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Comunicare in emergenza

Nel documento Il burnout (pagine 46-49)

Quali sono i motivi di interesse per un argomento come quello della comunicazione in ambiente sanitario?

In primo piano c’è sicuramente il desiderio di migliorare la comunicazione con i pazienti e i familiari, sia per ottenere da loro più collaborazione nell’affrontare la situazione critica sia per offrire loro un’assistenza migliore, anche con un adeguato supporto psicologico

Tabella 8. Punti di vista disfunzionali relativi ai Tipi 1, 2 e 5

La tabella presenta i tratti di personalità che secondo la tipologia di Eysenck accrescono il rischio di malattia.

Tipo 1 Ritenersi incapaci di protestare.

Giustificare la tendenza a sottomettersi e a mettere da parte le proprie esi-genze, per mantenersi in armonia con gli altri.

Ritenersi incapace di manifestare le proprie emozioni e i propri sentimenti, anche in presenza di situazioni gravi.

Tipo 2 Ritenere che certe situazioni o certe persone siano la causa principale dei problemi o delle difficoltà che possono capitare.

Ritenersi incapaci di controllare collera e stress, perché attribuite a certe si-tuazioni o a certe persone.

Tipo 5 Considerare i sentimenti e le emozioni come disturbi da evitare.

Ma il controllo della comunicazione in situazioni critiche e difficili ha una funzione forse ancora più importante di quella già esaminata, anche se molto meno nota: una funzione autoregolativa nei confronti delle proprie emozioni e del proprio comportamento, come risulta dalle ultime ricerche sul “rule-governed behavior” (72). Consente così di tradurre in pratica e di rafforzare il cambiamento dello stile relazionale esaminato nel paragrafo precedente.

Nell’emergenza l’impatto con i pazienti, soprattutto nel caso di incidenti e di catastrofi, richiede forme di autocontrollo emotivo centrate su due obiettivi: (a) consentire un intervento efficace, condotto con calma e determinazione; (b) evitare strascichi sul piano personale, consentendo di staccare dal lavoro a fine turno e di non portarsi appresso la pena e la compassione per le vittime.

Per raggiungere il primo obiettivo, l’intervento deve essere accompagnato da una comunicazione che aiuti la vittima a controllarsi: aiutare la vittima a mantenere l’autocontrollo aiuta anche il medico a mantenere il proprio controllo.

Per raggiungere il secondo obiettivo, il medico deve adottare un tipo di linguaggio interiore in grado di agire efficacemente dal punto di vista autoregolativo, piuttosto che un tipo di linguaggio che abbia semplicemente la funzione di scarico immediato delle tensioni e delle irritazioni, ma che non evita stress e frustrazioni.

Vediamo alcuni esempi.

1° esempio – Il medico comunica con i parenti della vittima (a) in modo

empatico e (b) utilizza un linguaggio interiore centrato sulle emozioni e perciò efficacemente autoregolativo:

(a) Si tratta di parlare con i parenti di un uomo parzialmente decapitato dalla pala di una ventola: “Sono il dott. B., uno dei chirurghi in servizio al Pronto Soccorso quando hanno portato il signor X. Siete tutti suoi parenti? Entriamo nello studio, così chiudiamo la porta. Sapete tutti che cosa è successo? Quando è giunto qui, il signor X aveva una profonda ferita che gli attraversava tutto il collo. L’abbiamo suturato e siamo riusciti a stabilizzarlo. Ma voglio che siate preparati ad aspettare anche delle settimane, prima di sapere che se la caverà. Sapete, non guarirà mai del tutto e, se sopravviverà, avrà bisogno di tutto il vostro aiuto. Ora vi condurrò al suo letto e voi parlategli: è importante, perché può sentirvi”.

(b) Rimasto solo, il medico riflette sull’episodio: “Mi sento sempre turbato in questi casi: non voglio togliere alla gente la fiducia. Ma senza dargli false speranze. Credo che sia una parte molto importante del nostro lavoro. Ma è dura. Mi sento frustrato, perché a volte riusciamo a fare tanto e a volte così poco. Quando arrivano in Pronto Soccorso casi come questo devo fare in modo di rimanere distaccato, ma ci sono casi

in cui si rimane più coinvolti: quando si tratta di soccorrere un bambino, ad esempio, penso sempre che potrebbe capitare a mio figlio”.

[Fonte: Discovery Channel, Pronto Soccorso, “Turno di notte”, 21 giugno 2003]

2° esempio – Il medico comunica (a) in modo affrettato e non empatico e (b)

risulta turbato e stressato:

(a) A seguito di un incidente stradale, sono stati portati in Pronto Soccorso il guidatore, ferito, e il fratellino, inutilmente rianimato. Di fronte alle insistenti richieste di notizie del fratellino, il medico L. decide di parlare col ferito. “Sono il dott. L., il chirurgo in servizio qui. Quando i soccorritori sono arrivati sul posto dell’incidente, suo fratello non dava segni di vita. Abbiamo fatto tutto il possibile per rianimarlo. È morto. Mi dispiace, mi dispiace veramente”.

(b) Il ferito è disperato e chiede di non essere curato, perché vuole morire, come il fratellino. Il medico L. si giustifica con i colleghi: “Voleva sapere: bisognava dirgli che il fratello era morto”. L. rimane visibilmente turbato.

[Fonte: Discovery Channel, Pronto Soccorso, “Turno di notte”, 21 giugno 2003] Quali sono dunque le regole efficaci per comunicare in modo empatico e ridurre lo stress proprio e altrui?

1. Informare costantemente il paziente di ciò che si sta facendo per lui. Descrivere le operazioni che si stanno eseguendo colloca il medico in una prospettiva empatica e insieme rende tali operazioni più calme e mirate, perché più consapevoli.

2. “Chiudere l’evento” con frasi rivolte a se stessi, in funzione autoregolativa.

Ogni evento che abbia un impatto emotivo rilevante deve essere “concluso”, collocandolo nella trama della propria esperienza e dei propri valori, altrimenti continua a ripresentarsi come un replay disturbante e può diventare la causa di disturbi da stress postraumatico, anche nel caso in cui venga congelato al di fuori della consapevolezza e rimosso (3).

3. Lasciare sempre aperta la speranza nel comunicare notizie infauste ai parenti, pur presentando un quadro realistico della situazione, con tutti i rischi connessi compreso quello di un esito negativo delle cure.

La speranza viene mantenuta aperta quando si sottolinea l’impegno dei soccorritori nell’assistenza alla vittima (“Stiamo facendo tutto il possibile”): non è né necessario né utile mentire inducendo i parenti a credere che le condizioni della vittima siano meno gravi che in realtà.

Nel documento Il burnout (pagine 46-49)