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Compromessi impossibili obblighi verso dio e obbligh

verso lo stato laico

* 5.1 ilConflittoMoRaleinunaCultuRa

Post-CRistiana: ilCasodell’obieZionediCosCienZa Questo capitolo prosegue l’esplorazione delle caratteristiche dell’ethos laico oggi dominante intervenendo in una battaglia fon- damentale delle guerre culturali del nostro tempo, quella innescata dal rifiuto degli operatori sanitari cristiani di fornire forme di tratta- mento che considerano proibite da Dio. Questo rifiuto, spesso indi- cato in termini più miti come «obiezione di coscienza», mina l’au- torità della cultura laica dominante e la sua visione delle professio- ni pubbliche. In una società laica questi rifiuti sono estremamente inquietanti perché 1) enfatizzano il significato morale di opzioni che la cultura laica dominante esige che siano considerate scelte di stili di vita e/o di morte, anziché scelte morali; 2) impediscono l’e- rogazione di servizi sanitari previsti dalla legge; e 3) violano quel- li che vengono considerati sempre più come diritti-pretesa uma- ni a quei servizi, per esempio il diritto di farsi praticare l’aborto.

Come si è messo in luce nel cap. 2, i conflitti che rientrano nelle guerre culturali del nostro tempo non sono pure e semplici dispute su particolari questioni normative, giacché investono il problema

* Questo saggio rappresenta lo sviluppo di una conferenza dal titolo «religion,

politics, and the state: rethinking morality in modern, secularized societies», or- ganizzata da politeia e tenuta presso l’Università di milano il 30 gennaio 2012 e ri- proposta presso il Banco di napoli, a napoli, il 3 febbraio 2012.

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ben più importante del carattere e della forza della morale stessa. In particolare, i conflitti più accesi vertono sul declassamento e sul ridimensionamento della morale tradizionale e della bioetica da par- te della cultura laica dominante, in cui almeno il declassamento è diventato parte integrante dell’agenda politica socialdemocratica. su questo sfondo, il rifiuto di fornire servizi medici che supporta- no stili di vita accettati dalla cultura laica non si limita a segnala- re l’esistenza di una visione alternativa o semplicemente un rifiuto del ridimensionamento della morale tradizionale propugnato dalla cultura laica dominante, ma finisce anche per apparire in se stesso come un atto politico reazionario. Gli obiettori si rifiutano di ac- cettare il giudizio definitivo dello stato.

5.2 PRofessionalitàMediCaestatofondaMentalista laiCo

Questo conflitto di culture dipende almeno in parte dal fatto che la cultura laica dominante afferma l’autonomia non soltanto come fonte di autorità, ma anche come valore o scopo dominante fondamentale. Ciò implica non solo l’avallo e la promozione del rispetto dei diritti di non interferenza1, ma anche la scelta di trat- tare come canonica una particolare visione sostanziale di che cosa sia una libera scelta corretta. L’idea è che l’individuo è obbligato a scegliere liberamente in conformità con visioni molto particola- ri della libertà. Il risultato è che appare immorale condannare mo- ralmente stili di vita e di morte laicamente accettati, pacifici e au- tonomamente scelti, in quanto ciò implica il rifiuto di accettare gli altri come fonti libere e uguali di autorità morale e di verità mora- le personale. Inoltre, la condanna di queste scelte laicamente ac-

1 Diritti di non interferenza (forbearance rights) sono quelli che tutelano il sog-

getto dalle possibili ingerenze di terzi e quindi comportano per gli altri – individui e società – solo divieti in tal senso. È il caso del diritto alla privacy e al pacifico go- dimento dei propri beni. I diritti di non interferenza si distinguono dai diritti-pretesa (claim rights) che, invece, possono comportare a carico di terzi non solo divieti, ma anche obblighi, come nel caso del diritto alla salute e all’istruzione [N.d.T.].

cettate di stili di vita e di morte nella cultura laica dominante viene considerata espressione dell’incapacità di apprezzare debitamente dignità e valore delle scelte autonome. Le scelte pacifiche, autono- me e laiche sul terreno degli stili di vita e di morte compiute dagli altri non vanno non solo tollerate, ma anche accettate e affermate.

