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Come anticipato nel capitolo dedicato agli obbiettivi del progetto, il lavoro fin qui svolto ha lo scopo di fungere da cartina di tornasole nel confronto tra la mediazione così come è “su carta”, come si interfaccia con il processo civile e come dovrebbe essere quale strumento deflattivo del contezioso giudiziario.

E‟ necessario porci una domanda: perché il legislatore comunitario ed il legislatore interno hanno ritenuto opportuno occuparsi di mediazione?

La risposta a tale interrogativo ci permette di individuare il “peccato originale” della mediazione c.d. all‟italiana.

Infatti, mentre la Direttiva europea ha, come scopo unico, quello di rendere la normativa comune idonea a garantire appieno l‟appetibilità della mediazione, il legislatore interno, con il D.lgs. n. 28/2010, ha voluto perseguire uno scopo ulteriore, di deflazione del carico giurisdizionale. Una scelta che mette in luce un errore di prospettiva: è il buon funzionamento della giurisdizione che incentiva le soluzioni stragiudiziali delle controversie e non viceversa.

Una siffatta finalità, disallineata da quella propria della normativa europea, rischia, inoltre, di rendere meno efficiente la mediazione stessa, introducendo regole che divergono, in alcuni punti, da quelle ottimali per favorire l‟utilizzazione dello strumento conciliativo32.

Di fatto il primo modello di conciliazione ante riforma, ha rappresentato unicamente un business per gli Organismi di mediazione, non incidendo affatto sul carico giudiziario. La condizione di procedibilità veniva assolta a caro prezzo dalle parti, che dovevano

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pagare le indennità di mediazione già al primo incontro a prescindere dall‟esito dello stesso.

Dai dati statistici, offerti in comunicazione dal Ministero della Giustizia e relativi al periodo 21 marzo – 30 settembre 2011, ricaviamo un quadro sull‟andamento della mediazione a sei mesi dall‟entrata in vigore del tentativo obbligatorio di conciliazione nelle materie di cui all‟art. 5 D. Lgs. n. 28/2010.

E‟ evidente il sostanziale insuccesso della riforma.

Su 33.808 domande presentate, 19.388 vengono qualificate come “definite”, dato solo apparentemente confortante stante il significato da attribuire a tale definizione, relativa alle mediazioni conclusesi con la redazione di un verbale, indipendentemente dal fatto questo abbia esito negativo o positivo.

In 7 casi su 10 (ovvero in 23.456 casi) la “controparte” non è comparsa, preferendo non aderire al tentativo di conciliazione mentre nei restanti 3 casi in cui l‟aderente compare, le parti non riescono a pervenire ad un accordo nel 47,42 % delle volte.

Leggermente più confortanti le statistiche, sempre di fonte ministeriale, relative a tutto il 2011, che sottolineano la diminuzione delle iscrizioni a ruolo e l‟aumento della percentuale dei procedimenti in cui la parte decide di presentarsi. Le iscrizioni, infatti, con una rilevazione in 43 tribunali nelle materie oggetto della mediazione, segnalano un calo del 30%. Un risultato certamente al di sotto delle aspettative ma comunque significativo.

Segnali confortanti anche sul versante della partecipazione al procedimento, con un tasso che è andato via via crescendo dal 25 al 38%. Quando, poi, l‟aderente si presenta davanti all‟organismo di conciliazione nella maggioranza dei casi un‟intesa viene trovata. Al 31 dicembre 2011 i procedimenti iscritti erano 60.810 e quelli definiti 40.162. La gran parte di questi ultimi, però, definiti con un verbale negativo di mancata conciliazione. A condizionare tali dati due importanti fattori:

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 a marzo 2011, nelle settimane immediatamente precedenti il debutto del tentativo obbligatorio di conciliazione, si è registrata un‟iscrizione delle cause a ruolo assai superiore alla norma, proprio per evitare la “strettoia” della nuova procedura;

 con il “rinvio” alla Corte costituzionale, gli avvocati hanno evitato le iscrizioni in attesa della pronuncia della Consulta33.

La pronuncia della Corte costituzionale, com‟è noto, è intervenuta il 23 ottobre 2012. Dalla rilevazione statistica, di fonte ministeriale, aggiornata al dicembre 2012, con proiezione nazionale delle iscrizioni di istanze presso Organismi di mediazione, si può rilevare, innanzitutto, un drastico calo dei procedimenti nel periodo coincidente con la sentenza stessa: il dato, che si era consolidato dal maggio 2012, dalle circa 20.000 iscrizioni mensili scende, infatti, drasticamente a circa 4.500 nel mese di novembre e poi a circa 2.5000 a dicembre34.

