ESAMI STRUMENTAL
2.7 COMUNI MARCATORI UTILIZZATI NELLA STRATIFICAZIONE PROGNOSTICA
Risalgono a circa cinquant’anni fa, grazie agli studi di Braunwald e colleghi, le prime osservazioni sull’aumento delle concentrazioni sieriche di PCR e di noradrenalina nei soggetti affetti da scompenso cardiaco avanzato73. Da quel momento, l’utilizzo di biomarcatori in grado 1) di riflettere
le alterazioni fisiopatologiche alla base della patologia, e 2) di dare informazioni diagnostiche e prognostiche non valutabili clinicamente, è divenuto pratica routinaria tanto nell’attività clinica che nella ricerca scientifica.
Peptidi natriuretici (PN): BNP e NT-proBNP
Le concentrazioni sieriche di BNP e di NT-proBNP sono predittori indipendenti di outcome a breve e a lungo termine in tutti i soggetti affetti da scompenso. Nel registro statunitense ADHERE (Acute Decompensated Heart Failure National Registry), alti valori di BNP erano associati ad un’aumentata mortalità intraospedaliera in pazienti con ADHF74; un valore prognostico altrettanto significativo è stato dimostrato per il NT-proBNP75. I valori di PN alla dimissione risultano predittori di mortalità e di riospedalizzazione ancora più accurati rispetto ai valori presenti al ricovero76. Anche nei soggetti con CHF i valori sierici di PN, e soprattutto la loro variazione in risposta alle terapie, danno importanti informazioni prognostiche e permettono di identificare i pazienti a più alto rischio di rimodellamento cardiaco77,78.
Troponine
Il rilascio in circolo delle troponine si verifica a seguito della rottura della membrana plasmatica dei miocardiociti. Per quanto l'utilizzo principale delle troponine come biomarkers riguardi la diagnosi dell'infarto acuto del miocardio, è stato evidenziato un loro possibile ruolo come fattori prognostici nello scompenso. Il meccanismo alla base del rilascio delle troponine in corso di scompenso è complesso e non del tutto noto; fattori determinanti, oltre alla necrosi e all'apoptosi dei miocardiociti, potrebbero essere lo stato infiammatorio sistemico, l'iperattivazione neurormonale e lo stretch ventricolare.
Come emerge dal registro ADHERE79, una quota di pazienti con AHF ha valori di troponine più elevati della norma, e questa popolazione mostra un rischio più elevato di morte intraospedaliera (OR 2.55, 95% CI 2.24-2.89). Tuttavia, il riconoscimento del ruolo prognostico delle troponine non ha sinora permesso di creare algoritmi terapeutici differenziati per i pazienti a più alto rischio. Anche nello scompenso cronico, l'elevazione delle troponine mantiene un ruolo primario di stratificazione prognostica, come evidenziato nello studio Val-HeFT: circa il 10% dei pazienti
studiati aveva elevati valori di troponine sieriche, con un conseguente aumento del rischio di morte e di ospedalizzazione per scompenso a due anni80.
Marcatori di stress ossidativo
La produzione di specie reattive dell'ossigeno (ROS) è una conseguenza del metabolismo aerobio; in condizione fisiologiche, i ROS sono neutralizzati grazie all'azione di molecole antiossidanti. Nello scompenso, i radicali liberi sono in eccesso rispetto alla capacità di metabolismo delle cellule ed alterano la struttura e la funzione di queste. I livelli sierici di due biomarker di stress ossidativo, la mieloperossidasi (MPO) neutrofila e l'acido urico, hanno dimostrato di possedere valore prognostico sia nello scompenso acuto che nello scompenso cronico81,82; inoltre, i livelli sierici di acido urico sembrano correlare con il grado di disfunzione endoteliale nei pazienti scompensati. Tuttavia, le terapie volte a ridurre la formazione di ROS non hanno modificato il rischio di ospedalizzazione e morte per cause cardiovascolari in studi randomizzati83.