Di conseguenza, le professioni pubbliche si sono viste investire dell’obbligo morale laico sia di rispettare i diritti-di-non-interferen- za degli altri sia di accordare loro non soltanto il diritto al rispetto, ma anche il riconoscimento dei loro diritti-pretesa all’autonomia e della dignità dei loro stili di vita e di morte. Così i professionisti della salute che si attengono al cristianesimo tradizionale vengono condannati perché non sostengono scelte di stili di vita laicamente accettati, ivi compresa l’omosessualità. si immagini, tanto per fare un esempio provocatorio, che un medico metta a confronto per un paziente adolescente i rischi per la salute legati a uno stile di vita omosessuale e quelli legati a una pratica intensiva del fumo di ta- bacco. ebbene il giudizio negativo di uno stile di vita politicamen- te e quindi legalmente accettato come l’omosessualità sarà consi- derato una forma di intolleranza moralmente proibita e di abuso della professione. e l’“intolleranza” di uno stile di vita come que- sto da parte del cristianesimo tradizionale, se dichiarata pubblica- mente, verrà giudicata un caso di aggressività verbale, in quanto mette in discussione la rettitudine morale di persone che esercita- no un diritto politicamente legittimo di autodeterminazione nella scelta dei propri personali stili di vita e di morte.

Come abbiamo già visto nel cap. 2, l’adozione da parte della cultura laica dominante di una visione sostanziale della scelta au- tonoma esige il riconoscimento del diritto-pretesa a un positivo ri- conoscimento morale reciproco. e tale riconoscimento non sol- tanto proibisce di qualificare negativamente come immorali scel- te di stili di vita sessuale e di morte che sono permesse, ma impo- ne anche che si assicuri loro un sostegno medico di base. La cul- tura laica dominante, cioè, esige che la professionalità medica sia costruita attorno ad alcuni impegni morali laici di base volti all’a- vanzamento della libertà, dell’uguaglianza, della dignità umana e della giustizia sociale, e ciò comporta una domanda non solo di affermazione morale di questi stili di vita, ma anche di sostegno degli stessi mediante professioni pubblicamente riconosciute. Co-

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sì, la visione laica delle professioni mediche viene usata anche per appoggiare la proposta di proibire ai medici cristiani di rifiutarsi di fornire servizi sanitari che essi sanno essere proibiti da Dio. La nozione di professionalità medica non è univoca. La cultura laica dominante cerca di stabilire nella legge e nelle politiche pubbli- che la propria visione della corretta professionalità medica. esa- miniamo, per esempio, quattro modi diversi di intendere la pro- fessionalità medica.

1. Professionalità medica intesa come ethos di una libera asso- ciazione di medici impegnati a perseguire scopi condivisi dai suoi membri. In questa visione libertaria della professionalità, l’autori- tà e la rettitudine della pratica collaborativa della medicina da par- te dei medici deriva dall’accordo dei medici interessati e dei pa- zienti che li scelgono. non si presuppone alcuna particolare con- cezione del bene, del giusto e della virtù. Al contrario, è dalla li- bera interazione di medici e pazienti che nasce una visione della professionalità medica.

2. Professionalità medica maturata attraverso una storia e una tradizione particolari. sebbene si possa cercare di derivare dalla pratica della medicina una visione di che cosa sia giusto in medi- cina, di quali siano i beni della medicina e le virtù di un buon me- dico (PellegRino, thoMasMa 1988; 1981), di fatto questo tenta-

tivo non può avere successo. Una ragione di questo è che i medici, in tempi e luoghi diversi, hanno formulato scale di priorità diverse dei vari obiettivi morali e, così facendo, hanno assegnato alla me- dicina come pratica contenuti diversi. La professionalità medica ha sempre un carattere socio-storicamente condizionato perché è, almeno in parte, il prodotto di una particolare storia all’interno di una particolare cultura. Basti pensare, per esempio, alle varie tra- dizioni ippocratiche della professione medica.

