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I CONFINI POLITICO-IDEOLOGICI DELLA COMUNITÀ

1.3 I confini dell'acquis comunitario

Ma dalla relazione Birkelbach prende avvio anche la definizione del- l’orientamento del Parlamento Europeo nei confronti dei confini determinati dall’esistenza dell’acquis communautaire82

. Dal punto di vista pratico, e quindi per le sue conseguenze concrete, questa riflessione è stata probabilmente ancora più rilevante delle precedenti, dato che ha orientato l’assemblea nei dibattiti sulla estensione dei confini della Comunità Europea in seguito ai diversi processi di allargamento perfezionatisi tra il 1973 e il 1986 (ma anche, per inciso, quelli che hanno riguardato l'Unione Europea a partire dal 1995). Infatti, sin dall’inizio degli anni Sessanta, per il Parlamento di Strasburgo ciò che distingueva la Comunità Europea dal resto dell’Europa occidentale democratica era l’insieme dei diritti e degli obblighi maturati nel corso dell’esperienza comunitaria. Naturalmente c’era un acquis di natura economica, che consisteva negli impegni assunti in questo ambito dalla Comunità Europea e nella capacità degli Stati “terzi”, desiderosi di aderire, di sopportare - come è possibile leggere nella relazione Birkelbach - “la pressione esercitata sulla [loro] economia” dall’ingente “offerta di merci proveniente dai paesi della Comunità”83

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Come vedremo nel capitolo successivo. il carattere non negoziabile dell’acquis economico, nel 1962 portò il Parlamento Europeo, complessivamente ben disposto nei confronti dell’adesione della Gran Bretagna e degli altri Stati candidati, a respingere la richiesta presentata dai governi di Londra e Copenaghen di garantire un regime particolare per la loro agricoltura, visto che84

82 Cfr. Vittorio Olgiati, “Arcana Imperii”: i confini dello spazio giuridico europeo, in Elena dell’Agnese e Enrico Squarcina (a cura di), Europa. Vecchi confini e nuove frontiere, Torino, UTET, 2005, pp. 70-74.

83 Un requisito concettualmente simile a quello richiesto dal vertice di Copenaghen del 1993 alle economie dei paesi candidati all’adesione all’UE. 84 Parlement Européen, Débats: compte rendu in extenso des séances,

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il n’y a pas lieu de supposer que, dans le domaine de l’agriculture nationale, le Royaume uni et le Danemark devront affronter des difficultés d’adaptation plus grandes que celles que les Etats membres éprouvent ou éprouveront en raison de l’adaptation de la politique agricole commune.

Tuttavia, ancora più rilevante, per la nostra analisi, è l’acquis politico, anch’esso rivendicato dal Parlamento sin dagli albori della Comunità economica europea. Il carattere incontestabilmente democratico delle istituzioni politiche di uno Stato candidato all’adesione, per l’assemblea di Strasburgo non ha mai rappresentato, di per sé, un dato sufficiente a garantire l’ingresso nella Comunità.

Nell’opinione del Parlamento Europeo la rassegna delle condizioni politiche da soddisfare ha sempre incluso la verifica della coerenza delle scelte politiche fondamentali degli Stati candidati con quelle degli Stati membri della CEE, e quindi della Comunità Europea nel suo insieme. Come comportarsi, allora, nel caso di Stati europei democratici desiderosi di aderire alla CEE ma fautori di “una politica contrastante o divergente rispetto all’atteggiamento fondamentale degli altri Stati Membri”? Secondo la relazione Birkelbach il problema poteva porsi soprattutto nell’ambito della politica estera - in particolare per i paesi neutrali. Il documento interpretava infatti in modo estensivo la Dichiarazione dei Capi di Stato e di governo riuniti a Bonn nel 1961, nella quale si era stabilito il principio che l’adesione alla Comunità Europea comportava una cooperazione politica85

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Se questo parere sarà condiviso da tutti gli Stati membri, è chiaro che gli Stati desiderosi di aderire non potranno più accontentarsi di dichiarare che essi intendono sottoscrivere i principi politici del trattato CEE: essi dovranno invece trarre tutte le conseguenze derivanti dal fatto che le Comunità vengono completate attualmente mediante forme di cooperazione politica.

85 Relazione presentata a nome della Commissione politica sugli aspetti politici ed istituzionali dell’adesione e dell’associazione alla Comunità dall’on. Willi Birkelbach, cit.

