto
fondamentale nella filosofia del diritto contemporanea o meglio ha sempre avuto un posto importante all’interno della teoria giuridica; notiamo, però, se prendiamo le teorie del secolo scorso che l’interpretazione viene considerata come un argomento settoriale anche se di importanza decisiva. Se, per esempio, andiamo a vedere l’opera di Kelsen, notiamo che nella Dottrina pura del diritto161 l’interpretazione
giuridica è discussa nell’ultimo capitolo, e dunque dopo che sono stati
160 V.VILLA, Una teoria pragmaticamente orientata dell’interpretazione giuridica,
Giappichelli, Torino, 2012, pp. 1-2
affrontati tutti i problemi che Kelsen considera fondamentali: i problemi relativi all’identificazione e all’attribuzione di validità alle norme giuridiche e poi all’inserimento di queste norme all’interno del sistema giuridico. Per Kelsen l’esistenza del diritto viene accertata in modo indipendente rispetto all’interpretazione. Lo stesso discorso vale se prendiamo l’opera di Alf Ross: in Diritto e giustizia162, il capitolo sull’interpretazione è il quarto e trova posto dopo che l’autore ha affrontato il problema dell’esistenza empirica del diritto. Visto che siamo in tema di confronti, se andiamo a vedere l’opera di H. Hart, Il
concetto di diritto163, a nostro avviso il tema dell’interpretazione
giuridica, situato nel capitolo settimo prima della trattazione del rapporto tra diritto e morale, assume un ruolo centrale quasi come se fosse l’anello di congiunzione di tutta la sua opera. Questo per dire, che lo studio dell’interpretazione non è più una delle parti della teoria del diritto che si è già sviluppata prendendo in esame altre nozioni, ma costituisce al contrario un elemento logicamente prioritario rispetto ad altri. Come dicono Viola e Zaccaria164, quello che accade non è tanto che il capitolo dell’interpretazione diventa più corposo, quanto che la teoria dell’interpretazione assume una importanza decisiva per la descrizione del diritto stesso. Lo studio dell’interpretazione entra in campo quando si tratta di affrontare la questione dell’esistenza del diritto e della sua validità. Il nostro intento consiste nel metter in risalto la teoria mista di stampo hartiano, partendo dalle concezioni che si pongono in antitesi, e attraverso le differenze, risaltare le caratteristiche di questo nuovo approccio che rappresenta la terza via tra formalismo e antiformalismo.
2. La concezione del formalismo interpretativo
Il formalismo è la prima concezione a fare ingresso nella storia della cultura giuridica moderna. Esso si presenta come la concezione più appropriata per comprendere un aspetto importante del grande processo
162 A.ROSS, Diritto e giustizia, Einaudi, Torino,1990, cap. IV 163 H.HART, Il concetto di diritto, Einaudi, Torino,2002, cap. VII.
164 F. VIOLA-G. ZACCARIA, Diritto e interpretazione, Laterza, Bari-Roma, 1999,
di riorganizzazione giuridica che accompagna la nascita del diritto moderno, agli inizi dell’Ottocento.
Tale processo di riorganizzazione giuridica si attua In Francia per via legislativa e produce in tempi abbastanza brevi i suoi frutti con il grande edificio della codificazione napoleonica (1804); invece in Germania, in assenza di una codificazione, il processo di riorganizzazione e di sistemazione del nuovo diritto viene realizzato dal ceto dei giuristi.
Il ceto dei giuristi partecipa attivamente a questo grande processo di riorganizzazione giuridica, sia pure in modo diverso: in Francia, la scuola dell’esegesi, lo fa collaborando attivamente col legislatore alla creazione del codice, e poi disponendosi ad interpretarlo; in Germania, la scuola storica, lo fa assumendo in prima persona il compito di una semplificazione e di una sistematizzazione organica del diritto vigente. Per il percorso che ci siamo prefissi, a noi interessa andare a vedere il nucleo centrale del formalismo interpretativo anche se viene sviluppato in due modi diversi dalle due scuole in questione.165
Per prima cosa, riteniamo utile partire da una definizione generale di
formalismo interpretativo presentata da Tarello, che serve a valorizzare
la contrapposizione tra formalismo e scetticismo. Secondo questo studioso, si parla di formalismo interpretativo << per alludere a tutti
questi metodi che, nel ricavare da una norma un significato ai fini della soluzione di un problema giuridico, si affidano ad elementi che si assumono intrinseci alla norma trascurando fattori storici, teologici economici>>166. Chi adotta il metodo formalistico presuppone che il diritto costituisca un’entità autonoma rispetto ai contesti storici, culturali, etico politici in cui di volta in volta esso si colloca; Un’entità il cui significato è possibile cogliere in modo indipendente da tutti questi elementi.
L’idea centrale del formalismo interpretativo è che sia possibile arrivare ad un’interpretazione corretta del testo perché si assume che ogni disposizione abbia in realtà un solo significato e che l’interprete non deve fare altro che svelare questo unico senso contenuto, preconfezionato, nel testo. Vi è un significato integralmente precostituito rispetto all’interpretazione, un significato che attende di essere scoperto dall’interprete.
165 Per un approfondimento relativo alla Scuola dell’esegesi e alla Scuola storica si
veda di V. VILLA, Una teoria pragmaticamente orientata dell’interpretazione
giuridica, Giappichelli, Torino, 2012, pp.83-84.