3. Professionalità medica religiosamente definita. molte religio- ni hanno norme che limitano e dirigono la pratica della medicina da parte dei medici. Basti pensare alla diversità degli obblighi che hanno, per esempio, i medici cristiani ortodossi e quelli ebrei or- todossi2. Gli uni e gli altri si sentono legati da obblighi verso Dio

2 Diversamente dalla chiesa ortodossa, che proibisce l’aborto senza eccezioni,

l’ebraismo ortodosso sostiene la doverosità del ricorso all’aborto se è necessario per salvare la vita della madre. «se una donna sta avendo un travaglio difficilissimo, si

che possono essere in contrasto con norme sociali, con i desideri altrui e anche con particolari concezioni laiche socio-storicamen- te costruite della professione medica.

4. Professionalità medica definita secondo la cultura laica do- minante contemporanea. Le guerre culturali di fine xx e inizio xxi secolo sono state innescate in parte dai conflitti sulla questio-

ne di quali norme dovrebbero essere adottate dalla legge e dalle politiche pubbliche per guidare la pratica della medicina, cosa che avrebbe consentito di definire le caratteristiche di una professio- nalità medica appropriata.

Questi conflitti, che chiamano in causa visioni incompatibili della professionalità medica, vengono scatenati da concezioni so- stanzialmente differenti della realtà, della morale e della bioetica. Accanto a una professionalità medica elaborata dalle associazio- ni dei medici, a un’altra che si fonda su una particolare tradizione o a una terza che deriva i propri doveri morali dagli obblighi dei professionisti della salute verso Dio, c’è la visione laica contem- poranea della professionalità medica che si radica nel robusto lai- cismo che sta alla base delle politiche pubbliche degli stati fonda- mentalisti laici di oggi3. Questa visione laica della professionali- tà medica non poggia sull’autonomia come permesso, ma su una concezione etico-politica molto particolare del valore e del conte- nuto appropriato dell’autonomia, concezione che richiede l’effet- tuazione di particolari scelte, dirette da nozioni molto particolari della libertà, dell’uguaglianza e della dignità umana. All’interno di una società plasmata dalla cultura laica oggi dominante, il con- flitto più stridente sarà tra definizione laica e definizione religiosa

taglia il bambino nel suo grembo e lo si tira fuori pezzo per pezzo, perché la sua vi- ta viene prima di quella del bambino. ma se il bambino è già uscito in buona parte, non si deve toccarlo, perché non si può sacrificare la vita di una persona per quella di un’altra» (Oholoth 7,6). secondo i cristiani ortodossi, questa differenza sarebbe in relazione con l’arrivo del messia. Cfr. mt. 19,3-4.

3 per «stato fondamentalista laico» intendo uno stato che, analogamente a quan-

to avviene negli stati fondamentalisti religiosi, impone nello spazio pubblico, non- ché nelle istituzioni e nelle professioni pubbliche, una particolare visione normativa del discorso e dell’azione appropriata, più precisamente norme laiciste riguardanti l’azione e la parola che sono in contrasto con le prime tre concezioni della profes- sionalità medica.

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della professionalità medica. e in questo conflitto non ci sarà po- sto per alcun compromesso.

La cultura laica oggi dominante, la sua morale e la sua bioetica sono intrinsecamente legate all’emergere di stati fondamentalisti laici. e questi stati sono impegnati a mettere in atto politiche che sono dopo Cristo e dopo Dio (engelhaRdt 2010a, 2010b). L’e-

spressione «stato fondamentalista laico» viene usata per identifi- care uno stato che impone ai suoi cittadini particolari visioni mo- rali laiche. esso sviluppa le proprie leggi, le proprie istituzioni, il proprio dibattito pubblico, nonché le professioni e le comunica- zioni in conformità a una particolare visione laica della condotta appropriata, in cui rientra anche una particolare concezione laica della morale e del politicamente ragionevole. tale stato sostiene con fondi propri soltanto le proprie particolari concezioni laiche della morale e delle professioni sanitarie, in modo che le profes- sioni e le istituzioni che controlla si adeguino alla visione politi- ca e morale laica che sottoscrive. Inoltre lo stato fondamentalista laico si rifiuta di sostenere concezioni e istituzioni religiose e lai- che concorrenti, insistendo nello stesso tempo affinché il dibatti- to nell’ambito delle istituzioni e dell’informazione pubblica ab- bia carattere laico. Di conseguenza, lo stato fondamentalista laico vuole che nella sfera pubblica professioni, singoli professionisti e istituzioni (per esempio, medici e infermieri degli ospedali), nel- lo svolgimento delle proprie mansioni ufficiali cioè professionali, si adeguino ai dettami dell’ortodossia filosofica laica stabilita. In uno stato fondamentalista laico, la società civile è plasmata, diret- ta e regolata dalle richieste dell’ideologia dello stato fondamenta- lista laico, sicché le istituzioni intermedie, nei limiti del possibile, verranno anch’esse riformate nei termini dell’ortodossia laica sta- bilita (le chiese, per esempio, se agiranno politicamente, perderan- no i propri vantaggi fiscali).

