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8 – Conclusioni: il rituale a cremazione nel Levante e a Karkemish durante l’età del Ferro

Il rito della cremazione è abbastanza inusuale nella storia del Vicino Oriente antico, le prime attestazioni della pratica di bruciare i cadaveri è documentata sporadicamente già nel Mesolitico e Neolitico in Egeo, nel Levante in Anatolia nel Neolitico pre-ceramico1. Secondo Maria Eugenia Aubet il rito della cremazione è inteso come il passaggio che serve per trasformare e riconfigurare l'identità materiale del deceduto. Bruciare il corpo implica una rapida trasformazione di questo, la distruzione che avviene tramite il fuoco purifica e purga, dando luogo ad una forma fresca di esistenza per i defunti in una nuova dimensione2. A partire dal terzo millennio a.C. in poi, questa pratica divenne comune insieme all'inumazione in Europa sud-orientale, e predomina durante il secondo millennio a.C., per poi diventare l'unico rito funebre dal XIII a.C. in poi. In Mesopotamia, così come in Anatolia, la cremazione totale appare sporadica durante la seconda metà del III millennio a.C, mentre quella parziale risulta spesso praticata in Mesopotamia3. La tradizione di questa modalità di sepoltura risulta attestata in Anatolia anche durante tutto il periodo del Bronzo Medio e addirittura dal II millenio a.C è la principale tipologia di sepoltura della Siria settentrionale.

Gli studiosi ritengono che la cremazione sia stata introdotta in questi luoghi a partire dalla prima metà del XII secolo a.C dagli Ittiti, nel periodo in cui la dominazione Ittita causò la caduta di Karkemish, per poi essere resa salda dalle popolazioni di lingua Luvia presenti nel territorio nelle fasi della caduta dell’impero Ittita. Questa ipotesi viene rafforzata sia dai ritrovamenti di numerosi cimiteri nell’area circostante Karkemish, la capitale dell’impero Ittita sia dalle fonti scritte, come il “Sallis Wastais rituale”, ovvero il resoconto scritto in cuneiforme su tavolette di argilla delle prassi

1 Ökse adn Eroglu 2013, p. 171. 2 Aubet 2010, p. 151.

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tenute nei quattordici giorni che costituivano il rituale funebre. Purtroppo il testo non è giunto integro fino a noi, pertanto nelle fasi descritte tra i giorni 4 e 9 si riscontrano numerose lacune, così come non si hanno descrizioni del quattordicesimo giorno, quello finale. Interessante è il significato del nome attribuito a tale fonte; “Sallis Wastais” infatti significa grande peccato ed è l’eufemismo con cui si indicava la morte del re o della regina4.

Durante il primo Giorno si manifesta l’inizio del rito attraverso il divieto posto ai vivi di mangiare, mentre un bue viene macellato ai piedi del cadavere, con una libagione di vino contestuale alla rottura della brocca utilizzata. Le attività rituali del secondo giorno sono molto scarsamente mal conservate. Il defunto viene trasportato mediante animali da tiro ad un posto intermedio dove è eretta una tenda, per poi passare nel sito dove verrà cremato. Vengono inoltre fatte delle offerte di cibo per il sole-dea della terra, il sole-dio del cielo, gli spiriti degli antenati (Nonni e nonne), e per il defunto; infine la giornata si conclude con lamenti.

Le descrizioni del rituale dal terzo giorno al settimo, come anticipato, sono mal conservate. Di pochi frammenti rimasti si evince che la combustione del cadavere avviene la sera del terzo giorno. La ricostruzione del rito è aiutata da una tavoletta probabilmente appartenenti a questa serie, che descrive la disposizione delle ossa. Del quarto giorno, da un piccolo frammento di tavoletta. Sappiamo che continuavano i lamenti e che i resti delle ossa incenerite venivano avvolte in un panno di lino e disposte su una sedia se il defunto era il re, o su uno sgabello se la defunta era la regina; la sedia o lo sgabello erano posti davanti ad una tavola imbandita da ogni genere alimentare e i presenti per tre volte, attraverso un brindisi, rendevano onore al sovrano o alla sovrana defunti.

Il quinto giorno una sacerdotessa era incaricata di effettuare un incantesimo per il o la defunta utilizzando uva, oliva ed altri alimenti, nonché spruzzando birra. Il sesto

4 Il meglio conosciuto è quello proveniente dal testamento di Khattushili I, in merito alla morte di

Sharri-Kushukh, re di Karkamish morto in Kizzuwatna (Cilicia), suo fratello Mursili II trasporta il cadavere nella capitale Khattusha. I partecipanti al funerario reale erano alti funzionari e le loro mogli e vari funzionari del culto e donne lamentatrici.

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giorno inizia con il sacrificio di due buoi e diciotto pecore di proprietà del palazzo al sole-dea della terra per l'anima del defunto. Successivamente le ossa vengono trasportate nella "Casa di pietra" la tomba a camera e viene offerto al defunto il pasto dei morti composto da pane, miele e carne.

Il settimo giorno è caratterizzato per il compimento di alcuni gesti rituali come la combustione di un contenitore di olio per l'unzione e paglia, successivamente vengono si distruggeva la brocche da vino. Le donne lamentatrici offrono un bue e otto pecore. Seguono dei pasti rituali al termine dei quali i partecipanti bevono tre volte in onore dell’anima del defunto.

L’ottavo giorno, come il precedente, si caratterizza per l’esecuzione di vari rituali. Il primo è quello che viene sintetizzato come "Esecuzione dell’acqua”, seguito da ulteriori piccoli rituali che vedono l’uso di alcune attrezzature e materiali. A seguito del rituale dell’acqua, il defunto viene preparato per la sua esistenza nella prossima vita in suo onore vengono macellati in una fossa cinque volatili e viene rotta una brocca di vino. Non conosciamo con esattezza i rituali esercitati nei giorni compresi tra il settimo e il nono, ma dai frammenti pervenuti a noi sappiamo che in questi giorni veniva utilizzato un aratro, si trebbiava, e poi l’aratro veniva bruciato e le sue ceneri venivano disperse. Si ha un ulteriore sacrificio di buoi.

Il dodicesimo giorno il rituale prende avviocon il taglio di una vite, per proseguire di primo mattino con il sacrificio di sangue di un bue ingrassato e l’uccisione di sette pecore per l'immagine del defunto, che rimane ancora nella "casa", probabilmente il palazzo. Durante il tredicesimo giorno si manifesta il rituale del sacrificio dei gabbiani, seguito dal sacrificio di un bue e otto pecore, per finire con l’offerta al defunto di un fegato ed un cuore arrostiti. La ricostruzione del quattordicesimo giorno non è semplice per la frammentarietà delle fonti.

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