In questo senso, una “assoluta indipendenza da vincoli di ogni genere” sul piano della politica estera e della difesa sembrava allora assolutamente incompatibile con l’appartenenza alla Comunità Europea. Al fondo di questa posizione vi era una concezione “unitaria” del trattato e della stessa Comunità, di cui erano parte le politiche comuni e il quadro istituzionale sovranazionale: “I paesi che vogliono aderire alla Comunità potranno capire l’intima essenza della Comunità solo facendo propria tale visione unitaria”86

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Nel tempo, comunque, in seno al Parlamento Europeo sono affiorate anche delle divisioni sul problema dell’atteggiamento da assumere nei confronti delle candidature degli Stati neutrali. Ne sono un esempio le valutazioni discordanti con le quali venne accolta la cosiddetta “dottrina Dahrendorf”, esposta nel 1970 dall’allora commissario europeo alle Relazioni esterne e al commercio, con la quale si sosteneva l’inconciliabilità tra lo status di paese neutrale e la partecipazione alla Comunità Europea. Nel settembre dello stesso anno, in seno alla commissione politica del PE, i parlamentari Roberto Cantalupo, Hans Furler e Jan Baas chiesero lumi al presidente della Commissione Europea, Franco Maria Malfatti, riguardo a tale “dottrina”, mostrando al contempo una chiara divergenza di opinioni sull’iniziativa del commissario tedesco. Particolarmente interessanti furono le argomentazioni di Cantalupo, per il quale un’eventuale incompatibilità dei neutrali avrebbe i) indebolito “la capacità di ampliamento della CEE” (da lui considerata quindi prioritaria rispetto alla coerenza politica interna della Comunità) e ii) agevolato il potere di interdizione dell’URSS, già manifestatosi con la contrarietà espressa da Mosca ad un eventuale ingresso nella Comunità della neutrale Austria87

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86 Ivi.

87 Cfr. Parlamento Europeo, commissione politica, riunione di lunedì 7 settembre 1970, Resoconto del punto 7 all’ordine del giorno: “Incontro col signor Franco Maria Malfatti, Presidente della Commissione delle Comunità europee, e scambio di opinioni sulla futura evoluzione della Comunità” (PE 25.331). Da parte sua, Malfatti si tolse dagli impacci affermando che quella di Dahrendorf era un’iniziativa fatta “a titolo personale”; sull’Austria e la CEE cfr. Thomas Angerer, Quelle Europe pour quelle Autriche? Grandes questions autour d’un petit pays, in Michel

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Il problema della coerenza della politica estera degli Stati candidati con gli orientamenti di fondo, in campo internazionale, della Comunità, è stato riproposto (come poi vedremo meglio) dal Parlamento anche al momento dei due allargamenti degli anni Ottanta, per gli effetti potenzialmente negativi che l’adesione di Grecia, Spagna e Portogallo poteva suscitare nei rapporti tra la CEE e alcuni Stati “terzi”. Grecia e Spagna, all’epoca, non avevano relazioni diplomatiche formali con Israele, mentre la domanda di adesione del governo di Atene sollevava comprensibili timori tra i membri del Parlamento Europeo per i possibili attriti che essa poteva potenzialmente causare nei delicati rapporti tra la Comunità Europea e la Turchia88

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Robert Frank, in un saggio dedicato alle frontiere dell’Europa, ha sostenuto che l’adesione alla Comunità della Gran Bretagna, dell’Irlanda e della Danimarca nel 1973 ha sancito la nascita della nozione di acquis communautaire, e quindi l’affermarsi di una “identità comunitaria”, connotata dal senso di appartenenza a uno spazio dotato di specifiche istituzioni nonché di regole e valori condivisi89

. Ci sembra tuttavia di poter affermare che il Parlamento Europeo ben prima dell’allargamento del 1973 ha individuato nell’acquis uno dei principali strumenti per definire l’identità comunitaria - e implicitamente per stabilire con maggiore chiarezza i confini di quell’esperienza di unificazione rispetto al resto dell’Europa e del mondo90

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Dumoulin et Geneviève Duchenne (sous la direction de), Les petits Etats et la construction européenne, Bruxelles, Presses interuniversitaires européennes - Peter Lang, 2002, pp. 202-203. Angerer sottolinea comunque come l’adesione dell’Austria alla Comunità Europea fosse resa problematica, oltre che dalla sua neutralità, anche dalle riserve del governo di Vienna nei confronti del principio di sovranazionalità.

88 Cfr. il dibattito parlamentare svoltosi il 17 gennaio 1979 in “Gazzetta ufficiale delle Comunità europee”, n. 238, gennaio 1979, pp. 162 e ss. 89 Robert Frank, Le débat sur l’élargissement de l’Europe avant

l’élargissement, in Gilles Pécout (sous la direction de), Penser les frontières de l’Europe. Du XIXe au XXIe siècle, Paris, PUF, 2004, p. 188. 90 E lo stesso vale per le altre istituzioni comunitarie, che in svariate

occasioni - prima del 1973 - hanno rilevato l’importanza dell’acquis per l’“identità europea”. Si vedano, ad esempio, le valutazioni del Presidente del Consiglio delle Comunità europee in carica, Mariano Rumor, dopo il

Vertice dell’Aja del 1-2 dicembre 1969; per Rumor l’acquis era “un’idea forza” e al contempo l’espressione del carattere irreversibile della Comunità: cfr. Projet d’exposé du Président du Conseil des Communautés européennes sur le thème: “La situation actuelle des Communautés après la Conférence de La Haye” (Strasbourg, 11 décembre 1969), Bruxelles, le 3 décembre 1969, in AHC, CCE, BAC 79/1982, n. 221/1.

2.

LA STORIA INFINITA. IL PARLAMENTO EUROPEO E