• Non ci sono risultati.

La configurazione, in specifico, suggerita dalla lettera della Carta Le caratteristiche pacifiche

Il Preambolo della Carta sembra esprimersi in modo inequivocabile:

“[…] l'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi enunciati in appresso”44

,

ed anche il Trattato si pronuncia in senso conforme:

L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati”45

.

Pare dunque definitivamente scolpito nel sistema, che la Carta accolga al suo interno una pluralità di strumenti giuridici in grado di apprestare tutela alle posizioni

42Di cui si è già trattato in ordine all‟equipollenza della Carta al sistema dei Trattati supra, cap. II , ma

il cui testo merita qui ricordare: 1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati./ 2. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni./ 3. L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati./4. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali.

43 Si tratta del tentativo che opereremo, con il supporto della dottrina che maggiormente si è occupata

di una differenziazione tra “diritti” e “principi” (SAGMEISTER.,cit).

44 Preambolo, paragrafo 7. 45 Art. 6, co. 1 TUE.

fondamentali dell‟individuo: (norme istituenti) diritti (e libertà) da un lato, e (norme di) principi[o] dall‟altro.

Vi è stato chi, in dottrina, ha dedicato approfondite riflessioni a questo “binomio concettuale” contestando la “rigida separazione dell‟area semantica dei

due lemmi”46 e quindi una diversità di significato e di rilevanza pratica dei due termini, capi di un nodo gordiano la cui “soluzione” parrebbe un azzardo “potenzialmente fuorviante”:

“non priva di problematicità, a prescindere dei suoi esiti concreti e dalle conseguenze normative che vi si vogliano eventualmente ricollegare – appare infatti l‟idea stessa di contrapporre in via “esclusiva” e totalizzante -nel duplice senso, cioè, di ricondurre ad uno e uno solo dei due termini qualunque situazione normativa -, “diritti” e “principi”. E‟ stato acutamente osservato, del resto, che non si tratta di una vera e propria “coppia concettuale”. E, come emerge tra l‟altro, da una giurisprudenza (costituzionale e ordinaria) ormai cinquantennale sulla prima parte della nostra Costituzione, e sui suoi principi fondamentali, la “realtà” delle posizioni giuridiche – e più n generale delle “situazioni normative” (in qualche senso e in qualche modo) di vantaggio – nel diritto pubblico (ma anche in quello privato) non risulta facilmente riconducibile, in termini binari, a due sole categorie. Essa presenta, si intende dire, una molteplicità di aspetti e sfumature che, se può permettere forse una tendenziale “graduazione” delle posizioni giuridiche lungo un‟ideale scala di prescrittività, o di “giustiziabilità”47

, esclude invece probabilmente un simile, artificioso, “bipolarismo” – anzi se è lecito spingersi oltre nella metafora, un simile “bipartitismo”- delle situazioni normative”48.

Tali argomentazioni risuonano di straordinaria importanza per la nostra trattazione, e le riprenderemo in seguito. L‟autore porta a conforto di tale argomentazione una recente pronuncia della Corte Costituzionale (ordinanza n. 170/2005) la quale parrebbe avallare in termini generali lo stesso avviso:

“un punto fermo nella giurisprudenza di questa Corte [è] il principio, che caratterizza la stessa essenza dello stato democratico di diritto, secondo cui non v‟è posizione giuridica tutelata di diritto sostanziale senza che vi sia giudice davanti al quale essa possa essere fatta valere (sentenza n. 212 del 1997) nell‟ambito di un „procedimento di natura giurisdizionale‟, nel corso del quale potrà sempre essere proposto incidente di costituzionalità (sentenza n. 26 del 1999)‟” 49

.

Tuttavia, il cultore di teoria generale attento al dato positivo, nel tentativo di riordinare la congerie di fonti del sistema comunitario50, non può limitarsi alla

46V.S

CIARABBA precisa che nella sua trattazione, (Op. cit.,p. XVII) utilizzerà semplicemente il termine “diritti” avvertendo che ciò non escluderà che il discorso possa riferirsi, o implicitamente si rifersica, anche ai “principi”. Lo studioso aggiunge che in questo senso, l‟uso della formula “diritti fondamentali” in luogo di quella “diritti e principi fondamentali” rappresenterebbe una sineddoche, valendo a indicare una parte per il tutto.

47

O di “densità normativa”, come ricorda l‟Autore ragionare C. GREWE e H. RUIZ , Droits

Constitutionnels européens, Paris, 1995, 159 ss.

48 V.S

CIARABBA, Ibidem. p. XVII.

49

Corte Costituzionale della Repubblica Italiana, ordinanza n. 170/2005.

50 La tesi suggestiva esposta daA.R

UGGERI è che nel diritto internazionale e comunitario il sistema delle fonti tradizionalmente fondato sulla validità formale (intesa come caratteristica discendente da

prospettiva suggestiva ora indicata, ma deve comunque tenere in considerazione le prescrizioni rintracciabili negli strumenti primari, quali i Trattati e la Carta, che appunto distinguono il regime che devono seguire i “diritti”, da quello che devono seguire i “principi”.

Tanto distinguono al punto che infatti, nel titolo VII, dedicato alle “disposizioni generali che disciplinano l‟interpretazione e l‟applicazione della

Carta”, un intero articolo (art. 52) è consacrato alla “Portata e interpretazione dei diritti….e dei principi”. Il Titolo si apre così:

“Articolo 51. Ambito di applicazione. 1. Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell'Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l'applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all'Unione nei trattati”.

Come può osservarsi dall‟enfasi che abbiamo voluto porre con il corsivo, i “principi”, secondo la Carta sono riconosciuti e devono essere “osservati” dalle istituzioni comunitarie. Di essi deve essere promossa l‟attuazione in singoli atti dell‟Unione da parte degli vari organi comunitari, nella concretizzazione del diritto primario, come ricorda anche il penultimo periodo dell‟art. 52 co. 551, “secondo le

rispettive competenze e nel rispetto dei limiti di proporzionalità e sussidiarietà”. Anche i “diritti” sono riconosciuti, ma devono essere invece “rispettati”, dalle istituzioni comunitarie come dai cittadini52.

Quali possono essere le ragioni di tale differenziazione? Predicare per i “principi” l‟“osservanza”, e per i “diritti” il “rispetto” può suggerirci, con il solo tenore letterale, qualche prima considerazione discretiva?

Questa distinzione terminologica è presente anche nelle altre versioni linguistiche53. Le versioni francese, inglese e spagnola si limitano a riprodurre le

una visione formalista-normativista Kelseniana) sia scosso dalla congerie e dalle tipologie di fonti diverse e nuove, la cui rilevanza giuridica non discenderebbe più solo dalla loro forma o dal loro

nomen, ma anche dalla loro struttura e dalla loro attitudine ad essere (o non) immediatamente

applicabile in ragione del fine per le quali esse sono state poste. In questo senso la gerarchia della fonti poggerebbe ope jurisprudentiae anche su una gerarchia tra valori. La prospettiva assiologico- sostanziale soppianterebbe la vetusta concezione formale-astratta, postulando lo scivolamento dello stesso discorso sui rapporti tra fonti dalla teoria delle fonti alla teoria dell‟interpretazione (Cfr. A. RUGGERI, Prospettive metodiche di ricostruzione del sistema delle fonti e carte internazionali dei

diritti, tra teoria delle fonti e teoria dell‟interpretazione, in G. F. FERRARI, (a cura di), I diritti

fondamentali dopo la Carta di Nizza. Il costituzionalismo dei diritti, Milano 2001; A.RUGGERI, Corte

costituzionale e Corti europee: il modello, le esperienze, le prospettive, 2010, disponibile sul sito

internet: http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/dottrina/giustizia_costituzionale/Ruggeri.pdf ).

51 Il quale recita: “5. Le disposizioni della presente Carta che contengono dei principi possono essere

attuate da atti legislativi e esecutivi adottati da istituzioni, organi e organismi dell'Unione e da atti di Stati membri allorché essi danno attuazione al diritto dell'Unione, nell'esercizio delle loro rispettive competenze./ Esse possono essere invocate dinanzi a un giudice solo ai fini dell'interpretazione e del controllo di legalità di detti atti.”

52H.M.S

AGMEISTER, Die Grundsatznormen in der Europäischen Grunderechtcharta, Berlino, 2010, pp.158ss.

53 La versione Francese del testo infatti si esprime nei termini “[…] ils respectent les droits, observent

stesse coppie verbali: respecter-observer, respect-observe, respetarán-observarán. Nella versione tedesca, in particolare la diversità è specialmente apprezzabile poiché il secondo termine della coppia predicativa, “achten-halten”, “halten” reca in sé lo stesso significato del verbo “attenersi”.

Vi è una distinzione ontologica e deontologica tra il “rispettare” e l‟”osservare”, o tra il “rispettare” e l‟“attenersi”?

Secondo l‟ascendenza etimologica del termine “rispetto” (dal latino “respicere”, riguardare, avere riguardo, considerare, composto della particella “re-

”, di nuovo, addietro, che accenna ripetizione o indugio e “-spicere” che significa guardare) con tale lemma si indica il “riguardo, considerazione, riverenza, rapporto

relazione”54

e il Grande dizionario della Lingua Italiana del BATTAGLIA,lo definisce

come “sentimento e atteggiamento che nasce da stima, deferenza, considerazione

verso qualcuno che è o si ritiene superiore e induce riverenza o riguardo (sia in una relazione di familiarità affettuosa, sia in una dipendenza gerarchica o sociale, sia in un rapporto di subordinazione reale o istituzionale o in altre situazioni simili, e spesso comprende anche una più o meno timorosa soggezione)”55

Con il termine “osservanza” (dal latino, observantia, a sua volta risultato della unione di “ob-” e “-servare”) si intende indicare il conformarsi, il seguire e l‟onorare un certo oggetto56 e perfino il “mantenere”, l‟ “adempiere”57. Il BATTAGLIA58, lo

definisce come “il conformare il proprio comportamento a una regola o a un

complesso di regole di condotta; obbedienza, rispetto di norme e, per estensione, di valori di principi etc…”.

L‟etimo di “attenere, attenersi”, (dal latino attinere, risultante dall‟unione delle particelle “ad-“ + “– tenere”) indica poi “l‟esser contiguo, congiunto, di appartenere, di concernere”59

, e nella definizione data dal BATTAGLIA, si chiarisce come primi sinonimi “mantenere, soddisfare, esaudire”60

.

Queste elementari escursioni etimologiche e lessicografiche, già di per sé e nella loro modestia euristica, mostrano però che una differenziazione ontologica tra le due azioni predicate dai due termini, i cui soggetti (ma anche destinatari) sono

“…le istituzioni, organi e organismi dell'Unione[…]come pure agli Stati membri”

possa pur esservi.

Spagnolo leggiamo “[…] éstos respetarán los derechos, observarán los principios..”, in Tedesco la distinzione si apprezza particolarmente nell‟espressione .“achten sie die Rechte, halten sie sich an die

Grundsätze”.

54

V° “Rispettare”, in O.PIANIGIANI, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, 1907.

55 S. B

ATTAGLIA, V° “Rispetto”, in Grande Dizionario della Lingua Italiana, diretto da Giorgio Barberi Squarotti, Torino, 1984, vol. XVI.

56 V° “Osservanza”, in O. PIANIGIANI, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, 1907 57

V° “Osservare “, inM.CORTELAZZO,P.ZOLLI,Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, 1985

58 S.B

ATTAGLIA, V° “Osservanza”, in Grande Dizionario della Lingua Italiana, diretto da Giorgio Barberi Squarotti, Torino, 1984, vol. XII.

59

V° “Attenere”, in O.PIANIGIANI, ivi. I riferimenti etimologici rintracciati in PIANIGIANI di cui si è dato ora conto, non paiano desueti o inconferenti. L‟opera di PIANIGIANI mantiene stretta attualità per i nostri interessi se si tiene conto del fatto che l‟Autore era acuto linguista e giurista, attento nelle sue ricerche alla fedeltà pratica del significato dei termini e all‟uso praticato nella comunicazione a lui coeva.

60 S. B

ATTAGLIA, V° “Attenere”, in Grande Dizionario della Lingua Italiana, diretto da Giorgio Barberi Squarotti, Torino, 1984, vol. I.

Secondo la divergenza semantica che abbiamo tentato di mettere in luce, e se proprio dovessimo attenerci, -da “puristi”-, al peculiare significato e all‟etimo dei termini utilizzati, dovremmo dunque concludere che, come si è dimostrato le entità oggetto di “rispetto” (i diritti), dovranno seguire il significato che il lemma “rispetto” riserva per loro, vale a dire: essere “tenute in considerazione”, “considerate validi e valevoli”, e “tenute in relazione” dai soggetti destinatari del precetto istituito dall‟articolo 51.1. Differentemente, gli oggetti dell‟ “osservanza” (i “principi”), secondo la ricostruzione etimologica proposta, dovranno formare oggetto di “conformazione”, “sequela” e “contiguità”, “mantenimento”, “soddisfazione”.

L‟appropriatezza della partizione lessicale ora illustrata si mostra in tutta la sua logicità quanto all‟attenzione da prestare alla tipologia di disposizioni introduttive dei principi, se si pone mente al fatto che, secondo la lettera della Carta, “le disposizioni della presente Carta che contengono dei principi possono essere

attuate da atti legislativi e esecutivi adottati da istituzioni, organi e organismi dell'Unione e da atti di Stati membri allorché essi danno attuazione al diritto dell'Unione” (art. 52 co. 5), e quindi, ad esse ed in base ad esse, risulta agevolmente

associabile l‟azione della “appartenenza”, “conformazione”, della “sequela”, della “contiguità” del “mantenimento”: tali sono infatti, in definitiva, le caratteristiche che rispetto ad esse, le norme secondarie adottate dagli organi dell‟Unione devono rivestire nell‟attuazione del diritto primario dalle prime introdotto.

Correlativamente, è possibile rilevare altrettanta fedeltà semantica alla realtà logico-deontologica e sistematico-ordinamentale nell‟espressione “rispettare…i

diritti”?

Per rispondere a questa domanda occorre anticipare quello che esamineremo più diffusamente infra, e osservare le caratteristiche dei “diritti” che il nostro documento mette in luce in contraddizione con quelle dei “principi”.

“[…] 2. I diritti riconosciuti dalla presente Carta per i quali i trattati prevedono disposizioni si esercitano alle condizioni e nei limiti dagli stessi definiti” (art. 52 co. 2).

Ed ancora:

“Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice […]” (art. 47).

Lo status dei diritti è dunque quello della diretta esercitabilità61 e della

giustiziabilità62.

61 Cfr. art. 52 co. 2 della Carta che così si esprime: “I diritti riconosciuti dalla presente Carta […] si

esercitano”, in contrasto con il disposto del successivo co. 5: “Le disposizioni della presente Carta

che contengono dei principi […] possono essere invocate dinanzi a un giudice solo ai fini dell'interpretazione e del controllo di legalità di detti atti. alle condizioni e nei limiti dagli stessi definiti”.

62 Come chiarisce bene I

GNAZIO JUAN PATRONE in La tutela giurisdizionale dei diritti nei lavori della

Convenzione, Conclusioni presentate al Seminario organizzato da Magistratura Democratica il 10

gennaio 2003 a Milano, in preparazione al XIV congresso nazionale dal titolo “L‟Europa dei diritti da Nizza alla Convenzione”, disponibili su www.astrid-online.it. Il magistrato descrive chiaramente quali sono i presupposti – passaggi obbligati per addivenire ad una tutela appropriata dei diritti fissati nella Carta in sede di Convenzione. Tra questi, appunto, a) il fatto che la Carta trovi introiezione nel diritto comunitario ad un rango primario (e cioè equivalente ai Trattati) e che quindi i diritti della Carta possano accedere alla tutela giurisdizionale ordinaria dell‟Unione beneficiando del sistema dei ricorsi

Al contrario,

“Le disposizioni della presente Carta che contengono dei principi possono essere attuate […] Esse possono essere invocate dinanzi a un giudice solo ai fini dell'interpretazione e del controllo di legalità di detti atti”(art.52 co. 5).

Sulla base del tenore letterale appena apprezzato, i principi sono rivolti alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell‟Unione e sembrerebbero prima facie non avere natura regolativa/precettiva e immediata applicabilità nei confronti dei privati (le istituzioni comunitarie li devono osservare nell‟attuazione, nulla è scritto circa il fatto che li debbano “rispettare” propriamente in modo diretto come i singoli diritti).

Le disposizioni di principio non appaiono, dalla lettera della Carta, neppure immediatamente azionabili o giustiziabili nei rapporti interprivati o orizzontali, poiché ove così fosse stato, la Carta – sempre a livello letterale- lo avrebbe permesso (e ciò sarebbe facilmente sintetizzabile dal brocardo ubi lex voluit dixit ubi noluit

tacuit) ma la Carta si spinge oltre prescrivendo che “le disposizioni della…Carta che contengono principi possono essere invocate dinanzi a un giudice… solo ai fini dell‟interpretazione e del controllo di legalità degli atti”, prevedendo peraltro un

rango degli stessi tale da integrare solo il parametro di legittimità comunitaria.

In definitiva, dunque, dall‟esprimersi del testo emerge che i principi possono (rectius: devono) essere tenuti in considerazione, osservati per garantire una fedele normazione che ne sia attuativa, tanto da assurgere a parametro della legittimità degli atti degli stessi conformativi ed esecutivi (sebbene mai possano essere invocati davanti a un giudice come fondamento di una pretesa di tutela di una posizione sostanziale).

Del resto, se si adopera la distinzione di DWORKIN tratteggiata supra (cap. I), i “principi” operano in modo diverso dal “tutto o niente”, piuttosto affermando

“una ragione che, nei casi che chiamano in causa il principio, spinge in una direzione, senza indicare precisamente verso quale specifica azione o decisione. Se un certo principio fa parte di un certo sistema giuridico, è necessario che lo si

prenda in considerazione come criterio dell‟agire o del decidere , ma non sappiamo

ancora quale sarà l‟azione o la decisione che ne deriverà, anche se possiamo prevedere con quale linea argomentativa le si giusitificherà. […] La differenza logica che ci interessa dal punto di vista pratico è questa. Affinché il principio possa operare effettivamente si richiede la sua “concretizzazione”, cioè la sua riduzione a una formula che ne contenga una fattispecie riferibile a un accadimento storico e la conseguenza che ne deve derivare. […] Parlare (a) di interpretazione del principio (da parte del legislatore o del giudice) o (b) di creazione di nuovo diritto (legislativo o giurisprudenziale) con riguardo alla “concretizzazione” dei principi sarebbe improprio. (a) Non è interpretazione – nel senso in cui questo termine è impiegato dai giuristi- perché le formule che esprimono i principi giuridici contengono ben poco da interpretare. Esse sono spesso espressioni […] che richiamano tradizioni

alla Corte di Giustizia (cfr. documento del Gruppo di Lavoro II all‟interno della Convenzione: CONV 354/02) e b) che venga adottato il testo (ora in vigore) delle c.d. “clausole orizzontali” della Carta proposto dallo stesso Gruppo II, “disposizioni che costituiscono ad un tempo norme sull‟interpretazione del diritto comunitario e norme che delineano un sistema (ma forse non una gerarchia) delle fonti di livello materialmente costituzionale nel sistema che si va delineando”.

storiche o contesti filosofici di significato che, più che essere interpretate attraverso l‟analisi del linguaggio contenuto in un testo, come è per le regole, devono essere intese nel loro ethos. Tante volte è stato ormai notato che il diritto per principi ne comporta inevitabilmente una “eticizzazione”. Perciò, si può dire in breve che, mentre alle regole si ubbidisce, ai principi si “aderisce”63.

I “diritti” invece sono azionabili e giustiziabili, tanto che devono essere rispettati nelle relazioni che essi instaurano: possono, dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali o comunitari, formare oggetto di pretesa, di tutela in caso i loro titolari li vedano violati da altri, di titolarità, di contestazione o di esecuzione degli obblighi che da questi correlativamente derivassero in capo agli altri consociati. I “diritti” di cui parla la Carta emergono dunque in tutta la loro natura deontologicamente “relazionale”, quali strumenti di tutela di posizioni fondamentali che sussistono in capo ai titolari, nella misura in cui gli stessi titolari li potranno vedere tutelati di fronte ai destinatari64 -violatori, turbatori, usurpatori, collocandosi in quella logica intimamente relazionale ma anche deontica del “tutto o niente” che

DWORKIN predica per le rules, le regole.

Ed ecco che ad essi può attagliarsi il comportamento che l‟art. 51 co.1 predica loro, il “rispetto” e che dalla sommaria indagine etimologica abbiamo individuato del significato di: “riguardo, considerazione, riverenza, rapporto, relazione”, comportamento evidentemente richiesto ed imposto agli extranei, non titolari del diritto soggettivo, nei rapporti giuridici con il legittimo titolare.

Orbene, in tempi bui dove le inflazionate scelte e mode terminologiche del legislatore si mostrano spesso inappropriate, incoerenti e superficiali65, pare proprio che l‟opzione lessicale accolta dalla Carta espressiva del duplice regime assegnato a nostri tipi di fonte possa accontentarci e risultare ontologicamente e deontologicamente pregnante.

III.4. Le (poche) zone di “certezza classificatoria” tra le due fonti secondo la lettera