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LE CONCEZIONI SUL DANNO AQUILIANO DAI GLOSSATORI AL DIRITTO COMUNE

§1. IL DANNO AQUILIANO NEI GLOSSATORI

Il ritorno alla tradizione romanistica si raggiunge nel secolo XII grazie al rinnovamento dello studio delle fonti romane (particolarmente quelle giustinianee), per impulso di Irnerio e dei suoi discepoli della scuola di Bologna. In un primo momento i suoi sforzi furono diretti a riscoprire e analizzare i testi, estraendone l’intimo significato, per trasferirli in un contesto sociale, economico e culturale del tutto diverso.

I glossatori, nel prendere come base dei loro studi e delle loro esposizioni, la compilazione giustinianea, non poterono omettere di riferirsi alla actio legis Aquiliae.

È stato segnalato che per questi, come in generale per tutta la dottrina del diritto comune, l’annotata definizione pauliana di danno ( 《 damni nomine intelligetur deminutio patrimonii 》 ) costituirà un indiscusso punto di riferimento320.

Sebbene è possibile incontrare qualche evocazione casistica che ricordava i tre verbi ristretti della lex Aquilia, non è meno certo che si assumevano il carattere generale del corrumpere e la deterioratio rei. Un glossatore come Rogerio affermava che non solo era possibile che il danno incidesse sulla esistenza o sull’integrità fisica della res, ma anche sul suo valore (bonitas) attraverso la separatio o la coniunctio della cosa con un altra e addirittura su una 《 res, quam non habeo sed habere spero 》 . In tale modo si prendeva in considerazione il lucro cessante, la cui nozione risultò determinante assieme alla nozione di danno emergente, agli effetti della configurazione della teoria del risarcimento.《Et his modis patior damnum》, concludevano i glossatori321.

Risulta chiaro quindi, come nota bene Massetto, che 《 il danno

320 G. P. MASSETTO, voce Responsabilità (diritto intermedio), cit., p. 1120. 321 G. P. MASSETTO, voce Responsabilità (diritto intermedio), cit., p. 1120-1121.

giuridicamente rilevante appare essere quello che si concretizza in una riduzione del patrimonio》322.

Si esige inoltre che il pregiudizio si sia prodotto effettivamente (Roffredo afferma che:《ceterum si damnum non sit datum quia res non est facta deterior, vel res erit facta melior hec actio locum non habet 》). Questa idea conduce al fatto che, quando si analizzano i casi romani di raccolta della frutta matura altrui, si concluda che poichè non esiste diminuzione patrimoniale non esiste danno risarcibile, e che -al contrario- per mezzo di una fictio o praesumptio iuris, si deve intendere donata al dominus l’opera o il lavoro323.

Perchè sia possibile esercitare l’azione aquiliana si precisa che il danno deve essere causato senza l’intenzione di appropriarsi della cosa324.

Malgrado il riferimento che tutti i glossatori manifestavano nei confronti delle fonti romane, sorgevano delle discrepanze. Così, sebbene Bulgaro interpretava rigidamente la massima che impediva di valutare in denaro l’integrità fisica o la vita di una persona libera, negando l’esperibilità dell’azione aquiliana di fronte a questi eventi; Rogerio e Azzone riconoscevono all’uomo libero ferito la possibilità di agire utilmente per ottenere il pagamento delle spese di cure mediche così come per ottenere il risarcimento per la perdità della capacità lavorativa, anche se negavano di considerare le eventuali deformità fisiche325.

Per quanto riguarda la possibilità che gli eredi agissero in caso di morte di una persona libera si afferma l’idea che Azzone e Roffredo erano concordi nel sostenere la tesi affermativa326. Bisogna notare che per quest’ultimo, in queste

ipotesi si dovevano considerare oltre alle possibili spese mediche, il lucro cessante identificato come la privazione di quei vantaggi che gli eredi avrebbero potuto ottenere se la morte non si fosse verificata e calcolati facendo riferimento alle attività concrete che il defunto svolgeva durante la vita 《usque ad tempus

322 G. P. MASSETTO, voce Responsabilità (diritto intermedio), cit., p. 1121. 323 G. P. MASSETTO, voce Responsabilità (diritto intermedio), cit., p. 1121. 324 G. P. MASSETTO, voce Responsabilità (diritto intermedio), cit., p. 1121. 325 G. P. MASSETTO, voce Responsabilità (diritto intermedio), cit., p. 1122.

