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6. La misurazione dell’efficienza aziendale

6.1 Il concetto di efficienza

Tulkens (1993) definisce l’efficienza come un modo di caratterizzare e valutare la performance di un’attività umana, esprimendo un giudizio sulla stessa secondo determinati criteri. In ogni attività umana si possono individuare tre componenti: a) si usano i mezzi; b) si ottengono risultati; c) si perseguono determinati obbiettivi. I criteri di efficienza da utilizzare per la valutazione della performance si definiscono con riferimento alle interazioni tra a) e b) e tra b) e c), ossia si valuta se i mezzi utilizzati sono i migliori per raggiungere i risultati ottenuti e se i risultati ottenuti soddisfano gli obbiettivi iniziali.

Il alcuni casi, ad esempio nei servizi, la distinzione tra input ed output non è netta. In queste situazioni, le indicazioni da seguire per la classificazione sono di definire input le componenti di cui si preferiscono livelli bassi mentre gli output sono quelle di cui si desiderano livelli alti.

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A tal proposito, Norman e Stoker (1991) consigliano di distinguere output e input in finali, intermedi e influenti. Per output finale si intende una misura diretta del grado di raggiungimento di un obbiettivo; si intende quindi far riferimento a quantità misurabili dei risultati. L’input finale è una misura diretta della quantità di risorse effettivamente consumate nel processo di produzione degli output. Viceversa, l’output intermedio è una misura indiretta del grado di raggiungimento di un obiettivo, da usare quando un output finale non è misurabile o in mancanza di dati. Analogamente, un input intermedio è una misura indiretta delle risorse effettivamente consumate e quindi un sostituto dell’input finale. Un output influente è la misura di una qualità che può contribuire a raggiungere un obbiettivo mentre un input influente condiziona il grado di raggiungimento degli obbiettivi ma non consuma risorse. Esempi di variabili influenti sono: variabili climatiche, grado di istruzione ed età del personale, popolazione residente nell’area di attività di un esercizio commerciale; su tali variabili, il decisore non può esercitare alcun controllo. La presenza di tali variabili fornisce informazioni preziose per una migliore rappresentazione dell’ambiente operativo in cui il processo produttivo ha luogo. Le condizioni necessarie per effettuare l’analisi dell’efficienza sono, quindi, che gli obiettivi perseguiti siano esplicitati, che i risultati ottenuti siano misurati e che i mezzi usati siano misurati. Nel momento in cui queste tre condizioni sono soddisfatte, è possibile stimare l’efficienza di qualunque attività umana, anche sportiva come in Mazur (1994).

Con riferimento alle attività economiche, prima di definire le tre condizioni suddette, è necessario specificare chi siano gli agenti di cui si stima l’efficienza: individui, consumatori o produttori, o gruppi di individui, ad esempio un intero paese. Dalla teoria economica, gli obiettivi da raggiungere sono: un determinato livello di utilità o benessere per i consumatori, di profitti/vendite/quote di mercato per i produttori e di benessere economico per le società; saranno quindi valutate diverse forme di efficienza.

Tradizionalmente si ritiene che i vari tipi di efficienza coesistano grazie alla capacità allocativa del mercato; specificatamente, il contemporaneo raggiungimento dell’efficienza individuale per consumatori e produttori e dell’efficienza collettiva avviene solo in alcune circostanze: ad esempio, la massimizzazione dei profitti

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assicura il raggiungimento dell’ottimo paretiano solo in presenza di mercati concorrenziali (cioè efficienti in senso paretiano).

L’interesse per l’analisi di efficienza in campo economico è appunto giustificato dal tentativo di valutare il processo di allocazione delle risorse in tutti i suoi stadi.

Con riferimento alle attività produttive, gli obiettivi delle unità di produzione devono essere distinti a seconda della forma istituzionale delle stesse. Ad esempio si può assumere l’obiettivo di: massimizzare i profitti per imprese private massimizzare la remunerazione per imprese gestite dai consumatori. Per una corretta valutazione dell’efficienza, è ovviamente importante identificare obiettivi specifici: secondo Stigler (1976), l’inefficienza rilevata può essere semplicemente dovuta alla cattiva specificazione degli obiettivi economici dell’imprenditore.

Tutte le forme di efficienza produttiva sono compatibili o possono essere rese tali con il raggiungimento dell’efficienza sociale e tutte derivano da decisioni manageriali. Nelle valutazioni dell’efficienza produttiva, in generale è importante prestare la dovuta attenzione alla forma istituzionale dato che sia la teoria economica che l’evidenza empirica mostrano come questa possa influenzare i livelli di efficienza. Tradizionalmente sono le performance dei produttori ad essere analizzate, ma più di recente anche quelle di consumatori e operatori pubblici sono diventate oggetto di indagine.

Per esempio l’efficienza dei consumatori australiani è stata analizzata da Lovell et al. (1994) che connettono la dotazione di risorse individuali alla qualità della vita da queste assicurata. Il riferimento teorico è il modello di produzione familiare beckeriano in cui le risorse familiari sono trasformate nel livello di soddisfazione dei componenti della famiglia. La dotazione è espressa dal reddito disponibile, ponderato in relazione alla dimensione e alla composizione della famiglia e da altre variabili che esprimono l’uso individuale delle risorse. La qualità della vita è espressa da variabili riferite a vari aspetti del benessere individuale. Pavone (2000) estende il contributo di Lovell et al. all’analisi dell’efficienza nella produzione familiare in Italia applicando ai dati sulla disponibilità di risorse familiari un approccio non parametrico per evitare l’assunzione di convessità nella tecnologia di produzione domestica.

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Anche valutazioni dell’efficienza sociale non sono molto frequenti ma è possibile rinvenire in letteratura un filone di valutazione delle politiche economiche e ambientali nazionali (Lovell, 1995; Lovell e Pastor, 1995). In tali lavori, si valuta l’efficienza dell’operatore pubblico nel perseguimento di determinato obiettivi quali: alto livello di prodotto nazionale pro-capite, stabilità dei prezzi, alto tasso di occupazione e pareggio della bilancia dei pagamenti. In generali, quindi, è possibile analizzare l’efficienza dell’operatore pubblico inserendo anche obiettivi di sviluppo economico sostenibile, quali un’adeguata redistribuzione del reddito o di qualità dell’ambiente, oppure aggiustare gli input, ad esempio lo stock delle risorse naturali per tener conto del loro deterioramento (Alston et al., 1995). Tale suggerimento vale anche in un contesto dinamico dove è possibile misurare i tassi di crescita economica in presenza di politiche ambientali e per il welfare; quindi, il problema metodologico si sposta all’individuazione di un indicatore sintetico di qualità ambientale e di un appropriato criterio di equità.

Adottando tale impostazione è anche possibile fornire elementi sul dibattito se esiste un trade-off tra protezione sociale e crescita economica (Costabile e Scazzieri, 2005), ad esempio, misurando la crescita economica in assenza o in presenza degli obiettivi di protezione sociale, come in Lovell et al. che effettuano la loro analisi in presenza e in assenza di indicatori ambientali (1995). Tali autori mostrano, infatti, come la graduatoria di efficienza delle nazioni esaminate cambi aggiungendo indicatori di politica ambientale, ad esempio, peggiora considerevolmente la posizione dei paesi dell’Europa Centrale e Settentrionale. Un’apprezzabile differenza nei punteggi di efficienza misurati in presenza e in assenza degli indicatori di politiche per il welfare testimonierebbe del trade-off tra protezione sociale e crescita economica.

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7. La DEA (Data Envelopment Analysis) e le possibili applicazioni in agricoltura

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