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A tutto concedere, allora, una legge sui “casi estremi” (la cui richiesta sale intensa soprattutto dal mondo degli operatori pratic

tra pluralismo delle morali ed etica di Stato

3. A tutto concedere, allora, una legge sui “casi estremi” (la cui richiesta sale intensa soprattutto dal mondo degli operatori pratic

del settore, comprensibilmente bisognosi di certezze e protocolli, anche se forse troppo fiduciosi nella possibilità di definirne criterî “blindati”, perché in primo luogo a loro dovrebbe essere chiaro che scienza e tecnica sono mobili per loro stessa natura) può dunque concepirsi al più solo come rivolta a rafforzare una semplice linea direttiva: lasciare che l’individuo, adeguatamente informato e in con-

templazione responsabile del proprio patrimonio di solidarietà, affetti ed impegni umani, decida di e su se stesso.

Il che è quanto dire, in fondo, che in tema vanno privilegiate piuttosto, in via regolatoria, le già previste fattispecie del codice penale (sia pure da rileggere in modo costituzionalmente orientato, rispetto a quando furono originariamente enunciate) sull’incri- minazione dell’omicidio del consenziente e del suicidio assistito, quelle del codice di deontologia medica e il consolidarsi – pur lento e tormentato – della giurisprudenza generale e settoriale (cioè en- doprofessionale) formatasi su di essi, con riferimento ad opzioni che possono anche essere consegnate ad un documento scritto, di principio e sempre rivedibile finché è possibile farlo, benché questo

non sia strettamente necessario, in presenza di chiari e comprovati in- dici di quale sia l’atteggiamento del soggetto al riguardo.

Non appare tuttavia prudente desumere tale direzione della vo- lontà dal semplice richiamo a “stili di vita” dell’interessato, che po- trebbero al più concorrere con altri indici non equivoci a definire la sua posizione in merito.

Non serve nulla di meno, ma non occorre nulla di più.

Stella polare deve essere in argomento, per sintetizzare e con- cludere, il principio di autodeterminazione solidale, cioè la scelta – fatta nel tempo felice della pienezza di vita per quando non vi fosse più coscienza di sé, pur com’è ovvio periodicamente verificabile, alla luce di possibili mutamenti di idee del soggetto interessato e dei progressi tecnico-scientifici – di che cosa sia, per ciascuno e solo per lui, l’idea della dignità della propria persona.

Questa parola ha una storia filosofica ricca e risalente, che non si avrebbe modo e spazio per ripercorrere qui in modo esauriente.

Essa indica in sintesi la posizione eminente del soggetto, per ca- ratteristiche intrinseche o qualità che l’hanno nel divenire arricchi- ta, in assoluto o in rapporto ad altre entità, personali e naturali.

La sua traduzione in termini giuridici – trascurata o relegata dalla cultura del positivismo nell’iperuranio delle nozioni indeter- minate, astratte e perciò inutilizzabili – è stata in seguito progressi- vamente recuperata dal costituzionalismo democratico, ora appun- to come valore assoluto, indisponibile e non bilanciabile con altri, matrice di diritti ed obblighi (secondo l’assunto chiarissimo – ad es. – dell'art. 1 GG), ora nella relazione di un soggetto coi suoi simili (è il caso della Costituzione italiana, che la richiama in tal senso ne- gli artt. 3, I comma, 36 e 41) e in tal caso come caratteristica di sog- getti spesso deboli, in cui è stata storicamente negletta, onde ne è seguita un’istanza riparatoria e di riequilibrio: così ad esempio è stato relativamente ai diritti dei lavoratori, o con riferimento a don- ne e bambini, ovvero ad appartenenti a razze o ad etnie prima di- scriminate.

Più di recente, il richiamo alla dignità sul piano giuridico si è arricchito di declinazioni ulteriori proprio in forza del dibattito bioetico ed oggi è, com’è noto, a fondamento complessivo ed espli- cito di atti formali, anche internazionali e comunitarî.

L’art. 32 della Costituzione, solitamente invocato nella materia qui indagata – ma l’autodeterminazione è in realtà il risultato dell’intero catalogo dei diritti fondamentali dell’individuo, peraltro non a-sociali, per così dire, ma vissuti in dialettica con gli altri, simi- li e non: chi scrive, da cinofilo, è consapevole che perfino il proprio cane dipende da lui per la propria sopravvivenza, sicché non pren- derebbe mai una decisione su se stesso che non tenesse in conside- razione anche questa particolare proiezione della sua responsabilità – reca invece la menzione del “rispetto della persona” come limite ai trattamenti sanitari in ipotesi imponibili con legge (in sede di la- vori preparatorî, invece, la parola “dignità” vi era appunto compre- sa).

