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5. Risultati e analisi

5.5. Prospettive future

Pensando a quali altri approcci educativi possono essere adottati sembrano emergere idee differenti (Allegato 4). Per due intervistati, è necessario rafforzare il modello della Fondazione Amilcare, che si trova nelle linee direttive, spiegandolo a tutte le figure esterne e gli enti che collaborano a stretto contatto con i giovani della Fondazione. Tale strategia riguarda l’azione dei piani alti come la Direzione e i responsabili dei foyer e delle équipe di Adoc. Lo scopo di presentare il proprio modo di lavorare potrebbe essere quello di condividere e cercare delle alleanze con le Autorità, gli enti collocanti e i servizi che finanziano. “Accanto all’esistenza della rete, la qualità di ogni singolo servizio dovrebbe dipendere dal coordinamento con tutti gli altri servizi distribuiti sul territorio” (Acquistapace & Miragoli, 2008, p. 41). Inoltre si presuppone che anche l’équipe potrebbe trarre dei vantaggi da questa novità, in quanto le modalità educative che vengono utilizzate regolarmente dovrebbero essere più chiare dall’esterno e creare un senso di tranquillità piuttosto che frustrazione nel non essere compresi. “Essere meglio organizzati, essere un’orchestra che suona meglio assieme, questo per me significa attivare di più le risorse” (Allegato 3, intervista 1).

Dall’altra parte, per rendere maggiormente efficaci le risorse attorno al lavoro educativo con minori, è utile implementare il lavoro familiare così da permettere maggior vicinanza tra tutti i coinvolti. Infatti, sembra essere doverosa “la disponibilità di adeguate risorse (strutturali e di personale) in grado di fornire agli utenti un livello soddisfacente di stabilità e sicurezza relazionale” (Acquistapace & Miragoli, 2008, p. 41). Riuscire a garantire maggior lavoro con le famiglie sembra essere funzionale in quanto spesso non vedono e non riconoscono i progressi del proprio figlio. Di conseguenza avendo maggiori contatti con questi nuclei di appartenenza potrebbe significare un miglioramento della relazione in famiglia proprio perché questi passi avanti del giovane possono finalmente avere valore e riconoscimento. Inoltre la continuità relazionale tra servizi e famiglia determina il benessere psicologico del minore e quello familiare e il raggiungimento degli obiettivi, quindi la buona riuscita dell’intervento educativo (Acquistapace & Miragoli, 2008, p. 41). Presentare le linee direttive agli enti collaboranti potrebbe essere un approccio utile, in quanto per tre degli operatori intervistati, attualmente i foyer avrebbero bisogno di maggiori risorse e mezzi per continuare ad attuare e avere questo modello educativo flessibile, ovvero lavorare sia in foyer ma anche sul territorio esterno. Come detto, per alcuni teorici, educatori e come illustra il dossier, le situazioni dei giovani d’oggi sembrano essersi maggiormente articolate rispetto tempo fa ed includono maggiori situazioni a rischio. “I fatti che generano situazioni a rischio sono comunicati costantemente alla famiglia e agli operatori della rete in modo che l’evolvere della situazione sia conosciuta a tutti e che ogni adulto possa assumersi le proprie responsabilità relative al proprio ruolo e funzione nell’ottica di trovare una risposta condivisa” (Fondazione Amilcare, 2019). Di conseguenza la presa a carico dei minori in foyer sembra essersi modellata richiedendo maggiore flessibilità dei turni degli educatori e talvolta far combaciare il lavoro esterno con quello interno al foyer risulta essere complicato.

A questo proposito, emerge un’informazione che dissocia da quanto dicono altri operatori; infatti, un altro intervistato esprime che le équipe attualmente hanno trovato un buon equilibrio nel nuovo modo di lavorare tra l’accoglienza incondizionata e l’autorevolezza. Acquistapace e Miragoli (2008, p. 39) affermano che all’operatore sociale è richiesto di avere un atteggiamento in equilibrio tra “ascolto empatico, vigilanza e contenimento delle espressioni sintomatiche, affinché i minori non vivano nuovamente esperienze di aggressione e di vittimizzazione”. Sembra essere possibile che tra i 7 intervistati ci siano due modi differenti di vivere le attuali situazioni dei ragazzi, chi si sente di poter gestire le situazioni e chi invece sente di aver bisogno di risorse in più.

Inoltre, per quattro operatori intervistati, emerge che al giorno d’oggi dovrebbe essere maggiormente possibile prevenire il collocamento presso strutture come i foyer rafforzando l’idea dell’adoccamento a casa. Dovrebbero quindi esserci educatori che lavorano a stretto contatto con il nucleo familiare con l’obiettivo di dare il sostegno necessario affinché il giovane possa godere di restare a vivere a casa sua. “Dando seguito al suo mandato, negli anni la Fondazione ha messo in opera nuove attività restando all’ascolto dei nuovi bisogni dei ragazzi e delle loro famiglie” (Fondazione Amilcare, 2019). Si osserva che il lavoro con le famiglie ha preso piede da poco tempo, di conseguenza per degli operatori è utile ampliare ancora di più la modalità di lavoro a sostegno delle famiglie. Aggiungono pure che sarebbe interessante iniziare il collocamento a casa: prima del collocamento del giovane in foyer ci dovrebbe essere un percorso in famiglia per valutare in seguito se il giovane deve lasciare la casa oppure no.

