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1. CAPITOLO 1: Evoluzione delle teorie per il calcolo della pressione idrodinamica

1.4 Conclusioni

Il problema dell’interazione fluido-struttura per le dighe a gravità è stato affrontato a partire dagli anni ’30 per tutto il XX secolo fino ad oggi con modalità diverse in relazione agli strumenti di calcolo a disposizione. A partire dalla teoria di Westergaard del 1930, l’esigenza di ottenere i risultati in forma chiusa si traduce inizialmente nell’assunzione di ipotesi estremamente semplificate. La pressione idrodinamica è calcolata quasi sempre considerando rigido il corpo diga e talvolta l’acqua incomprimibile. Nella schematizzazione del comportamento dell’acqua l’approccio è quello acustico, molto più semplice di quello fluido e in grado di consentire trattazioni analitiche. I diversi autori che successivamente si cimentano nella risoluzione del problema tentano di rimuovere le eccessive semplificazioni fino a Chopra che riesce a rimuovere l’ipotesi di diga rigida, proponendo metodi di calcolo che forniscono soluzioni in forma chiusa, oggi alla base delle indicazioni normative internazionali. Fino agli anni ‘70 le metodologie di calcolo trascurano dunque sostanzialmente gli effetti dell’interazione fluido-struttura, restituendo risultati talvolta non conservativi, e le prime trattazioni che affrontano realmente il problema si associano proprio agli studi di Chopra degli anni ‘70-’80. Con il passare degli anni questi studi vengono migliorati nel corso di una serie di tesi di dottorato (Chakrabarti and Chopra 1973; Hall and Chopra 1980; Fenves and Chopra 1984 ; Fok and Chopra 1985; Zhang and Chopra 1990; Tan and Chopra, 1995) che hanno determinato la nascita di programmi di calcolo denominati EAGD-84 e EACD-96, finalizzati ad effettuare analisi nel dominio della frequenza rispettivamente per dighe in calcestruzzo a gravità e ad arco . Entrambe i software vengono ancora distribuiti gratuitamente dal NISEE (National

Information Service for Earthquake Engineering), per poter valutare la risposta sismica,

includendo l’effetto dell’interazione diga-bacino-fondazione e l’assorbimento dei sedimenti di fondo. Purtroppo l’assenza di interfacce ha relegato questi programmi al ruolo di ricerca, con applicazione limitata a progetti concreti. La maggior parte degli sforzi della ricerca per includere nell’analisi delle dighe gli effetti della flessibilità della roccia di

software user-friendly. Tuttavia, dal 1996, il US Bureau of Reclamation (USBR) ha intrapreso un importante programma per valutare la sicurezza sismica delle dighe per cui ha ritenuto necessario considerare la comprimibilità dell’acqua, l’assorbimento delle onde di pressione da parte dei sedimenti di fondo e dei bordi del bacino e gli effetti di interazione diga-fondazione roccia, utilizzando il programma EACD-3D-96 che implementa il metodo delle sottostrutture.

Di recente, il Prof. Anil Chopra in (88), afferma infatti che tutte le teorie post anni ’90 non hanno apportato alcun sostanziale miglioramento nel calcolo della spinta idrodinamica. Effettivamente, i più sofisticati programmi ad elementi finiti pur consentendo la schematizzazione di geometrie complesse e legami costitutivi dei materiali, tenendo conto dell’assorbimento delle onde sul bacino e della comprimibilità dell’acqua, non riescono a tener conto contemporaneamente di tutti gli effetti considerati dai programmi suddetti. A partire dagli anni ’90, i metodi numerici agli elementi finiti hanno quindi costituto il principale strumento di analisi e anche troppo spesso il principale obiettivo della ricerca sull’argomento. Si è cercato da un lato di validare sia le teorie esistenti, sia i nuovi metodi di modellazione, allo scopo di comprendere meglio il grado di approssimazione commesso nell’introduzione di ipotesi semplificative; dall’altro si è cercato di individuare strategie per la modellazione dei principali effetti non lineari relativi al materiale e alla geometria del sistema.

In merito alle ipotesi semplificative, nel 2009 Navayineya et al (71). hanno valutato l’influenza della viscosità sull’entità delle pressioni idrodinamiche, mostrando che variazioni di questa non determinano errori significativi, né in termini di periodo di risonanza del bacino né in termini di distribuzione ed entità delle pressioni agenti sul paramento di monte. Ciò favorisce e incoraggia l’uso del modello acustico per la schematizzazione del comportamento dell’acqua nell’interazione bacino-struttura, al posto del modello fluido. A Bounanni dobbiamo un miglioramento della teoria di Fenves e Chopra semplificata (14) in termini di grado di approssimazione delle forme modali del corpo strutturale.

L’altro filone di studi è rivolto ai legami costitutivi che riproducano le non linearità del calcestruzzo e il conseguente livello di danneggiamento. Tra i lavori più recenti sono da citare gli studi di Omidi, Valliappan Lotfi et al (89), Xu, Chen, Li e Xu (90), Léger et al (48) che hanno implementato modelli costitutivi non lineari per valutare il livello di danneggiamento del materiale e le possibili modalità di collasso. I raffinati studi con materiale non lineare, spesso raccomandati dalle norme come ultimo livello di analisi, sono però di difficile gestione e interpretazione.

Un particolare interesse riveste in letteratura il comportamento dei giunti di contrazione, sempre presenti nelle dighe. La loro corretta modellazione è di cruciale importanza, in quanto il loro stato può notevolmente influenzare la configurazione e il comportamento strutturale delle dighe a gravità. Studi significativi in tal senso sono stati condotti da G. zenz (91), L. Fronteddu, P. Leger, R. Tinawi (92), M. Azmi, P. Paultre (93).

Infine altri autori approfondiscono tematiche come l’analisi termica (Z. Bofang (94), J. Zhang, C. Huang, C. Lu, L. Han, P. Wang, G. Li (95)) e la meccanica della frattura secondo modelli smeared e discrete crack (Z. Shi, M. Nakano, Y. Nakamura, C. Liu (96), M.A. Hariri- Ardebili, S.M. Seyed-Kolbadi (97)).

Un problema che si pone attualmente è quello della validazione sperimentale delle teorie esposte. Infatti, sia per le notevoli dimensioni delle strutture in gioco, sia per le difficoltà pratiche, disponiamo oggi di un limitato numero di prove sperimentali che potrebbero costituire utili strumenti per la taratura dei modelli. Alcuni studi, nei quali, con differenti approcci e tipologie di elementi finiti, si è tentato di riprodurre numericamente il comportamento reale della struttura sulla base di dati sperimentali, hanno fornito indicazioni estremamente interessanti come nel caso delle prove con vibrodina.

Con le tecniche numeriche è anche possibile effettuare prove parametriche che premettano di capire l’influenza di un determinato fattore sulla risposta strutturale, indirizzando quindi, all’occorrenza, specifiche analisi conoscitive.

Nonostante la creazione di raffinati software, non risulta ancora possibile valutare in maniera affidabile il comportamento delle dighe durante un importante evento sismico. In definitiva, si può concludere che l’impiego dei moderni strumenti non ha portato in nessun caso allo sviluppo di nuovi pratici metodi di calcolo della pressione idrodinamica, tanto che i più recenti codici normativi e linee guida continuano a riferirsi alle teorie sviluppate dagli anni ’30 agli anni ’70 del ‘900.

2. CAPITOLO 2: Comsol Multiphysics : Equazioni

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