Marcatori di rimodellamento cardiaco
Numerosi componenti della risposta infiammatoria sono cronicamente iperespressi nei pazienti con scompenso e contribuiscono al rimodellamento cardiaco, sia in maniera diretta che attraverso l'attivazione dei sistemi neurormonali. Livelli elevati di proteina C reattiva (PCR), IL-1, IL-6 e TNF- α sono comprovati predittori indipendenti di mortalità per tutte le cause84, per quanto rimanga ancora da stabilire se tale elevazione sia determinante nella progressione dello scompenso o sia solo un epifenomeno di altri processi.
Anche i marcatori di rimodellamento della matrice extracellulare (ECM) hanno un ruolo riconosciuto nel predire la presenza di alterazioni della normale struttura delle fibre collagene, la dilatazione ventricolare e l'aumento della stiffness miocardica. I livelli di metalloproteasi della matrice (MMP) e dei loro inibitori tissutali (TIMP) sono alterati nel miocardio di pazienti affetti da cardiomiopatia dilatativa e questo correla con il rischio di outcome avversi85.
Marcatori di disfunzione e danno renale
La disfunzione renale è una delle comorbidità più rilevanti nei pazienti con scompenso. Accanto alle forme di insufficienza renale acuta (AKI) e cronica (CKD), i pazienti scompensati mostrano non di rado episodi di lieve peggioramento della funzione renale, con aumenti 0,3 mg/dl della creatininemia e/o riduzioni 20% dell'eGFR, definiti Worsening Renal Function (WRF); questi episodi predicono l'insorgenza della CKD86. Parametri come la creatininemia e la stima del filtrato glomerulare (eGFR) sono accurati predittori di outcome avversi nello scompenso; in particolare, l'eGFR risulta in quest'ambito un fattore predittivo più accurato di numerosi marker cardiospecifici87. Nuovi marcatori di funzione renale, come la cistatina C, sono risultati predittori anche più accurati della creatinina e dell'eGFR88, ma non sono ancora entrati nella pratica clinica.
I marker di danno renale acuto, quali NGAL e KIM-1, hanno acquisito un peso determinante, in quanto le alterazioni dei marker di funzionalità si rendono evidenti solo nei giorni successivi ad un eventuale danno renale organico. Tale danno, nei pazienti con scompenso, può derivare tanto dall'ipoperfusione renale quanto dall'eccessivo uso di farmaci nefroattivi, quali diuretici, ACE- inibitori e sartani, o nefrotossici, come alcuni antibiotici (aminoglicosidi, trimetoprim) e i FANS. I livelli di NGAL sono elevati nell'AHF e predicono, pur con accuratezza modesta, l'insorgenza di disfunzione renale, con conseguente peggioramento della prognosi89. I livelli urinari di KIM-1, una glicoproteina espressa nel tubulo prossimale, risultano elevati nei pazienti con CHF e correlano con la frazione d'eiezione ventricolare e con la classe NYHA90. Nello studio GISSI-HF, sia NGAL che KIM-1 si sono dimostrati predittori indipendenti di morte per tutte le cause e di ricovero per scompenso, anche in pazienti con eGFR inalterata.
Marcatori ematologici
L'anemia rappresenta una comorbidità comune tra i pazienti scompensati e possiede un valore prognostico assai rilevante. La patogenesi dell'anemia nello scompenso cardiaco è multifattoriale e include fattori quali l'insufficienza renale, la flogosi cronica, il deficit di ferro e di altri fattori nutrizionali e il sanguinamento cronico in corso di terapia antiaggregante o anticoagulante. Oltre ad aggravare i sintomi dello scompenso, l'anemia è associata con un aumento del rischio di outcome avversi, tanto nello HFrEF che nello HFpEF, in maniera indipendente dai valori dei peptidi
natriuretici91; analogo valore prognostico negativo è stato evidenziato per il deficit di ferro, anche in assenza di anemia92. Pertanto, è indicato ricercare accuratamente e trattare possibili cause reversibili di deficit marziale nei pazienti affetti da scompenso. L'integrazione endovenosa di ferro ha dimostrato di migliorare la qualità di vita, la sintomatologia e la tolleranza all'esercizio fisico in pazienti con scompenso cardiaco e carenza di ferro, con o senza anemia93. Inoltre, nei pazienti con HFrEF e carenza di ferro arruolati nello studio CONFIRM-HF, tale terapia ha mostrato di ridurre il rischio di ricovero per ADHF94.