326 G. P. MASSETTO, voce Responsabilità (diritto intermedio), cit., p. 1123. Nello stesso senso, M. FUENTESECA,

El delito civil en Roma y en el derecho español, cit., p. 219; G. ROTONDI, Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C.Civ. Ricerche storico-dogmatiche, in Rivista di Diritto Commerciale, 15 (1917), cit., p. 240; G. VALDITARA, Dalla lex Aquilia all’art. 2043 del Codice civile, cit., pp. 21-22.

quo verosimile est illum occisum potuisse vivere》327.

La glossa di Accursio328 analizzando le posizioni sostenute in proposito da

Bulgaro, da una parte e Rogerio e Azzone, dall’altra, affermava che 《quod in legibus a Bulgaro inductis dicitur, intelligas pro aestimatione ipsius corporis liberi hominis, pro qua non agitur lege Aquilia, sed cetera damni sic 》.Guglielmo Duranti nella sua opera Speculum iuris tratta la materia sotto l’epigrafe de iniuris et damno dato riproducendo letteralmente il pensiero di Roffredo329.

Interessante la posizione di Accursio, commentando l’actio in factum regolata in D. 9, 2, 33,1: evoca la funzione dell’actio praescriptis verbis, che in diritto romano era servita notevolmente a rompere la tipicità in materia contrattuale330.

D’altra parte i glossatori sebbene non possono negare che l’actio legis Aquiliae sia un’azione penale, cercano di interpretare restrittivamente questo carattere. Così Odofredo riconosce che l’actio legis Aquiliae è di natura penale, però precisa che questa è poenabilis (e non poenalem, come l’actio furti) cioè penale solo potenzialmente, quando in concreto concorrano la litiscrescenzia e la repetitio temporis, e quindi risulti liquidato un danno superiore a quello effettivamente sofferto331.

Infine bisogna sottolineare che giuristi come Pillio332 e Accursio giungono ad

accettare il ricorso in via utile all’actio legis Aquilia per ottenere il risarcimento specifico del danno333.

§2. IL DANNO AQUILIANO NEI COMMENTARISTI

I commentaristi continueranno ad estendere l’ambito applicativo dell’azione aquiliana mediante l’actio in factum romana.

327 G. P. MASSETTO, voce Responsabilità (diritto intermedio), cit., p. 1123.

328 Sul trattamento che Accursio fa dell’actio legis Aquiliae, A. La Torre (Genesi e metamorfosi della responsabilità

civile, p. 95, nota 132) cita un lavoro che, nonostante non averlo potuto consultare direttamente, lo riportiamo per

coloro che desiderino approfondire la materia: RASI, L’actio legis Aquiliae e la responsabilità extracontrattuale

nella《Glossa》, in Atti convegno internazionale di studi accursiani, II, Milano 1968, pp. 725 e ss.

329 G. P. MASSETTO, voce Responsabilità (diritto intermedio), cit., p. 1123. 330 G. VALDITARA, Dalla lex Aquilia all’art. 2053 del Codice civile, cit., p. 21.

331 G. ROTONDI, Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C. Civ. Ricerche storico-dogmatiche, in Rivista di Diritto

Commerciale, 15 (1917), cit., p. 240. Nello stesso senso, G. VALDITARA, Dalla lex Aquilia all’art. 2053 del Codice

civile, cit., p. 25. Sebbene aggiungesse là che questo, lontano dall’essere una grande innovazione è semplicemente

una corretta interpretazione di quanto era stato affermato nelle istituzioni.

332 Questi accetta l’uso dell’actio utilis legis Aquiliae allo scopo di ripristinare l’uso di alcune acque di cui si era

goduto per più di tranta anni e che era stato turbato dalla costruzione di un nuovo mulino.