Se proseguiamo con l‟analisi statistica, con riferimento al 2013, in particolare al primo semestre, si nota un vertiginoso calo dei procedimenti:

 iscrizioni 2011: 60.810;

 iscrizioni 2012: 154.879;

 iscrizioni primo semestre 2013: circa 1.60035.

Il calo è, facilmente, imputabile alla pronuncia di incostituzionalità della c.d. mediazione obbligatoria.

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Giovanni Negri, in Il Sole 24 Ore del 4 febbraio 2012.

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Osservatorio Mediazione Civile n. 40/2013.

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Se analizziamo poi, complessivamente, anche i dati del secondo e terzo trimestre del 2013 notiamo che la diminuzione dei procedimenti iscritti è costante.

In particolare, nel periodo di riferimento si registrano:

 23.638 procedimenti pendenti iniziali;

 15.639 procedimenti iscritti;

 14.401 procedimenti definiti;

 24.875 procedimenti pendenti finali.

Questo è il quadro a livello nazionale dell‟operatività dell‟istituto della mediazione, a partire dalla sua introduzione passando per la sentenza della Corte costituzionale. E‟ palese, quindi, quanto abbia inciso l‟obbligatorietà sulla vita dell‟istituto. L‟obbligatorietà è stata un fattore trainante della mediazione, ma senza portare ad un radicamento della cultura della conciliazione tale da permettere all‟istituto di permeare l‟ordinamento italiano e di mantenere, al venir meno dell‟obbligo normativo, i numeri di diffusione raggiunti in precedenza.

A fronte di un istituto, a parere dello scrivente, necessario all‟interno dell‟ordinamento italiano, forte anche delle esperienze positive in altri Paesi europei, non si doveva tornare indietro sull‟obbligatorietà, cardine di un processo culturale che necessitava e tutt‟ora necessita, di anni per il consolidamento della cultura ADR in Italia.

A fronte di una sentenza come quella della Corte costituzionale che non contiene una decisione approfondita con puntuale esame di ogni singola censura e dunque comprensiva dell‟esame della compatibilità con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, bensì una decisione c.d. “neutra” con cui ha ritenuto assorbente la questione dell‟eccesso di delega, senza entrare nel merito delle altre censure, era fondamentale e

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dovuto un intervento del Parlamento per rendere compatibile l‟impianto legislativo della mediazione obbligatoria con la Costituzione.

Ed, infatti, il legislatore è intervenuto con la Legge 9 agosto 2013, n. 98, che ha convertito con modificazioni il D.L. 21 giugno 2013, n. 69, introducendo importati misure nel settore (entrate in vigore il 20 settembre del medesimo anno).

Il Governo, dunque, ha optato per la reintroduzione, in forma sperimentale, dell‟obbligatorietà mediante un decreto legge e la relativa legge di conversione, per “sanare” il rilievo di eccesso di delega sanzionato dalla Consulta. Sperimentale perché l‟obbligo di svolgere il tentativo di mediazione resterà in vigore per quattro anni, e alla conclusione del secondo anno il Ministero della Giustizia dovrà analizzarne i risultati e le problematiche derivate.

Come descritto in altri capitoli, rispetto al modello precedente di mediazione le novità attengono, sia alle materie per cui la mediazione diventa una condizione di procedibilità dell‟azione civile (esce dall‟elenco la responsabilità da sinistri stradali, mentre viene aggiunta alla la responsabilità medica quella sanitaria), sia all‟ambito della competenza territoriale (viene introdotta la norma per cui le parti possono presentare istanza solo presso Organismi di mediazione presenti nel luogo del giudice territorialmente competente per l‟eventuale causa).

Due novità riguardano, invece, l‟assistenza degli avvocati:

1. Nella c.d. mediazione obbligatoria, le parti dovranno essere assistite da un avvocato;

2. sia nel caso di procedimento obbligatorio che facoltativo, l‟accordo di conciliazione sottoscritto anche dagli avvocati di tutte le parti, ha efficacia di titolo esecutivo senza necessità di ulteriori passaggi. In questa circostanza, con la sottoscrizione del testo i legali ne certificano la conformità alle norme imperative ed all‟ordine pubblico. In tutti gli altri casi l‟efficacia di titolo esecutivo

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dell‟accordo potrà essere ottenuto attraverso l‟omologa del Presidente del tribunale competente.

L‟elemento più innovativo è, comunque, l‟introduzione del c.d. incontro informativo tra le parti ed il mediatore, quest‟ultimo tenuto ad informare le prime della funzione e delle modalità di svolgimento della procedura e a verificare l‟effettiva possibilità di un accordo. Qualora al primo incontro emerga l‟impossibilità di un accordo, nessun compenso è dovuto all‟Organismo di mediazione. La conclusione del primo incontro senza accordo è sufficiente per avverare la condizione di procedibilità dell‟azione.

Il nuovo testo normativo non ha esaltato, né tutt‟ora esalta, coloro che hanno sempre creduto nelle procedure di mediazione e non placa, di contro, le critiche di coloro che hanno calorosamente avversato la precedente normativa.

Di fatto, la necessaria assistenza legale obbligatoria è una disposizione anacronistica in quanto non ha cambiato nulla rispetto alla prassi consolidata, ove nel 90% delle mediazioni le parti sono state assistite dal proprio legale.

Era, inoltre, auspicabile un controllo più stringente sugli Organismi di mediazione e sul

curriculum formativo e di aggiornamento dei mediatori, per mantenere sempre alto lo

standard qualitativo del servizio mediazione.

Non è stato realizzato neppure uno sforzo normativo verso la formazione ed il maggior impegno della magistratura affinché rinvii più spesso le parti dal mediatore, non potendosi pensare che questo strumento funzioni senza il contributo di tutti gli operatori della giustizia.

Nonostante l‟obbligatorietà sia stata reintrodotta con una soluzione ponte che non ha toccato i tasti giusti, così come suggeriti dagli operatori del settore, dalle nuove statistiche ministeriali si ricavano dati positivi sull‟andamento dell‟istituto.

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Con il periodo di riferimento 01/12/2014 – 31/12/2014, per la prima volta, dall'entrata in vigore del D.lgs. 28/2010, si riesce ad avere un prospetto di durata pari a 365 giorni. Facendo un raffronto tra i vari trimestri dell'anno 2014 si nota:

 un aumento, tendente al 40%, dei depositi di istanze di mediazione.

 le parti si presentano in mediazione nel 40% dei casi, segnando un aumento rispetto alle precedenti annualità;

Interessante è anche il dato sul successo dei procedimenti con gli aderenti che compaiono: l‟accordo è raggiunto solo nel 28% dei casi. Con l‟introduzione del c.d. incontro filtro, da un lato sono aumentate le adesione alla conciliazione, dall‟altro sono diminuiti i procedimenti con esito positivo.

Avendo vissuto direttamente la cd “fase 2.0” della mediazione, ho avuto modo di verificare sul campo quest‟ultimo dato statistico.

Il c.d. incontro informativo ha messo a dura prova gli Organismi ed in particolare i mediatori in prima persona.

La normativa in materia di formazione, totalmente distaccata da quelle che erano le già collaudate esperienze di altri Paesi europei, ha dato vita ad un “esercito” di mediatori con scarsa conoscenza del diritto, privi di un bagaglio giuridico-culturale necessario per affrontare un incontro informativo e tentare di dirimere le controversie tra le parti. Questa è stata sicuramente la principale causa dell‟alta percentuale di insuccesso dei procedimenti di conciliazione.

Il ruolo di terzo conciliatore tutt‟ora viene, troppo spesso, interpretato in termini riduttivi da parte degli stessi mediatori, che si limitano, come acclarato dai laconici dati statistici richiamati, a registrare la disponibilità o meno delle parti a sottoscrivere un accordo senza tentare di imprimere alla vicenda l‟accelerazione che ci si attenderebbe.

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Il proficuo ed efficiente svolgimento di questo incarico richiederebbe invece che il mediatore, in forza della padronanza della materia cui si faceva cenno, illustri alle parti, eventualmente anche nell‟ambito di incontri separati, i punti di debolezza delle rispettive prospettazioni costruendo per loro un percorso conciliativo che tenga necessariamente conto di queste circostanze e che rappresenti per loro una opportunità. Soltanto dinanzi ad un interlocutore preparato, capace quindi di soppesare consapevolmente le differenti istanze, le parti potranno essere indotte a ricercare una composizione delle reciproche pretese.

Se gestita in questi termini, la fase preliminare della mediazione potrebbe effettivamente consentire di raggiungere dei risultati tangibili, traducendosi diversamente nell‟ennesima occasione persa36.

Da non sottovalutare è, comunque, l‟incidenza, sul dato negativo delle conciliazioni, di un altro fattore quale la definizione, fuori dal procedimento, delle controversie tramite transazioni stragiudiziali ad opera, direttamente, dei legali delle parti.

Le statistiche ministeriali relative al periodo 01 gennaio – 30 settembre 2015, confermano il trend negativo delle definizioni da quando è stato introdotto il c.d. primo incontro informativo. L‟adesione della parte chiamata sale al 45,2 % e, analogamente a quanto notato nelle statistiche 2014, diminuisce la percentuale degli accordi che scende al 22%.

A questo punto è legittimo chiedersi quale sia stata l‟incidenza del nuovo modello di mediazione secondo il principio che ha ispirato il Legislatore del 2010 prima, e del 2013 poi, e cioè il deflazionamento del carico giudiziario presso i tribunali civili.

Se si incrociano i dati statistici sopra riportati con l'andamento dei flussi dei procedimenti civili degli ultimi anni emergono alcuni elementi incontestabili.

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Innanzitutto è opportuno precisare che le materie per le quali è previsto come obbligatorio il c.d. “primo incontro filtro” di mediazione coprono solo il 7% delle cause civili iscritte al ruolo nei tribunali ordinari e cioè poco più di 200mila rispetto 2,7 milioni (dato del 2014).

Nelle materie con mediazione c.d. obbligatoria la diminuzione delle iscrizioni in tribunale nel 2014 è del 15%, molto più consistente della diminuzione, di pochi punti percentuali, nelle materie non soggette a obbligo di mediazione. Ma la reale portata dell‟effetto deflattivo della mediazione si ricava dai dati relativi al periodo (da fine ottobre 2102 a fine settembre 2013) in cui è venuta meno l'obbligatorietà della mediazione per effetto della sentenza della Corte costituzionale. Nelle stesse materie si registra infatti un incremento del 9% di iscrizioni in tribunale37.

Come abbiamo avuto modo di osservare dai dati del 2015, il tasso medio nazionale di successo della mediazione è del 48% quando le parti decidono, volontariamente, di proseguire la procedura oltre il primo incontro.

Sotto questo punto di vista il nuovo modello vince il confronto con quello predisposto originariamente dal legislatore del 2010. Allora, infatti, il tasso di successo era del 43% e il numero delle mediazioni inferiore.

“Al 48% di successo in mediazione va poi aggiunta la percentuale di accordi che si trovano non durante la procedura, ma grazie ad essa, di norma poco tempo dopo. Uno studio dell'Università di Firenze ha calcolato questa ulteriore percentuale di successo nel 28%.”38

Alla luce di quest‟ultima lettura dei dati statistici si può, legittimamente, affermare che dopo due anni di sperimentazione di questo nuovo modello di mediazione i risultati sono positivi.

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D’URSO, La statistica dà ragione alla mediazione, in Il Sole 24Ore del 30 marzo 2015.

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Dopo aver delineato il quadro nazionale dell‟istituto è il momento di passare al confronto dei dati ministeriali, con le statistiche dell‟Organismo dello scrivente, relativamente alla sede di Pietrasanta (LU).

Da tale comparazione si nota come su alcuni punti i risultati collimano mentre su altri non mancano importanti differenze. Di seguito prenderemo in esame il solo anno 2015, dal 1° gennaio al 30 settembre.

Partiamo dalle iscrizioni per materia. Se si osservano le statistiche ministeriali, la graduatoria delle materie con in il maggior numero di istanze depositate vede al primo posto i contratti bancari seguono, diritti reali, altra natura, locazione, condominio ecc. Ai fini di una esaustiva elencazione si riporta lo schema prodotto dal ministero:

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Osservando, di contro, i dati dell‟Organismo dello scrivente, si notano le prime differenze rispetto allo schema sopra riportato.

La materia in cui si registra il maggior numero di iscrizioni è quella relativa alle successioni ereditarie, solo 9° al livello nazionale. A seguire la divisione, 8° nelle statistiche ministeriali, i diritti reali, pressoché in linea con il dato nazionale (2°), la responsabilità medica e sanitaria (6°), i contratti bancari (1°), i contratti assicurativi, le locazioni ecc.

Sotto il profilo delle iscrizioni per materia si colgono, già, i primi disallineamenti.

Interessanti sono sia il dato sulle successioni ereditarie, sia quello sulle divisioni (per lo più immobiliari), nettamente superiori al livello locale rispetto al dato nazionale.

