• Non ci sono risultati.

I Beni Comuni nella Giurisprudenza:la Sentenza n 3665/2011, Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civil

I beni comuni nell’esperienza italiana

III. I Beni Comuni nella Giurisprudenza:la Sentenza n 3665/2011, Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civil

A questo punto della trattazione occorre dare conto brevemente, del se e del come la Giurisprudenza abbia affrontato la complessa questione dei Beni Comuni.

In effetti, appare di fondamentale importanza quanto affermato dalle Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione, che con una Sentenza di portata storica, la n. 3655 del 2011, si sono espresse sulla dibattuta questione nazionale relativa alla natura giuridica, pubblica o privata, delle valli da pesca della laguna di Venezia, ossia, quei “terreni con corpi idrici delimitati da argini, su cui è praticata da secoli una particolare forma di itticoltura”.

In sostanza, la Suprema Corte nell’affermare la demanialità di queste aree ha recepito per la prima volta al livello giurisprudenziale la nozione di “Bene Comune”. All’origine della causa vi è il ricorso da parte della A.M.A. (Azienda Marina Averto s.r.i.) avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia, 13 aprile 2008, n. 818 con cui è stato rigettato l’appello e confermata la pronuncia impugnata. L’importanza di questa pronuncia risiede nell’affermazione di una serie di principi di diritto, da cui si evince una forte rispondenza dei criteri introdotti dalla Suprema Corte ai risultati dei lavori della Commissione Ministeriale.

In primo luogo, nella sentenza in esame si afferma che “oggi, non è più possibile limitarsi, in tema di individuazione dei beni pubblici o demaniali, all’esame della sola normativa codicistica del ‘42, risultando indispensabile integrare la stessa con le varie fonti dell’ordinamento e specificamente con le norme costituzionali. La Costituzione, com’è noto, non contiene un’espressa definizione dei beni pubblici, né una loro

61

classificazione, ma si limita a stabilire alcuni richiami che sono, comunque, assai importanti per la definizione del sistema positivo”.

“Tuttavia, dagli artt., 2, 9 e 42 Cost., e stante la loro diretta applicabilità, si ricava il principio della tutela dell’umana personalità e del suo corretto svolgimento nell’ambito dello Stato Sociale, anche nell’ambito del paesaggio, con specifico riferimento non solo ai beni costituenti, per classificazione legislativa/codicistica, il demanio e il patrimonio oggetto della proprietà dello Stato ma anche riguardo a quei beni che, indipendentemente da una preventiva individuazione da parte del legislatore, per loro intrinseca natura o finalizzazione risultino, sulla base di una compiuta interpretazione dell’intero sistema normativo, funzionali al perseguimento e al soddisfacimento degli interessi della collettività”.

Come è già possibile notare, la Suprema Corte, nel definire la demanialità del bene, introduce un nuovo principio, che non è quello dell’appartenenza, ma bensì quello della funzionalità del bene.

Ancora,“L’art. 9 Cost., in particolare, prevede infatti che la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione, con una affermazione, contenuta nell’ambito dei principi fondamentali, che negli ultimi anni ha costituito fondamento per una ricca legislazione in tema di beni culturali (il richiamo va, in particolare, al D. lgs 29 ottobre 1999, n. 490, poi abrogato, a decorrere dal 1 maggio 2004, dal D. lgs 22 gennaio 2004, n. 42, che contiene il codice dei beni culturali e del paesaggio, il cui art. 10 prevede una definizione di beni culturali). A sua volta l’art. 42 Cost., pur essendo centrato prevalentemente sulla proprietà privata, esordisce sulla significativa affermazione secondo cui la proprietà è pubblica o privata, il che costituisce un implicito riconoscimento di una diversità di fondo tra i due tipi di proprietà. Più di recente,ancora, la riforma attuata con la Legge Costituzionale 18

62

ottobre 2001, n. 3, che ha modificato il titolo V della parte seconda della Costituzione, ha ricondotto alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (art. 17, comma 3); l’art. 118 Cost., comma 3, inoltre, dispone che la legge statale disciplina forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali”.

“Da tale quadro normativo–costituzionale e fermo restando il dato essenziale della centralità della persona (e dei relativi interessi), da rendere effettiva, oltre che con il riconoscimento dei diritti inviolabili, anche mediante adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, emerge l’esigenza interpretativa di guardare al tema dei beni pubblici oltre una visione prettamente patrimoniale–proprietaria per approdare ad una prospettiva personale-collettivistica.”

“Ciò comporta che, in relazione al tema in esame, più che allo stato–apparato, quale persona giuridica pubblica individualmente intesa, debba farsi riferimento allo Stato–collettività, quale ente esponenziale rappresentativo degli interessi della cittadinanza (collettività) e quale ente preposto all’effettiva realizzazione di questi ultimi; in tal modo disquisire in termine di sola dicotomia beni pubblici (o demaniali)- privati significa, in modo parziale, limitarsi alla mera individuazione della titolarità dei beni, tralasciando l’ineludibile dato della classificazione degli stessi in virtù della relativa funzione e dei relativi interessi a tali beni collegati.”

