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3.2 Potenzialità energetiche delle biomasse residuali in Sardegna

3.2.3 Conclusioni

La stesura del piano regionale delle biomasse ha consentito di individuare con precisione tutte le biomasse presenti in Sardegna in termini di quantità e potenziale energetico. Questo è un risultato molto importante e trova pochi riscontri nelle altre regioni italiane. Un aspetto certamente innovativo concerne l’approccio impiegato per il trattamento delle biomasse residuali per le quali in Sardegna esistono enormi possibilità di impiego.

Lo studio condotto, infatti, ha portato all’individuazione dei settori produttivi che contribuiscono in modo predominante alla produzione di biomasse residuali in Sardegna. Le biomasse residuali, che costituiscono uno scarto dei processi che le generano e che in larga parte confluiscono in questo momento nel terminale processo di gestione dei rifiuti, sono state considerate risorse energetiche. Questo a prescindere dalla loro classificabilità quali sottoprodotti, in considerazione dell’evoluzione normativa europea e nazionale sempre più rivolta alla cessazione della qualifica di rifiuto per le materie valorizzabili in termini energetici.

L’esito della riclassificazione delle biomasse residuali, finalizzata alla valorizzazione energetica, è tanto più virtuoso quanto più evidenti sono i benefici economici e ambientali, rappresentati sia dal risparmio di risorse energetiche di origine fossile, sia dalla riduzione globale delle emissioni di diossido di carbonio, sia dalla progressiva riduzione dei volumi di rifiuti da destinare allo smaltimento in discarica. Tuttavia, la valutazione della compatibilità tecnica, economica e ambientale di una determinata biomassa al recupero energetico, attraverso un determinato processo tecnologico, è fondata su un’adeguata caratterizzazione della fonte energetica, allo scopo di individuarne i requisiti applicativi atti a consentire l’ottimale convertibilit{ in energia nell’ambito di processi industriali.

La valorizzazione energetica delle biomasse derivate da residui agricoli o agroindustriali deve essere subordinata alla loro caratterizzazione chimico-fisica ed energetica e alla validazione degli impianti utilizzabili, allo scopo sia di massimizzarne il beneficio energetico e quindi economico, sia di minimizzarne gli impatti sull’ambiente. Sono state identificate quattro principali macrocategorie di residui: i residui agricoli, i residui agroindustriali, i reflui zootecnici e gli scarti di macellazione.

3. Il settore delle biomasse in Sardegna 41

La stima del potenziale energetico da biomasse residuali è stata rivolta principalmente a valutare la dimensione della quantità di energia potenzialmente disponibile e il possibile contributo al fabbisogno energetico regionale, oltre che gli effetti ambientali derivanti da un razionale utilizzo di tali risorse.

La disponibilità di biomasse residuali presenti nel territorio isolano ha consentito di individuare fondamentalmente due tecnologie applicabili nella produzione di energia, la digestione anaerobica e la combustione, utilizzando le quali è possibile realizzare impianti, anche di piccola taglia, e localizzarli all’interno dei bacini nei quali si ha un’adeguata disponibilit{ di risorse. I risultati dell’indagine condotta in Sardegna mostrano la disponibilità di importanti quantità di biomasse residuali, di differenti tipologie, in grado di fornire un contributo di circa il 7% al soddisfacimento regionale dei consumi energetici finali consolidati nel 2011. Se si considera, infine, il fatto che da allora si è registrata una rilevante contrazione dei consumi di energia, è lecito ipotizzarne un’incidenza superiore nel futuro. Per quanto concerne l'individuazione della taglia degli impianti potenzialmente installabili è comunque necessaria una ricognizione più approfondita per la valutazione della distribuzione delle biomasse residuali e della loro effettiva ritraibilità negli specifici bacini. Un esempio di questa attività è illustrato nel dettaglio per le biomasse forestali nel Capitolo 5 di questa tesi. Infine, per una valorizzazione sostenibile delle risorse individuate, occorre valutare e gestire razionalmente le problematiche ambientali connesse con i processi di conversione energetica delle biomasse residuali. Questo al fine di promuovere un nuovo modello di generazione energetica diffusa, integrato nei contesti specifici e che possa essere largamente accettato dalle comunità locali.

42 4. Impiego della Digestione Anaerobica

Capitolo 4

In questo capitolo sono illustrati i risultati delle prove sperimentali condotte su un impianto pilota di digestione anaerobica, descritto dettagliatamente nella sezione 4.3.1. Sono state eseguite prove di trattamento dei residui del mercato ortofrutticolo della Sardegna, dei residui dell'industria di trasformazione delle patate e dei residui dell'industria olearia e casearia in co-digestione con colture energetiche dedicate. Nel caso dei residui ortofrutticoli è stata eseguita un'approfondita caratterizzazione chimica dei singoli vegetali, per verificarne l'effettiva possibilità di impiego quale singolo substrato per la digestione anaerobica, in termini di analisi prossima, analisi ultima, macroelementi, microelementi ed elementi in tracce. E' stata calcolata previsionalmente la percentuale di metano nel biogas. Sono state infine eseguite prove di digestione in condizioni mesofile utilizzando i residui ortofrutticoli come singolo substrato. Nel caso dei residui dell'industria delle patate sono state utilizzate condizioni termofile e quale substrato i residui solidi da soli (tuberi e bucce) o in combinazione con le chips di scarto, le bucce e le acque di processo. Nel primo caso l'obiettivo principale è stato quello di identificare i parametri ottimali per ottenere un'efficiente conversione dei residui solidi in biogas. Nel secondo caso lo scopo finale è stato quello di studiare un processo di trattamento unico per ottenere energia da tutti i reflui e i residui dell'industria di trasformazione. Nel caso delle colture energetiche dedicate, infine, il trinciato di mais e il triticale di base sono stati sostituiti con una miscela costituita da acque di vegetazione, sanse, scotta e letame e condotte prove in parallelo con un impianto industriale in condizioni mesofile.

