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6.1. Sintesi della ricerca: obiettivi e risultati

La ricerca ha voluto illustrare un fenomeno che avviene sul territorio ticinese andando a verificare quali sono le situazioni di difficoltà dei giovani riscontrate nella vita in foyer e gli approcci educativi che vengono applicati. Dai risultati emerge che ogni ragazzo manifesta diversamente il suo disagio di stare all’interno del foyer. Anche le origini di questa condizione di difficoltà sono molteplici. Tuttavia si può riscontrare che la maggior parte sia legata: alla vita comunitaria presente in foyer, all’accettazione o meno del collocamento, all’abbandono delle proprie abitudini e della propria famiglia, alla costante presenza degli educatori e all’accettazione o meno delle regole minime di convivenza. Dalle informazioni ricavate, tali difficoltà dei minori a tollerare il foyer sono da sempre esistite. Quello che negli anni è cambiato è la presa a carico delle situazioni più difficoltose. Infatti, nel tempo la Fondazione Amilcare ha abbandonato l’idea che l’espulsione dei giovani con gli atteggiamenti più disfunzionali fosse un metodo educativo. Attualmente i servizi della Fondazione lavorano affinché tutti i ragazzi vengano accolti nonostante le loro complessità e sofferenze. Ora l’obiettivo delle équipe di educatori è quello di sapersi adeguare ai bisogni dei minori e non il contrario: i foyer sono ancor oggi una struttura valida perché sono contesti flessibili. Per raggiungere questo scopo finale, vengono attuati dei progetti individualizzati ai desideri di ogni singolo ragazzo. Si garantisce la continuità relazionale in ogni situazione possibile attuando la pedagogia non punitiva ed espulsiva, ovvero tralasciando completamente tutte le forme di rottura con il minore. Per non arrivare ad una rottura gli educatori garantiscono l’accettazione incondizionata di fronte ad ogni comportamento scelto dal giovane. Viene utilizzato anche l’ascolto attivo e l’intelligenza emotiva in cui attraverso una comunicazione efficace, viene data importanza alle richieste del giovane. Nella pratica le risposte che si danno ai giovani che mostrano difficoltà a stare in foyer sono singolari e dipendono dai desideri del sottoscritto. In linea di massima le principali soluzioni abitative alternative sono gli appartamenti e i rientri a casa. A volte succede che per questioni di urgenza è necessario inserire il ragazzo momentaneamente in strutture come le pensioni. In tutte queste soluzioni diversificate, gli educatori continuano a lavorare e a sostenere l’adolescente come se fosse collocato in foyer. In generale, i risultati ottenuti dopo che sono state applicate le strategie abitative sembrano essere positivi e funzionali in quanto permettono al giovane di sentirsi ascoltato e di continuare il proprio progetto educativo nonostante viva al di fuori del foyer.

6.2. Riflessioni sulla pratica educativa

È interessante comprendere che, nella pratica educativa, sia necessario attuare diverse competenze sociali. Da quello che emerge dalla presente ricerca, gli operatori sociali che lavorano con giovani, devono sapersi mettere in gioco sul piano relazionale. Più un educatore sa accogliere i bisogni del ragazzo, maggiore sarà la possibilità di arrivare ad una fiducia reciproca. I giovani necessitano di figure di riferimento che sanno ascoltare, stabili, trasparenti con loro e su cui poter contare. Per queste ragioni, è importante che gli operatori sociali si mostrano costantemente presenti nel legame tra loro e i ragazzi in foyer e che riescano ad accogliere nuovi desideri o nuove difficoltà. Fondamentale è, tralasciare i pregiudizi rispetto certi comportamenti disfunzionali del ragazzo e riconoscere la richiesta