“Ne deriva quindi che, la dove un bene immobile, indipendentemente dalla titolarità, risulti per le sue intrinseche connotazioni, in particolare modo quelle di tipo ambientale e paesaggistico, destinato alla realizzazione dello Stato sociale come sopra delineato, detto bene è da ritenersi, al di fuori dell’ormai datata prospettiva del

63 prescindendo dal titolo di proprietà, strumentalmente collegato alla realizzazione degli interessi di tutti i cittadini.”

“Del resto, già da tempo, la Dottrina ma anche la stessa Giurisprudenza hanno fatta propria l’idea di una necessaria funzionalità dei beni pubblici, con la conseguente convinzione che il bene è pubblico non tanto per la circostanza di rientrare in una delle astratte categorie del codice quanto piuttosto per essere fonte di un beneficio per la collettività.

In questa prospettiva, è evidente che per la Suprema Corte di legittimità il concetto di proprietà pubblica debba definirsi attorno alla funzione sociale espressa dal bene pubblico.

Anche se, deve segnalarsi quello che, una parte della Dottrina considera elemento di forte criticità: quest’ultima, in particolare, ha evidenziato come la Suprema Corte, riconducendo le valli da pesca della laguna di Venezia entro la sfera proprietaria dello Stato, avrebbe di fatto confermato la tradizionale impostazione dominicale del rapporto, nello stesso momento in cui dichiarava di volerla superare; in realtà, va detto, che la Suprema Corte ha esplicitato che il connotato della demanialità esprime sì una duplice appartenenza, alla collettività e al suo ente esponenziale, “dovendosi, tuttavia, intendere la titolarità spettante allo Stato–Comunità e quindi al popolo, mentre l’ente esponenziale ovvero la Pubblica Amministrazione, deve essere intesa quale organo dello Stato–Comunità, evitando così di parlare di due distinte proprietà, l’una delle quali, cioè la proprietà dell’ente esponenziale, non sembra avere un chiaro fondamento giuridico”.82

82

64 La ricostruzione di una nozione di Beni Comuni, che si è fin qui provato ad illustrare, ci pone dinnanzi al quesito “su chi sia deputato a governare tali beni”. Io credo si debba rispondere a questa domanda osservando come lo Stato e gli altri organi istituzionali, attraverso le categorie del Demanio e del patrimonio pubblico, siano incapaci di perseguire effettivamente l’interesse pubblico, nonché di realizzare quegli obiettivi sociali che la nostra Costituzione contempla e impone.

È chiaro, allora, che in uno scenario come quello attuale, caratterizzato da un abuso di pratiche di privatizzazione delle risorse comuni che cancellano le democrazie di base, nonché da una crisi della stessa Democrazia Rappresentativa83, il governo dei beni comuni non può che svolgersi con il coinvolgimento dei cittadini stessi84. Ma in che modo i cittadini possono contribuire all’amministrazione di tali beni?

In primo luogo, valorizzando le Democrazie Locali con il coinvolgimento concreto dei cittadini nei processi decisionali relativi all’ambiente, alle risorse naturali, paesaggistiche, culturali, al sostentamento e al benessere delle comunità locali; in cui il potere sia delegato ai livelli esecutivi più alti applicando il principio di Sussidiarietà85.

83

MUCCIARELLI G., (2014) “I beni comuni e la partecipazione democratica” in Jura Gentium, ISSN 1826-8269, XI,, secondo cui “il problema dei beni comuni pone il problema di una critica della

democrazia rappresentativa e dei suoi limiti”. cit., pag., 71.

84

Cfr., MUCCIARELLI, cit., pag. 63, “I beni comuni in questo senso sono un’occasione per

sperimentare pratiche di governo concreto attraverso la cura dei beni che, messi in comune dalla natura o dall’artificio umano, spesso sono già amministrati con conoscenze e competenze che si tramandano da generazioni”

85

GIANNELLI N., “Beni comuni e servizi pubblici: Utilità sociale e gestione Democratica”,, in Istituzioni del Federalismo, in cui si sostiene che i “Beni Comuni sono l’orizzonte strategico entro cui

collocare la ridefinizione di un nuovo modello di sviluppo ed entro tale orizzonte la sussidiarietà ha un ruolo essenziale”.

65 Pertanto, si tratta ora di affrontare la questione relativa al rapporto che può crearsi tra istituzioni pubbliche e cittadini nel prendersi cura dei beni comuni, a fronte dell’applicazione dell’art. 118, ultimo comma, della Costituzione86.

86

In questa sede si intende sostenere e condividere appieno l’interpretazione in chiave partecipativa, della disposizione costituzionale, fornita dall’autorevole giurista italiano GREGORIO ARENA, (Professore di Diritto amministrativo nell’Università di Trento, è presidente nazionale di Cittadinanzattiva e del Laboratorio per la sussidiarietà , www. Labsus.org,), pertanto per una disamina approfondita si rimanda ai suoi diversi lavori; si veda specialmente ARENA G., COTTURRI G., (a cura di) 2010, “Il valore

aggiunto: Come la sussidiarietà può salvare l’Italia”, Carocci; ID., “Il principio di Sussidiarietà orizzontale nell’art., 118 u.c., della Costituzione”, in Studi in onore di Giorgio Berti”, Napoli, 2005, vol.,

I., pag 178 e ss.; ID., “Cittadini Attivi. Un altro modo di pensare l’Italia” 2006, Roma-Bari; ID.,

66

CAPITOLO QUARTO

Per un nuovo rapporto tra amministrazione e cittadini: