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Il conferimento agli Esecutori contro la Bestemmia della competenza sulla legge sulla stampa del

LA LEGISLAZIONE SULLA STAMPA

3.2 Il conferimento agli Esecutori contro la Bestemmia della competenza sulla legge sulla stampa del

Sono fatti cosi licentiosi li stampadori, et li botteghieri di questa città, che non stimando la poca punitione statuita dalle leze nostre, a quelli, che fanno stampar, o vendono cose stampate de fuori, senza licentia di Capi di questo Consº., stampano, et etiam vendono libri, et opere stampate altrove, publicamente, molte delle qual sono contra l’honor del Signor Dio, et della fede Christiana, et molte inhonestissime, con tanto mal exemplo, et scandalo universal, quanto a tutti è noto. Al che essendo necessario proveder di gagliarda provisione.

In questo modo esordiva la parte del 12 febbraio 1543 con la quale il Consiglio dei Dieci decideva di affidare il controllo sulla corretta presenza delle licenze di stampa alla magistratura degli Esecutori contro la Bestemmia28. Ancora una volta era lo scandalo, suscitato dal commercio di opere lascive e contrarie alla fede cristiana e dall’incapacità di fermarlo, ad irretire il massimo organo di governo della Repubblica.

Il provvedimento d’altronde veniva ratificato in un momento particolare per la penisola italiana quando, dopo il fallimento dei colloqui di Ratisbona e la nascita dell’Inquisizione romana, la scoperta dell’apostasia di Ochino, di Curione e di Vermigli segnò profondamente la coscienza dei principi italiani e avvicinò lo spettro dell’eresia. Fu cosi che l’8 gennaio 1543 il governatore imperiale emanò per il ducato di Milano il primo di una serie di provvedimenti, al quale si ispireranno in seguito gli altri principi italiani, che vietava agli stampatori di pubblicare un libro senza la dovuta licenza e costringeva i librai

26 P. F. Grendler, L’inquisizione romana e l’editoria a Venezia. 1540-1605, Il Veltro, Roma, 1983, p. 121. 27 Ivi.

a presentare un inventario dei titoli presenti nei propri magazzini29. La perquisizione dei libri importati dai paesi stranieri veniva quindi affidata al vicario diocesano e all’inquisitore locale, il cui interesse convergeva soprattutto sulle merci provenienti dalle tipografie ginevrine dove le prediche dell’Ochino e le opere del Curione erano state più volte ristampate e da qui introdotte nella penisola.

Sulla scia di tale provvedimento il Consiglio dei Dieci decise perciò di emanare il proclama del febbraio 1543, nel quale veniva riproposto il testo della legge del 1526 ma veniva rafforzato l’intervento censorio con pene più severe e l’ammissione delle denunce segrete per scoprire chiunque non rispettasse i dettami imposti dai Dieci30. Si stabiliva cosi che:

Chi stampasse, o facesse stampar le ditte opere senza licentia ut supra, immediate trovata la verità, pagar debba ducati 50, li venditori veramente, o chi facesse vender, o tenisse in casa, bottega, o altro loco di tal opere, et libri, pagar debbano ducati 25, liqual tutti siano dell’Accusador, il qual sia tenuto secretissº. Quelli veramente che vendono di tal libri, et opere, pronostichi, historie, canzoni, lettere et altre simil cose sul Ponte di Rialto, et in altri luoghi di questa città, se loro, o chi li farà vender, non haverà havutto la licentia dalli Capi predetti, siano frustadi da Rialto a S. Marco, et poi star debbano sei mesi in priggion serrati. Et se sarà trovato alcuno, che stamperà, o far stampar opera alcuna in questa città et farà quelli apparer esser stampati altrove, sia in tal caso condennati a star un anno in preson et pagar ducati 100, quali siano dell’Accusador, da esser tenuto secreto ut supra, ne possa uscir di priggion, se prima non haverà pagato li danari predetti, et poi sia bandito in perpetuo di questa città, et distretto, con taglia in caso di contraffation de pagar lire 500 a chi lo prendesse, star debba uno anno in preson, e ritornar poi al suo bando ogni volta chel sarà preso. Et questo istesso se intenda delle opere già stampate, se alcuno le venderà senza licentia, et contra la forma delle leze nostre.