333 G. ROTONDI, Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C. Civ. Ricerche storico-dogmatiche, in Rivista di Diritto

Risulta essere estremamente interessante il parallelismo intuito da Bartolo - sulla linea di quanto aveva evidenziato Accursio - tra l’actio in factum quae oritur ex contractu e l’actio in factum ex delicto. Con quest’ultima si andranno ponendo le premesse di una costruzione unitaria del delictum, inteso come fatto illecito, che tenderá ad una applicazione generalizzata del rimedio aquiliano334

Tenendo in considerazione l’uso in via utile, Baldo riconoscerá che con l’azione della lex Aquilia si possono adempiere due funzioni: risarcire il danno e ripararlo in ispecie, cioè riportarlo alle condizioni anteriori all’illecito335.

§3. IL DANNO AQUILIANO NEI CULTORI DEL DIRITTO COMUNE PIÙ EVOLUTO

Il diritto comune più maturo (sec. XVI-XVII) si caratterizzerà per favorire la tendenza ad estendere l’ambito operativo dell’azione aquiliana, allargando i suoi presupposti oggettivi, nella linea di una progressiva eliminazione del suo carattere penale336, così da ampliare profondamente il concetto di danno aquiliano

risarcibile.

Di questi fenomeni passiamo a dare una breve rassegna. 1.- Superamento del carattere penale dell’actio legis Aquiliae.

Sebbene sia comune che in questo periodo si continuì a indicare che il damnum iniuria datum è un delitto e che l’actio legis Aquiliae è un’azione penale, ciò rimane sempre una questione terminologica, poichè a questo livello gli autori riconoscevano che dal delitto possono derivare due diverse conseguenze: la pena e il risarcimento. E precisamente a questa seconda e non alla prima sarebbe orientato l’esercizio dell’actio legis Aquiliae. Così, Giovanni Fabro afferma chiaramente che l’actio legis Aquiliae《se per la fonte è ex delicto per il suo contenuto non ha nulla di “penale” ma è una semplice “azione civile diretta al risarcimento”》337.

334 G. VALDITARA, Dalla lex Aquilia all’art. 2053 del Codice civile, cit., p. 22. nello stesso senso G. ROTONDI,

Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C. Civ. Ricerche storico-dogmatiche, in Rivista di Diritto Commerciale, 15 (1917), cit.,

p. 244.

335 G. VALDITARA, Dalla lex Aquilia all’art. 2053 del Codice civile, cit., p. 22. nello stesso senso G. ROTONDI,

Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C. Civ. Ricerche storico-dogmatiche; G. VALDITARA, Dalla lex Aquilia all’art. 2053 del Codice civile, cit., p. 21. G. ROTONDI, Dalla lex Aqiulia all’art. 1151 C. Civ. Ricerche storico-dogmatiche, In

rivista di Diritto Commerciale, 15 (1917), cit., p. 242-244, dove si trascrivono parole di Baldo in proposito《vide in

lege ista duplicem formam libelli: una in qua concluditur ad restitutionem damni, ibi dum dicit ut id damnum sarciat, etc. alia in qua concluditur ad restitutionem in pristinum statum, ibi dum dicit et in priorem statum, etc.

336 A. LA TORRE, Genesi e metamorfosi della responsabilità civile, cit., p. 96.

Nel diritto comune il concetto di pena privata, proprio del diritto romano, non è visto di buon occhio. In Germania vi è una forte opposizione tanto in dottrina che in pratica, in tale modo scompaiono le due caratteristiche penali che incidevano sull’actio legis Aquiliae (litiscrescencia e repetitio temporis).

Al momento in cui vengono eliminate le caratteristiche penali dell’azione aquiliana e si impone l’aspetto risarcitorio verranno presi in considerazione unicamente i pregiudizi effettivamente sofferti, cioè i danni attuali338.

Rotondi considera che in questa idea, in cui l’obbligazione derivante da atto illecito non può avere un contenuto superiore al semplice risarcimento《hanno forse influito le dottrine sostenute al riguardo dai teologi moralisti, che hanno del resto profonde radici già nella patristica》339. A questo proposito fa riferimento S.

