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3. La comunicazione e i rapporti tra medico e paziente

3.3. Comunicare con la famiglia del malato

Un altro compito molto importante che i professionisti sanitari sono chiamati a svolgere è quello della comunicazione con i familiari della persona malata. Questo è un incarico particolarmente delicato, poiché soltanto una buona comunicazione consente alla famiglia di capire esattamente quale sia la situazione del loro caro e cosa stiano facendo i medici a riguardo.

Tuttavia, il personale sanitario non sempre è preparato ad interagire correttamente con i parenti del paziente. Parlare con loro infatti può creare condizioni di stress e fatica emotiva, per questo a volte capita che la comunicazione avvenga in modo frettoloso ed impreciso, mostrando atteggiamenti freddi e distaccati.

La comunicazione con i familiari non dovrebbe essere improvvisata o relegata tra le ultime incombenze di reparto ma dovrebbe essere curata in segno di rispetto per il dolore di chi sta vivendo una situazione difficile.

Questo vale in particolare e soprattutto se l’informazione da condividere è una notizia di morte. In questo caso, il medico ha il pesante onere di comunicare una notizia molto difficile, sia per lui che la trasmette, sia per coloro che la devono accettare. Proprio per questo egli dovrà cercare di farlo nel modo migliore poiché soltanto attraverso un’adeguata comprensione dell’evento, i familiari riusciranno nei mesi successivi ad affrontare il processo di accettazione della morte e l’elaborazione del lutto95.

Tuttavia, in una circostanza particolarmente complessa come questa, dobbiamo tener conto anche di altri aspetti. Il medico, oltre ad essere un professionista che si è preso in carico il paziente, è anche un essere umano dotato di pensieri e

95 A. Zuliani, L. De Antoni, Il problema della comunicazione ai familiari del decesso improvviso di un congiunto, articolo pubblicato in “Emergency oggi”, 2002, p.1-12.

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sentimenti, che pertanto potrà trovare una certa difficoltà ad approcciarsi ai familiari e ad informali della morte di un loro caro.

Si potrebbe pensare al fatto che un lavoro come quello del medico metta quotidianamente di fronte a situazioni molto complicate, ma non bisogna dimenticare che alla morte non ci si abitua mai. Trovarsi a contatto con un evento tale, non è facile neanche per i professionisti sanitari che spesso infatti rischiano di sviluppare sentimenti di impotenza, di rabbia o addirittura provare un senso di sconfitta personale.

Dare brutte notizie crea una naturale sensazione di disagio e a ciò si aggiunge la consapevolezza che il medico ha di dover provocare dolore all’interlocutore parente della vittima. Sapere di causare sofferenza potrebbe portare il medico a sviluppare un desiderio di fuga in senso letterale, ovvero delegando ad altri il ruolo di messaggero, oppure ad una “fuga fittizia” di tipo emotivo, innalzando una barriera di autodifesa tra lui e i familiari.

Date queste premesse, risulta necessario che vi sia una selezione delle persone a cui affidare il compito di interagire con i cari della vittima e che questi si impegnino ad osservare alcuni fondamentali accorgimenti al fine di ottenere una “buona comunicazione”.

Vediamo allora quali sono alcuni di questi accorgimenti. Come abbiamo già accennato, uno degli aspetti importanti da tenere in considerazione, è il modo nel quale la comunicazione viene espressa. Essa deve essere formulata con un linguaggio chiaro, semplice e conciso, cercando, per quanto possibile, di scegliere un luogo tranquillo e appartato, lontano dalla confusione di un corridoio o una sala d’attesa. Inoltre è molto importante che gli aspetti della comunicazione verbali e non verbali coincidano il più possibile al fine di non disorientare il destinatario. Considerata la gravità della notizia, bisogna cercare di entrare in relazione con l’interessato, mantenendo comunque un adeguato equilibrio tra distacco e coinvolgimento. “La ricerca di una giusta vicinanza, appare infatti decisiva nella misura in cui ci si sta addentrando nell’intimità degli affetti e dei valori di persone

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che ci sono assolutamente sconosciute.”96 Un atteggiamento troppo freddo o

tecnicistico può causare sfiducia e confondere, al contrario un’eccessiva partecipazione rischia di essere percepita come una mancanza di professionalità. Infine un ulteriore aspetto da non sottovalutare riguarda le reazioni emotive dei familiari al momento della comprensione dell’infausta notizia, in particolar modo se la morte è sopraggiunga improvvisamente. “È assolutamente normale che, in questi momenti, vi siano delle reazioni emotive molto intense”97: sofferenza e

dolore spesso possono provocare sentimenti d’ira, sensi di colpa, rifiuto della realtà e, alle volte, possono addirittura far riversare la rabbia verso chi comunica la notizia, come se ne fosse direttamente responsabile. Perciò chi si assumerà l’oneroso incarico di informare i familiari, dovrà essere preparato anche a gestire situazioni di questo tipo.

Da quanto detto dunque, possiamo affermare che il compito della comunicazione della morte sia estremamente delicato e comporti delle forti pressioni emotive a carico dell’addetto. Approcciarsi alla morte implica una serie di difficoltà per l’incaricato, fra cui quella di metterlo costantemente di fronte al proprio rapporto con essa.

«Affrontare il tema della morte mette la persona nelle condizioni di dover interrogarsi costantemente sul significato che ha per lui questo evento, non solamente dal punto di vista professionale, ma più direttamente personale. In altri termini possiamo ben affermare che occuparsi della comunicazione della morte chiede alla persona incaricata di interrogarsi sulla propria morte e sul rapporto che ha con essa: più tale vissuto sarà difficile ed inespresso più ci si potrà attendere sofferenza all’interno di questo compito professionale oppure l’assunzione di un atteggiamento difensivo che arriverà a negare ogni componente affettiva di questo lavoro, perché vissuta come troppo difficile.»98

96 Ibidem. 97 Ibidem. 98 Ibidem.

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In questo caso potrebbe essere d’aiuto un percorso formativo continuo, che consenta agli addetti di elaborare i propri vissuti nei confronti della morte, in modo da riuscire a comprendere innanzitutto sé stessi davanti a un evento drammatico e di conseguenza gli altri.

Tuttavia, al di là di tutte queste indicazione pragmatiche, è opportuno sottolineare che non esiste un “profilo ideale” che consenta di individuare il soggetto più idoneo a questo incarico e che, visto il carico emotivo che comporta, sarebbe opportuno non attribuirlo sempre alla stessa persona.

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