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Comunicazione II malato

è terminale?

d i m e Censis e Ucsi OFFERTA DI INFORMAZIONE

E USO DEI MEDIA NELLE FAMIGLIE ITALIANE

pp. 164, € 17,50, FrancoAngeli, Milano 2002

I

l titolo asettico, neutro, di questo libro racconta male uno studio invece molto inte-ressante sul sondaggio com-piuto lo scorso anno dal Cen-sis allo scopo di delineare un quadro statisticamente e qua-litativamente rappresentativo del consumo mediatico nella no-stra società (la sua definizione uf-ficiale è "Primo rapporto annua-le sulla comunicazione in Italia"). In tempi di forte transizione poli-tica, e di crisi d'identità per molti degli attori sociali che interven-gono nella ricomposizione del tessuto normativo e comporta-mentistico dopo la palingenesi degli anni novanta e la rivoluzio-ne digitale, il panorama del-l'informazione viene osservato come un campo minato, anche inquinato, un terreno comunque di difficile rilevazione. La consa-pevolezza comune, ormai ampia-mente diffusa, che l'informazione veicolata attraverso i mass media sia diventata lo strumento essen-ziale delle relazioni nella vita pubblica deve misurarsi con un'offerta piuttosto squilibrata, dove i giornali giocano ora un ruolo subordinato, di rimessa, e prevale invece la forma televisiva, fortemente condizionata, però, da un controllo politico rigido, pervasivo (sulla cui natura si di-batte ampiamente ogni giorno, ma che innegabilmente, sia per gli osservatori che denunciano un'egemonia della sinistra, sia per coloro che invece denuncia-no un'occupazione della destra, è berlusconiana).

Questo squilibrio incide sulla formazione dell'opinione pubbli-ca, ne trascina le decisioni oltre che 3 costume, forma una cultu-ra dell'antagonismo dove 3 con-fronto appare raramente come 3 dibattito delle idee e si propone più spesso come un conflitto che ritrova 3 pensiero ideologico nel-la deideologizzazione univer-salmente conclamata. Quando Bourdieu diceva che "3 terrib3e del mondo della comunicazione è l'incoscienza" denunciava una carenza di strumenti adeguati di decodificazione del "messaggio", e premeva per la riqualificazione dei processi di ricezione; la defi-nizione di una geografia di base è ovviamente l'atto prioritario per l'avvio di qualsiasi progetto di ri-qualificazione, e il Rapporto ne costituisce ora una mappatura sulla quale lavorare con qualche apprezzab3e efficacia.

Il Rapporto evidenzia quattro risultati generali, come contribu-to strutturale alla conoscenza delle forme nelle quali si sostan-zia 3 consumo della comunica-zione (e dunque, approssimati-vamente, si promuove anche

l'attivazione dei processi cogniti-vi e partecipaticogniti-vi della cogniti-vita col-lettiva). Il primo segnala che 3 nostro rapporto con i media, cioè con 3 loro possesso fisico, è dominato da un consumismo diffuso, da un desiderio che pa-re irpa-resistib3e d'avepa-re tutto quel-lo che 3 mercato offre - televiso-re, decoder, satellitateleviso-re, radio, cellulare, computer, giornale, perfino 3 libro -, ma con uno stacco netto, drammatico, tra il possesso e l'uso. La bulimia si consuma in se stessa, e tradisce quello che poi, subito, appare come 3 secondo risultato strut-turale.

Che è un'inquietante spacca-tura culspacca-turale della nostra so-cietà, una linea di frattura che va ben al di là di quello che oggi si ama definire come lo spartiac-que della modernizzazione, cioè 3 digitai divide del mondo infor-matizzato, e molto più prosaica-mente si manifesta nelle forme tradizionali del rapporto con i "vecchi" media, anzitutto i gior-nali e i libri. Una metà degli ita-liani non legge un libro, non compra un giornale, e spesso la sua unica fonte d'informazione è la televisione, consumata in una media di quasi quattro ore al giorno. La denuncia che una

ri-cezione passiva del "messaggio" fac3ita l'introiezione di valori e culture che vanno oltre quel mi-lione e passa di voti per i quali 3 presidente Berlusconi accusa di "furto" Biagi e Benigni, diventa ora oggetto di un'analisi che, muovendosi sulla certezza di da-ti rilevada-ti con una seria indagine sociologica, richiama a una drammatica responsabilità gli operatori dei media.

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l terzo risultato si proietta sul-l'universo giovan3e: le ultime generazioni amano decisamente i media elettronici e scartano qualsiasi consistente frequenta-zione dei tradizionali strumenti deUa comunicazione; ma ancora più interessante è la rilevazione de3a scarsa attenzione verso le notizie (l'informazione) prove-nienti anche daUa televisione e 3 quasi inesistente interesse verso la politica. Ne appare un quadro sconfortante, dove l'impoveri-mento linguistico è solo l'ultimo dei dati negativi, e 3 primo è ov-viamente la crisi forte della par-tecipazione, deU"'etica politica", come scrive 3 Rapporto. La ge-nerazione dell'Homo Videns che Sartori segnala provocatoria-mente al museo antropologico del nostro futuro non appare più

- alla luce dei dati rilevati dal Censis - come l'immaginifico impossib3e di un Biade Runner.

Infine, la trasformazione che le nuove tecnologie vanno impo-nendo al giornalismo e al giorna-lista. Qui gli elementi d'interesse sui quali costruire una rivaluta-zione dei processi dell'informa-zione sono sostanzialmente due. Il primo sottolinea la centralità dei media nella formazione d'u-na consapevolezza sociale, 3 se-condo conferma come ancora 3 giornalismo - anche di fronte al-le forme nuove, e devianti, della velocizzazione della comunica-zione - creda decisamente che la verifica dell'informazione, cioè l'investigazione e l'accertamento di una realtà che spesso è invece comunicata soltanto nella sua apparenza, sia elemento essen-ziale e base fondante del lavoro editoriale. La Rete tende a modi-ficare questo "vecchio" princi-pio, e le tesi che vengono discus-se nelle università durante le discus- ses-sioni di laurea in scienze della comunicazione già paiono de-cretarne la morte; il Rapporto ri-flette una realtà più articolata, sulla quale è possib3e immagina-re un processo di approfondi-mento meno pessimistico di

quanto si faccia oggi. •

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