Ricollegandosi a quanto già accennato nel capitolo 3.2., una spiegazione logica potrebbe essere che, nel foro di riferimento, quello di Lucca, ed in particolare nella zona della Versilia, il “mattone” ha rappresentato per decenni un investimento sicuro, portando ad acquistare sia immobili adibiti ad abitazioni principali ma anche seconde case, fondi commerciali ecc. Attualmente, su gran parte del territorio versiliese il mercato immobiliare è saturo di immobili con prezzi non in linea con il reddito medio delle famiglie della zona. Di contro la tassazione sugli immobili è tra le più alte in Italia. Tutto ciò genera conflittualità tra eredi e comproprietari.

Altrettanto interessante è il dato sulle materie condominiali, con veramente pochissime istante depositate a livello locale, contro una percentuale dell‟11% sul territorio nazionale (5° in graduatoria). Una giustificazione si può ricavare dalla scarsa presenza di immobili condominiali nella Piana versiliese rispetto a realtà metropolitane quali Milano, Roma ed altre città italiane, in cui l‟elevata conflittualità è proporzionata al grande numero di condomini nei rispettivi fori di competenza.

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Passando ora all‟analisi per materia dell‟esito dei procedimenti, si ricavano elementi importanti.

Di seguito lo schema ministeriale:

Dal confronto di tali dati con quelli dell‟Organismo dello scrivente, emergono alcune analogie ma anche altrettante differenze.

Partiamo dalle prime.

In materia di diritti reali, in caso di aderente comparso con le parti che accettano di andare oltre il primo incontro, la percentuale di successo a livello locale è pressoché la medesima rispetto al dato nazionale e, quindi ben oltre il 50%.

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Lo stesso può dirsi in materia di locazione, con percentuale di successo tendente al 50% ed in materia di contratti assicurativi, dove l‟accordo si raggiunge nel 37% dei casi. Rispetto ai diritti reali l‟alta percentuale di successo deriva principalmente da due fattori:

1. l‟ingente valore della lite che spinge le parti, una volta espressa la volontà di proseguire oltre il primo incontro, verso la definizione della controversia in mediazione, onde evitare sia l‟alea del giudizio sia la doppia voce di spesa (di mediazione e processuale);

2. i benefici fiscali (credito di imposta ed esenzione dall‟imposta di registro) sono spesso un buon incentivo all‟accordo.

Passando ora alle differenze si rileva che:

 in materia di risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria, ove al livello nazionale la percentuale di successo è solo al 27%, a livello locale l‟accordo si raggiunge 6 volte su 10 quando le parti entrano nel merito della mediazione;

 anche in materia bancaria la percentuale di successo è di molto superiore nei dati forniti dall‟Organismo locale rispetto a quelli ministeriali. Presso detto Organismo i procedimenti di mediazione si definiscono positivamente nel 45% dei casi, contro il 22% a livello nazionale.

Difficile dare una spiegazione a questa discrasia statistica. A favore della maggior percentuale di successo dei procedimenti a livello locale si può imputare la presenza, tra i mediatori accreditati presso l‟Organismo dello scrivente, di professionisti avvocati specializzati nei settori in cui le materie incidono.

Giunti, ormai, al termine della trattazione possiamo tirare le “conclusioni” sul percorso fin qui attraversato.

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Nel corso di questo studio è stato messo in atto il tentativo di sviscerare tutte le sfaccettature che caratterizzano l‟applicazione dell‟istituto della mediazione, al fine di fornire al lettore gli strumenti necessari per valutarne la concreta operatività.

E‟ stato illustrato come e quando il giudice, nei casi di esito negativo delle procedure di mediazione, con conseguente proposizione di domanda giudiziale, venga chiamato a constatare il rispetto degli elementi essenziali dell'istituto, spesso non emergenti chiaramente dal dettato normativo, con necessaria opera di esegesi sia della dottrina sia della giurisprudenza.

Alla luce di tutto ciò possiamo azzardare un suggerimento al legislatore sulla direzione che dovrebbe prendere in materia di mediazione.

Innanzitutto è condivisibile la tesi del Prof. Luiso, il quale sostiene che, in sintesi, l‟efficienza della giustizia è direttamente proporzionale alla sviluppo dei sistemi alternativi di risoluzione delle controversie. Il debitore deve essere spinto alla definizione stragiudiziale della propria posizione, dalla prospettiva certa di una condanna in tempi brevi. Fino a poco tempo fa, infatti, conti alla mano al debitore conveniva resistere in giudizio, piuttosto che conciliare e pagare il dovuto solo alla condanna, con interessi legali all‟1,5% all‟anno senza la conseguenza di sanzioni economiche. L‟attuale Governo, nel 2014, ha cominciato ad introdurre una serie di provvedimenti volti a sanzionare economicamente chi ricorre o resiste in giudizio sapendo di avere torto e per lucrare

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