Tommaso, il quale insegnava che tale obbligazione era diretta esclusivamente alla restitutio se si tratta di ablatio o alla recompensatio se si tratta di altra lesione patrimoniale. Aggiunge Rotondi, 《 potersi forse scorgere in ultima analisi un’applicazione del principio fondamentale per cui si riprova il lucro non derivato da un’attività corrispondente, e dal quale l’applicazione più nota è il divieto delle usure. Così limitando la pretesa della parte lesa al puro e semplice ristabilimento dell’equilibrio patrimoniale, si ha una condanna implicita del sistema romano delle “pene private”》340.

Nonostante le novità poste, gli autori del diritto comune cercano sempre di basare le loro conclusioni nelle fonti romane, assumendo al riguardo una specie di compromesso che implicava《interpretare le vecchie fonti in modo coerente o almeno conciliabile con i caratteri nuovi o, altrimenti, mettendo in ombra quelle per far trionfare questi》341. I risultati di questa operazione sono i seguenti: a) la

già menzionata eliminazione della litiscrescencia e la considerazione di un tempo precedente nella valutazione dei danni, considerando esclusivamente il danno attuale, b) l’esclusione della nossalità, che non aveva possibilità di applicazione, Commerciale, 15 (1917), cit., p. 248. Nello stesso senso, A. LA TORRE, Genesi e metamorfosi della responsabilità

civile, cit., p. 96.

338 G. ROTONDI, Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C. Civ. Ricerche storico-dogmatiche, in Rivista di Diritto

Commerciale, 15 (1917), cit., p. 248 e G. VALDITARA, Dalla lex Aquilia all’art. 2053 del Codice civile, cit., p. 26.

339

340 G. ROTONDI, Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C. Civ. Ricerche storico-dogmatiche, in Rivista di Diritto

Commerciale, 15 (1917), cit., p. 250.

essendo stata eliminata la schiavitù, e c) la consacrazione della trasmissibilità passiva342.

2.- Generalizzazione della applicazione dell’azione aquiliana.

Gli interpreti del diritto comune svilupparono un aspetto di grandissima importanza, già fatto intravedere in Bartolo, cioè considerare 《 l’actio legis Aquiliae non come una delle tante azioni ex delicto, che colpisce una determinata figura – il danneggiamento- con suoi confini più o meno larghi, ma pur sempre positivamente circoscritti, bensì come l’azione ex delicto per eccellenza, con una posizione preminente di fronte alle altre, e quindi esperibile non solo in via sussidiaria, ma elettivamente in luogo d’una qualsiasi altra azione speciale》343.

Sul terreno dell’applicazione pratica, il rimedio aquiliano assume una crescente efficacia generale, che permette, tra l’altro, di aggregare alla funzione risarcitoria una eventuale funzione restitutiva. Ciò è comprovato per esempio in una decisione della Rota Romana in cui si concede al marito l’esercizio dell’actio legis Aquiliae allo scopo di ottenere dalla moglie la restituzione di alcuni gioielli che il marito le aveva dato per usarli. È evidente che in questo caso non esisteva alcuna relazione con la distruzione o con il deterioramento materiale di un bene344.

Roberto Maranda, da parte sua, prevedeva che l’actio legis Aquiliae procedeva anche di fronte ad omissioni dannose345.

Boehmer, dopo avere enumerato le varie azioni penali, aggiunge che l’actio legis Aquiliae e quella che si estende più ampiamente. Il fenomeno ha carattere generale. Molineo riferisce che in Francia l’azione di danno è quella applicata con maggiore frequenza; Stryck le riconosce la funzione di riparare ogni danno, ed è grazie all’artificio dell’actio in factum che Westenberg concede una protezione ogni volta che risulti equo che si dia un rimedio per ogni danno346.

3.- Ampliamento degli aspetti compresi nella nozione del danno aquiliano.

L’applicazione generalizzata dell’actio legis Aquiliae nella giurisprudenza dei

342 In questo senso, A. LA TORRE, Genesi e metamorfosi della responsabilità civile, cit., pp. 97.

343 G. ROTONDI, Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C. Civ. Ricerche storico-dogmatiche, in Rivista di Diritto

Commerciale, 15 (1917), cit., p. 253.