Va osservato che, a prescindere dalle scelte di vocabolario, sul piano teorico i concetti espressi nelle disposizioni ricordate sono equivalenti e soprattutto non decisivi per trarre un’indicazione pre-

scrittiva univoca dal termine di volta in volta impiegato: possono cioè ritenersi salvaguardati dignità e rispetto tanto da chi (nel cam- po in questa sede analizzato) scelga di sopravvivere fino al termine naturale dei suoi giorni, sia da chi ritenga di non venire rispettato e di non trovarsi in una condizione dignitosa, ove la sua mera soprav- vivenza sia assicurata da interventi artificiali esterni che non gli con- sentano autonomia.

Il vero è che – nel prisma della “dignità” – confluiscono senti- menti di se stessi non oggettivabili nella medesima e cioè per tutti unica misura, per quanto sopra osservato circa il “politeismo dei valori” oggi registrabile, che dunque anche per tale decisivo motivo non può venire coartato, ma si definisce compiutamente in e da cia- scuno (come va ribadito), in ragione della “pesatura” dei proprî af- fetti e impegni umani che egli ritenga di valutare liberamente, gli unici verso cui si è in effetti davvero “responsabili” e i soli che cor- relativamente possono giocare un ruolo dialettico nell’opzione tra la cura (medica) e il prendersi cura (umano), nell’accompagnare cioè gli ultimi momenti della vita di una persona in condizione terminale e/o meramente vegetativa.

The thread that unites the essays in this book (already published individually and reproduced here together) is a proposed “discursive bioethics”, attentive to the “narrative of the case” that – like other similar ones, but at the time same irreducibly different in its existential uniqueness – suggests spontaneously, from time to time, the concretely feasible solution on the juridical level, in a context in which the law is of course necessary, but should be used in a particularly “mild” form, id est as a force that governs how people live together in society in a way that is neither unique, nor “front-line”.

Fonti

Aborto e autodeterrminazione della donna: profili problematici

Relazione alle Giornate italo-spagnole di bioetica “Questioni di inizio vita.

Fecondazione assistita e aborto nel dibattito bioetico” (Napoli, Università

Federico II, 26 - 27 giugno 2014), in www.comparazioneedirittocivile.it e in corso di pubblicazione in versione ridotta a stampa nel volume degli

Atti, in Quaderni del Centro Italiano di Ricerca Bioetica - Napoli, Mimesis,

Milano - Udine, 2015.

Obiezione di coscienza all’aborto e risposte dell’ordinamento giuridico. Una (amichevole) replica a Salvatore Curreri

in Confronti Costituzionali, online, 21 luglio 2014

Come legiferare in materie eticamente sensibili

in Confronti costituzionali, 4 agosto 2014 (con un’integrazione successiva)

Il genere e i suoi diritti. Una nuova problematica frontiera dell’uguaglianza

in Comunità Omosessuali. Le scienze sociali sulla popolazione lgbt, a cura di F. Corbisiero, Franco Angeli, Milano, 2013, 52-76.

L’Italia, il diritto e le unioni affettive stabili di carattere non tradizionale. Un panorama di problemi e di possibili soluzioni (con MARINA MONACO).

in Rivista di Biodiritto/ BioLaw Journal, on line, 2/2014, 253-280, in Over

the rainbow City. Toward a new LGBT citizenship in Italy, a cura di F.

Corbisiero, McGraw Hill, Milano, 2015, 105-135 (traduzione inglese semplificata a cura di Adrian Bedford), in una versione che comprende anche un contributo di F. ABBONDANTE.

La dignità del malato tra pluralismo delle morali ed etica di Stato

Intervento al Convegno Il diritto alla fine della vita. Decisioni, principî, casi (Napoli, Università Federico II, 19 - 21 maggio 2011), ora nel volume omonimo, a cura di A. D’Aloia, E.S.I., Napoli, 2012, 67-76.

Finito di stampare nel mese di maggio 2015 presso la Vulcanica Print - Torre del Greco (Na)