Questa situazione ha prodotto una marginalizzazione del di- scorso e delle pretese morali del cristianesimo circa gli obblighi verso Dio. stante la natura secolare dello stato laico, il discorso e le pretese morali del cristianesimo sono stati confinati in una sfe- ra privata molto limitata e sottratti alla vista del grande pubblico, un po’ come si fa con le discariche dei rifiuti che vengono collo- cate con discrezione fuori dall’abitato delle città. In particolare,

l’ideo logia laica dominante ha messo in ombra il ruolo del discor- so religioso, delle istituzioni religiose (per esempio, delle chiese) e delle loro affiliazioni (per esempio, degli ospedali gestiti da reli- giosi), ma nello stesso tempo ha promosso e messo in evidenza le proprie attività e le proprie istituzioni culturali laiche. Grazie alla forza dello stato fondamentalista laico, l’ideologia laica stabilita ha relegato gli interessi religiosi dei credenti in una sfera privata e personale sempre più circoscritta (engelhaRdt 2010a, p. 72).

L’emergere degli stati fondamentalisti laici ha creato un conte- sto sociale decisamente ostile alla presenza dei cristiani tradiziona- li in quanto tali nello spazio pubblico. Il discorso e le pratiche del cristianesimo sono stati completamente esclusi dai dibattiti pubbli- ci e anche, per quanto possibile, dallo spazio pubblico. Così, anzi- ché «buon natale», si preferisce augurare «buone vacanze». I cri- stiani post-tradizionali forse non si rendono pienamente conto di quanto il discorso morale degli stati fondamentalisti laici sia diver- so dal discorso e dalle istanze morali del cristianesimo. Alla radi- ce di questa circostanza c’è, tra le altre cose, il fatto che i cristiani post-tradizionali hanno abbracciato anch’essi il discorso laico dei diritti umani, dell’uguaglianza umana, della dignità umana e della giustizia sociale, un discorso che originariamente non è cristiano, ma che deriva dalla morale laica affermatasi dopo la rivoluzione francese. I cristiani post-tradizionali hanno riformulato il proprio discorso morale nei termini di una lingua laica.

5.3 unasPaCCatuRaPRofonda: PeRChéunteRReno CoMunenonesiste?

medici e professionisti della salute appartenenti al cristianesi- mo tradizionale sono culturalmente fattori di disturbo perché ri- conoscono pubblicamente degli obblighi verso Dio. In questi ob- blighi rientra non solo il dovere di rifiutare interventi medici che, secondo loro, sono proibiti da Dio, ma anche quello di rifiutarsi di indirizzare i pazienti ad altri operatori disposti a praticare quegli interventi. Quest’ultimo dovere poggia sulla circostanza che, se si

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riconosce che un intervento è categoricamente proibito, è vietato anche indirizzare i pazienti a medici che lo effettuerebbero. Così, se si riconosce che l’uccisione di un innocente è moralmente sba- gliata, non ci si deve soltanto rifiutare di eseguirla, occorre anche rifiutarsi di indirizzare a un killer esperto coloro che la chiedono. sotto questo profilo, i medici cristiani tradizionali avranno social- mente un ruolo di rottura perché si dichiareranno apertamente e pubblicamente contrari a importanti richieste morali della cultura laica dominante. Infine, e la circostanza è importante, se il rifiuto da parte di un medico di fornire particolari interventi sanitari, o di farli fare da altri, viene motivato nei termini di un obbligo verso Dio, questa sua decisione violerà la pretesa normatività laica del discorso pubblico. Questo rifiuto introduce delle prospettive reli- giose nello spazio pubblico e mina la priorità del discorso morale laico stabilito, nonché la sua visione della professionalità medica.