Il decreto infine indicava nella figura dei Rettori e negli Esecutori contro la Bestemmia i funzionari destinati a sovrintendere a tali compiti, i primi nelle città della terraferma veneta, i secondi nella città lagunare:

ilqual ordine s’extenda et debba esser osservato in tutte le terre, et luoghi nostri, et sia mandato alli Rettori de fuori, acciò sia publicato, eseguito et osservato, et l’esecutione della presente parte per quanto spetta a questa Città, sia commessa alli SS. Ess. sopra la Biastema, con l’auttorità che hanno in li altri casi comessili da questo Consº. liquali Ess. habbino etiam auttorità de darli maggior pena della limitada, essendo tutti tre

29 Per la situazione milanese oltre al già citato saggio di V. Frajese, Regolamentazione e controllo delle

pubblicazioni negli antichi stati italiani (sec. XV-XVIII), cit., si veda la raccolta di saggi Stampa, libri e letture a Milano nell’età di Carlo Borromeo, a cura di N. Raponi e A. Turchini, Vita e Pensiero, Milano, 1992.

d’accordo, secondo che convenir giudicheranno alla trasgressione del presente ordine nostro.

Vi era tuttavia una differenza sostanziale tra la legge votata dal Consiglio dei Dieci e il provvedimento emesso nel ducato di Milano: mentre il decreto imperiale affiancava ai magistrati laici l’inquisitore ed il vicario diocesano, nella Serenissima il controllo censorio veniva unicamente affidato agli Esecutori contro la Bestemmia, rimanendo perciò nella mani del potere secolare. La parte veneziana, la quale comminava sanzioni più severe contro chiunque stampasse, oppure semplicemente vendesse, libri con false note tipografiche o sprovvisti dell’autorizzazione dei Dieci, non colpiva tuttavia in alcun modo gli importatori di libri ereticali, favorendo perciò il traffico clandestino di libri proibiti.

La svista venne corretta con il proclama successivo: la delibera del 17 maggio 1547 infatti puniva i commercianti che venivano colti nell’atto di importare a Venezia, o di conservare all’interno dei propri depositi, opere che «trattano contra l’honor del Signor Dio, et della fede Christiana» al pagamento di un’ammenda di 50 ducati31. I libri da loro posseduti invece sarebbero stati confiscati e bruciati pubblicamente in piazza San Marco dagli Esecutori contro la Bestemmia oppure dalla magistratura secolare appena istituita dei Savi all’Eresia32.

Horatio Brown ha tuttavia ipotizzato che questo secondo provvedimento censorio, emanato nel giro di pochi anni dal Consiglio dei Dieci, puntasse innanzitutto ad estirpare la stampa clandestina e l’abitudine ad utilizzare un falso luogo di stampa, visto che la maggior parte dei testi in circolazione venivano stampati nella stessa Venezia33. Il decreto precedente infatti infliggeva una pena più elevata agli stampatori rispetto a quella applicata ai librai, cosicché diveniva più conveniente dichiarare che l’opera era stata pubblicata all’estero e successivamente importata.

31 ASV, Esecutori, b. 54, c. 37: «Fu provisto per questo Consº. del 1542 alli 12 Febbraio contra quelli

che stampano et vendono libri che trattano contra l’honor del Signor Dio, et della fede Christiana, et non fu provisto contra quelli che conducono libri de simil sorte in questa città stampati in altri luoghi, però, L’andera’ parte, che alla sopradetta deliberatione, laqual in tutto et per tutto sia confirmata, sia aggionto e statuito che se alcun, sia chi esser si voglia, condurà in questa nostra città libri della sorte predetta, cada in pena di perder i libri, iquali siano fatti brusar publicamente, et di pagar ducati 50 da esser dati all’accusator, ilqual sia tenuto secretissimo.»

32 Ivi: «Et la essecution del presente ordine sia commessa alli Essecuttori sopra la Biastema, con

l’auttorità che li fu data di accrescer etiam la pena tutti tre d’accordo, sicome in essa parte del 1542 si contiene, et etiam alli tre gentilhuomeni nostri sopra l’inquisition delli heretici.»

3.3 Esecutori, Riformatori, Savi all’Eresia ed Inquisizione: la