3. La concezione dell’antiformalismo interpretativo
Le concezioni antiformalistiche sono realmente espressione di periodi di crisi, sia endogene (crisi interne al diritto) che esogene (crisi esterne al diritto), periodi in cui manca, nella cultura giuridica di riferimento, un’omogeneità di fondo. In un primo senso, manca una omogeneità interne alla cultura giuridica. Questo può accadere, ad esmepio, perché è trascorso un lasso di tempo molto ampio fra una determinata codificazione e il periodo attuale, e dunque le leggi emanate a suo tempo si trovano di fronte ad una realtà sociale e culturale mutata e non sono più in grado di rispondere alle nuove esigenze di regolamentazione giuridica. In un secondo senso, manca una omogeneità nel contesto sociale circostante.
Le concezioni antiformalistiche prevalgono in periodi di conflitti di classi, di assenza di valori etici e politici condivisi. L’idea centrale comune nell’antiformalismo interpretativo è quella secondo cui l’attività interpretativa di giudici e giuristi non dovrebbe riguardare, in prima battuta, elementi intrinsechi alla norma, ma dovrebbe basarsi su fattori storici, economici ossia su fattori estrinsechi alle norme; l’attività interpretativa dovrebbe concorrere allo scopo della soluzione di problemi economico-sociali, piuttosto che dedicarsi alla ricerca del significato delle disposizioni giuridiche. La posizione antiformalistica più radicale, in sede di teoria dell’interpretazione, che si pone in perfetta antitesi con il formalismo interpretativo è rappresentata dal movimento
del diritto libero. L’aspetto più interessante di questa posizione è che le
sue tesi precorrono quelle di alcune teorie antiformalistiche più recenti; il punto di partenza della teoria dell’interpretazione del movimento del diritto libero è la tesi secondo cui il diritto legislativo non è mai completo, lascia sempre spazi vuoti da riempire all’interprete-giudice. Questo perché non solo i significati delle parole contenute nei testi legislativi non sono quasi mai univocamente fissati, ma perché gli ambiti di esperienza che il diritto legislativo pretenderebbe di regolare sono sempre più vasti di ciò che viene rappresentato dalle parole della legge. Ciò implica che il giudice, in sede di applicazione del diritto, deve per forza compiere delle scelte non solo sul significato delle parole, ma anche sui metodi da adottare per risolvere i casi.
Secondo questo movimento il giudice, nel decidere sui casi concreti, ha ampi margini di manovra e si comporta a tutti gli effetti come legislatore del caso concreto. A fine della nostra indagine, è interessante vedere che l’elemento che caratterizza l’attività interpretativa è la
creatività dell’atto di attribuzione del significato. L’atto interpretativo produce qualcosa di realmente nuovo rispetto al dato normativo di partenza.
4. La concezione mista hartiana dell’interpretazione
Negli ultimi decenni del secolo scorso alla tradizionale contrapposizione fra concezioni formalistiche e concezioni antiformalistiche si è aggiunta un’altra concezione: la concezione mista. Come ci illustra Vittoria Villa, questo non vuol dire che in periodi passati non vi siano stati tentativi di indebolire le due concezioni contrapposte, introducendo elementi di formalismo nelle concezioni antiformalistiche (anti-formalismo moderato) ed elementi di anti- formalismo nelle concezioni formalistiche (formalismo moderato); Alcune delle teorie anti-formalistiche degli inizi del secolo XIX potrebbero essere in fondo considerate come teorie miste allo stadio embrionale.167 Tuttavia, è con la teoria di Hart, negli anni ’50 e ’60, che le concezioni miste raggiungono uno stadio adeguato di elaborazione autonoma, distaccandosi dalle altre due concezioni.
Uno degli elementi più importanti presenti nella teoria mista riguarda la funzione del giudice- interprete: si suggerisce al giudice di cooperare con il legislatore, al fine di adeguare ed adattare le leggi, storicamente risalenti, ad una realtà mutata. In sostanza, all’interprete si chiede di comportarsi da legislatore interstiziale ossia deve tappare le falle del sistema, risolvendo le incoerenze, creare nuovo diritto nei casi in cui ve ne sia bisogno, ma senza produrre alcuna soluzione di continuità con l’operato del legislatore. L’idea centrale di interpretazione giuridica espressa nella teoria mista di stampo hartiano, si sforza di mediare fra le due concezioni contrapposte del formalismo e dell’anti-formalismo. L’interpretazione viene collocata sia nella dimensione della scoperta che in quella della creazione, ma sempre in chiave alternativa: si sostiene che in alcuni casi (casi facili) è presente nell’interpretazione, in via esclusiva, la dimensione della scoperta, mentre in altri casi (i casi difficili) è presente, sempre in via esclusiva, quella della creazione. Si
167 Per un approfondimento su questo tema si veda il volume di V. VILLA, Una
teoria pragmaticamente orientata dell’interpretazione giuridica, Giappichelli, Torino,
mette ben in chiaro che la presenza dell’una esclude la presenza dell’altra.
La teoria di Hart si pone dunque come una teoria mista, intermedia a teorie estreme, da un lato il formalismo, dall’altro lo scetticismo. Formalismo e scetticismo, secondo Hart, sono le Scilla e Cariddi della teoria del diritto, “grandi esagerazioni” “salutari” a patto che si correggano reciprocamente, in quanto la “verità sta nel mezzo a loro”168