344 Così risulta in G. ROTONDI, Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C. Civ. Ricerche storico-dogmatiche, in Rivista di

Diritto Commerciale, 15 (1917), cit., p. 247. Nello stesso senso G. VALDITARA, Dalla lex Aquilia all’art. 2053 del

Codice civile, cit., p. 22.

345G. ROTONDI, Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C. Civ. Ricerche storico-dogmatiche, in Rivista di Diritto

Commerciale, 15 (1917), cit., p. 245.

tribunali venne pure potenziata dal superamento del requisito della patrimonialità del danno.

In proposito già una decisione del 1653 - citata da Mevio - concedeva il risarcimento dei danni morali arrecati al padre per la morte del figlio e questo anche contro l’opinione di Carpzov che, riconoscendo tale possibilità per il diritto sassone, la negava assolutamente per il diritto comune. Si adottó questa soluzione in D. 9, 2, 5 e 13 (frammenti che secondo le parole di Rotondi: 《veramente col problema dei danni morali non avevano niente a che vedere》), aggiungendo il magistrato che sebbene la lex Aquilia non segnalava un criterio valutativo 《 basta che non sia proibito di agire perchè l’azione vi sia》347.

Così dunque si andava formando una nozione generale di danno, adatta a comprendere le sofferenze fisiche e morali, processo al quale contribuì in maniera decisiva la considerazione dell’actio legis Aquiliae come rimedio ex delicto per eccellenza, di carattere generale, compreso il riferimento all’actio iniuriarum, che in diritto romano risarciva le offese morali348.

L’assimilazione nella nuova figura generale di responsabilità ex maleficio, perseguibile mediante l’actio legis Aquiliae, di aspetti antecedentemente sanzionati mediante l’actio iniuriarum, assumerà massima importanza nella formazione di un concetto ampio di danno aquiliano che caratterizzerà le successive codificazioni e molti ordinamenti giuridici349.

Nonostante le innovazioni raggiunte in questo periodo, gli autori non furono in grado di emanciparsi dalle fonti, al punto di affermare un principio di《responsabilità per fatto illecito come regola generale》350. Tuttavia l’idea di

347 G. ROTONDI, Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C. Civ. Ricerche storico-dogmatiche, in Rivista di Diritto

Commerciale, 15 (1917), cit., p. 247. Egli segnala che il fondamento di tale decisione doveva trovarsi nell’equità. A questo proposito Montel ha segnalato che la maggior parte degli interpreti del diritto comune, nonostante le dichiarazioni contrarie delle fonti, furono del parere, che nel diritto romano si concedeva l’azione aquiliana solo nel caso di ferite e non in quello di morte. Nonostante ciò, si comprese abbastanza presto l’ingiustizia di tale limitazione e partendo da D. 9, 2, 7, 4, fondendo i principi dell’actio legis aquiliae con quelli dell’actio de effusis e interpretando tendenziosamente quei testi che parlavano di azione popolare (D. 9, 3, 5, 5) si riconosce alla moglie, ai figli, e in generale ai parenti più stretti dell’ucciso, il diritto a richiedere una somma come titolo di risarcimento iure proprio, indipendentemente dalla loro qualità di eredi e agli eredi il diritto al rimborso delle spese di sepoltura. A. MONTEL.,

Legittimazione attiva nell’azione di risarcimento per la morte di una persona, in Temi Emiliana, vol. 7, 1930, Parte

seconda, p. 129.

348 G. VALDITARA, Dalla lex Aquilia all’art. 2053 del Codice civile, cit., p. 22. 349 G. VALDITARA, Dalla lex Aquilia all’art. 2053 del Codice civile, cit., p. 23.

una generica figura di delitto sanzionata con l’actio legis Aquiliae rimaneva latente e Muehlenbruck parlerà espressamente di iniuria nel senso di atto illecito, che come tale produce l’obbligazione di risarcimento del danno e da cui discendono due azioni generali, un’actio doli e un’actio quod metus causa, se si tratta di dolo e un’actio legis Aquiliae se la iniuria è colposa351.

Poste queste basi, verrà preparato il terreno affinchè i giusnaturalisti concludano la delimitazione dei profili della moderna concezione di fatto illecito.

CAPITOLO III IL DANNO NEI CULTORI DEL DIRITTO NATURALE