Infine l'analisi statistica multivariata è stata impiegata per identificare specifiche relazioni tra le variabili più significative per il processo anche quando sono sottoposte ad un ampio intervallo di variazione.

Impiego della Digestione Anaerobica

La digestione anaerobica è un processo di degradazione biochimica in assenza di ossigeno, impiegato spesso per il trattamento e il recupero energetico da diversi materiali organici di scarto (Murto et al., 2007, Ward et al., 2008, Alvarez et al., 2010, Di Maria et al., 2012, Gomec et al., 2013).

Il principale prodotto della digestione anaerobica è una miscela di gas (biogas), composta principalmente da metano (CH4) e anidride carbonica (CO2), di norma impiegata quale combustibile per la produzione di energia elettrica e termica. Un prodotto secondario è rappresentato da un residuo solido-liquido denominato digestato che può essere riutilizzato come ammendante del suolo, come materiale di base per la preparazione di compost, o previo essiccamento per la produzione di energia, mediante processi termochimici (Holm-Nielsen et al., 2009, Tambone et al., 2010, Teglia et al., 2011, Abubaker et al., 2012, Yazdani et al., 2012).

La diffusione di questa tecnologia nel corso degli ultimi decenni è in linea con le politiche di sostenibilità ambientale adottate dall'Unione Europea e con l'incremento dell'uso di materie prime di basso costo per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Attualmente, infatti, la digestione anaerobica è utilizzata per il trattamento di letami di origine animale (Appels et al., 2008, Poudel et al., 2010) e fanghi di depurazione e si registra un incremento costante per il trattamento di residui agricoli, agro-industriali e FORSU (Sosnowski et al., 2003). Inoltre moltissimi impianti trattano colture energetiche dedicate quali il mais e il triticale (Murphy et al., 2009, Herrmann et

4. Impiego della Digestione Anaerobica

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Gli impianti di digestione anaerobica che fanno uso di colture dedicate sono diffusi in tutta l'Europa e il loro numero è cresciuto moltissimo anche in Italia, facendo registrare un incremento notevole nel periodo 2009-2012, soprattutto per via dei generosi incentivi messi in campo dai governi nazionali (280 €/MWh in Italia).

Tuttavia gli impianti alimentati con colture dedicate richiedono importanti quantitativi giornalieri di biomasse vegetali, la cui produzione ha bisogno di estese superfici coltivate e l'apporto di concimi e acqua per raggiungere adeguate rese agronomiche e contenere di conseguenza i costi delle materie prime ottenute. Un impianto di digestione anaerobica di grossa taglia (1 MW di potenza elettrica del co-generatore) necessita per esempio di una quantità giornaliera pari a 20.000-22.000 t a-1 di trinciato di mais e triticale ed una superficie agricola impegnata pari a circa 350-500 ha che corrisponde ad un'impresa del settore di grandi dimensioni. In Sardegna ci sono diciotto impianti di digestione anaerobica da 1 MW che richiedono da soli una superficie coltivata pari a oltre il 60% della superficie dedicata al carciofo che rappresenta la specie ortiva maggiormente coltivata in Sardegna, ovvero la terza per dimensione produttiva in Italia.

Un'altra questione è legata all'elevata quantità di energia termica prodotta dai co- generatori degli impianti da 1 MW di potenza installata (la potenza globalmente non convertita in elettrica è dell’ordine di 1,5 MW, di cui almeno 0,6 MWt utilmente recuperabile a temperatura medio-alta) che al momento risulta completamente dissipata nell'ambiente e per la quale può essere economicamente interessante trovare un impiego. Queste problematiche rendono complicato l'esercizio degli impianti di grande dimensione e ne costringono i gestori (imprese industriali e agricole) ad affrontare tutta una serie di difficoltà legate soprattutto all'approvvigionamento delle materie prime agli impianti.

Poiché la digestione anaerobica rappresenta un efficace processo di conversione biochimica delle biomasse vegetali e residuali e, data la grande disponibilità di queste ultime a basso costo nella regione, è possibile ipotizzare la presenza di tutta una serie di impianti di piccola taglia dislocati sul territorio e alimentare senza grandi difficoltà quelli di grande taglia.

Sarebbe così possibile contribuire in modo sostenibile alla produzione di energia da fonti rinnovabili e nello stesso tempo fornire una risposta a tutta una serie di problematiche ambientali legate alle produzioni agroindustriali tradizionali della Sardegna.

Questo però richiede lo studio, la messa a punto e la valutazione economica di processi mirati di digestione anaerobica con un singolo substrato o con una miscela di substrati per la risoluzione di problematiche specifiche relative a piccole realtà commerciali e produttive, o a grandi impianti agro-industriali di trasformazione e di produzione di energia.

4.1 Applicazioni nel trattamento di biomasse residuali

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