d’aiuto che ne deriva. Di conseguenza l’educatore può comprendere meglio le reali ragioni che smuovono tali atteggiamenti. Sapendo che ogni ragazzo ha una storia di vita diversa dagli altri, probabilmente anche le motivazioni saranno differenti. È necessario che l’educatore, oltre essere accogliente e comprensivo, colga le diversità e i bisogni di ognuno. Attuando questa modalità educativa, il giovane si potrà sentire maggiormente riconosciuto per la sua unicità. Inoltre, è fondamentale che l’équipe di educatori si mostri coerente con i propri principi pedagogici di base; il ragazzo comprenderà maggiormente il modo di lavorare e si potrà fidare. La fiducia negli operatori sociali, cresce nel momento in cui tutti garantiscono al ragazzo la continuità relazionale seppur lui è in opposizione. È tramite l’affetto e le emozioni autentiche, che un progetto educativo può andare a buon fine e garantire la crescita personale di ogni persona coinvolta. È di fondamentale importanza che in questi processi educativi venga applicata una visione sistemica in cui tutte le persone coinvolte vengono prese in considerazione: in special modo la famiglia del giovane. Per concludere, quello che ogni educatore dovrebbe portarsi a casa è la capacità di saper restare coerenti, presenti e disponibili anche di fronte alle instabilità che il lavoro sociale sottopone.

6.3. Punti forti: utilità del lavoro di ricerca

Oltre aver trattato un tema poco sentito, lo studio ha permesso di dar voce a più protagonisti coinvolti nel fenomeno. Sono state analizzate le storie di 7 ragazzi e i motivi per cui non si sono trovati bene all’interno del foyer. Poi sono stati sentiti i professionisti, educatori, responsabili e il direttore della Fondazione che hanno offerto ai lettori un quadro il più completo possibile aggiungendo riferimenti teorici. Questo significa aver dato voce a tutte le principali persone coinvolte nel tema di ricerca scelto. Dopo le interviste, alcuni degli operatori hanno mostrato gratitudine per aver avuto la possibilità di partecipare alla costruzione della ricerca e per aver avuto la possibilità di confrontarsi tra di loro in un momento esterno, quasi sospeso dalle abitudini del lavoro quotidiano, arricchendo le loro riflessioni. L’incontro per svolgere la raccolta dati sembra quindi aver favorito anche una supervisione d’équipe e alcune riflessioni da parte degli operatori della Fondazione Amilcare. Oltre a ciò è stata illustrata una presa a carico educativa diversa, alternativa e specialmente all’avanguardia: nel resto della Svizzera alcuni servizi sociali stanno modificando le loro modalità confrontandosi con Amilcare. In conclusione, il lavoro di ricerca ha esposto quali sono stati i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni all’interno dei foyer. In particolare quali modifiche educative sono state smosse per rispondere a nuovi comportamenti adolescenziali e l’efficacia con cui sono state gestite. La parola d’ordine di fronte a ragazzi in difficoltà è quindi flessibilità: più un’équipe si mostra capace di adeguarsi cogliendo i mutamenti e le nuove esigenze, più sembra essere possibile raggiungere risultati efficaci e funzionali al benessere dei giovani.

6.4. Punti deboli: prospettive da migliorare

Per quanto riguarda i punti da migliorare si può osservare che per dare ulteriormente la parola a tutti gli attori coinvolti nel tema, in un’ottica futura sarebbe utile ampliare le interviste anche ai 7 ragazzi e alla loro famiglia. Inoltre la sottostante ricerca, come si può capire, è incentrata sulla realtà in Ticino e si basa sulle informazioni ricavate da due foyer di una

specifica fondazione. Sarebbe opportuno, per allargare i risultati della ricerca e per renderla maggiormente esaustiva, considerare anche altri contesti educativi rivolti a minori, come le consulenti familiari e Adoc. Volendo ampliare la ricerca potrebbe essere utile fare dei confronti con altri CEM o altre fondazioni ticinesi che si occupano di protezione di minori. Estendendo ancor di più il raggio di studio, potrebbe essere interessante osservare le modalità di presa a carico di minori che avvengono negli altri cantoni della Svizzera.

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