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Storicamente in Giappone i primi esempi di proteste della società civile risalgono agli anni Sessanta, tuttavia la violenza dei movimenti più radicali delle mobilitazioni studentesche della Nuova Sinistra, che da origine a feroci lotte interne tra fazioni e organizzazioni terroristiche, unita al benessere della crescita economica degli anni Settanta e Ottanta, lascia un‟idea negativa del dissenso nell‟immaginario collettivo ostacolandone lo sviluppo per un lungo periodo. Tra gli anni Novanta e Duemila grazie all‟attivismo dei freeter che reagiscono alla crisi economica del Giappone sperimentando forme di dissenso pacifiche, utilizzando elementi artistici come la musica e la pittura per veicolare il loro dissenso, abbandonando le università per occupare le strade e i parchi pubblici delle città, e distanziandosi dalla violenza del passato avvicinando la pratica del protestare al divertimento, manifestare pubblicamente torna ad essere una pratica diffusa tra la società civile giapponese, specialmente dopo l‟incidente della centrale nucleare Fukushima Daiichi del 2011. Dopo la disgrazia un generale dissenso coinvolge la società civile giapponese a manifestare contro le istituzioni per richiedere l‟abolizione della produzione dell‟energia nucleare. I movimenti organizzati dai

freeter sono tra i primi a mobilitarsi per allestire delle proteste adottando le stesse pratiche

espressive sperimentate negli anni precedenti delle sound demo che occupano le strade delle città con eventi festosi di protesta a cui i cittadini giapponesi si uniscono. Il dissenso del post Fukushima non è legato solo ai freeter, questi avviano le prime proteste poiché dispongono del know how necessario per la loro organizzazione sviluppato con l‟attivismo degli anni precedenti che gli permette di agire immediatamente, tuttavia nel tempo le manifestazioni coinvolgono generalmente la società civile giapponese a opporsi ai governi in carica, grazie all‟impegno di piccoli gruppi di attivisti con strutture orizzontali senza una gerarchia interna che sfruttano internet per mobilitarla, organizzando cortei, comizi e conferenze dove prevale l‟atomizzazione dei partecipanti, singoli individui non legati formalmente a nessun movimento, ma desiderosi di manifestare la propria opposizione alle politiche del governo.

Questo ritorno coinvolge anche gli studenti di varie università di Tokyo che dal 2012 si organizzano in diversi movimenti, inizialmente per osservare le manifestazioni e in un secondo momento per organizzarle, e tra i vari gruppi i SEALDs diventano i protagonisti principali del dissenso contro il governo Abe tra il 2015 e il 2016, diffondendosi con gruppi paralleli in diverse città del Giappone. Queste nuove mobilitazioni studentesche si separano

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dall‟immagine negativa dei movimenti degli anni Sessanta presentandosi con un pensiero liberale e una struttura aperta a tutti, cercando di invitare i cittadini giapponesi, specialmente i più giovani, a partecipare attivamente alla politica del proprio paese e prendere posizione contro l‟operato del governo, considerato pericoloso per la democrazia giapponese. Il gruppo fonda il suo attivismo sull‟utilizzo di internet che sfrutta per organizzarsi e invitare alle proprie manifestazioni, ma sebbene all‟apparenza si presenti come un movimento studentesco, è in realtà un‟entità più fluida dove gli studenti sono gli organizzatori e a manifestare ai loro eventi si riuniscono individui eterogenei di tutte le età, rispettando così le trasformazioni del dissenso giapponese nel post Fukushima.

Con i movimenti legati ai freeter degli anni Novanta e Duemila il dissenso cittadino occupa gli spazi pubblici delle città giapponesi come le strade e i parchi per formarsi e manifestarsi adottando pratiche espressive che fanno uso di elementi artistici come la musica e la pittura per veicolare un messaggio politico, e le sound demo, parate accompagnate dalla musica spesso gestita da veicoli allestiti per ospitare dj e gruppi di musicisti, diventano una comune forma di protesta adottata per manifestare. I SEALDs utilizzano queste pratiche per realizzare il loro attivismo e nei capitoli successivi saranno analizzate le manifestazioni che organizzano per definire il loro personale dissenso, in quale modo si unisce alle già esistenti proteste cittadine contro il governo, e come prosegue dopo lo scioglimento del movimento.

Questa analisi viene eseguita con l‟osservazione dei documenti multimediali reperibili in rete che testimoniano le attività degli studenti poiché internet e i social media negli anni sono diventati la base su cui si forma e coordina il dissenso. Come visto infatti, piccole realtà giornalistiche indipendenti mettono in discussione le comunicazioni ufficiali delle istituzioni indagando autonomamente e documentano l‟attivismo distribuendo in rete gratuitamente la loro produzione, anche quando i mass media tradizionali come la televisione e i giornali stampati non riescono a farlo; mentre i movimenti sociali fanno uso della rete per organizzarsi e allestire i loro eventi, invitando alla partecipazione distribuendo in rete un‟autoproduzione che testimonia le loro attività. Questo utilizzo comporta la produzione e condivisione di documenti multimediali che permettono di osservare l‟attivismo, anche a distanza di anni dal periodo in cui si verifica, e nel capitolo successivo saranno presentati nello specifico i produttori principali di tali materiali, delineando una specifica categoria di soggetti differenti dalle testate giornalistiche e dagli attivisti che si impegnano a seguire e documentare la società civile giapponese nel post Fukushima, distribuendo in rete testimonianze fotografiche e video che mostrano il suo dissenso politico.

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Capitolo secondo

In questo capitolo si presentano i materiali reperibili in rete sull‟attivismo e le loro specificità, in una prima parte si espongono i dati sull‟utilizzo di internet e dei social media in Giappone per definire un quadro generale della diffusione di questa tecnologia e dei portali principalmente utilizzati quotidianamente dagli utenti giapponesi; successivamente sono identificati i creatori dei documenti multimediali che testimoniano il dissenso della società civile distribuiti in rete e le specificità della loro produzione distinguendo tre categorie di individui: gli attivisti, i giornalisti e gli osservatori.