Per tre intervistati sembrano essere utile adottare tutti gli approcci educativi che non sono violenti e specialmente quelli che arrivano dal ragazzo stesso. Per poter adottare questa idea nell’operato di tutti i giorni è fondamentale “che non sia una cosa imposta dall’adulto, si lavora nettamente meglio se si parte da un desiderio di un ragazzo. Bisogna essere creativi, potrebbe essere qualsiasi cosa. Magari per un ragazzo può andare bene una certa cosa, per un altro invece no” (Allegato 3, intervista 4). Per dare degli esempi concreti a nuovi approcci, altri due intervistati espongono che l’équipe ha pensato alla creazione di uno sportello, come una specie di consultorio dove i giovani potevano trovare sostegno e aiuto in generale. Quest’ottica prevedeva anch’essa che fosse il ragazzo a venire nel momento del bisogno senza forzature o obblighi imposti da persone esterne.

Nella Fondazione Amilcare sembrano esserci dei progetti educativi in cantiere e per rispondere all’idea di ampliare la risorsa consulenti familiari, un intervistato esprime che un progetto sarà proprio quello di rinforzare tale servizio. Si presuppone quindi che negli anni a venire il lavoro con le famiglie sarà ancor più efficace e presente garantendo probabilmente dei miglioramenti tra le relazioni del giovane con il proprio nucleo di appartenenza. Inoltre anche per altri tre intervistati sembra essere fondamentale migliorare la collaborazione con agli altri servizi della Fondazione, oltre che con il servizio di consulenza familiare, informano che sarebbe utile confrontarsi maggiormente con gli altri foyer, Adomani e SpazioAdo17. Altri tre operatori esprimono che c’è l’idea di ampliare l’offerta esterna al foyer, come per esempio

17 È uno spazio di accoglienza diurna per 9 ragazzi e ragazze tra i 15 e i 20 anni senza un’attività occupazionale

e offre attività manuali, creative e di sostegno al reinserimento scolastico o socioprofessionale (Fondazione Amilcare, 2019)

maggior numeri di appartamenti disponibili oppure attuare dei collocamenti più ibridi dove il ragazzo è collocato sia in foyer che a casa. C’è infatti l’ipotesi che il territorio richieda maggior numero di appartamenti e meno foyer, quindi tre équipe di Adoc. Questo potrebbe essere dato dal fatto che per alcuni ragazzi, come il dossier illustra (Allegato 4), il foyer non funziona e invece essere seguiti in un proprio appartamento sembra essere una frequente richiesta. Per un intervistato è fondamentale che quando un ragazzo preconizza un percorso educativo in appartamento ci sia effettivamente la possibilità di posti liberi. Attualmente il foyer Calprino è uno dei cantieri aperti della Fondazione, infatti fino a dicembre l’équipe lavorerà in modalità di Adoc e poi ci sarà un’indagine sul territorio da parte del Cantone per constatare come procedere e quali soluzioni intraprendere; se mantenere tre foyer e aumentare con un’équipe di Adoc per un totale di tre in Ticino, oppure se tenere solo due foyer e aumentare le équipe di Adoc.

Dai cambiamenti territoriali di presa a carico, sembra che il foyer e il suo funzionamento ai tempi in cui era stato creato, ovvero offrire protezione e un contesto familiare sano e stabile in cui il giovane potesse crescere confrontato con altri ragazzi, sia in crisi. Tuttavia, tutti gli intervistati concordano che il foyer oggi giorno è ancora un’offerta valida, con la propria pertinenza e potenza educativa. Anche se attualmente tre intervistati affermano che sono più i giovani che non si rispecchiano nel foyer come modello, ci sono ancora ragazzi che giovano assolutamente di un collocamento in foyer e di figure adulte che si prendono costantemente cura di loro. In altre parole ci sono giovani che hanno bisogno di essere in strutture educative in quanto queste rimandano all’idea di casa. Si presuppone quindi che questo aspetto, ovvero avere un porto sicuro, possa venire a mancare nei collocamenti presso il servizio di Adoc in quanto i ragazzi non hanno una base comune dove vivere insieme e si incontrano con gli educatori solo in alcuni momenti della settimana. Secondo due intervistati, è rischioso quando un giovane che vive in appartamento non è confrontato con un modello di vita come accade invece in foyer e alcuni di questi ragazzi non sono pronti a crescere da soli. Si presuppone quindi che i ragazzi che giovano dei foyer possono essere quelli che sentono il bisogno di struttura, di un modello di vita e invece quelli che sentono necessario il servizio Adoc necessitano di uno spazio loro dove potersi sperimentare maggiormente in modo autonomo. Il foyer inoltre potrebbe essere visto come tappa utile prima di andare via, prima di intraprendere la propria vita, quindi un po’ come una palestra che allena il ragazzo a procedere il cammino da solo. Spesso infatti viene in automatico che i ragazzi, dopo un periodo in struttura, chiedano di andare in un appartamento per potersi sperimentare e confrontare di più con la società. Per la maggior parte degli educatori, il foyer crea un forte legame con i ragazzi che viene mantenuto anche al termine del loro percorso. Non è raro che nelle feste annuali e anche durante i giorni di lavoro normale, gli ex ragazzi vengano a trovare gli educatori in foyer. Si presuppone che tale ricongiungimento rappresenta l’importante senso di appartenenza che il foyer con la sua équipe riesce a restituire agli adolescenti. Per concludere, la maggior parte degli intervistati afferma che il foyer è ancora una struttura valida ma che è necessaria una costante rivalutazione dell’offerta, delle modalità di lavoro e un incessante adattamento alle nuove esigenze e dinamiche dei ragazzi.

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