I cristiani tradizionali sanno che rifiutarsi di fornire un servizio e, ancora peggio, rifiutarsi di far sì che altri possano fornirlo è proi- bito. ma sanno anche che certi interventi che lo stato laico ha reso legali e trasformato in legittime scelte di stili di vita e di morte so- no invece gravi offese alle norme da parte di una cultura ufficial- mente laica e della politica che ne è espressione. Così la scelta di quei medici è un atto importante di non cooperazione con lo stato laico. nella cultura laica ufficialmente stabilita da uno stato laico, c’è anche una particolare ostilità nei confronti di norme, immagini e discorsi cristiani, un’ostilità dovuta al fatto che gli stati laici han- no consapevolmente affermato la separazione tra stato e cristiane- simo. Questi stati, cancellando la separazione fra stato e ideologia laica, affermano l’unione di stato e ideologia. essi cercano di de- finire se stessi attraverso norme che sono consapevolmente dopo il cristianesimo, definendo la vita pubblica, le professioni pubbli- che e le istituzioni in un’ottica laica totalizzante che mette da parte quella che era stata una cultura pubblica cristiana. Questa trasfor- mazione della vita pubblica nonché delle professioni e delle isti- tuzioni pubbliche spesso viene portata avanti in nome della difesa di un presunto obbligo laico di onorare i diritti umani. La forza di questi sviluppi si è espressa in una pressione costante esercitata sui medici cristiani affinché operassero una scelta tra queste due alter- native: violare i loro obblighi verso Dio o lasciare la professione.

Questa laicizzazione delle professioni viene perseguita dando la priorità alle norme professionali, considerate standard pubbli- ci, e insieme declassando le esigenze morali a preferenze private o personali. La cultura laica cerca di accreditare la priorità dell’etica professionale laica rispetto alle preoccupazioni morali “private”. Lo scopo è di far sì che l’etica professionale laica prevalga sugli altri obblighi morali, compresi quelli verso Dio. Disinteressata profes- sionalità laica e giustizia sociale laica vengono così invocate come norme morali oggettive che impongono ai professionisti della sa- lute di violare i loro obblighi verso Dio, che a loro volta vengono ridescritti come pure e semplici preoccupazioni personali. Di con- seguenza, l’impegno del medico a onorare i propri obblighi verso Dio viene ridescritto come ripiegamento egocentrico sul privato o su sentimenti religiosi privati in conflitto con gli obblighi socia- li laici pubblici che lo riguardano come professionista della salute (CantoR 2009). L’invocazione della dicotomia pubblico/privato ha

l’effetto di confinare, e quasi mettere in quarantena, gli obblighi religiosi nella sfera dei sentimenti e delle preoccupazioni private meramente personali. In tal modo i doveri verso Dio di non com- piere certi atti sono ridotti a questioni puramente personali, cioè a problemi di integrità e valori privati o di sentimenti morali perso- nali. e ciò anche se, naturalmente, nell’ottica della professionalità medica cristiana tradizionale, Dio e gli obblighi verso di lui, lun- gi dall’essere questioni private, riflettono la natura profonda della realtà. nulla può essere più pubblico delle norme etico-religiose. Cristiani tradizionali e difensori dello stato fondamentalista laico, insomma, non possono convenire nemmeno su una comune descri- zione di che cosa è in gioco.

I medici cristiani, affermando che l’erogazione di certi servizi è profondamente sbagliata, implicitamente accusano gli altri di com- piere atti moralmente sbagliati. Quando essi si rifiutano di soddi- sfare la domanda di servizi sanitari legalmente riconosciuti come la riproduzione assistita di gameti da parte di donatori a favore di terzi, il trattamento delle disfunzioni sessuali in coppie omoses- suali, la fecondazione in vitro e il trasferimento di embrioni per le coppie lesbiche, l’aborto, il suicidio medicalmente assistito e l’eu- tanasia, quando compiono queste scelte, dicevo, li si rimprovera non soltanto di offendere i diritti-pretesa degli altri e quindi di cal-

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pestare la giustizia sociale, ma anche di accusare implicitamente e impropriamente di comportamento immorale coloro che compio- no scelte di stili di vita e di morte che invece la cultura laica con-

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